Powered By Blogger

lunedì 19 dicembre 2022

QATAR 2022: TRIONFA CON MERITO L'ARGENTINA IN UNA FINALE EPOCALE. BILANCIO TECNICO E SGUARDO D'ASSIEME SUL PRIMO MONDIALE "NATALIZIO"

 

C'era mai stata, prima di oggi, una finale mondiale così? Fra quelle che ho potuto personalmente vedere, in diretta o a distanza di anni, sicuramente no. Sfide ben giocate, intense, combattute, come Germania-Olanda del '74; sfide non bellissime ma ugualmente incerte, tese ed equilibrate, come quella che ci ha condotto al nostro ultimo titolo iridato nel 2006; atti conclusivi a senso unico dall'inizio, come Francia - Brasile del '98, o indirizzatisi nettamente solo dopo l'intervallo, come la notte azzurra di Madrid '82. Ma nessuna, nessuna come questa Argentina-Francia che ha riportato la Coppa FIFA nelle pampas dopo ben 36 anni, un digiuno inaccettabile per un Paese che, anche in questo lungo intervallo, è sempre rimasto ai vertici planetari per capacità di produrre talenti del pallone. 

LA FINALE PIU' BELLA - Unica, unica davvero questa memorabile finalissima: per emozioni, altalena nel punteggio, classe dei protagonisti, spettacolo, qualità di gioco, siamo su livelli di eccellenza. Forse, andando molto indietro nel tempo e affidandoci alle cronache d'epoca dei giornali, qualcosa di simile può essersi visto in occasione del celebre "miracolo di Berna", il confronto del 1954 fra Germania Ovest e Ungheria, da 0-2 a 3-2 con tante occasioni, gol mancati di un soffio o annullati, prodezze d'alta scuola soprattutto da parte dei maestri magiari. Un incontro che però si concluse nei tempi regolamentari, senza prolungamenti. Quello del Lusail Stadium è stato un match infinito, ma senza cali di tensione, senza fasi di stanca neanche quando si sono superate le due ore di gioco, contando anche gli abbondanti recuperi. Un inno al calcio a cui non è mancato nulla, nemmeno la sfida nella sfida fra i due trascinatori. E sì, perché spesso in queste gare ultimative accade che i personaggi più attesi e più dotati stecchino, o comunque rendano al di sotto delle aspettative. Non vorrei risultare blasfemo, ma persino il Maradona dell'Azteca '86, ingabbiato tatticamente dai tedeschi, soffrì in apnea per larga parte di gara, prima di offrire a Burruchaga il pallone della sudatissima vittoria. 

SCONTRO FRA TITANI - Ieri no, ieri i due assi, Messi e Mbappè, si sono presi la scena quasi per intero, lasciando briciole di gloria ad altri degnissimi campioni. Ha fatto  letteralmente faville Di Maria, fin quando il fisico ha retto e fin quando il suo cittì l'ha tolto troppo frettolosamente dal campo, ma a pilotare la partita sono stati loro, gli attuali padroni del calcio mondiale a livello individuale, appurato che Cristiano Ronaldo pare ormai in parabola discendente. Due gol l'argentino, addirittura tre il francese, come Hurst dell'Inghilterra '66. E una presenza costante nel vivo dell'azione per Leo, mentre Kylian è stato, semplicemente, la Francia: si è preso sulle spalle una squadra smunta, spaurita, smarrita, rassegnata, e l'ha condotta a un passo da un un'impresa epocale, che avrebbe però rappresentato un premio eccessivo. 

TANTE PARTITE IN UNA - La magnificenza forse inarrivabile di questa finalissima '22 è stata data anche dai suoi molteplici volti: tante partite in una sola, ognuna delle quali carica di significati tattici, psicologici, morali destinati a diventare argomento di studio, in futuro, per chi vorrà fare calcio ai massimi livelli. La prima partita è durata per tutto il primo tempo, e sembrava la citata Francia-Brasile di 24 anni fa: troppa Argentina per i Bleus, indemoniata, motivata, feroce, brillante, agile, rapida. Con le spalle ben coperte da un'impostazione tattica perfetta, in avanti il solito Messi faceva faville e si accendeva uno straripante Di Maria, che prima si procurava il rigore dell'1-0 e poi siglava il raddoppio finalizzando una vertiginosa azione corale in contropiede. Quell'Argentina dominava al punto da ridurre i rivali a spente comparse. Ma nella prima parte della ripresa commetteva il tremendo errore di cercare con scarsa convinzione il tris, che era ampiamente alla portata, mentre il trainer Scaloni rinunciava precipitosamente a Di Maria rimpiazzandolo con Acuna, dichiarando apertamente il proprio intento conservativo. 

Facile adesso parlare di errore, in realtà poteva benissimo funzionare, come mossa strategica, anche perché dall'altra parte i campioni uscenti marciavano in folle e avevano già vissuto un piccolo psicodramma, con la sostituzione-bocciatura di Giroud e Dembelè prima del 45'. La verità è che, nonostante il risultato non fosse ancora al sicuro, non era assolutamente nell'aria la rinascita dei galletti. E' bastata una disattenzione difensiva, il rigore su Kolo Muani e la trasformazione di Mbappè, per dare inizio alla terza partita, invero piuttosto breve, quella in cui in francesi prendevano a volare presi per mano da Mbappè, che trovava fulmineamente il pari con un gran destro al volo. Ancora tanta Francia fino all'occasionissima sottomisura di Rabiot su cross di Tchouameni, ma già prima della fine dei regolamentari la Seléccion rimetteva la testa fuori con un gran sinistro dalla distanza di Messi alzato da Lloris. 

