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lunedì 15 ottobre 2018

NATIONS LEAGUE: IN POLONIA UN'ITALIA DA STROPICCIARSI GLI OCCHI. GIOCO DI GRANA FINISSIMA, MA URGE PESO IN ATTACCO


Da stropicciarsi gli occhi. Non è ancora giunto il momento di celebrare la rinascita della Nazionale italiana: la strada è lunga e occorre pazienza, lo ha sottolineato a più riprese lo stesso cittì Mancini. Però due indizi possono cominciare a fare qualcosa che si avvicina a una prova: se già nell'amichevole genovese con l'Ucraina si erano visti quarantacinque minuti di buone trame, aggressività e ripetuti pericoli per la porta avversaria, in un test più difficile e probante, quello di Nations League in casa della Polonia, ultimativo scontro salvezza, abbiamo assistito a una crescita ulteriore e persino insperata, nelle proporzioni. 
I BIDONI SONO ALTRI... - Piccolo promemoria: quella attuale, secondo molti esperti e appassionati (non secondo me, e il blog lo testimonia) è una generazione azzurra di scarti, scarponi, mezze calzette. Ebbene, non penso che calciatori di modeste qualità siano in grado di giocare gare come quella di Chorzow. Le squadre mediocri possono cavarsela, spesso ma non sempre, gettando il cuore oltre l'ostacolo, puntando su "garra" e applicazione ferrea delle consegne tattiche. Ma ieri sera in Slesia è accaduto qualcosa di diverso: ha preso forma un undici capace di far gioco, e di farlo bene. Da stropicciarsi gli occhi, sì: idee chiare e abilità nel metterle in pratica, precisione quasi assoluta nel tocco di palla e nei passaggi (cosa che in azzurro non si vedeva da anni, davvero), manovre in velocità condotte con disinvoltura e fluidità, un controllo del match pressoché costante, contro una Polonia che aveva le nostre stesse necessità di classifica, che giocava in casa e che è comunque una formazione già fatta e finita al contrario della nostra, e tuttavia si è vista costretta a difendersi a oltranza affidandosi a sporadici contropiede, nati spesso dai rari errori del nostro pacchetto di mezzo. 
CRESCITA ESPONENZIALE - Una squadra di calcio. Con una manovra razionale, lineare ma al contempo bella a vedersi. Sinceramente, alla luce del dignitosissimo materiale umano a disposizione, auspicavo sì un sensibile progresso a breve termine, ma non mi aspettavo di vedere così presto, in questa difficilissima gestione manciniana, espressioni di gioco a tal punto elevate. Poi possiamo dire tutto e il contrario di tutto per sminuire la prova dei nostri, come è tipico degli incontentabili tifosi e critici di casa nostra: potremmo ad esempio parlare della selezione biancorossa in parabola discendente già dal grigio Mondiale russo, e quindi non propriamente una potenza di primo piano del football europeo. Sarà, ma è la stessa rappresentativa che, senza strafare, ci aveva agevolmente bloccati a Bologna, sfiorando il trionfo. E allora, prendiamo almeno atto del fatto che la crescita è in corso, che i bagliori del Ferraris non erano fatti isolati e legati alla mancanza di una tangibile posta in palio. E aggiungiamo che per catalogare i Florenzi e i Verratti, i Chiesa e i Bernardeschi come mediocri, forse bisognerebbe attendere qualche prova ulteriore e sospendere il giudizio. 
RISOLTO IL REBUS DEL CENTROCAMPO? - Poteva finire zero a zero, certo: sarebbero rimaste l'amarezza per una vittoria sacrosanta mancata per questione di centimetri, ma anche la soddisfazione di aver finalmente cominciato a intravedere la luce in fondo al tunnel. Una cosa per volta: il rebus del centrocampo, per esempio, pare esser stato risolto, anche se il pallone può smentire domani quello che dice oggi. Il ritorno di Verratti e l'innesto di Barella hanno rivitalizzato anche Jorginho. Ciò vuol dire che il talento, soprattutto nel settore nevralgico, è importantissimo, ma non è