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giovedì 1 aprile 2021

LITUANIA-ITALIA 0-2: BENE (FINO A UN CERTO PUNTO) SOLO IL RISULTATO. TROPPI GOL SBAGLIATI, E IMMOBILE CONTINUA A ESSERE UN REBUS

Più vuoto che pieno, il bicchiere di Vilnius. Visto che su questo blog non sono mai mancate le sottolineature dei (tanti) elementi positivi emersi in quasi tre anni di gestione Mancini, penso di poter dire, in assoluta libertà, che la terza sfida azzurra sulla strada di Qatar 2022 non mi ha soddisfatto, risultato a parte che peraltro, visto l'obiettivo "vitale" da raggiungere, assume rilevanza decisiva, tale da far passare in secondo piano ogni altra considerazione. E però, finora, non mi era mai capitato di concludere la visione di un match del nuovo Club Italia con un deciso sapore amaro in bocca, coi nervi a fior di pelle, con una sensazione di sollievo più che di soddisfazione per il terzo 2-0 consecutivo nel girone, percorso simile a quello che aveva compiuto Bearzot nelle eliminatorie per Spagna '82, che iniziarono proprio con quattro 2-0 su Lussemburgo, Danimarca, Jugoslavia e Grecia. 

EL SHAARAWY: ALTRA DELUSIONE - Il rilievo statistico-scaramantico, per chi ci crede (io no), è una delle poche cose da salvare della nostra serata lituana. Alle corte: il primo tempo dei ragazzi del Mancio è stato da matita blu. Possesso palla sterile, pressione fin troppo compassata, pericoli zero o quasi per la grintosa, serrata, ma modesta difesa locale. E la triste, ennesima conferma della totale idiosincrasia di El Shaarawy alle importanti sfide internazionali: parliamo di un altro talento mai del tutto sbocciato, fra i tanti di quella generazione che ci aveva illuso di poterci regalare qualche pur minima soddisfazione, dopo il tramonto degli eroi di Berlino '06. Il Faraone ha giocato una prima frazione indisponente per mancanza di incisività, facendosi notare giusto per un gol clamorosamente fallito con una mancata deviazione sotto misura su assist di Pessina. 

ALTERNATIVE SONTUOSE - Come scritto in coda al commento sul match con la Nord Irlanda, la rosa azzurra attuale è così ampia e qualitativa ("profonda", direbbero i giovani che fanno cronaca calcistica oggi) da consentire al trainer di pescare dalla panchina, in ogni momento, ragazzi in grado di imprimere alla squadra il necessario cambio di marcia. Ieri è avvenuto in avvio di ripresa, con l'ingresso di Chiesa e di Sensi, entrambi decisivi nell'azione che ha portato al gol il centrocampista dell'Inter con un sinistro dal limite. Poi lo juventino è nuovamente scivolato fuori dal match, cosa che avviene un po' troppo spesso in rappresentativa e che deve far riflettere, perché sul suo lato le alternative più convincenti al momento non mancano (un nome su tutti: Berardi), mentre Sensi è rimasto su ottimi livelli dando solidità al reparto di mezzo, e consentendo a Locatelli di dedicarsi alla costruzione con l'ormai assidua perizia. Il riassetto tattico elaborato dal cittì, oltretutto, ha dato nuova linfa a un Bernardeschi fin lì velleitario, e invece continuo e preciso nelle sue incursioni per buona parte del secondo tempo. 

IL PROBLEMA IMMOBILE - Nei primi venti minuti dopo l'intervallo, in effetti, si è rivista un'Italia apprezzabile per continuità e rapidità degli approcci offensivi. Ma con un "ma" grosso come una casa: l'enorme, assurda quantità di occasioni mancate, che avrebbero potuto dare al punteggio proporzioni persino tennistiche, gettando acqua fredda sull'ossessione della differenza-gol che sta attanagliando buona parte della critica. Purtroppo, un rilievo si impone: cinque di queste opportunità sono capitate sui piedi e sulla testa di Immobile, e almeno un paio sono state fallite piuttosto banalmente. Fuori dai denti: una Nazionale che ambisce legittimamente a tornare nel gotha mondiale, e che ha tutto sommato buoni numeri per centrare l'obiettivo (è attualmente risalita al settimo posto del ranking FIFA, impensabile dopo il disastro di Italia - Svezia '17), non può avere un centravanti che fallisce quattro gol contro un avversario men che mediocre, e non può bastare il rigore in extremis a cancellare le colpe precedenti. Lo ha capito lo stesso Ciro, che dopo aver trasformato il penalty è uscito dal campo visibilmente contrariato, quasi in lacrime. 