MEZZ'ORA STREPITOSA - Era l'inizio dell'ultima mini-partita, la più bella, quella in cui le due splendide rivali si sono scambiate colpi su colpi come due pugili indemoniati, ma erano colpi di finissima grana tecnica. Anche in questa fase equilibrata, incertissima, si vedeva però che l'Argentina aveva superato lo shock per la rimonta, mandava Lautaro due volte a un passo dal gol, e la terza, su respinta di Lloris, era pronto al tap-in l'impagabile Leo per quello che pareva essere il sigillo sulla finale. Niente affatto, incredibile braccio in area di Montiel su tiro di Mbappè, ancora lui, che trasforma il penalty resuscitando nuovamente i transalpini, prima che, nel finale del secondo supplementare, Emiliano Martinez si erga a salvatore della patria murando Kolo Muani presentatosi solo davanti a lui per il 3-4; il portiere completerà poi l'opera col rigore parato a Coman nella lotteria finale.  

ARGENTINA CON MERITO - Una giostra mozzafiato che ha emozionato anche chi, come me, era fuori dalla mischia, senza simpatie particolari. E che ha premiato, alla fine, chi più lo meritava. L'Argentina ha fatto un signor Mondiale: non era facile rialzare la testa dopo la tremenda batosta al debutto con l'Arabia, e non tutti i cittì hanno la personalità e l'autorevolezza per togliere di squadra, senza colpo ferire, alcuni titolarissimi per dare spazio a ragazzi con meno fama ma più in palla. La squadra, fino ai quarti, non sempre ha incantato, anzi, ma ha mostrato pragmatismo, ordine tattico, saldezza mentale, trovando un Messi costantemente ispirato come mai  nei precedenti Mondiali, e due giovani esplosi nel momento cruciale, Enzo Fernandez e Alvarez. Nelle ultime due uscite, e soprattutto ieri, i biancocelesti, ormai liberi dall'incubo dell'ennesimo fallimento iridato, hanno ritrovato compiutamente il gusto della manovra di qualità, dello svolazzo peraltro mai fine a se stesso. 

FRANCIA IN CHIAROSCURO - Anche se sono sfumature, il cammino del team di Deschamps mi è parso leggermente meno brillante: buonissimo esordio con l'Australia, splendido ottavo con la Polonia (altra seratona magica di Mbappè), ma per il resto un'alternanza di momenti di altissimo spessore e altri di sofferenza e di pagnotta portata a casa col mestiere: perché nei quarti l'Inghilterra ha ben giocato, e ha lasciato il campo fra mille recriminazioni, non solo per il rigore fallito da Kane. E in semifinale, nella prima mezz'ora del secondo tempo, il Marocco ha fatto vedere i sorci verdi a Varane e compagni. Insomma, una Francia dalle potenzialità enormi ma solo parzialmente espresse, con l'ombra colossale di una finalissima giocata in totale sottomissione fino a dieci minuti dalla fine, perché al tirar delle somme solo il suo fuoriclasse l'ha tirata fuori dalle sabbie mobili regalandole un'altra ora di speranza. Ma il secondo titolo consecutivo non sarebbe stato del tutto meritato. 

LIVELLO COMPLESSIVO: BUONO MA NON ECCELSO - La superfinale ha innalzato in extremis il livello qualitativo di un torneo senza dubbio piacevole ma non eccezionale, sul piano delle espressioni tecniche. Si diceva che la collocazione tardo autunnale avrebbe consentito di vedere le migliori rappresentative, e i campioni più attesi, al top della forma e quindi al massimo del rendimento possibile. Alla resa dei conti, mi pare non sia accaduto nulla di diverso rispetto al tradizionale andazzo dei Mondiali estivi, diventati improvvisamente oggetto di disprezzo quando in realtà la leggenda di questa manifestazione, e la leggenda del calcio tout court, è nata, cresciuta e si è consolidata proprio grazie a ventuno edizioni tenutesi a cavallo fra primavera ed estate europea. Fra le Nazionali in prima linea, son state più le delusioni che le conferme: il Belgio è giunto al capolinea di una straordinaria fioritura generazionale che ha però partorito il topolino, quanto a conquiste concrete; la Germania, seconda eliminazione consecutiva ai gironi, ha problemi di ricambio e lacune di organico non minori di quelle che affliggono l''Italia; loro, alla fase finale ci sono arrivati grazie a un gruppo eliminatorio senza avversari, in cui sono riusciti perfino ad ammortizzare una sconfitta interna con quella Macedonia che poi ha ripetuto lo scherzetto ai danni degli azzurri, i quali invece non hanno avuto possibilità di riscatto e, contrariamente ai teutonici, si sono trovati fra i piedi una Svizzera confermatasi ruvida e indigesta anche in Qatar, prima del crollo al cospetto dei lusitani. 

SPAGNA E INGHILTERRA: LE INCOMPIUTE - E ancora: la Spagna è partita in pompa magna goleando la Costarica, ma negli impegni più probanti ha manifestato una sconfortante tendenza al "tutto fumo e niente arrosto", possesso palla e palleggio insistito ma con scarsissima forza penetrativa. L'Inghilterra, secondo gli esperti, era la squadra che più avrebbe dovuto avvantaggiarsi della nuova collocazione del torneo, ma, come tante volte in passato, non ha cavato un ragno dal buco: è rotolata quasi per inerzia fino ai quarti, grazie a un primo turno di tutto riposo e a un ottavo comodo contro il non trascendentale Senegal; con la Francia, lo si è detto, ha ben giocato ma ha mostrato le solite stimmate dell'incompiuta, già fatali nell'Europeo perso in casa: perché, ad esempio, Saka è un attaccante davvero interessante, rapido, sgusciante, pieno di iniziativa, ma ancora troppo poco incisivo e cattivo sotto porta, quando la posta in palio è pesante. 

