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domenica 24 marzo 2019

VERSO EURO 2020: FINLANDIA BATTUTA, E' L'ITALIA DI BARELLA, BERNARDESCHI E KEAN, MA QUAGLIARELLA DEVE ESSERE TITOLARE


Ci sono partite che sarebbe ingiusto valutare solo in base al risultato e alla prestazione collettiva. Quella di ieri sera dell'Italia è stata tutt'altro che scintillante, al netto delle esaltazioni sopra le righe di certi cronisti, ma ha comunque lanciato segnali importanti, per il futuro prossimo e a medio termine. E' un'Azzurra che ha voltato definitivamente pagina, che ha sposato con decisione la linea verde senza però trascurare l'esperienza. A Udine, è stata soprattutto l'Italia di Barella, Bernardeschi e Kean, tre ruoli chiave che hanno trovato tre interpreti nel fiore della gioventù e già pienamente convincenti, ma anche di Quagliarella, uno di quei "vecchietti" fondamentali più che utili, perché possono essere, a un tempo, chioccia e arma in più. 
CONTRO IL CATENACCIO - Performance non brillantissima, si diceva; ma vedendo una Finlandia che per settanta minuti e oltre ha fatto catenaccio puro, arroccandosi in retroguardia, appiattendo la linea di centrocampo su quella difensiva, tornava alla mente un vecchio adagio calcistico: per giocare bene bisogna essere in due. Già: difficile fare del buon calcio contro avversari che badano solo a chiudere i varchi e a distruggere le trame altrui, ancor più difficile se si è una formazione in sboccio, in fase di costruzione, ancora non pienamente rodata e con diverse lacune da colmare. Oltretutto, quello del Friuli è stato in pratica un nuovo inizio: si tornava in campo dopo ben quattro mesi, una pausa agonistica assurda, che impone la necessità di rivedere il calendario internazionale per restituire qualche spazio in più alle rappresentative. 
PUNTARE SU QUAGLIARELLA, IN ATTESA DEI NUOVI - Ci eravamo lasciati a novembre con una squadra che aveva magicamente ritrovato un gioco plausibile, la capacità di manovrare in scioltezza e financo con eleganza, e che pagava però dazio a una scarsa efficacia al momento di finalizzare. Dopo tanto tempo, non era facile riallacciare subito le fila del discorso, e il campo lo ha confermato: il team di Mancini è stato in effetti meno pimpante, rapido, continuo e avvolgente in fase di costruzione, anche se l'impronta del cittì, tattica e di mentalità, si è comunque palesata. In altre parole, l'atteggiamento è sempre propositivo, ma è mancata l'incisività dalla trequarti in su, lo spunto in grado di abbattere la muraglia finnica.
LA LEZIONE DELL'ITALIA DI VICINI - Il problema rimane l'attacco: in attesa di recuperare Chiesa e di lanciare il meritevole Cutrone (che ha il gol nel sangue), era forse il caso di ricorrere subito a Quagliarella, che nello scarso minutaggio a disposizione ha confermato di attraversare una evidente seconda giovinezza, toccato dalla grazia: un colpo di testa neutralizzato da una prodezza del portiere, una staffilata di destro che ha scheggiato la traversa. Non avremo mai la controprova, ma fosse stato schierato dall'inizio si poteva forse realizzare un punteggio insperato. E' l'uomo che ci serve, in questo preciso momento storico, per superare le naturali difficoltà di certi elementi alle prime armi e ancora in imbarazzo sui grandi palcoscenici, e non sarebbe certo una sconfessione del progetto giovani che caratterizza l'attuale gestione azzurra: negli anni Ottanta Azeglio Vicini, nel periodo di rinnovamento del Club Italia dopo il fallimento di Messico '86, lanciò sì tanti talenti della sua Under 21, ma in avanti, nell'attesa che Vialli e lo stesso Mancini raddrizzassero la mira, si affidò al veterano Altobelli, che lo ripagò a suon di gol risultando decisivo nella qualificazione ad Euro '88. Lezioni da non dimenticare...
IMMOBILE: POCHI LAMPI - Senza il doriano, la prima linea ha vissuto delle accelerazioni di Kean, che nel secondo tempo ha sbagliato anche due assist importanti ma è costantemente stato nel vivo dell'azione, si è fatto sempre trovare pronto agli inserimenti e ha siglato con merito il primo gol "millennial" dell'Italia su cocciuta iniziativa di Immobile, peraltro l'unica vera alzata di genio del laziale, che per il resto si è mostrato poco lucido e poco ficcante come troppo spesso gli accade in rappresentativa. Continuo a pensare che non sia la soluzione ideale per l'attacco: oltre ai nomi prima citati, è da auspicarsi una risalita delle quotazioni di Belotti, in fase di ripresa dopo esser stato alle prese con una stagione assai complicata.
BERNARDESCHI ANIMA OFFENSIVA - Godiamoci anche Bernardeschi, plastico esempio di come l'esperienza a livello europeo sia fondamentale per uscire dal guscio e dare concretezza a doti tecniche già di prim'ordine. Lo juventino è stato il principale animatore delle offensive italiane, dai suoi piedi è partita l'azione del primo gol, suoi i due assist per le occasionissime di Quagliarella, e si era anche guadagnato un rigore piuttosto netto non visto dal direttore di gara... Dietro di lui, un Barella già califfo del centrocampo, positivo in interdizione e in rilancio e pronto ad andare al tiro (è toccato a lui sbloccare il risultato, con una conclusione dalla distanza deviata da un difensore). Nel triangolo della zona nevralgica, non altrettanto convincenti sono apparsi Verratti, sufficiente ma nella solita versione tricolore "minimalista", e Jorginho, che non è stato in grado di dare ordine alla manovra, commettendo anzi alcuni errori anche banali. Discreta prova del pacchetto di retroguardia, peraltro non eccessivamente sollecitato: Piccini (giusta conferma per un buon giocatore "dimenticato" all'estero troppo a lungo) si è mostrato sempre "sul pezzo" e ha anche sfiorato un bel gol al volo su traversone di Kean, Biraghi è partito col freno a mano tirato per poi aumentare la sua pressione sulla fascia sinistra, ma senza esagerare: ci si attende da lui maggiore coraggio nelle incursioni.