CHI FA CATENACCIO E CHI NO - E' un fatto che la sua percentuale realizzativa in azzurro rimanga troppo bassa, e ciò è tanto più inaccettabile  per il detentore della Scarpa d'oro. Immobile è una punta di valore, e concediamogli pure l'attenuante di una condizione tutt'altro che ottimale, che sta influendo anche sull'attuale rendimento col club: ma non può esserci sempre una scusa a giustificare la latitanza sotto porta, perché il ragazzo, fra assenze e alterne vicende, milita in selezione dal 2014. Occorre metterla dentro, e se non lo si fa contro la Lituania, con tutto il rispetto, quando? Sì, perché la goleada, nonostante tutto, era alla portata, e sarebbe stata una novità rispetto alle precedenti trasferte da queste parti, tutte sofferte, addirittura con un pareggio a reti bianche ottenuto a fatica dalla selezione "all stars" di Trapattoni nel 2001 (in campo Totti, Vieri, Del Piero, per dire). 
Al netto delle nostre difficoltà ataviche nel produrre "vendemmiate" di gol (che però parevano essere state superate nel girone di qualificazione per Euro 2020), rilevo con curiosità che, contro di noi, difficilmente le avversarie più deboli assumono atteggiamenti remissivi: tutti a far mucchio dietro e a intasare gli spazi, per poi ripartire in contropiede quando possibile, come hanno fatto i lituani ieri in un paio di occasioni andando anche vicini alla clamorosa segnatura (prodezza di Donnarumma su Eliosius). Ventiquattr'ore prima, per dire, avevo visto una Bielorussia imbarazzante dare il via libera al Belgio: bravi i Diavoli rossi, per carità, implacabili sotto porta, ma i loro avversari hanno giocato su livelli amatoriali, fra belle statuine e maglie larghissime in retroguardia. Forse anche l'Immobile poco ispirato di ieri sera ci sarebbe andato a nozze... 

I PROMOSSI, SENSI A PARTE - Se è vero che dalla panchina sono arrivate soluzioni efficaci per sbloccare lo stallo della prima parte, è anche innegabile che rivoltare come un calzino la formazione rispetto alla partita precedente porta inevitabilmente con sé problemi di fluidità e sincronismo di manovra. Anche per questo, lo ripeto, la prova collettiva è parsa nel complesso grigia e priva di slanci, esclusa la citata parte iniziale dei secondi 45 minuti. Rimangono comunque alcune eccellenti prestazioni individuali: da un Donnarumma sempre reattivo anche quando, come ieri, è chiamato in causa una sola volta a partita, al solito Spinazzola ficcante e preciso nei cross, da Bastoni e Mancini senza sbavature in retroguardia, a Locatelli sempre nel vivo del gioco, abile a costruire e a concludere (altra segnatura sfiorata ieri con una botta al volo). Buono, come detto, anche il rendimento di Bernardeschi nelle vesti di movimentatore offensivo (anche per lui un gol mancato di un soffio, gran sinistro da fuori nella nostra fase di maggior forcing). Il guaio è che, purtroppo, certe prestazioni per lui non rappresentano la consuetudine. Genio e sregolatezza, appunto, con qualche giornata di luna buona e molte altre da dimenticare: il timore è che sia una tendenza non più modificabile. Ora, il Club Italia torna in naftalina, poi saremo pronti, dopo i due test con San Marino e Repubblica Ceca, a tuffarci nell'avventura europea.