BALLETTI PREMATURI - Il gruppone delle grandi deluse ha avuto, ancora una volta, il suo esponente di punta nel Brasile. Quando ho visto il buon Tite mettersi a ballare coi suoi ragazzi nel bel mezzo della scampagnata con la Corea del Sud (altro ottavo facile facile) ho capito che era tornata la solita Seleçao, o meglio quella vista troppe volte in passato, prigioniera del suo mito, troppo impegnata a specchiarsi in una bellezza solo presunta, perché i verdeoro hanno faticato per piegare la Svizzera e hanno anche perso contro il Camerun, per poi, dopo aver preso a pallonate i coreani (promossi al secondo turno in maniera rocambolesca), andarsi a infilzare sulla praticità estrema dei croati, con la genialata finale di non far battere a Neymar uno dei primi rigori (quando avrebbe dovuto, infine, andare sul dischetto, i giochi erano già fatti). Era un buon Brasile, non un grande Brasile, con alcuni elementi troppo stagionati, alcuni ruoli non adeguatamente coperti (Richarlison va bene per le prime partite, ma quando il gioco si fa duro...), tanti ottimi giocatori ma non più di due-tre capaci di spostare gli equilibri nelle sfide al vertice, nessun trascinatore alla Messi o alla Mbappè: Neymar è uno splendido giocoliere e un finalizzatore micidiale, ma raramente prende per mano la squadra nei momenti topici o in quelli delicati; ha segnato ai croati uno dei gol più belli della kermesse, ma è stato l'unico vero acuto di un'avventura condizionata ancora una volta dai guai fisici. 

CROAZIA: TERZA MA IN REGRESSO - Abbiamo citato la Croazia, straordinaria nell'ultimo quadriennio per continuità di risultati ai massimi livelli (mettiamoci anche il raggiungimento della prossima Final four di Nations League, tutto fa) ma regredita rispetto a Russia '18: arrivata in semifinale vincendo una sola gara nei tempi di gioco (col Canada), sovente in sofferenza (persino col Giappone e col decadente Belgio), salvata da singole fiammate, da una difesa di ferro raccolta attorno al fenomenale Gvardiol e dalle prodezze di un portiere di spessore, Livakovic, con Modric nel mezzo a dettare il suo immenso magistero calcistico, sprecato però da una prima linea non all'altezza. Anche se era dall'altra parte del tabellone, fra le semifinaliste avrebbe meritato di figurare maggiormente il Portogallo, che strada facendo stava acquisendo la sicurezza della grande squadra e si era anche elegantemente liberato della presenza ormai troppo ingombrante di un CR7 a scartamento ridotto, trovando nuove e fruttuose strade offensive. Ma poi è arrivato il Marocco...

RISCOSSA AFRICANA - Già, il Marocco. Attendevamo la riscossa dell'Africa dal Mundial '82, dagli sfortunati exploit di Algeria  e Camerun. Nel frattempo, persino l'Asia aveva preceduto il Continente nero nella corsa alle semifinali, raggiungendole nel 2002 con la Corea del Sud, peraltro attraverso un percorso discutibile. Una lunga marcia durata 40 anni, decisamente troppi per un movimento calcistico ricchissimo di talenti, pieno di giocatori formatisi al calor bianco dei principali tornei di club europei, e con rappresentative allenate da coach di prestigio internazionale. Dovevano arrivare ben prima là in alto, il Marocco ha infine centrato il traguardo perché, in mezzo alle tante "piccole" Nazionali che hanno offerto prodezze più o meno isolate in Qatar, Hakimi e compagni sono stati i più continui, e i più sagaci tatticamente. Calcio tradizionale, di matrice difensiva ma senza mai indulgere al catenaccio, anzi, con "esplosioni" offensive travolgenti e mortifere. Hanno messo in difficoltà tutti, anche la Francia, come abbiamo visto. Tra l'altro, è dagli anni Ottanta che il Marocco si propone periodicamente per ospitare il massimo evento calcistico, venendo regolarmente bocciato. Non sarebbe il caso, prima o poi, di dargli una chance, visto che ora può anche vantare meriti acquisiti sul campo, al contrario del Qatar o del Sudafrica 2010? 

POCA CONTINUITA', GIOCO DI STAMPO DIFENSIVO - Continuità: l'ha avuta il Marocco, è mancata a quasi tutte le protagoniste più attese, e soprattutto per questo non mi sento di parlare di Mondiale di alto livello, nel momento in cui le Selezioni-pilastro del calcio planetario alternano prove convincenti ad altre all'insegna del grigiore. Mancanza di continuità anche nell'ambito delle singole partite, in cui spesso si è assistito a isolate vampate di gioco che scaturivano da lunghi momenti di stasi. Tatticamente poche novità: si è tornati a curare maggiormente la copertura, ed è un bene, mentre latitano le idee per lo sviluppo della manovra d'attacco: a parte il citato Portogallo che, ripeto, aveva trovato una chiave di gioco offensiva che coinvolgeva diversi uomini e prescindeva dal suo ex trascinatore, le altre grandi hanno dovuto fare affidamento sugli estri delle loro star, che accendendosi facevano girare l'intero reparto, come Messi per tutto il Mondiale, come Di Maria nella finale, come Mbappè prima di ieri, perché contro l'Argentina, ribadiamolo, il futuro imperatore del calcio mondiale ha fatto tutto, proprio tutto, da solo. A proposito di Francia: in finale ha steccato come buona parte dei compagni, ma nelle gare precedenti ho visto un Griezmann sontuoso, il vero tuttocampista, fondamentale in appoggio ai compagni di attacco e utilissimo nei ripiegamenti; ancora una volta, come all'Euro 2016, gli è mancata la consacrazione conclusiva. 

