Powered By Blogger

giovedì 18 aprile 2013

"PAGINE 70" DI NUOVO OFFLINE


Un breve ma doveroso post per aggiornare la situazione di "Pagine 70", della quale avevo parlato già l'estate scorsa. Il popolare sito vintage dedicato al decennio dei "Seventies", lo ricorderete, spari all'improvviso dal web, salvo poi tornare visibile dopo molti giorni. Ebbene, da qualche settimana Pagine 70 è di nuovo offline, e una marea di visitatori si sta riversando sul mio blog, proprio in virtù di quel mio oramai lontano articolo, uno dei pochi, forse l'unico, tuttora rintracciabile in rete sull'argomento. A tutti questi numerosi lettori devo quindi queste righe, anche se mi ero ripromesso di non tornare più sulla questione, avendo avuto sentore (spero sbagliandomi) che non tutti avessero gradito il mio intervento dell'epoca, in realtà nato esclusivamente (era, ed è, palese, quasi lapalissiano) da stima e affetto verso una realtà web che ho avuto modo di frequentare in passato, sia pure saltuariamente, e che, comunque andrà a finire, resterà nella storia come uno dei progetti socio - storico - culturali più significativi e riusciti dei primi anni italiani dell'era Internet, per i motivi che già illustrai nel post del 2012 e che quindi evito di ripetere in questa occasione.
Ecco, come andrà a finire questa volta non lo so. Di puro istinto, mi sento di condividere il pessimismo di alcuni degli utenti storici del sito che, in questi giorni, hanno postato commenti su "Note d'azzurro". Anche in questo caso, spero che il mio istinto sia in errore... Alla base della scomparsa, mi è parso di capire, ci sarebbero fondamentalmente problemi di natura economica legati alle spese di gestione e mantenimento del sito. Che poi, dopo oltre dieci anni, siano subentrati anche stanchezza e appagamento per un progetto che forse ha già dato gran parte di quello che poteva (per quanto la materia "ricordi anni Settanta" sia potenzialmente inesauribile) sarebbe anche comprensibile, ma per saperlo bisognerebbe entrare nella testa di chi Pagine 70 lo ha creato e cresciuto giorno dopo giorno, e leggere nel pensiero non è tra le mie facoltà... 
Quello economico è un discorso estremamente delicato, un terreno minato nel quale addentrarsi troppo sarebbe pericoloso, oltreché inelegante, non conoscendo quasi nulla delle problematiche e dei costi legati al mantenimento online di un portale così corposo. Mi limito a osservare questo: il "pacchetto" Pagine 70 consta essenzialmente di due spazi distinti: il sito vero e proprio, raccolta enciclopedica di tutto ciò che ha fatto la storia del decennio, e un frequentatissimo forum. Ebbene, perlomeno quest'ultimo potrebbe essere tenuto in vita utilizzando una delle tante piattaforme messe a disposizione gratuitamente dal web, tipo forumfree e forumcommunity, credo del tutto sufficienti alla bisogna. Riguardo al sito, ripeto, non mi pronuncio in maniera approfondita, ma magari, come acutamente suggeriva uno dei forumisti qui intervenuti, si potrebbe quantomeno creare una sorta di "sunto" del progetto Pagine 70 attraverso una ricca pagina Facebook, un social network che tutto sommato ben si presta a questo tipo di iniziative, anche se verrebbe fuori un qualcosa di forzatamente concentrato e compresso. Ma potrebbe essere una soluzione - ponte, momentanea, per conservare il tutto in attesa di trovare strade finanziarie più appetibili e rilanciare il sito in grande stile. Qui mi fermo. Un saluto affettuoso a tutti i settantiani di passaggio. 

