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venerdì 27 novembre 2020

SANREMO 2021 O FESTIVALBAR DI SANREMO? I DUBBI SULLE DATE, COMPRENSIBILI FINO A UN CERTO PUNTO, E UN'ANALISI SUI BIG PAPABILI

 Sanremo 2021 è al momento un enorme punto interrogativo. In tempi di pandemia, probabilmente, non potrebbe essere altrimenti, ma un po' di magone e di preoccupazione ci sono. L'appuntamento, si sa, è per la prima settimana di marzo, ma nei giorni scorsi sono circolate con insistenza le voci di un possibile, ulteriore rinvio. Ulteriore perché, lo ricordiamo, negli ultimi anni il Festivalone era tornato nella collocazione storica di inizio febbraio, e lo spostamento di un mese rappresentava, nelle intenzioni degli organizzatori, la volontà di mettersi a... distanza di sicurezza dagli ultimi colpi di coda del Covid. Poi, certo, la situazione è peggiorata, ma la recrudescenza non è stata proprio un fulmine a ciel sereno. Si è trascorsa l'estate a discutere di seconda ondata, il quadro si è aggravato oltre le previsioni per tutta una serie di motivi che non sarebbe corretto esporre qui. Al di là di tutto, previsioni circa l'andamento di lungo periodo di questo flagello sanitario pare impossibile farne anche per gli esperti, e si naviga dunque a vista in tutti i campi. 

PALETTI - Dei paletti, dei punti fermi, è pero necessario mantenerli, perché in un quadro così fluttuante è doveroso ancorarsi a un minimo di programmazione. I principali tornei di calcio professionistici nazionali e internazionali, per fare un esempio a me caro, si giocano, pur con enormi limitazioni, con rinunce, con protocolli rigidi, con gli stadi vuoti, ma si va avanti anche in queste settimane così dure e angosciose per il Paese. Una rassegna canora è già qualcosa di diverso, per carità, ma è stata comunque apprezzabile la scelta della Rai di fissare con largo anticipo delle date e di tracciare una road map molto precisa e rigorosa, un percorso di avvicinamento che ruota essenzialmente attorno alla selezione delle Nuove Proposte tramite la trasmissione AmaSanremo, conclusasi ieri, e la finalissima del 17 dicembre al Teatro del Casinò rivierasco. 

MEGLIO MARZO O APRILE? - Tutto questo per dire che, ora come ora, i balletti e i tentennamenti attorno a un progetto già deciso mi sembrano fuori luogo, perché una data stabilita oggi potrebbe non essere più plausibile domani. Spostare la kermesse ad aprile, come in molti quasi esigevano? Sì, forse ad aprile la situazione sarà migliore rispetto a marzo sul fronte virus, anzi è possibilissimo sia così, ma potrebbe anche essere il contrario, potremmo stare meglio a marzo e peggio ad aprile, nella deprecata eventualità di una terza ondata di cui qualcuno comincia a sussurrare. Certo, nel frattempo è arrivata la gioiosa novità del vaccino (anzi, dei vaccini), ma, al di là dell'ottimismo forse eccessivo di certe cronache, sono tutti da verificare tempi e modalità di somministrazione. 

Il mio parere, già espresso nelle scorse settimane, è che Sanremo si "deve" fare: mai come in questo momento sarebbe determinante, quasi vitale, per far ripartire il mondo dello spettacolo e quello della discografia, che stanno pagando un prezzo esorbitante, direi drammatico, allo stop pandemico. Sul punto secondo me c'è stato un grave errore comunicativo di Amadeus, che tanti meriti ha accumulato finora nella sua gestione festivaliera ma che spesso incappa in disavventure verbali di non poco conto. Il direttore artistico ha iniziato la marcia di avvicinamento affermando di non voler pensare a un Sanremo in tono minore, dimezzato, ridimensionato. Ma dire così significa semplicemente salutare Sanremo 2021 e dare direttamente l'arrivederci al 2022. Perché nel 2021, perlomeno nella prima metà, non potrà esserci alcun evento spettacolare in forma "normale". Ecco perché, in teoria, aprile vale marzo. Anche con la rassegna spostata in primavera, ritengo dovranno comunque essere seguiti rigidi protocolli sanitari di sicurezza, non si potrà riempire totalmente l'Ariston, non si potrà consentire l'afflusso in massa di cittadini, turisti e addetti ai lavori nelle strade della località ligure. 