CHE ITALIA SAREBBE STATA?  - Nell'ultimo numero del Guerin Sportivo, un bell'articolo di Tucidide affronta il tema della Nazionale italiana sotto vari aspetti, ma partendo da un punto: che Italia avremmo visto al Mondiale? Secondo l'autore del pezzo, non avremmo superato il primo turno, soprattutto, mi è parso di capire, per questioni atletiche. Rispetto l'opinione, ma non la condivido (del resto stiamo parlando del nulla: solo ipotesi, una vale l'altra): i campioni d'Europa non sarebbero diventati campioni del mondo, ma avrebbero trovato il modo di farsi onore. Come già scritto ripetutamente, e d'ora in poi vorrei non tornarci più sopra, la nostra seconda esclusione consecutiva è stata frutto più di circostanze contingenti, forse irripetibili, che dell'indubbia crisi che attanaglia il nostro movimento (e che nessuno pare voglia decidersi a prendere di petto, per cui prepariamoci ad altre delusioni). Ma, con la qualificazione in tasca, Mancini avrebbe sperimentato molto meno e si sarebbe presentato in Qatar con una squadra fatta più di esperti che di scommesse, e come per l'Euro, avrebbe senz'altro schierato giocatori in buone condizioni fisiche (a maggior ragione, essendo nel pieno della stagione agonistica). Dopodiché avremmo probabilmente pagato l'assenza di uno Spinazzola che chissà se tornerà l'imprendibile freccia di un tempo, e la precarietà di un Chiesa appena rientrato dal grave infortunio, ma, insomma, ce la saremmo giocata. 

lunedì 5 dicembre 2022

SANREMO 2023: NEL CAST DEI BIG LE DUE ANIME ARTISTICHE DI AMADEUS. RITORNANO LE SCOMMESSE VINTE, ARRIVANO I CAMPIONISSIMI. GIORGIA, MENGONI E ULTIMO, MA ANCHE MADAME, COMA_COSE, COLAPESCE-DIMARTINO E LEVANTE

 

                      Amadeus annuncia il cast sanremese durante il Tg1 delle 13.30 del 4 dicembre

Cosa sta diventando il Sanremo di Amadeus? La domanda non è né cattiva né maliziosa, ma cerca semplicemente di definire la linea artistica andata delineandosi in questi quattro anni di gestione dell'evento. Ecco, a caldo, poche ore dopo l'annuncio del listone dei 22 Big, mi pare di poter dire che la tendenza sposata dal patron sia quella avviata con l'ultima edizione, ossia il "festival grandi firme". Lo posso dire forse con un pizzico di amarezza, pensando al coraggioso e spiccato sperimentalismo che caratterizzò invece le prime due edizioni targate Ama, e che mi aveva letteralmente entusiasmato. 

IL RITORNO DELLE SCOMMESSE VINTE - La realtà è che c'è un tempo per tutto: e per il popolare anchorman c'è stato il tempo della ricerca, quello in cui ha setacciato il sottobosco della musica leggera nostrana alla ricerca di nomi inediti o poco conosciuti, anche se con una lunga gavetta alle spalle, da mettere alla prova sul massimo palcoscenico pop della Penisola, sfidando perplessità, gusti nazionalpopolari e gerarchie consolidate. Un po' come la fase attuale della gestione Mancini alla guida della Rappresentativa azzurra: ricerca di nuovi talenti, di calciatori in sboccio che possano ridare fiato a una squadra in crisi di risultati. 

A seguire, arriva il secondo step, quello in cui si raccoglie quanto seminato per poi alzare il livello, consolidando la struttura. Ecco, con Sanremo 2023 siamo a questo punto della marcia: in primis, il direttore artistico riporta in gara alcune delle scommesse vinte nel '20 e nel '21. Ritornano Colapesce e Dimartino consegnati all'immortalità canzonettistica da un tormentone epocale, Madame nobilitata persino dal Premio Tenco, i Coma_Cose che meritavano il bis sulla ribalta ligure, la coraggiosa cantautrice Levante, che due anni fa aveva già un suo pubblico ma che con "Tikibombom" passò dalla nicchia (una nicchia, lo ripetiamo, già... piuttosto larga) alla celebrità autentica. E non si tratta di ripescaggi gratuiti, ma tutti fondati su solidi argomenti, dalla credibilità musicale al mero successo commerciale. 

LA CONQUISTA DEI SUPERVIP - In questi nomi c'è il consolidamento del Sanremo formula Amadeus nella sua accezione "primordiale" e genuina. Una volta vinta questa sfida, il secondo passo non poteva che prevedere un innalzamento della posta, l'inseguimento dei superbig veri, i campioni di vendita. In tanti ci hanno provato, in pochissimi ci sono riusciti, se non con qualche exploit isolato. Nel 2022 ci sono stati il ritorno in competizione di una primadonna come Elisa, dopo ventun anni di assenza, poi una coppia di esponenti della nouvelle vague sulla cresta dell'onda, il duo pigliatutto Mahmood - Blanco, e la ricomparsa di due glorie assolute della canzone tricolore, Morandi e Ranieri. Adesso si è andati perfino oltre, perché un cast che può allineare ai nastri di partenza Giorgia, Marco Mengoni e Ultimo è un cast di prim'ordine, non si discute. 

