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martedì 21 novembre 2023

EURO 2024: L'ITALIA PASSA COL BRIVIDO MA CON MERITO. IL PROBLEMA DEL MAL DI GOL E I PREGI DI UNA SQUADRA CHE SI E' DOVUTA REINVENTARE IN POCHI MESI

 L'Italia che approda all'Europeo tedesco è ancora un cantiere aperto. Non potrebbe essere diversamente, tenendo bene a mente le insidie via via accumulatesi lungo il suo percorso. Una Nazionale trovatasi a Ferragosto improvvisamente senza guida tecnica, costretta a reinventarsi in fretta e furia per evitare la terza figuraccia epocale in pochi anni, ossia quella di non poter difendere fino in fondo il titolo continentale meritatamente conquistato nel 2021. Spalletti è stato paracadutato in una situazione caotica e ha dovuto affrontare una corsa ad handicap, già gravata dalla falsa partenza manciniana, quello scontro diretto con gli inglesi che si è perso a Napoli pur potendolo tranquillamente pareggiare, e condizionata dal progressivo dissolversi di certezze e autostima del gruppo, minato da un biennio di tante delusioni e pochissime, effimere gioie. 

INFERMERIA SEMPRE PIENA - No, forse più di così non si poteva fare, e questa qualificazione sofferta è grasso che cola. Visto che le attenuanti valgono sempre per i nostri avversari, tiriamone fuori un'altra anche per noi: la costante di dover scendere in campo sempre in estrema emergenza. Nelle sei gare della nuova gestione sono sistematicamente venuti a mancare uomini più o meno importanti, più o meno centrali: da Bastoni a Locatelli, da Tonali a Pellegrini, da Chiesa a Retegui, a turno in troppi hanno marcato visita,  e il neo trainer è stato costretto ad acrobazie tattiche e a scelte non banali, col benemerito lancio di qualche giovane interessante, su tutti Buongiorno e Udogie, e col ripescaggio di gente più stagionata che pareva fuori dal giro, da Jorginho a quel Bonaventura che ha dimostrato di essere ancora all'altezza della rappresentativa. Insomma, da anni ci lamentiamo, io per primo, della presenza invadente degli stranieri nella nostra Serie A che ha drasticamente ridotto il campo di scelta del cittì di turno (anche se nelle ultime stagioni si è assistito a una parziale inversione di tendenza, come ho già avuto modo di rilevare), in un quadro del genere rinunciare a elementi come quelli prima elencati significa dover sempre e comunque remare controcorrente, ed è un dato di fatto che questa Italia da tempo non sia in grado di schierarsi nella sua formazione migliore. Eppure, bene o male, si riesce a mantenere il minimo sindacale di competitività, a dimostrazione di quanto qui è stato sempre scritto, ossia che il serbatoio nazionale forse non produce più fuoriclasse, ma continua a sfornare un buon numero di giocatori di buono / ottimo livello. 

QUALIFICAZIONE MERITATA - Ecco, tutto questo andava premesso, prima di addentrarsi in un'analisi  ricca di sfumature. Perché il Club Italia uscito imbattuto dal neutro di Leverkusen ha lasciato una sostanziale sensazione di incompiutezza. Bando agli equivoci: la qualificazione è stata assolutamente meritata dai nostri, mostratisi nettamente superiori agli ucraini nel doppio confronto. L'andata a San Siro suscita ancora acuti rimpianti per quello striminzito 2-1 assolutamente bugiardo, in rapporto al predominio mostrato dagli azzurri. E ieri, dopo qualche tremore iniziale, la selezione di Spalletti aveva preso possesso del campo, giostrando con autorevolezza e serenità, e creando almeno quattro palle gol, di cui due clamorose, non finalizzate da Frattesi e Raspadori, a cui vanno aggiunte, a buon peso, una pericolosissima conclusione da fuori di Barella deviata dal portiere e un colpo di testa di poco a lato di Di Lorenzo. E anche nella prima metà della ripresa Zaniolo e compagni sembravano in totale controllo della situazione, ancora insidiosi dalle parti di Trubin. Purtroppo, non è arrivato un vantaggio che sarebbe stato assolutamente legittimo, e ciò, com'era prevedibile, ci ha condannati a venti minuti di sofferenza, con gli ucraini giustamente protesi alla vittoria che avrebbe evitato loro gli spareggi. 