IL... FESTIVALBAR DI SANREMO? - Perché il punto dolente sta anche qui: un Festival senza pubblico, senza indotto, senza "casino" di contorno (un casino remunerativo per tante attività commerciali) sarebbe un Festival assai depotenziato. Se ci si illude che passando da marzo ad aprile la situazione cambierà radicalmente, come per magia, va bene tutto e, sia ben chiaro, io me lo auguro caldamente, ma, per l'appunto, temo sia un'illusione e nulla più. Forse solo una rassegna a ridosso dell'estate potrebbe rappresentare una soluzione con basi più solide. Certo, diventerebbe il Festivalbar di Sanremo, ma in un'epoca così assurda ci starebbe anche. Ciò che conta è l'ufficialità: il direttore di Rai 1 Claudio Fasulo prima, e Amadeus poche ore fa, hanno confermato la manifestazione nelle date previste, e il sindaco della città Alberto Biancheri ha sottolineato di non aver indirizzato a viale Mazzini alcuna richiesta di spostamento, contrariamente a quanto molte testate si erano affrettate a scrivere, ma è evidente che il quadro sia in divenire e imprevedibile.

PRONOSTICI DIFFICILI - Ha senso, alla luce di tutto ciò, cominciare ad azzardare pronostici sui possibili Big in gara, come da piacevole tradizione di questo periodo dell'anno? Non molto, direi. Anche qui, indicazioni contrastanti: in sede di presentazione di AmaSanremo, il direttore artistico si era detto soddisfatto perché a quel momento era arrivato più del doppio delle proposte ricevute dodici mesi prima alla stessa data, fra le quali c'erano anche i provini di qualche nome di rilievo. Poi, voci peraltro non confermate hanno parlato di pezzi scadenti e di nessun grosso calibro in lizza. Ora l'orizzonte sembra essersi di nuovo rasserenato: trecento le proposte arrivate sul tavolo di "Ama" e, parole sue, almeno cento "bellissime". Chi ci capisce è bravo. Proprio sul fronte dell'allestimento del cast, ça va sans dire, l'incertezza sulle date potrebbe risultare esiziale, perché pur in periodo di blocco o semi blocco, gli artisti e i loro entourage non possono fissare impegni da un giorno all'altro, devono sapere quando muoversi, avere un programma definito: non vanno lì a prendere semplicemente un microfono in mano, c'è dietro un'organizzazione lunga e complessa. 

I RITORNI E LE DONNE - In ogni caso, proviamo a dare qualche indicazione di massima, perché anche qui c'è una data ufficiale, impressa a chiare lettere sul regolamento: il 17 dicembre, giorno della selezione finale dei giovani, dovrebbe anche essere comunicato il listone dei Campioni, in teoria venti, ma nella realtà destinati a lievitare di qualche unità, secondo consuetudine. E dunque: come al solito, guardiamo a chi manca da parecchie edizioni e sarebbe tempo che tornasse. Da Malika Ayane a Francesca Michielin, da Ermal Meta a Fabrizio Moro tre anni dopo la loro vittoria in coppia, e poi l'estrosa Dolcenera, la raffinata Simona Molinari, e perché no una Emma che potrebbe pure rimettersi in gioco, visto che la sua ultima partecipazione in concorso (con annesso trionfo) risale al 2012. Tanti nomi femminili, come si vede, perché Sanremo 2021 dovrà necessariamente essere più "rosa" dopo le presenze ridotte delle ultime kermesse. A tal proposito, i grossissimi nomi, fra le rappresentanti della cosiddetta "altra metà del cielo", potrebbero essere Carmen Consoli o Gianna Nannini, mentre è arduo sperare in un ripensamento di Giorgia, tipica cantante da Festival, nata artisticamente all'Ariston ma che, nel tempo, ha sviluppato una certa idiosincrasia alle gare, e ho quasi perso le speranze per Alessandra Amoroso, ma quest'anno è così particolare che mai dire mai.... 

Poi ci sono Baby K. e Giusy Ferreri che, magari stanche della routine dei tormentoni estivi, potrebbero cimentarsi nelle più ovattate atmosfere invernali o primaverili, il che per la siciliana non sarebbe una primizia, ma casomai un tentativo di rivincita dopo troppe delusioni canore patite in Liguria. Il nome più gettonato, e non potrebbe essere altrimenti, è quello dell'ultima "amica" di Maria De Filippi, ossia Gaia. Il mio sogno? Levante, una delle vincitrici morali di Sanremo 2020, che torna con un pezzo ancora più forte di "Tikibombom" e conquista medaglia d'oro e consacrazione definitiva. Anche Elodie potrebbe provare a battere il ferro finché è caldo. 