TRIS D'ASSI - Poi, per carità, ci sarà sempre qualcuno pronto a obiettare che i veri grandissimi sono altri. Chi, onestamente? Qualcuno l'ho citato nel precedente post, e sono quasi convinto che il direttore artistico le abbia provate tutte per ottenerne la presenza, penso ad Antonacci o ai Negramaro, ad esempio. Ma, caspita, Mengoni e Ultimo monopolizzano le classifiche e fanno il pienone ai concerti, mentre Giorgia è Giorgia, una fuoriclasse assoluta, ed evito di fare paragoni pesanti che in realtà ci starebbero tutti ma che mi attirerebbero probabilmente molti strali. Oltretutto, grosso merito ad Ama per aver abbattuto quel muro cui ho fatto cenno l'altroieri, le remore psicologiche che da due decenni tenevano lontana dall'Ariston l'interprete romana. Insomma, si può sempre ambire a qualcosa di ancora più prestigioso, ma ogni tanto bisogna pure accontentarsi. Ma poi accontentarsi "de che"? Quanti Sanremo ci sono stati, nel passato più o meno recente, con tre-campionissimi-tre come questi pronti a darsi battaglia? Certo, se qualcuno continua ad aspettare i Venditti e i De Gregori, campa cavallo, e si metta l'animo in pace. 

Questi tre "fuori categoria", poi il duo siculo di "Musica leggerissima", Madame, Levante e la super glamour Elodie sono ora come ora i più accreditati a giocarsi la medaglia d'oro, e visto un tale livellamento verso l'alto sarà più che mai decisiva la qualità dei pezzi, perché, per dire, nel 99 per cento dei Festival "O forse sei tu" di Elisa avrebbe prevalso in scioltezza, ma dieci mesi fa trovò sulla sua strada una composizione altrettanto valida, e io scrissi di "ex aequo morale" per sottolineare la bontà di entrambe le proposte.

SPERIMENTAZIONE ADDIO, O QUASI - L'individuazione di queste due nette tendenze artistiche, ossia il consolidamento degli azzardi passati e il pensare in grande con il ricorso alle prime firme, fanno passare in secondo piano altre caratteristiche di un cast che però meritano di essere sviscerate. Come detto, la sperimentazione, l'audacia, la ricerca dell'insolito sono quasi sparite: i nomi "strani" sono giusto quelli di Rosa Chemical, che però, come abbiamo visto, circolava da settimane fra gli addetti ai lavori, e Mr. Rain, che da anni viene inserito fra i papabili per la rassegna e, insomma, prima o poi doveva arrivarci. Non sono sorprendenti, tutt'altro, le presenze di due dei tre artefici del martellamento balneare di "La dolce vita", ossia la debuttante Mara Sattei e Tananai che è, semplicemente, una Nuova Proposta sanremese che ce l'ha fatta, come tanti ragazzi prima di lui in passato. 

LAZZA COME BLANCO? - Era più arduo, parlando di sezione debuttanti, prevedere il ritorno di Leo Gassman, del resto uno che la categoria l'ha vinta senza però riuscire a dare seguito alla sua affermazione. Ci sta, insomma, ed è anzi giusto che sia stato preso in considerazione almeno un "virgulto" di una delle due edizioni più sfortunate di Sanremo Giovani, 2020 e 2021. Allo stesso modo, l'emergente Ariete era in rampa di lancio già dall'anno scorso, Lazza è uno dei fenomeni discografici di questo 2022 ed anzi, va sottolineato, è un altro colpaccio di Amadeus, visto che forse in questo momento il rapper non aveva immediato bisogno della vetrina rivierasca (ha accumulato in brevissimo tempo una quantità impressionante di dischi d'oro e di platino, da solo o in featuring). Da non escludere, anche se al momento la vedo difficile, che possa ripercorrere le orme di Blanco, giovanissimo protagonista della stagione calda e poi sugli scudi in febbraio. Quanto a LDA, lo avevo preventivato: meno Amici rispetto al passato, perché meno essenziali per la buona riuscita dell'evento, ma almeno uno ci sarebbe stato, ed eccolo lì... 

SUI GIOVANI UN AZZARDO ECCESSIVO - La ricerca del nuovo, per il Sanremo prossimo venturo, il direttore artistico la perseguirà in altro modo, ossia con una colossale, forse eccessiva, responsabilizzazione del vivaio festivaliero tout court. L'altroieri avevo ipotizzato un allargamento del numero di partecipanti per tornare alla classica cifra tonda, 26, ma pensavo all'aggiunta di un nome famoso. Invece, si è saliti addirittura a 28, con ben sei esordienti, sui dodici che parteciperanno alla kermesse pre natalizia. Ecco, questo è un azzardo che compensa una certa ordinarietà (di alto livello) nella scelta dei Big. E' evidente che "Ama" creda in questi giovani come forse non ci ha mai creduto in passato, ma rimango del medesimo parere espresso tante volte, ossia che il gareggiare coi vip rischi di schiacciare e bruciare le nuove leve: nel '19, sotto Baglioni, ce la fece Mahmood ma fu un caso eccezionale, l'anno scorso Tananai è venuto fuori in maniera piuttosto avventurosa (parliamoci chiaro, nella settimana sanremese non aveva destato grossissima impressione), Yuman e Matteo Romano hanno fatto balenare buonissime doti, pur diverse fra loro, ma, per l'appunto, sono rimasti schiacciati fra i grossissimi calibri e la personalità degli illustri rivali, quasi scomparendo, e la loro carriera, per quanto ben avviata, è ancora tutta da costruire.