tutto: perché ad esempio i Pellegrini e i Cristante visti a inizio stagione sono fior di virgulti su cui si potrà continuare a contare, ma la "chimica", l'alchimia giusta è sbocciata fra i tre che hanno occupato la fascia mediana nelle ultime due uscite. Sono tre ragazzi che posseggono personalità e che, ognuno in percentuali diverse, sanno abbinare qualità e quantità, sanno giocare di fino (e a Chorzow l'hanno fatto ripetutamente) ma anche mulinare la clava, e a tal proposito ha compiuto grossi passi avanti rispetto a Genova soprattutto il giovane cagliaritano, a tratti persino troppo deciso in interdizione. 
FLORENZI TORNA UNA SICUREZZA, BIRAGHI SI RISCATTA - Nelle retrovie, Bonucci e Chiellini hanno chiuso a doppia mandata la porta davanti a un Donnarumma sempre convincente nelle poche occasioni in cui è dovuto intervenire (due volte su Grosicki, sostanzialmente). Le due "chiocce" tengono caldo il posto per Rugani, Caldara e Romagnoli, che avranno modo di inserirsi con serenità in una compagine non più provvisoria ma già delineata in buona parte, e quindi ben sicura sulle proprie gambe. Sulle fasce, Florenzi è tornato una risorsa fondamentale per il Club Italia, davvero inesauribile nelle due fasi e puntuale negli inserimenti offensivi; meno continuo e preciso Biraghi, il cui gol finale in spaccata su corner "monda" comunque tutti i peccati. Già, il gol: se dovessimo giudicare solo sulla scorta delle ultime partite, sembra rimasto l'unico problema grave della selezione azzurra. In realtà altri aspetti sono da mettere a punto, ed è giusto essere preparati fin da ora ai probabili sbalzi di rendimento che potranno caratterizzare, com'è normale che sia, la maturazione di un gruppo giovane e non molto esperto a livello internazionale. Ma è un dato di fatto che, se non la metti dentro, in certe competizioni non si va lontano. Abbiamo dovuto aspettare il raro acuto di un terzino nei minuti di recupero per incamerare un successo che, ai punti, avevamo strameritato molto prima. 
LE OCCASIONI CI SONO, I GOL ARRIVERANNO - Ribadisco tuttavia quanto avevo scritto dopo l'Ucraina: creare occasioni, concludere a rete con frequenza, essere presenti nell'area avversaria in maniera sempre e comunque insidiosa, è un'eccellente base di partenza per costruire qualcosa di importante. E in Polonia l'Italia ha tirato pericolosamente con una frequenza che, al cospetto di avversari di una certa statura, non faceva registrare probabilmente dall'Europeo del 2016, dalle splendide sfide con Belgio e Spagna: nel primo tempo, ci hanno provato due volte ciascuno Jorginho e Insigne (con un legno a testa), e Szczesny, che già aveva sventato uno splendido diagonale del nostro italo-brasiliano, ha tolto dalla porta un'inzuccata di Chiellini e un destro di Florenzi, giunto al culmine di uno dei tanti scambi in velocità condotti dai nostri fra trequarti e sedici metri.
Nella ripresa, un tiro alto di Biraghi su traversone da destra e due tentativi di Bernardeschi, con un bel sinistro da fuori e, prima, con un colpo di testa da posizione favorevolissima su cross di Chiesa, mandato sciaguratamente a lato. Non vincere una gara così, con una tale messe di palle - gol, sarebbe stato da guinness dei primati... È bene che anche chi arriva da dietro sia incisivo sotto porta, come ha saputo fare il laterale della Fiorentina, ma gli attaccanti devono finalizzare. Il trio davanti ha confermato quanto di buono e di meno buono mostrato a Marassi: ottimo tourbillon, prontezza nel proporsi, caparbietà, ma manca ancora il killer instinct. Con un Vieri o un Pippo Inzaghi al centro, la vittoria avrebbe potuto assumere proporzioni clamorose. Vieri e Inzaghi non li abbiamo più, ma forse potrebbe bastare un Belotti nuovamente al top, o magari un Cutrone che, parere mio, è già da Nazionale maggiore... 