I MASCHIETTI - Capitolo maschietti: detto di Meta e Moro, ovviamente separati, il nome relativamente nuovo potrebbe essere quello di Pago, mai visto al Festival ma rilanciato prepotentemente dall'ultima edizione di Tale e Quale Show. In quota cantautorato attendiamo speranzosi un ritorno di Samuele Bersani, ultima presenza nel 2012, del sofisticato jazz di Cammariere o di Niccolò Fabi, autore fra i più sensibili assente da tempo immemore dalla ribalta festivaliera, mentre c'è un Gianluca Grignani in cerca dell'ennesimo rilancio, così come Kekko Silvestre e i suoi Modà, fino a pochissimi anni fa dominatori delle classifiche, ma la musica pop consuma in fretta i suoi miti... Chissà che, a due anni dall'imprevedibile vittoria di "Soldi", non si riveda un Mahmood  la cui popolarità necessita comunque di una certa rinfrescata, mentre Rocco Hunt ricomparirebbe più maturo e sicuro di sé, dopo gli ultimi successi discografici in coppia con Ana Mena.  

GLI SCETTICI DEL FESTIVAL - Non dimentichiamoci di Michele Bravi, rivelazione del 2017 poi rimasto al palo per seri motivi personali, e di Bugo, che giustamente vorrebbe farsi risentire per bene e senza intoppi, dopo che la sua bella "Sincero" è stata oscurata dalla surreale diatriba con Morgan, perdonato a tempo di record dalla Rai tanto da diventare uno dei giudici di AmaSanremo. Qui i superbig potrebbero essere i Negramaro, mai più in concorso dopo la clamorosa bocciatura del 2005 ma appena usciti con un nuovo album, un Gigi D'Alessio sempre disponibile con Sanremo, Dodi Battaglia, che secondo le cronache ci aveva provato già due anni fa, irriducibili "scettici" del Festival quali Cesare Cremonini e Luca Carboni, o addirittura un Ultimo smanioso di "vendetta" dopo lo smacco del 2019, e ora campione assoluto delle classifiche. Novità assolute, ma non imprevedibili, sarebbero Tommaso Paradiso, ancora alla ricerca di una precisa identità canora dopo la fine dell'esperienza con The Giornalisti, e Fede senza il fidato Benji. L'amico Luca Valerio, conoscitore e attento analista delle cose sanremesi, mi suggerisce un'eventualità clamorosa, una réunion dei Pooh (magari senza utilizzare il marchio originario, solo con i nomi anagrafici) nel ricordo di Stefano: a mio parere sarebbe una presenza troppo ingombrante per la gara, per un sacco di motivi, principalmente sul piano emozionale, ma forse come superospiti... Vedremo. 

I FRESCHI DELUSI - Più riscatto che rilancio è quello di cui abbisognerebbero Arisa, Nek e Francesco Renga, presenti appena due anni fa ma con una partecipazione assolutamente al di sotto delle aspettative, per motivi diversi che furono qui analizzati all'epoca. Allo stesso modo, non è escluso che ci riprovi qualcuno già in lizza nel 2020 senza riscontri apprezzabili, penso a Giordana Angi, ad Alberto Urso o a Riki. Tornando al 2019, papabili Irama, nel frattempo divenuto protagonista delle chart soprattutto estive,  Shade e i Boomdabash, ottimi all'esordio sanremese. 

GIOVANI, INDIE, RAP - Il vivaio sanremese ha lanciato nell'ultima edizione, oltre al vincitore Leo Gassman, ragazzi di valore come Fasma e gli  Eugenio in via di Gioia. Altamente probabile che qualcuno di loro trovi spazio, minori possibilità per gli emergenti dei Festival precedenti, pur validi, come il multiforme Lorenzo Baglioni, Mirkoeilcane, Zibba, che pure sono artisti meritevoli e originali. Fra gli ex talent, possibili i tentativi di  Lorenzo Fragola, dei Kolors, o la prima volta dei Maneskin. Poi ci sono le due immense galassie delle indie e del mondo rap - trap, dalle quali Amadeus vuole sicuramente attingere a piene mani, nella speranza che arrivino proposte all'altezza. Fra i primi citiamo Calcutta, Fulminacci, Brunori Sas, Colapesce con Dimartino, La Rappresentante di lista, Gazzelle, Roberta Giallo, Patrizia Laquidara, Dente, Cristina Donà, Ginevra Di Marco. Fra i secondi, nomi mainstream come Emis Killa, Myss Keta, Ghali, Marrakash, Fred De Palma, Capo Plaza, Carl Brave, o emergenti già di gran successo come Tedua, Ernia, Tha Supreme, Madame. C'è di che sbizzarrirsi. 