PAOLA E CHIARA: RITORNO GRADITISSIMO - Gira che ti rigira, le uniche scelte del tutto o parzialmente inattese hanno riguardato il settore veterani: penso che nessuno potesse immaginare un ritorno di Anna Oxa, se non i suoi fans più irriducibili, non prevedibilissima neppure la prima volta assoluta dei Cugini di Campagna, che conservano discreto appeal televisivo, innata simpatia, buon seguito soprattutto presso un pubblico maturo, ma quanto a successi discografici sono fermi agli anni Ottanta: cosa potranno proporre, musicalmente, all'alba del 2023? Anche in questo caso nessuna domanda maliziosa, solo curiosità credo legittima per una band conosciuta e amata soprattutto grazie a una manciata di evergreen assai datate. Era nell'aria la rentrée di Paola e Chiara, che riempie di gioia sia chi ricorda il loro picco di popolarità del periodo "esotico-erotico" di Vamos a bailar e Kamasutra, sia chi, come me, è indissolubilmente legato ai dischi degli esordi, a piccoli gioielli come "Bella", "Per te" e "Non puoi dire di no". 

MODA': RINASCE UN MITO? - Sapore di Nineties con le sorelline, con Grignani che tenta l'ennesima resurrezione  e la canalizzazione di un talento troppo spesso a briglie sciolte, e gli Articolo 31: mi aspettavo J-Ax da solo sorprendendomi anzi della sua perdurante assenza dalla gara canora, ci sarà invece anche Dj Jad e, chissà, magari perfino Paola Folli. E dagli anni zero di questo secolo riemergono i Modà, dal percorso assai strano e tortuoso: campioni assoluti di vendita e riempi-stadi fino a un lustro fa, poi scivolati inesorabilmente nelle retrovie dei gusti del pubblico; potenza nefasta di un mercato musicale che, oggi più di ieri, consuma in fretta i propri miti. Ma hanno solida carriera ed esperienza, e se hanno mantenuto la buona ispirazione poetica dei momenti belli, potrebbero rinfrescare il repertorio con qualche nuova hit memorabile, perché no? 

IL ROCK ASSENTE E LA QUESTIONE SUPEROSPITI: GRANDI MITI E STRANIERI? - Manca il rock, dicono. Vero ed è un'assenza che si sente, ma il rock ha sempre avuto difficoltà ad attecchire sulla scena ligure. Non sono bastate neppure due vittorie di peso, quella di un Ruggeri all'apice della maturità nel '93, e quella del fenomeno planetario Maneskin. E' una tara genetica del Festival, il suo cuore tradizionale che cede a tante nuove tendenze ma, stranamente, non a questa. E però il rock italiano esiste, ha solo bisogno di tempo per prendere piede... Vediamo ora se Amadeus terrà fede a quanto fatto intuire sul discorso dei Big fuori concorso. In sintesi: supercampioni solo in competizione, ospiti solo i mostri sacri over 70. Ebbene, tre colossi in gara li ha conquistati, come visto. Nonostante l'affollamento di concorrenti, 28, gli ospiti ci saranno lo stesso come da struttura dello show ormai consolidatasi, ed è giusto che siano personaggi degni di celebrazioni vere, non premature come quelle toccate di recente, da quelle parti, a Ghali e Amoroso, fra gli altri. Così, una Marcella di nuovo al palo potrebbe venire a riproporre i suoi tantissimi successi non solo sanremesi, si potrebbe dedicare un cospicuo pezzo di una serata al grandissimo Peppino Di Capri, a Bobby Solo, a Nada, altra che sembrava in procinto di entrare nel cast. Meno italiani fuori dalla tenzone, e speriamo qualche vedette d'oltrefrontiera in più. Dai Sessanta in poi hanno sempre dato grosso lustro al Sanremone, e negli ultimi tempi sono mancati terribilmente. 

sabato 3 dicembre 2022

VERSO SANREMO 2023: GIRO D'ORIZZONTE SUI POSSIBILI BIG A POCHE ORE DALL'ANNUNCIO

 


Meno di 48 ore all'annuncio del cast di Sanremo 2023. Il TG1 dell'ora di pranzo di domenica 4 dicembre è l'insolita ribalta scelta da Amadeus per la comunicazione che gli appassionati del Festivalone attendono, ogni anno, quanto e forse più del nome del vincitore. Un rituale che ha ritrovato di recente la sua giusta sacralità, alimentata da indiscrezioni più o meno attendibili che, oltretutto, prendono a circolare con sempre maggior anticipo, spesso persino nei mesi estivi. Ormai le chiacchiere stanno quasi a zero, dunque, e io arrivo buon ultimo, nella consapevolezza di espormi a prevedibili e colossali brutte figure. Come cambiano i tempi: una decina d'anni fa ero fra i pochi sul web a cercare di "indovinare" il cartellone festivaliero, sulla base di ragionamenti legati all'andamento del mercato musicale; oggi si sono moltiplicati siti, testate, esperti e pseudo esperti, bene informati autentici e presunti, hanno capito tutti che la.... caccia al Big sanremese è redditizia sul versante "click" e ci si sono buttati a pesce, anche se le persone degne di credibilità si contano sulle dita di mezza mano. 

Il mio metodo in fase di pronostico è sempre stato lo stesso: dare un occhio alle più recenti partecipazioni sanremesi per valutare le possibilità di ritorni in gara a stretto giro di posta, scandagliare il panorama degli emergenti, dei veterani che non compaiono da tempo, dei non più giovanissimi che avrebbero bisogno di un rilancio in grande stile, ma soprattutto analizzare le tendenze del panorama discografico nell'anno solare che conduce alla kermesse: cartina di tornasole quasi infallibile per capire, almeno, chi avrebbe convenienza a tentare la carta rivierasca. 