VELENI POST DERBY: IL TIRO AL MATUZALEM E LA STRANA STAMPA GENOVESE

                                        Il discusso fallo di Matuzalem, da ripresa tv

Sono trascorsi tre giorni dal derby della Lanterna, e non varrebbe nemmeno la pena di tornarci sopra: gara di una pochezza disarmante, né più né meno di quella di andata, livello tecnico scandaloso e del tutto inadeguato alla categoria (e ciò, sia ben chiaro, per colpa di entrambe le contendenti) e incidenza sulla classifica pressoché nulla: un "brodino" per il Genoa, che rimane in cattivissime acque ma ha tuttora, calendario alla mano, buone possibilità di tirarsi fuori, a patto che giochi le restanti sei gare in maniera diametralmente opposta a come ha giocato le ultime tre; un'occasione storica sprecata per la Samp, che non è riuscita a fare di Eder la risposta al Boselli rossoblù di due anni fa, destinato a rimanere ancora a lungo l'unico... retrocessore ufficiale della città. 
IL FATTACCIO - Derby che sarebbe meglio dimenticare, dunque. Eppure non si può tacere su tutto ciò di deprecabile che ne è seguito, e mi riferisco in particolar modo alla vergognosa campagna mediatica inscenata contro il rossoblù Matuzalem, a causa del fallo che, dopo meno di un quarto d'ora di (non) gioco, ha messo fuori combattimento Krsticic. La questione trascende il valore, del tutto trascurabile, delle classiche polemiche che sempre infestano il "dopo" di sfide così sentite; no, qui si tratta di porsi domande su un certo modo di fare giornalismo in Italia, e a Genova in particolare, e anche sulle patenti di fair play che vengono, forse, distribuite un po' a capocchia. 
Il fallo di Matuzalem, dunque: un tackle duro, durissimo, ma pur sempre un tackle. Capita poi di effettuare interventi fuori tempo o anche solo mal calibrati, per eccesso di foga, per una questione di centimetri o di frazioni di secondo: in tal caso, purtroppo, l'infortunio dell'avversario è dietro l'angolo, e si può evitare solo con un minimo di destrezza (più facile a dirsi che a farsi, certo) e con tanta buona sorte. Però succede: mi torna fastidioso ripescare uno dei più triti luoghi comuni dell'universo pallone, che tuttavia è assolutamente rispondente al vero (al contrario, per dire, di bufale del tipo "torti e favori arbitrali a fine anno si compensano"); e dunque diciamolo: "il calcio non è sport per signorine", è uno sport di contatto fisico, di scontro anche, e farsi male è una eventualità che va messa in conto ad ogni secondo. Nella stessa partita di tre giorni fa, del resto, anche da parte sampdoriana le "carezze" non sono mancate, come testimonia la seconda foto a corredo di questo post. Forse era pure peggio una volta, fino agli anni Ottanta, quando un regolamento più tollerante nei confronti di chi difendeva e una mentalità, soprattutto in Italia, volta più a distruggere il gioco altrui che a impostarne uno proprio, rendevano i giocatori  di costruzione e di attacco facili prede dei mastini della terza linea, più... ringhianti di quelli d'oggidì. 
Detto ciò, l'entrata di Matuzalem è una di quelle che ciascun arbitro può interpretare a modo proprio, visto che nel nostro football l'uniformità di giudizio è una chimera irraggiungibile, non solo fra diverse "giacchette nere" ma addirittura nell'ambito di una stessa partita: così, qualcuno avrebbe potuto estrarre il rosso, e ci sarebbe stato, così come non è stato scandaloso il giallo per il genoano. Il quale peraltro, dall'alto della sua esperienza, è bene che d'ora in poi limiti un po' la sua esuberanza agonistica: ha i mezzi  per bilanciare la sua straripanza atletica con una sapienza di tocco comunque invidiabile: perché procurare un danno fisico, per quanto involontario, a un avversario è senz'altro doloroso, e se capita occorre lavorare per migliorare, per quanto possibile, la propria tecnica di contrasto, abbassando un rischio che comunque non potrà mai scomparire del tutto. Ma, lo ripeto, trattasi comunque di intervento di gioco: tutt'altra cosa rispetto alla "follia" di Cambiasso su Giovinco alla fine dell'ultimo Inter - Juve, un'entrata terrificante della cui gravità l'argentino si è peraltro subito reso conto. 

                   Anche da parte blucerchiata non sono mancate le carezze.. (foto  www.genoacfc.it)