I VETERANI E I DIMENTICATI - E come tralasciare l'immenso catino delle vecchie glorie, dei veterani? Per la verità, negli ultimi anni hanno giustamente avuto meno spazio anche perché, per troppo tempo, molti di loro (quasi sempre gli stessi) sono stati riproposti all'Ariston pur avendo ormai scarsissimo peso sul mercato (Al Bano e Patty Pravo, per dire).  Un nome un po' insolito da "ripescare" potrebbe essere quello dei Matia Bazar, in formazione rinnovatissima col solo "vecchio saggio" Fabio Perversi a tenere saldo il legame col passato, e ora portatori di un pop più fresco, radiofonico, immediato. Andando indietro nel tempo, perché non azzardare una presenza in gara dei ricostituiti Ricchi e Poveri, dopo la trionfale ospitata del febbraio scorso? Da anni auspichiamo la réntrée di Massimo Ranieri, ma è dura; il nome boom in questo campo sarebbe quello di Loretta Goggi, troppo poco presente nella storia di Sanremo, mentre ci sarebbe il solito esercito dei divi anni Novanta e primi Duemila, frettolosamente messi da parte dai circuiti mainstream ma ancora orgogliosamente in pista. Nomi sparsi, tutti plausibili: Lisa e Paolo Vallesi, i delusi dell'ultima edizione perché esclusi nonostante il buon viatico della vittoria a "Ora o mai più", lo show Rai dedicato ai cantanti dimenticati, e poi Francesca Alotta, Massimo Di Cataldo, Jalisse, Syria, Mietta, Silvia Salemi, Marina Rei, fino a Barbara Cola e Jessica Morlacchi, altre protagoniste dell'ultimo Tale e Quale. 

giovedì 19 novembre 2020

NATIONS LEAGUE, COL 2-0 IN BOSNIA ITALIA IN FINAL FOUR ACCANTO ALLA CREMA EUROPEA: BELGIO, FRANCIA E SPAGNA. IL GIOCO, IL GRUPPO E I GIOVANI ILLUMINANO IL FUTURO

Fra meno di un anno, la crema del calcio continentale si ritroverà nel nostro Paese, a Torino e a Milano, per disputarsi il trionfo nella seconda edizione della Nations League. Ci saranno la Francia campione del mondo in carica, il Belgio che da almeno un lustro è la selezione con la miglior continuità di rendimento del globo, tanto da essere prima nel ranking Fifa pur non avendo vinto alcun trofeo, la rinnovata Spagna che ha appena inflitto alla Germania un'umiliazione epocale. E ci sarà, a completare l'illustre lotto, proprio l'Italia. Secondo molti, un'assoluta intrusa al banchetto dell'élite europea: gente che, evidentemente, nell'ultimo biennio si è estraniata dall'attualità del football mondiale rifugiandosi in un pernicioso nostalgismo del tutto fine a se stesso. 

LE ASSENZE DEGLI ALTRI - Ho già dedicato fin troppo spazio agli haters della Nazionale nel mio precedente post e non vorrei più tornarci sopra, se non per rilevare che quanto da me ipotizzato si è ovviamente avverato: secondo molti frequentatori di quell'orrido bar sport virtuale che sono diventati i social, non solo la Polonia, ma anche l'Olanda era una rivale scarsa, per tacere della Bosnia-Erzegovina che oltretutto, ieri sera, era priva di Dzeko. Evidentemente contano solo le assenze degli altri, mai le nostre, che ho sommariamente elencato pochi giorni fa dimenticandomi sicuramente di qualcuno. Non sarebbe neanche necessario spiegare che nessuno, tantomeno qui sul mio blog, ha mai descritto l'Azzurra di Mancini come una ritrovata potenza del football planetario. Ma negare pervicacemente l'evidenza di quanto accaduto dal 2018 ad oggi è fuori dal mondo, ed è un grosso problema soprattutto per chi di questa visione distorta della realtà continua a farsi convinto portatore. 