SANREMO GRANDI FIRME? - Facciamo dunque un breve giro d'orizzonte. Con una premessa: i Big saranno di nuovo 22 più 3 giovani, o aumenteranno almeno di una unità per tornare al classico numero pari tipico di quasi tutte le edizioni? Fin da questa estate, il quarto Sanremo di Amadeus è stato etichettato (affrettatamente?) come il Festival delle grandi firme. Nel senso che sono stati snocciolati, man mano, i nomi più grossi della scena nostrana come concorrenti più che plausibili. Nomi che, fino ad appena due-tre anni fa, nessuno avrebbe mai potuto accostare alla gara sanremese senza venir preso per pazzo. Eppure, di settimana in settimana, abbiamo sentito parlare di Tiziano Ferro (follia), Antonacci, Giorgia, Gianna Nannini, Negramaro, e ora, uno dei rumors delle ultime ore, Renato Zero. Un tempo avrei fatto spallucce, ora si può ammettere che, forse, un paio di questi vip potrebbero persino esserci: nell'ultima edizione, del resto, non c'è forse stata la clamorosa ricomparsa di Elisa? Qualcosa può accadere, quindi, ma senza metterci il cuore sopra... Giorgia è da sempre frenata da limiti psicologici nei confronti del palco dell'Ariston, troppa tensione personale per una competizione che, in effetti, non frequenta dal 2001, Biagio pare abbia smentito, ma la sua carriera avrebbe bisogno di una rinfrescata, di una nuova hit epocale, e perché non celebrare il trentennale dalla sua seconda e ultima partecipazione, quel "Non so più a chi credere" del '93 che lo fece uscire dal limbo delle grandi promesse consacrandolo a big autentico? 

DA SANGIORGI A MENGONI - Chi avrebbe tutte le ragioni per non tornare più in concorso sarebbe Giuliano Sangiorgi coi suoi Negramaro, visto il trattamento indecoroso che le giurie riservarono a "Mentre tutto scorre" nel 2005, eppure non mi sento di escluderne la presenza. Si parla di Giuliano in coppia con Madame, che da rivelazione del Sanremo '21 e poi trionfatrice al Tenco, tornerebbe al Festivalone per puntare alla vittoria, forte di una partnership di lusso da cui avrebbero da guadagnare sia lei sia l'estemporaneo compagno d'avventura. Superbig a tutti gli effetti è anche Marco Mengoni: Sanremo 2023 potrebbe essere l'occasione giusta per un'altra celebrazione, il decennale del trionfo con "L'essenziale". Il secondo disco della sua trilogia "Materia" è nei negozi da poco, ma una apparizione al Festival non implicherebbe necessariamente un'accelerazione per l'uscita del terzo album: il mercato oggi è più elastico, soprattutto sforna prodotti a getto continuo, e un singolo-anteprima di Marco, lanciato in un contesto così prestigioso, avrebbe un suo senso e non andrebbe a danneggiare in alcun modo la normale marcia di avvicinamento verso il successivo "33 giri". Come esordiente illustre, non è da scartare l'ipotesi di un J-Ax sempre più mainstream, al punto che personalmente mi stupisce non abbia ancora messo piede nella più importante tenzone canora italiana. 

STELLE RECENTI - Veniamo a papabili più "terrestri": potrebbe esserci un ritorno in blocco dal 2020, primo atto dell'attuale gestione artistica, con Gabbani che chiederebbe la rivincita a Diodato, e con Elodie e Levante pronte a inserirsi nella lotta al vertice. Dal '21, detto di Madame, ecco riaffacciarsi Francesca Michielin, questa volta da sola e decisa a centrare il bersaglio grosso dopo due medaglie d'argento, nonché la strana coppia Colapesce-Dimartino, anche se sarebbe ingeneroso attendersi un bis del tormentone epocale "Musica leggerissima". Qualche speranza anche per i deliziosi Coma_Cose, un po' meno per Gaia Gozzi, mentre il discorso Annalisa rappresenta un caso a parte: la cantante savonese ha ormai raggiunto una credibilità tale da non potersi più permettere di approdare a Sanremo con una "canzoncina". Se torna, deve farlo con un pezzone, all'altezza o superiore alle sue migliori espressioni su quel palco (Scintille, Una finestra tra le stelle, Dieci). Il singolo lanciato per l'autunno, "Bellissima", è... bellissimo, per l'appunto, avrebbe forse fatto meglio a tenerlo in fresco per febbraio, visto che si è parlato di difficoltà nel trovare il brano giusto, ma tant'è. Perché, è bene chiarirlo, se Annalisa va, deve andare per inseguire il primo posto. Nel caso non avesse la composizione adatta, sarebbe più giusto che restasse ferma un giro. 

TORNA EMMA? E LA AMOROSO DEBUTTERA'? - Parli di Annalisa e pensi ad altre figure simbolo dell'età dell'oro dei talent: Emma è tornata nel 2022 con una "Ogni volta è così" davvero sostanziosa e ottimamente interpretata, giustamente premiata dal disco di platino; perché non provare ad alzare ulteriormente la posta con una nuova partecipazione "importante"? E poi c'è l'affaire Alessandra Amoroso, eternamente accostata al Festivalone ma mai in concorso, a volte duettante e una volta superospite. Ecco, siccome quest''anno la categoria dei big fuori concorso dovrebbe andare incontro a un salutare snellimento, venendo riservata solo ad artisti "attempati" che hanno dato lustro alla rassegna e alla musica italiana nell'arco di decenni, per molti giovani allergici alle classifiche i margini di manovra si ridurrebbero: della serie, o competizione o niente, e addio a una finestra promozionale di capitale rilevanza. Lo stesso discorso varrebbe per Ghali, anche lui inspiegabilmente superospite tre anni fa. 