CAMPAGNA MEDIATICA - Basta, chiuso. Dopodiché, ci è toccato sorbirci tre giorni di alti lai da parte di certa stampa locale (scritta e televisiva), che ha gridato allo scandalo quasi come se sul prato di Marassi fosse stato commesso un delitto. Dalle sottolineature della recidività del giocatore (in realtà un solo precedente di rilievo, pur se recente: il caso Brocchi) ai paragoni con interventi analoghi (analoghi, attenzione: non identici) puniti in maniera più severa, passando per il dotto (?) editoriale di un docente di filosofia (!), che addirittura, da tifoso genoano (!!), avrebbe preteso la sostituzione immediata del giocatore, e ha tenuto a sottolineare come, per lui, il derby si sia concluso proprio al minuto del "fattaccio". Ancora una volta, spiace dover registrare la clamorosa mancanza di memoria storica da parte dei media locali, come sempre a senso unico: spiace dover fare certi elenchi sgradevoli, ma a volte è necessario. Dal Piaceri messo fuori combattimento da un giovane Morini in un derby in cui, nella primavera del '64, la Samp si giocava la salvezza, al Gabsi che, nel 2002, immolò il ginocchio in uno scontro con Bazzani; da Bellucci che nel 2007 non tolse il piede sull'uscita del portiere Rubinho, il quale nello scontro ebbe la peggio e fu costretto a lasciare il terreno di gioco, al Biava con le costole rotte nel 2009. Tutte "vittime" di marca rossoblù, come si noterà: certo, probabilmente, qualche blogger blucerchiato potrebbe fornire un elenco analogo di martiri dell'altra sponda, ma non ci scommetterei fino in fondo. Tutti interventi, in ogni caso, dopo i quali i responsabili sono regolarmente rimasti in campo a difendere i colori della Samp.
Tuttavia, se è persino lecito che i supporters doriani dicano la loro con stizza (fa parte, in fondo, dell'infantile gioco delle parti tifoideo), risulta irritante questo atteggiamento da "verginelle" dei professionisti dell'informazione, improvvisamente paladini di un calcio in punta di fioretto, laddove, in occasione dei sopra citati episodi, alcuni anche più gravi di quello di domenica scorsa, non vi furono sollevazioni mediatiche e campagne di stampa. Ma, come al solito, è probabilmente la mia memoria a fare cilecca, e allora me ne scuso. 
IL GIORNALISMO "ZENEISE" - Certo, la colpa è anche del Genoa società, che sul piano della comunicazione è in zona retrocessione da ben prima che vi finisse la squadra: mentre gli altri presidenti e  dirigenti pontificano davanti a microfoni e taccuini un giorno sì e l'altro pure (quasi sempre a sproposito, ma questo è un altro discorso), dalla sede rossoblù tutto tace da troppo tempo, a parte qualche sporadica sortita, e così il fragile universo del Grifone è esposto a tutte le intemperie, senza difesa. Ma ciò non elimina le responsabilità di una stampa locale sulla quale prima o poi occorrerà cominciare a porsi qualche interrogativo: in nessun altro posto in Italia, credo, si registra un atteggiamento così ostile degli organi di informazione "in loco" nei confronti della o delle squadre cittadine (lasciamo perdere il fenomeno delle radio private romane, decisamente un mondo a parte). Si badi bene, qui non si richiede una informazione sfacciatamente partigiana, ma soltanto equidistante. Un'informazione che magari, in un momento delicato di una squadra che rimane un valore importante per Genova, evitasse di montare campagne "contro" fondate essenzialmente sul nulla, dopo aver fatto passare in cavalleria con inaccettabile leggerezza la, diciamo così, sfavorevole congiuntura arbitrale che ha privato il Grifone di punti pesantissimi nella fase cruciale del campionato. 
KRSTICIC - In tutto questo, dispiace per Krsticic. Ragazzo sfortunato, che dovrà rimanere fermo per mesi ma che qualche anno fa ha addirittura rischiato la vita per un linfoma (sconfitto), e Dio solo sa quanto io capisca cosa possa aver passato, visto che nell'autunno scorso un dramma simile stava per toccarmi in prima persona, come saprà chi frequenta il blog. Solo per questo giustifico il malanimo emerso dalle sue tristi dichiarazioni post infortunio, in cui ha parlato di volontarietà di Matuzalem, chiudendo con un annuncio di rara eleganza rivolto al brasiliano: "Ci rivedremo l'anno prossimo". Deprimente, ma comprensibile (non giustificabile, attenzione) da parte di un giovane che ne ha già viste di brutte, di troppo brutte per uno della sua età, e al quale auguro solo di recuperare in primis la serenità, per valutare il tutto nell'ottica più corretta (incerti del mestiere di calciatore), e poi di ritrovare il più in fretta possibile la forma fisica, per tornare a percorrere la strada di fulgida promessa del calcio già intrapresa in questa stagione. In bocca al lupo, Nenad, e ricordati che il rancore avvelena la vita. Lo sport è anche porgere l'altra guancia. 

lunedì 8 aprile 2013

GENOA AL RUSH FINALE, FRA SERIE A E B: E' ANCORA IL CASO DI ESSERE OTTIMISTI?