IL LAVORO AZZURRO PER TUTTO IL CALCIO ITALIANO - Chi non riconosce l'attuale valore del Club Italia, non l'ha probabilmente mai visto giocare. Senza peccare di superbia, al momento attuale non cambierei la nostra rappresentativa con quella tedesca, e non solo alla luce dello 0-6 di due giorni fa incassato dagli sbandati di Low contro le Furie Rosse. Là dove c'è una squadra in declino e bisognosa di ritrovarsi nel corpo (vedi uomini nuovi), nell'anima e nelle motivazioni, cosa che probabilmente le riuscirà visto l'immenso serbatoio cui possono attingere a Berlino e dintorni, qui abbiamo un gruppo fresco, formato da giovani che hanno saputo farsi largo fra nugoli di stranieri mediocri e mestieranti, vincendo la diffidenza di dirigenti e allenatori perlopiù chiusi ad ogni novità. Dopo il disastro della gestione Ventura, la Nazionale ha svolto un lavoro di importanza storica incalcolabile, non solo per se stessa e per i suoi risultati, ma per la rinascita di tutto il movimento nostrano: senza Mancini ed il suo staff, mirabilmente rappresentato in questa settimana da Chicco Evani, i Barella e i Locatelli sarebbero probabilmente ancora a fare anticamera o a riscaldare qualche panchina, magari di prestigio, per carità, ma pur sempre panchina. Il Mancio e i suoi hanno imposto una linea tecnica e operativa ben precisa: se il calcio italiano non la seguirà, torneremo rapidamente in quel limbo dal quale siamo faticosamente emersi.

AZIONI COME SE PIOVESSE - Il successo di Sarajevo è stato ciliegina sulla torta e conferma del buono ammirato in tutto il biennio e in tante uscite recenti, non ultima quella emiliana contro la Polonia. I padroni di casa, privi come detto del centravanti romanista ma trascinati nel mezzo da un Pjanic in cerca di riscatto, sono stati più determinati in fase offensiva rispetto a Lewandowski e compagni. Hanno avuto le loro occasioni, a cavallo fra i due tempi, e poco prima dell'intervallo Donnarumma ha salvato alla grande su una girata di Prevljak che avrebbe potuto fruttare l'1-1 ai locali. Ma si è trattato di lampi, o poco più: ancora una volta, a condurre le danze sono stati i nostri, col solito florilegio di palle gol solo in parte sfruttate. Due reti di notevole fattura, la prima con il tiro sporco di Belotti su cross di Insigne dopo un perentorio recupero palla di Locatelli, che nella ripresa ha messo in area un pallone "parlante" per Berardi, abile a girarlo in porta con una pregevole volée. A corollario, due occasioni iniziali per il Gallo, un salvataggio del portiere Piric su sinistro di Berardi, uno splendido destro liftato di Insigne su cambio gioco di Barella con pallone a lato di un soffio, una deviazione fallita da pochi passi da Emerson e Belotti su tiro cross di Florenzi, un'azione simile nel secondo tempo, questa volta con Acerbi alla conclusione e mancato tocco dentro di Locatelli, e per chiudere una traversa di Bernardeschi, appena entrato. Un mero elenco di azioni che però sintetizza mirabilmente pregi e difetti di questa nostra Nazionale: manovra altamente produttiva e instancabile, facilità di giungere in zona tiro, ma anche drammatica mancanza di killer instinct, rimediabile in gare di difficoltà medio - alta ma ad alto rischio nel momento in cui ci troveremo di fronte i grossissimi calibri, come quelli che affronteremo nelle finali italiane di Nations. 

DONNARUMMA INAPPUNTABILE, LOCATELLI SUPER - Cerchiamo di essere ottimisti: c'è modo e tempo per porre rimedio, soprattutto perché si parte da una base già confortante. Sarajevo ha fornito tante indicazioni positive, a partire da chi sta dietro a tutti, ossia un Donnarumma che, se col Milan ancora "regala" ogni tanto perle al contrario, come nell'ultima uscita di Europa League col Lille, in azzurro non ha finora sbagliato un colpo. L'equivoco, sul suo conto, è aspettarsi un nuovo Buffon, senza considerare che talenti enormi come Gigi non nascono ad ogni generazione: la realtà è che il rossonero è un signor portiere con ampi margini di miglioramento, e che può dare un contributo importante pur senza toccare le vette... celestiali del campione del mondo 2006. Davanti a lui, una squadra che pensa in senso propositivo fin dalla difesa, soprattutto con Acerbi ed Emerson che si sono visti a più riprese proiettarsi in avanti con notevole pericolosità. Riguardo alla zona nevralgica, una domanda: tornerà Verratti, elemento di classe ed esperienza internazionale, ma come si farà a chiedere a Locatelli di farsi da parte? Il cervello del Sassuolo ha fornito un'altra prestazione monstre nelle due fasi, è diventato indispensabile. La soluzione, a ben vedere, è semplice: abbiamo un reparto di mezzo ricco di validissime alternative, e se qualcuno non gira ci sono soluzioni di ricambio prontissime all'uso. Bene, al solito, anche Barella, meno appariscente perché più impegnato anche in copertura, a dimostrazione del fatto che i bosniaci sono stati tutt'altro che arrendevoli. 

