Il limite di certe pellicole "seriali" è che, una volta scoperto il "trucco" narrativo che ne tiene in piedi l'impalcatura, alla lunga scadono in una stanca e banale ritualità, mentre vengono sovente a mancare imprevedibilità e mordente. Il "trucco", nella saga dei Mercenari ormai giunta al terzo capitolo, è essenzialmente rappresentato dalla lettura vagamente ironica, dalla smitizzazione dei tipici stilemi degli action movie anni Ottanta - Novanta, i film degli eroi nerboruti in lotta per il bene con metodi assai spicci, delle sparatorie, delle gragnuole di bombe e dei morti ammazzati senza soluzione di continuità. Un'ironia evidente nell'esagerazione di tali stilemi, accentuati oltre ogni limite fino a diventare caricatura; e dunque, nella fattispecie, un florilegio impressionante di muscoli, uccisioni in quantità industriali e sopravvivenze miracolose, con i "buoni" che escono pressoché indenni da sparatorie, esplosioni devastanti, repentini crolli di edifici. Tutto ok, ma l'operazione "ti smonto il mito" aveva già raggiunto l'acme con la seconda uscita di due anni or sono.
Ne "I Mercenari 3" quella lettura disincantata, quel voler sdrammatizzare quasi auto - canzonandosi, rimangono un po' troppo sullo sfondo, in secondo piano. Il punto di vista umoristico è pur sempre presente, ma depotenziato e più sfumato rispetto alla... seconda puntata. Sembra quasi si voglia tornare a prendersi sul serio, come accadeva nell'epoca d'oro di questi action all'americana un po' troppo sopra le righe. C'è più drammaticità ma, venti - trent'anni dopo, appare artefatta e fuori luogo. L'esasperazione delle scene di violenza si è attenuata, i picchi trash sublimati nella battuta cult "riposa in pezzi!", pronunciata da Stallone nel secondo capitolo dopo aver letteralmente ridotto a brandelli un avversario a forza di mitragliate, non vengono più toccati. Mi è parso persino di ravvisare un po' di pudore nella rappresentazione della morte: meno sangue, meno ferite, meno voyeurismo nelle inquadrature dei cadaveri, il che sarebbe nobilissimo e apprezzabile per i thriller seri, non per questo "all stars" in cellulosa rudemente rievocativo dei bei tempi che furono.
Fra uno Sly fin troppo compreso nella sua parte come se fosse nell'85 durante le riprese di "Cobra", e uno Wesley Snipes che tenta di fare il brillantone riuscendoci però solo in parte, a tenere in piedi il film è un Antonio Banderas in stato di grazia. Il suo personaggio è l'unico che abbia colto alla perfezione lo spirito degli "Expendables" nella sua totalità: logorroico e un po' folle, col cervello minato dalle troppe brutture a cui ha assistito in missioni precedenti, eppure profondamente umano, tiene alto il morale della truppa e ammorbidisce le fasi più cruente col suo umorismo. Un po' il James Bond della situazione, con la battuta sempre in canna, anche se certo in stile lontanissimo dall'algido "british" del celebre agente. Il resto del cast è inferiore alle attese: se la cava Harrison Ford in veste dirigenziale ma spericolato al punto giusto da pilotare acrobaticamente elicotteri, inconsistente Schwarzenegger, troppo poco lo spazio riservato allo statuario Dolph Lundgren, mentre il gruppo di "nuove proposte" mercenarie è una trovata che mette un pizzico di sale nella trama, ma con personaggi banalotti che non bucano più di tanto lo schermo.
La morale è forse vagamente retrograda: sì, largo ai giovani, che però sono un pochino imbranati, si danno arie da padroni assoluti delle nuove diavolerie tecnologiche ma si fanno mettere nel sacco come pivelli dal cattivo di turno, un dignitoso Mel Gibson, tanto che alla fine devono intervenire i vecchi fusti a risolvere i guai. Come dire: finché si può, sempre meglio affidarsi all'ancien régime, teorema che farebbe la felicità della classe dirigente italiana... I venti minuti finali, ritmati e godibili, riscattano in parte l'opera, tra l'assurdità di un'intero esercito sterminato da una banda di una decina di guerriglieri (i "nostri eroi") e la tesissima sfida finale, con tanto di semi - citazione stalloniana in stile "qui la legge finisce e comincio io" (sempre da "Cobra"). Ma Sly, creatore di questa saga, deve fare attenzione: allungare ancora il brodo con un quarto capitolo potrebbe risultare esiziale, Rocky e Rambo dovrebbero averlo insegnato.
bella recensione Carlo, ma sinceramente già non ero stato attratto in gioventù da questo tipo di pellicole, men che meno mi vien voglia adesso di guardarle :-) ho comunque capito il tono del film, ci poteva stare benissimo nel primo, che fu un clamoroso successo proprio per il recupero di tanti personaggi e attori mitici riuniti, ma già il secondo mi parve forzato. Gianni G.
RispondiEliminaIo ne vado matto tuttora, prendendoli per quello che sono, ossia delle colossali baracconate - americanate. In questo caso, ripeto, il problema è la serialità: o dopo tre capitoli si trova la nuova idea originalissima e spiazzante oppure sarebbe meglio non allungare il brodo all'infinito, col rischio, concretizzatosi, di annacquare lo spirito originale dell'opera.
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