Scrivere un post come questo potrebbe suonare un tantinello pessimistico, stasera. In fondo, il Genoa torna da Napoli con un k.o. che non era difficile prevedere: larghissimo il divario qualitativo, abissale quello di punti in classifica, e in più i partenopei tornati di recente in gran spolvero dopo un prolungato periodo di appannamento, ben decisi a sfruttare il mezzo passo falso del Milan a Firenze per consolidare il secondo posto in ottica Champions. Tutto giusto, tutto logico. Il guaio è che il campionato rossoblù sta diventando fin troppo logico, banale, scontato, nell'ineluttabilità delle sconfitte contro squadre più forti, ma chi pronuncia la classica frase "non è in queste partite che bisogna conquistare la salvezza" sa benissimo di prendere in giro se stesso, di raccontarsi una pietosa bugia cercando un effimero effetto autoconsolatorio. 
ILLUSIONI IN DISFACIMENTO - Bugia, sì, perché al punto in cui è giunto il Grifone, ragionamenti del genere non hanno più senso alcuno. Ed è a un punto morto, il Vecchio Balordo, proprio nel momento in cui i margini di errore sono ridotti al minimo, anzi, sono quasi azzerati. Le illusioni generate dal "dopo mercato di gennaio" si stanno dissolvendo settimana dopo settimana. Il Genoa "di riparazione" costruito da Preziosi e Foschi a inizio 2013 e le prime battute della gestione Ballardini sembravano avere avviato verso una felice soluzione la drammatica situazione creatasi nel breve, sciagurato interregno di Del Neri. I nuovi arrivi, in primis Manfredini, Portanova e Matuzalem, avevano portato esperienza, personalità e la giusta dose di cattiveria agonistica, e tutto il gruppo ne aveva tratto beneficio, incrementando il proprio rendimento; al resto aveva pensato il pragmatismo di un mister straordinariamente motivato. Erano arrivati i risultati, cinque gare imbattuti con due vittorie e tre pari, e aveva di nuovo fatto capolino un barlume di gioco razionale, a tratti persino piacevole, dopo il vuoto spinto del triste autunno 2012. 
OSTILITA' ARBITRALE - La squadra ha continuato a giocar bene anche nel tris terribile di impegni contro Roma, Milan e Fiorentina, ma si è ritrovata con un pugno di mosche in mano (leggasi: zero punti) non solo e non tanto per demeriti propri, quanto per fattori "esterni", ossia l'innegabile ostilità arbitrale (rigore inventato pro giallorossi la sera del record di cartapesta di Totti, almeno due rigori a favore negati coi rossoneri, vantaggio viola realizzato da Aquilani dopo aver spintonato via di forza Granqvist, sotto gli occhi impassibili del folto drappello di giacchette nere), le cui avvisaglie si erano del resto già manifestate nello scontro diretto di Palermo con un clamoroso penalty non concesso a Marco Rossi. 
E' chiaro che, di fronte a una serie di avversità così continue, così sistematiche, mantenere serenità e saldezza di nervi sia difficile per chiunque, figurarsi per una squadra nata comunque sbagliata, l'estate scorsa, e rattoppata in corsa, certo dignitosamente ma senza cancellare del tutto gli innumerevoli difetti creatisi in fase di impostazione della stagione; una squadra che, pur battendosi al meglio e mai demeritando, è uscita dal campo sconfitta per tre volte di seguito e ha visto progressivamente deteriorarsi una classifica da mesi deficitaria, ma che nei turni precedenti era andata parzialmente migliorando. In situazioni del genere, quando hai l'acqua alla gola e vedi che, nonostante il tuo impegno, tutto attorno a te crolla, è facile che possa subentrare il proverbiale "braccino". Ancor più facile se, nonostante tutte le migliorie, si rimane una compagine mediocre, sul piano della classe e su quello della tenuta mentale. 
MEDIOCRI - Ecco, nell'ultima settimana abbiamo scoperto amaramente, anche se un po' in cuor nostro già lo temevamo, che il nuovo Genoa targato Ballardini è rimasto un team mediocre, che si sta afflosciando come un soufflé mal riuscito, proprio nel momento in cui avrebbe dovuto raccogliere i frutti del buon lavoro sciorinato anche contro le tre grandi affrontate in successione. E qui si ritorna al discorso iniziale: non è vero che il Genoa non avesse nulla da perdere al San Paolo. Anzi, nell'equilibrio esasperato che regna attualmente in zona retrocessione, vincere o restare imbattuti negli scontri diretti è certo importante, ma conta ugualmente il colpaccio inatteso, l'impresa che porta a conquistare punti anche in gare all'apparenza proibitive. Di recente, laggiù nei bassifondi, ci son riuscite tutte: ultima in ordine di tempo, l'Atalanta vittoriosa sull'Inter, che sarà anche in mezzo disarmo ma in settimana, per dire, aveva battuto la Samp a domicilio. Ma persino il modestissimo Siena ha sconfitto la stessa Inter e la Lazio ed è andata a vincere a Palermo, il quale Palermo prima di Pasqua si è preso lo sfizio di rifilare un 2 a 0 alla Roma. E la malmessa Fiorentina dell'anno passato strappò la permanenza vincendo a Lecce e, soprattutto, a Roma coi giallorossi e a Milano col Milan. 
OFFENSIVO - Il Genoa, da questo punto di vista, non batte chiodo da tempo. Il modo in cui ha affrontato la trasferta di Napoli ha in sé un qualcosa di profondamente offensivo per chi ancora, nonostante tutto, si ostina a seguire quella caricatura di calcio che è, oggi, la Serie A italiana. Testa alla stracittadina? Va bene, ma perdere non ha mai rappresentato il viatico migliore per preparare le sfide importanti, a maggior ragione se si perde facendosi surclassare sul piano del gioco e dello spirito. 