giovedì 11 ottobre 2018

CLUB ITALIA: CON L'UCRAINA AZZURRI BELLI A METÀ. BUONE TRAME DEL TRIO OFFENSIVO, ESORDIO DI SPESSORE PER BARELLA


Siamo in una fase della "ricostruzione azzurra" in cui occorre guardare al bicchiere mezzo pieno, perché sennò è finita. L'Italia continua a non vincere, manca l'appuntamento per la quinta volta consecutiva. Certo, c'è chi ha fatto peggio in passato, anche in tempi più o meno recenti: penso all'ultima declinante stagione del cittì Prandelli, che fra il 2013 e il 2014 rimase a secco di successi per sette gare, per non parlare dell'insospettabile Bearzot dell'annata post Mundial '82, nella quale mise insieme soltanto tre pareggi e tre sconfitte. 
FRA CALCIO E TRAGEDIA - È dunque il caso di non essere troppo schizzinosi, anche se da parte del Mancio ci si aspettava un avvio più convincente, sul piano dei risultati. Teniamoci quanto di buono ha espresso la Nazionale nel rendez - vous di Marassi con gli ucraini di mister Shevchenko, una di quelle gare che risulta oltremodo difficile da valutare in chiave strettamente calcistica, in quanto troppo labile è il confine fra fatto tecnico e quadro emotivo, nella fattispecie legato alla particolare (diciamo pure drammatica) situazione che Genova sta vivendo dal 14 agosto scorso. "Genova nel cuore": il logo simbolo del crollo del ponte Morandi ieri sera campeggiava sulle magliette sfoggiate dai bambini durante l'inno, sulle maniche delle casacche indossate dagli azzurri, sul tabellone luminoso dello stadio. E poi c'è stato il caloroso applauso di atleti e pubblico al minuto 43, 43 come le vittime di quell'assurda, ingiustificabile catastrofe. 
CRESCITA IN ATTACCO - Ecco, diciamo che, per quanto occorra sempre pesare le parole allorché si accostano calcio e vere tragedie della vita, fino a quel fatidico minuto i nostri calciatori hanno onorato l'impegno che si erano prefissi, quello di regalare ai genovesi qualche minuto di serenità e di spensieratezza. E' stata così la migliore Italia della nuova gestione, un'Italia volitiva, aggressiva, con le idee ben chiare e con la capacità di arrivare frequentemente al tiro, capacità che era quasi totalmente mancata nelle precedenti uscite. Il primo tempo poteva concludersi con un vantaggio persino insperato per la nostra rappresentativa: hanno concluso pericolosamente Bernardeschi, Chiesa, Bonucci, Insigne e Barella, e il portiere ucraino Pyatov ci ha sovente messo affannose pezze. Si è invece arrivati all'intervallo a reti bianche, con la constatazione che l'incapacità di concretizzare risulta al momento uno dei più grandi limiti della Nazionale, un limite che la tiene a distanza notevole dalle migliori espressioni del football europeo. Però il passo avanti c'è stato, perché una cosa sono le recite all'insegna dell'impotenza offensiva tipo quelle recentissime con Polonia e soprattutto Portogallo, un'altra è mancare occasioni per imprecisione propria e bravura del numero uno avversario, occasioni che però sono state costruite con apprezzabile continuità. Insomma, è banale dirlo, ma per segnare bisogna creare palle gol: e se si creano, prima o poi i gol arrivano. 
RIPRESA "ANNACQUATA" - Molte le cose apprezzabili viste nel primo tempo: in primis, la rapidità e l'incisività delle nostre incursioni in avanti, con un trio d'attacco che ha girato tutto sommato su buoni livelli. Insigne in crescita pur se intermittente, Chiesa meno preciso del solito ma comunque sempre nel vivo delle azioni, Bernardeschi il migliore del lotto per intraprendenza e proprietà di palleggio. Giusto che la gioia della rete sia toccata a lui nella ripresa, pur se con la complicità di quel Pyatov fino ad allora decisivo, ma a quel punto la partita aveva già cambiato volto. Italia in flessione atletica, Ucraina in crescita e pure fortunata, visto che riusciva a trovare il pari alla prima vera azione insidiosa, con un tiro di Malinovskiy sugli sviluppi di un corner, quel Malinovskiy che poi coglieva una clamorosa traversa direttamente su punizione (e dopo pochi secondi Donnarumma salvava su inzuccata di Stepanenko). Arrivavano anche le sostituzioni in serie, ben sei, ad annacquare il gioco dei nostri e a rendere del tutto inattendibile buona parte della ripresa.
CENTROCAMPO PLAUSIBILE, BARELLA OK - Prima, si erano avute notizie confortanti anche dalla zona nevralgica, conclamato tallone d'Achille di questo abbozzo di Nazionale "mancinesca". Dopo le recite imbarazzanti di Bologna e Lisbona, si è visto un reparto più concreto e in palla, grazie soprattutto a Verratti, peraltro come al solito più utile nella fase di interdizione che in quella di costruzione, e all'esordiente Barella, che si è confermato elemento di ottima statura e che ha fatto sentire il peso del suo gioco soprattutto dalla trequarti in avanti, sfiorando anche la segnatura con una bordata dalla distanza. Poche invece le indicazioni da una retroguardia scarsamente impegnata per larga parte della gara, con un Florenzi valido ma non precisissimo in fase di spinta e un Bonucci che ogni tanto ha cercato di dare sbocchi alternativi alla manovra come faceva nelle precedenti gestioni azzurre, con lanci lunghi peraltro mai sfruttati dai compagni. 
Null'altro da aggiungere su Italia - Ucraina: una mezza partita che ha regalato il bicchiere mezzo pieno di cui si è detto all'inizio. Basterà per la trasferta in Polonia? Difficile dirlo, ma intanto Bobby-gol può lavorare su una base tecnica più confortante, su elementi cardine che si stanno ritrovando (Verratti, Insigne), e su alcuni piedi buoni (Bernardeschi, Barella) che, accumulando ancora un po' di esperienza, hanno tutto per incrementare il tasso di pericolosità del Club Italia. Si va avanti a piccoli passi, insomma, ma si va, e guai a lasciarsi abbattere.