BERARDI GENEROSO, INSIGNE SUGLI SCUDI - Non è un caso che ieri sera molti dei nostri uomini più avanzati abbiano brillato anche per la generosità nei rientri, con menzione particolare per Berardi, che oltre ad avere trovato apprezzabile continuità sotto porta ha anche sfoderato doti da gregario tornando a dare sostanza nel mezzo, così come Belotti non ha fatto solo la boa ma si è spesso trovato ad agire in zona leggermente arretrata, aprendo varchi per gli inserimenti degli altri. Fra tutti, dalla trequarti in su, è parso in stato di grazia Insigne, da almeno un paio di stagioni uno degli elementi più incisivi ed affidabili della nostra Serie A e ora costantemente all'altezza anche in azzurro. Ieri, dai piedi di Lorenzo, un campionario di tiri, assist, pregevolezze tecniche, un incursore mortifero che gioca per se stesso e per i compagni, che ha lasciato da parte la timidezza e sfoderato gli artigli. 

FUTURO DI SPERANZA - C'è tanta qualità nel gruppo creato da Bobby gol, e se pensiamo ai tanti, in larga parte giovani, che stanno al momento alla finestra per vari motivi (Zaniolo, Castrovilli...), per tacere dei verdissimi talenti che si stanno mettendo in evidenza nelle selezioni Under 20 e 21, non si può non guardare al futuro con pensieri carichi di speranza. Nel 2018 eravamo scesi al ventesimo posto del ranking FIFA, che snobbano solo i nostalgici di cui si è detto in apertura ma che è il parametro fondamentale, piaccia o meno, attraverso cui misurare lo stato di salute delle varie rappresentative. Ebbene, oggi siamo a un passo dal rientro nella top ten, dopo esserci lasciati alle spalle la Germania. Siamo nella Final Four di Nations, dove, al di là del risultato finale che potrà anche essere negativo, avremo tantissimo da imparare dai tre colossi che ci troveremo di fronte, e la cosa non potrà che portarci ulteriori vantaggi. Affronteremo il sorteggio mondiale da teste di serie e, nel frattempo, abbiamo un Europeo da giocare. Dite quel che volete, ma dopo l'orrido Italia - Svezia di San Siro '17, e anche dopo l'oscuro interregno di Di Biagio, avrei messo non una, ma mille firme, per ritrovarmi a questi livelli 36 mesi dopo. E' consentito un pizzico di retorica, in chiusura di post e di annata azzurra? Ecco: in giugno a Roma per l'Euro, a Milano e Torino per la Nations in ottobre, speriamo di poterci ritrovare tutti, finalmente, nei nostri stadi, per incitare l'Italia, da un anno privata del suo pubblico. Se lo meritano, i Mancio Boys, e ce lo meritiamo anche noi. 

lunedì 16 novembre 2020

NATIONS LEAGUE: ITALIA-POLONIA 2-0. GLI AZZURRI VINCONO E CONVINCONO, IN UN CLIMA DI FRONDA ANTI NAZIONALI

 Sono tempi duri per le Nazionali, e per una in particolare: la nostra. A molti di voi non sarà sfuggita, nelle scorse settimane, la vergognosa alzata di scudi contro la Nations League e più in generale contro le soste dedicate alle rappresentative. Nations League inutile, si dice, come se fossero utili un torneo indecoroso e tecnicamente improponibile quale l'Europa League (che acquista una parvenza di validità solo nei suoi turni conclusivi), o tante partite surreali dei campionati nazionali a cui siamo costretti ad assistere nei mesi primaverili, partite inevitabili in leghe ipertrofiche, ingolfate da squadre che un sistema calcio serio non proporrebbe mai nella massima serie. Viaggi internazionali pericolosi in tempo di pandemia, si sostiene, come se non si fossero registrati contagi e positività anche all'interno dei patri confini. Ma tanto a pagare devono sempre essere le Selezioni e mai i club. Da noi, poi, si aggiunge un problema che temo sia quasi esclusivamente italiano: l'odio aprioristico per la Nazionale. 