                                    Borriello: troverà i gol salvezza per il Genoa?

INVOLUZIONE AL MOMENTO DEL DECOLLO - In Campania si doveva almeno provare a far punti, cosi come si doveva vincere otto giorni prima col Siena. La gara della vita, quella coi toscani, preparata apparentemente in maniera certosina, in un clima di concentrazione e tranquillità (anche con momenti conviviali, come la grigliata al campo di allenamento) che sembrava aver creato il "brodo di coltura" ideale per l'attesa riscossa. Un match che invece il Grifo ha rischiato seriamente di perdere, nonostante la botta di fortuna (la prima dell'anno?) del sollecito vantaggio su autogol. Certo, ci son state, nel sabato di Pasqua, tante occasioni, c'è stato il solito portiere normale che contro i rossoblù diventa un... simil Buffon (Pegolo), ma c'è stato anche affanno, difficoltà nel manovrare, una fragilità tattica pericolosamente simile a quella che per troppe settimane ci mostrò Del Neri, con una formazione che non sapeva gestire le (rare) situazioni di vantaggio e che subiva costanti rimonte, concedendo agli avversari percentuali elevatissime di realizzazione. Un'involuzione inattesa, quando sembrava che il peggio fosse passato, quando sembrava che comunque Ballardini avesse saldamente preso in mano la situazione. 
IL CAMMINO DELLA SPERANZA - Il risultato è che ora c'è poco da stare allegri: atteso che questa squadra non è stata finora in grado di piazzare exploit "sopra le righe" come quelli cui si accennava prima, per artigliare una salvezza sempre più difficile le resta l'ordinaria amministrazione. Che tuttavia le basterebbe, calendario alla mano: rimangono da affrontare Samp, Atalanta, Pescara e Inter in casa, e Chievo, Torino e Bologna fuori. Percorso non semplice ma, diciamocelo, nemmeno da far tremar le vene ai polsi. Il fatto è che, per questo Genoa, la fatidica quota 40 sembra al momento proibitiva, ammesso che sia strettamente necessaria, visto che la media punti delle tre pericolanti è davvero bassissima. 
Ho sempre odiato le tabelle, quindi limitiamoci a uno sguardo generale: tre vittorie e un pari in casa e un successo esterno dovrebbero bastare, nella maniera più assoluta, ma non mi sento di dire che sia un bottino alla portata. Più realisticamente, due vittorie e due pari in casa, ferma restando la necessità di un altro successo lontano da Marassi e di almeno un altro punticino da racimolare nelle altre due trasferte: sarebbe pur sempre una dozzina di punti, e quota 39 negli ultimi anni è sempre stata più che sufficiente per restare in A. 
Ma sarebbe un ruolino di marcia extralusso, perché possiamo raccontarcene finché vogliamo, ma questo Genoa, anche nella versione parzialmente rivitalizzata di Ballardini, ha sempre incontrato difficoltà enormi nel conseguire l'intera posta. E' realistico, pertanto, pretendere un en plein nelle gare casalinghe, o comunque un poker di successi in sette match, da una compagine che ne ha conseguiti appena sei (sei!) nei primi trentuno incontri? Ecco, qui sta soprattutto il mio pessimismo, accentuato da un Grifone che oggi, nuovamente, non offre più alcuna garanzia, proprio nel momento in cui , come si evince dalla "mini tabella" sopra esposta, non può davvero più sbagliare partite, essendosi giocato forse l'ultimo bonus nella notte del San Paolo, una notte da arrossire di vergogna. La speranza è che il derby, come spesso curiosamente accade nelle stracittadine, rivitalizzi in extremis la contendente più male in arnese: altrimenti, non varranno a nulla nemmeno le recriminazioni per l'atteggiamento dei cugini blucerchiati, che hanno rilanciato le chances salvezza del Palermo con una gara di rara mollezza tattica, atletica e psicologica.