EPISODI DISCUTIBILI E PESO POLITICO - In finali di partita così accesi, con avversari che caricano col sangue agli occhi, purtroppo può capitare di tutto, anche l'immancabile giallo, questa volta presentatosi sotto forma di un dubbio fallo di Cristante su Mudryk in area. Era rigore? In diretta pareva di sì, rivisto da diverse angolazioni lo sembra molto meno, e così lo scandalo scolora, degrada ad episodio discutibile e variamente interpretabile come mille altri nella storia del pallone, con una differenza: da qualche anno a questa parte non c'è solo l'arbitro, c'è anche il Var, che nella circostanza ha deciso di lasciare le cose come stavano. Perciò me ne sto anch'io, volando al di sopra delle malignità dei non tifosi tafazzisti che credono di saperla lunga. Era importante avere i campioni in carica alla fase finale, come ha lasciato intendere Ceferin? Sicuramente sì. Gravina vicepresidente Uefa è una carta importante per noi? Ma vivaddio. Anni trascorsi a piangere sulla assoluta mancanza di peso  calcistico internazionale del nostro Paese, a rimpiangere i tempi di Matarrese e ancora prima di Artemio Franchi, e ora che abbiamo finalmente qualcuno in un ruolo di enorme spessore nella stanza dei bottoni stiamo a fare gli schizzinosi? Non scherziamo. Anche se, intendiamoci, bisogna essere proprio dietrologi ai massimi livelli per vedere la longa manus del nostro numero uno federale in quanto avvenuto poche ore fa (ripeto, episodio meno netto di quanto sembri, e di difficile valutazione, dopodiché il penalty ci poteva stare, sì), e comunque, torno a sottolinearlo, l'Italia ha meritato più dei gialloblù questa qualificazione diretta. Non basta giocare bene una ventina di minuti e "vantare" una recriminazione a favore per cancellare tutto quanto di diverso si era visto in 160 minuti precedenti. D'accordo, il football spesso è così, basta un singolo fatto tecnico, un fallo o una giocata, a ribaltare i valori fin lì emersi, ma non sarebbe stato giusto. 

IL MAL DI GOL - Il punto, qui, è un altro: che la Nazionale non doveva mettersi nella condizione di rischiare un rigore decisivo in pieno recupero, e il terzo psicodramma dal 2017 ad oggi; secondi di "terrore" che lasciano comunque l'amaro in bocca. Ed ecco che allora si ritorna al vero tasto dolente di questa squadra: preso atto che, al momento, la vendemmiata contro la Macedonia (lasciamo perdere l'inconsistente Malta) è stata una piacevole eccezione, il mal di gol continua ad affliggere in maniera preoccupante la nostra rappresentativa. Fa male al cuore vedere le splendide sollecitazioni di un Chiesa tornato in grande forma sprecate dalle défaillance altruii, con Frattesi, spesso implacabile sotto porta, che spara sul portiere in uscita, e con Raspadori che arriva in ritardo (di un soffio, d'accordo) all'appuntamento con la deviazione vincente. Ed è doloroso vedere un ragazzo delle potenzialità di Scamacca così poco sintonizzato coi compagni e poco preciso in area, e sempre così discontinuo da un incontro all'altro. 

CHI SEGNERA'? - Quella della scarsa efficacia in avanti è una lacuna che ci tiene a distanza dalle grandi Nazionali del momento, non dico la Francia che ne fa 14 a Gibilterra e che sembra di un altro pianeta, ma più che altro l'Inghilterra che ben conosciamo, il devastante Portogallo, la Spagna. E' una carenza che poteva costarci cara ieri, che ci è costata cara il mese scorso a Wembley e che ci costerà ancora più cara l'estate prossima, se non vi porremo almeno parzialmente rimedio. In che modo? Beh, non si vede all'orizzonte il bomber inesorabile alla Vieri o alla Pippo Inzaghi.  Qualcosa di simile potrebbe esserlo Retegui, se risolverà i suoi recenti problemi fisici (ne ha bisogno anche il Genoa, che senza di lui è un'altra squadra), il quale ha movenze e giocate da attaccante di razza e la porta la vede eccome (del resto ha anche realizzato due reti nelle prime due uscite in azzurro, l'ultima intuizione felice del triste Mancini post Euro vinto). Scamacca e Kean possono e devono aumentare la loro produttività in area perché ne hanno le potenzialità, ho qualche dubbio in più su Raspadori perché è il classico attaccante moderno (nel senso, diciamo, non del tutto positivo del termine), quello che fa tutto dalla trequarti in su, forse troppo, può giocare al centro o ai lati, è fondamentale nel funzionamento dei meccanismi della prima linea anche come creatore di spazi e di idee, ma questo... superlavoro gli fa spesso perdere lucidità al momento di concludere. E comunque lo stesso Chiesa, anche nelle sue versioni più brillanti come quella di ieri, segna meno gol di quanto potrebbe. 