DA SANGIO A TANANAI: TORNANO LE RIVELAZIONI '22? - Dell'ultima edizione, quella della parziale rinascita post Pandemia, potremmo rivedere Ditonellapiaga e l'imprevedibile rivelazione Tananai, anche se le ultime quotazioni li vedono un po' in ribasso, mentre più probabile è il ritorno di un Sangiovanni che in estate ha dato continuità al successo ottenuto in Liguria. L'anno solare ha riservato buone soddisfazioni a Lazza, Rhove, Bresh, Carl Brave, Fred De Palma, Mara Sattei, Myss Keta, tutti nomi assolutamente plausibili, mentre nelle ultime ore sta emergendo con decisione l'indiscrezione che porta a Sfera Ebbasta, possibile debuttante di lusso. Altri personaggi graditi al pubblico giovane potrebbero essere i Boomdabash (protagonisti nel 2019), Coez e Tommaso Paradiso, quest'ultimo assolutamente bisognoso di un exploit ai massimi livelli che la sua carriera solista non gli ha ancora riservato. E perché non un Fabri Fibra, "padre nobile" del rap italiano  del 21esimo secolo? Fra le voci femminili emergenti, pur distanti anni luce fra loro, da tenere in considerazione Ariete e la ruvida rapper Anna, più difficile vedere l'originalissima Casadilego. E i ragazzi di "Amici"? La loro presenza è sempre importante, ma non più fondamentale per il buon esito del Festivalone come avveniva fino a poco tempo fa. I nomi sono quelli di Luigi Strangis, LDA e Sissi: almeno uno potrebbe entrare nel cast. 

CANTAUTORI, ALTERNATIVI E LO "STRANIERO" - Nomi "alternativi": occhio a Franco 126, ben riuscito il suo duetto estivo con Loredana Bertè, poi Margherita Vicario, da anni in rampa di lancio, Vasco Brondi, Rosa Chemical che a febbraio ha fatto coppia con Tananai nella serata delle cover (il che a volte ha rappresentato il primo passo verso la partecipazione vera e propria, vedi La Rappresentante di Lista), i Baustelle, per i quali si tratterebbe di un debutto troppo a lungo atteso ma estremamente gradito. Potrebbe perfino essere l'anno giusto per l'anglo-genovese Jack Savoretti, qui su Note d'Azzurro spesso caldeggiato e che andrebbe ad occupare la casella "straniera" lasciata libera da Ana Mena. E chissà, magari ci riproverà l'Orchestraccia, che nel 2022 pare sia stata a un passo dall'inserimento nel cast. Pazza idea ma neanche tanto? Matteo Bocelli, accostato al Sanremo già in un paio di edizioni recenti. Gradevoli costanti? Da Arisa ad Ermal Meta a Malika, forse qualcuno ci proverà, ma non dovesse entrare non sarebbe un dramma: li ritroveremo comunque nelle edizioni venture.

VETERANI DELL'ALTROIERI... - E infine i veterani: sarà finalmente dato spazio a Marcella, dopo tanti tentativi andati a vuoto? Lo meriterebbe, per la costanza ma anche per l'indubbio prestigio apportato alla musica leggera nostrana dagli anni Settanta in poi. Difficile ma non impossibile vedere i Ricchi e Poveri, alla luce del lutto che li ha colpiti poche settimane fa con la scomparsa di Franco Gatti, ancor più difficile la via sanremese per i Matia Bazar new version di Fabio Perversi (più probabilità, ma non tantissime, per il duo Silvia Mezzanotte-Carlo Marrale, altra costola dei gloriosi Matia). Darei una chance a Gigliola Cinquetti, che avrebbe tutto per ripetere le "rinascite" di Orietta Berti e Iva Zanicchi, mentre non è da escludersi una clamorosa presenza di Edoardo Vianello, peraltro quasi 85enne, con tutti i limiti del caso per la partecipazione attiva a una settimana di lavoro intenso, continuo, massacrante come quella festivaliera. Attenzione anche a Nada, peraltro anche lei uscita in autunno con un nuovo album, fattore che potrebbe frenarne la rentrée. 

... E DI IERI - Veterani anch'essi, ma di più fresco conio, Raf, anche lui come Giorgia spesso tenuto lontano dal Festival da motivi caratteriali (stress eccessivo), e la coppia Renga-Nek, che ha quotazioni molto consistenti. Di Nek, peraltro, va ricordata la firma, nel 2020, di una petizione che proponeva Red Ronnie come direttore artistico futuro del Festival, in contrapposizione alla prima gestione Amadeus travolta dalle polemiche per l'inserimento nel cast del discusso rapper Junior Cally. Nel frattempo, Nek è diventato addirittura un volto televisivo Rai e il conduttore dei Soliti ignoti è persona che non porta rancore, come è giusto che sia nell'ambiente dello spettacolo. Si è parlato molto della clamorosa réunion di Paola e Chiara, e Sanremo 2023 dovrebbe essere il posto migliore per celebrarla. In lizza anche Paola Turci, mentre per le brave e meritevoli Mietta, Syria, Lisa e Nava ho ormai perso la speranza, ma chissà. Dopodiché, postilla da tenere sempre in considerazione, occhio alle sorprese autentiche, ai nomi mai fatti da nessuno. Ci sono sempre stati, da quando c'è Amadeus sulla tolda di comando sono ancora di più. Nel 2021 si raggiunse il top, ma dieci mesi fa chi si sarebbe mai aspettati Dargen D'Amico o Highsnob e Hu?