L'ITALIA VINCE? GLI AVVERSARI SONO SCARSI  - I social sono tutto un florilegio di attacchi alla squadra di Mancini, paragoni improponibili con un passato spesso ipervalutato e sistematica tendenza allo sminuire le qualità del Club Italia di oggi. Se si perde (e, fra l'altro, da due anni a questa parte non è mai capitato) è perché i nostri sono scarsi; se si vince, sono scarsi gli avversari. Non si scappa: è scarsa anche la Polonia, strabattuta ieri, una compagine che, al contrario di noi, ha partecipato agli ultimi Mondiali, e che poi si è qualificata, come noi, per l'Europeo vincendo il proprio girone, è tuttora in lizza per il primato nel raggruppamento di Nations e schiera molti elementi che sono punti di forza di nostre formazioni di Serie A, oltre a uno dei bomber più quotati a livello planetario, tal Lewandowski. Ma niente da fare, i nostri sono sempre avversari deboli, modesti, mediocri, come anche la Finlandia che è approdata per la prima volta alle fasi finali continentali e che nei giorni scorsi, sia pure in amichevole, ha colto un successo storico in casa della Francia campione iridata. Ah già, le amichevoli: inutili anche quelle a prescindere, figuriamoci poi in epoca di Covid. Molti evidentemente dimenticano che, per restare all'attualità, la gara con l'Estonia a Firenze era fondamentale da vincere per il ranking Fifa, e per mantenere la testa di serie in vista dell'ormai prossimo sorteggio dei gironi di qualificazione a Qatar '22: e li volevo poi sentire, giornaloni e tifosi, se putacaso l'Italia fosse finita in seconda fascia. 

CELEBRAZIONI DISCUTIBILI - Scusate la lunga digressione, ma non ne posso più. Da due anni l'Azzurra del Mancio gioca bene, e gioca un calcio moderno, propositivo, aggressivo, financo elegante. Il cittì ha saputo valorizzare i giovani come pochi suoi successori, ha dato la possibilità di fare minutaggio ed esperienza a elementi che non trovavano spazio nei club, e così abbiamo scoperto che i talenti sono ritornati a fiorire, seppur non in tutti i ruoli e reparti. Non si può essere ciechi di fronte alla crescita esponenziale fatta registrare dal nostro movimento dopo lo scempio dell'esclusione da Russia 2018. A proposito: in questi giorni, molti siti web e pagine social hanno trovato interessante "celebrare" i tre anni dalla Caporetto con la Svezia. A parte la bizzarria dell'anniversario (perché celebrare un triennio? Che senso ha?),  ognuno fa legittimamente le scelte giornalistiche che vuole, ma sinceramente mi è sfuggita l'utilità di certi approfondimenti, in questo particolare momento storico. Personalmente, preferisco soffermarmi sul fatto che abbiamo di nuovo una Selezione degna di questo nome, che inchioda davanti al televisore e che ci fa disperare non per il gioco e per i risultati, ché quelli non mancano quasi mai, ma per l'incapacità di chiudere con buon anticipo i match pur creandone ripetutamente i presupposti 

CONVINCENTI E PROPOSITIVI - E' quanto accaduto ieri a Reggio Emilia, ed è stata l'unica macchia di una gara tra le più brillanti, efficaci e convincenti del nuovo corso azzurro. Conforta soprattutto una cosa: l'Italia può incappare in serate no, come in occasione del recente pareggio con l'Olanda, ma sono eventi episodici. Il trend, da fine 2018 ad oggi, è chiaro: il livello delle prestazioni è quasi costantemente alto, con oscillazioni dovute anche a situazioni contingenti. Poche ore fa, ad esempio, non erano disponibili Bonucci, Chiellini, Spinazzola, Biraghi, Verratti, Sensi, Castrovilli, Zaniolo, Immobile, Pellegrini, Chiesa, Kean. Per un calcio stracolmo di improponibili stranieri, che offre al Commissario Tecnico e al suo staff un bacino di azzurrabili estremamente limitato, sono assenze pesanti. Eppure, si riesce sempre a mettere in campo formazioni competitive, soprattutto in grado di non discostarsi dal DNA originario imposto dal trainer, cioè di non agire "in emergenza" ripiegando su moduli e tattiche più conservative; anche rimaneggiati, la filosofia è sempre quella di tenere il muso puntato verso la porta avversaria, di manovrare, di giocare la palla. E questa Italia lo può fare perché si ritrova un centrocampo dall'altissimo tasso di classe. 