ESTERNI E INSERIMENTI DA DIETRO - Altre soluzioni? In tempo di vacche magre non si butta via niente, e così va tenuto in gruppo anche un Immobile meno inesorabile che in passato ma comunque, lui sì, punta nel senso tradizionale del termine, dopodiché, come anche nei momenti migliori della gestione manciniana, ci si deve affidare al tourbillon degli esterni e dei trequartisti che un buon bottino di segnature possono garantirlo, nonché agli inserimenti da dietro, perché gente come Di Lorenzo, Dimarco, Barella, Frattesi e Pellegrini hanno, chi più chi meno, il gol sempre in canna, come anche Colpani, che quanto prima dovrà essere provato. Dimarco, poi, sta vivendo il momento migliore della sua carriera, ricorda spesso il miglior Spinazzola per capacità di appoggiare la manovra offensiva, potrebbe essere ancor più devastante se spostato un po' in avanti, con Udogie pronto a rimpiazzarlo come esterno basso (anche lui con licenza di sganciarsi): un'idea come un'altra per un centrocampo che, non potendo contare a lungo sul titolare Tonali e sul prospetto Fagioli per le note vicende, ha bisogno di uomini e strategie nuove. 

Certo, anche Spalletti a tratti pare non essere ancora perfettamente a fuoco, peccando soprattutto nelle letture a match in corso. Alcune sostituzioni non paiono del tutto azzeccate: a Londra Scamacca doveva forse restare dentro, mentre ieri poteva partire subito per poi lasciare il posto a Raspadori. Ed è un fatto che Jorginho, il quale per lungo tempo non dovrà più, assolutamente, calciare un rigore in azzurro, finché è restato in campo contro gli ucraini ha tenuto in ordine la zona nevralgica, mentre quando è uscito si sono un po' perse le distanze, con un acciaccato Cristante che non è riuscito a fare argine e ha anzi rischiato l'incredibile, e anche in questo cedimento centrale c'è la spiegazione della fiammata ucraina che con un assetto più solido sarebbe stata ben altrimenti contenuta. Meno problemi nel cuore della difesa, dove Buongiorno si è ben assestato, dove tornerà Bastoni, dove andrà ovviamente riproposto uno Scalvini un po' in comprensibile difficoltà a Wembley ma prospetto di assoluto valore. 

SORTEGGI... PARANORMALI - Questa è l'Italia giunta col fiatone, ma promossa, alla fine di un'eliminatoria crudele, perché aveva inserito nello stesso girone le due finaliste dell'ultimo europeo, soluzione grottesca come grotteschi sono i criteri che ci dirotteranno probabilmente in quarta fascia in sede di sorteggio della fase finale, gettando alle ortiche non dico la tradizione, ma anche l'albo d'oro recente della manifestazione, e non tenendo in alcun conto la differente difficoltà dei vari raggruppamenti, con alcune grandi (vedi il Portogallo) che hanno fatto una passeggiata di salute, e gironi pieni di squadre di medio livello, insidiose ma abbordabili, che potevano invece essere più equamente distribuite. Una disperata ricerca di imprevedibilità e innovazione, da parte delle federazioni internazionali, che travolge anche la logica. Però intanto in Germania ci siamo arrivati, soffrendo anche per responsabilità di chi c'era prima e per problemi di sistema che si trascinano, irrisolti, da troppi anni. Ma l'importante è esserci, come ci saremmo dovuti essere nel 2018 e nel 2022. Ora abbiamo la possibilità di crescere, migliorare, sperimentare soluzioni ed elementi nuovi, magari cominciando a inserire quei giovanissimi che si sono fatti onore nelle varie Under.