CENTROCAMPO STELLARE, DIFFICOLTA' A FINALIZZARE - Anche questa non è una novità, per chi segue costantemente la Nazionale, ma va ribadito: le doti di palleggio, la capacità di costruzione di gioco della nostra zona nevralgica sono già adesso di caratura europea. Impressionante ed emblematica la ragnatela di passaggi che ha portato al sospirato raddoppio di Berardi su lancio di Insigne. A proposito: il napoletano si è ormai assestato su una quota di rendimento costante e soddisfacente. Ieri è stato il vero animatore di un attacco menomato da Covid e infortuni, ha sfiorato un gol con un tiro ad effetto, un altro lo ha realizzato vedendoselo però cancellato dall'arbitro per fuorigioco di posizione di Belotti. Insomma, dopo tanti dubbi, dopo una lunga attesa, ora abbiamo avuto le conferme che servivano per considerare Lorenzo come elemento chiave della formazione azzurra. Una formazione che è anche tornata a produrre palle gol in quantità: fra il rigore di Jorginho e il 2-0, oltre ad Insigne ci hanno provato Barella con un tiro alto di poco, Emerson sul cui sinistro si è immolato Bereszynski, e due volte Belotti, con una bella girata fuori bersaglio e con una occasione clamorosa fallita a tu per tu con Szczesny, sulla quale peraltro c'è stato un clamoroso mani in area di Bednarek non sanzionato dal direttore di gara francese Turpin. Il Gallo si è anche procurato il rigore dell'1-0 ma, complice una condizione fisica approssimativa, non è ancora la bocca di fuoco di cui questa squadra avrebbe necessità. Lo abbiamo detto: si gioca bene, si produce tanto, ma non si raccoglie in proporzione a quanto seminato. La mente torna anche alla gara vinta in Olanda, che per larghi tratti dominammo uscendo però dal campo con un risicato 1-0. 

MIGLIORARE L'EFFICACIA DEGLI INSERIMENTI DA DIETRO - Se l'immenso Immobile laziale in azzurro perde pericolosità, complice anche un quadro tattico a lui non del tutto congeniale, se Belotti non compie il salto di qualità definitivo, se Caputo abbisogna di ulteriori conferme in campo internazionale, le soluzioni restanti non sono molte: una potrebbe essere Kean, che sta facendo benissimo al Paris Saint Germain e che, dopo i problemi caratteriali, si avvia a diventare una carta forse decisiva per il futuro del nostro calcio. Nel frattempo, per porre parzialmente rimedio ai limiti offensivi, occorrerebbe maggiore efficacia conclusiva da parte di chi si inserisce da dietro. Barella, ad esempio, può arrivare al tiro anche più frequentemente di quanto già non faccia, mentre abbiamo visto in un paio di occasioni un Florenzi che, giunto in posizione di "sparo", ha cincischiato fino a perdere l'attimo propizio, ed è abbastanza strano per un giocatore che, ai tempi della militanza romanista, ha sempre avuto una buona confidenza con la porta avversaria. 

LOCATELLI SUPER, DIFESA BLINDATA - Rimangono però dati di fatto assolutamente confortanti: la citata, poderosa mole di gioco che scaturisce da un centrocampo di qualità, in cui sta emergendo prepotentemente Locatelli, capace di alternare squisitezze tecniche a giocate di cruda efficacia e precisione. E una difesa solida, sicura, a tratti persino disinvolta in certe uscite in palleggio dall'area. Acerbi ha dominato la terza linea in lungo e in largo, sfoderando tratti di leadership tali da non far rimpiangere Bonucci e Chiellini, Al suo fianco Bastoni ha offerto una prova con pochissime sbavature: sarà anche un pochino merito loro se il "Pallone d'oro virtuale" Lewandowski è stato pressoché disinnescato? Sulle fasce è arrivata una spinta costante da Florenzi ed Emerson, con quest'ultimo capace di prodursi anche in preziose chiusure. Dopo tutto questo, però, la final four rimane da conquistare: siamo primi, ma il viaggio in Bosnia non è mai una passeggiata. Dzeko e compagni non hanno avuto una Nations felice, ma all'andata, a inizio stagione, ci bloccarono sul pari, quindi vincere è tutt'altro che scontato. Ah, una cosa, per chiudere il cerchio con quanto detto all'inizio: se, nonostante le premesse, il primato nel gruppo non dovesse essere centrato, cosa possibilissima, niente lamenti, per favore. Questa Italia è mediocre, no? E allora perché pretendere risultati che non è in grado di ottenere?