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mercoledì 16 novembre 2022

CLUB ITALIA: BASTA COI PIAGNISTEI. ALBANIA E AUSTRIA OCCASIONI PER CRESCERE, NON TAPPE DI UNA VIA CRUCIS GIA' FINITA. E DOMENICA SCATTA UN MONDIALE SENZA POESIA

 

Più Tirana, meno Doha. Ebbene sì: seguirò con più interesse le due amichevoli azzurre di questa settimana, rispetto al plastificato Mondiale qatariota, e pazienza se mi si prende per pazzo. I motivi li ho già spiegati mesi fa. In estrema sintesi: le fasi di ricostruzione della Nazionale mi affascinano, e ce ne sono state già tante, nella sua storia ultracentenaria. A otto mesi dalla sciagurata notte palermitana, è perfettamente inutile continuare a fustigarsi, e secondo me sbaglia Mancini  a sottolineare a ripetizione quanto sia duro per noi questo periodo in cui gli altri affrontano la sfida iridata, e quanto sia importante psicologicamente superare novembre e dicembre. Basta, è successo, guardiamo avanti, i mezzi e gli uomini per farlo li abbiamo, ancorché sempre più ridotti all'osso. 

Allo stesso modo, sono ormai fuori luogo e fuori tempo le ironie spicciole di certi frequentatori del web: le battutine sulla presunta inutilità dei nostri impegni del 2022 potevano esser tollerate all'inizio, alla lunga diventano stracche e ripetitive, e del resto i social non hanno mai sfornato nuovi geni della satira calcistica. Sulla seconda eliminazione mondiale ho scritto chilometri di blog. Sintetizzo ancora: le ragioni contingenti sono state decisive assai più dei guai strutturali del nostro calcio, innegabili e da me denunciati da lustri. Episodi di campo: bastava uno dei due rigori sbagliati per evitare persino gli spareggi. Contingenze stagionali: il calo fisico e mentale post Europeo non adeguatamente intercettato dal CT, che avrebbe avuto tempo e modo di porre rimedio immettendo forze fresche (e meno fresche, ma più in palla) in luogo di certi campioni spompati e appagati.

ILLUSTRI PRECEDENTI - Basta così, la frittata è fatta, amen. Del resto, l’Inghilterra saltò due Mondiali di seguito nel ’74 e nel ’78, e andò vicina al clamoroso tris anche nel 1982, salvata unicamente dai risultati degli altri; la Francia ne saltò due nel ’90 e nel ’94, e vi tornò nel ’98, senza passare attraverso le insidie della fase eliminatoria, perché giocò in casa; la Spagna ne mancò due nel ’70 e nel ’74. Insomma, non siamo casi umani unici: l’importante è saper ripartire senza piangersi addosso. Mi sembra che questa Italia l’abbia in parte già fatto, più solida e più fiduciosa di tanti tifosi piagnucolanti: dopo il tonfo macedone, ha vinto il suo girone di Nations League, un girone di ferro in cui, secondo i soliti satiri improvvisati della rete, sarebbe sicuramente stata il vaso di coccio, persino dietro l’Ungheria. 

QUELLE CHE PENSAVANO AL QATAR - Dicono: la Nations non conta nulla. Sono gli stessi che hanno intonato il de profundis dopo lo 0-3 contro l’Argentina nella comica “finalissima” londinese, quello sì un trofeo importante e storico, no? Per la cronaca, le semifinaliste della precedente edizione del nuovo torneo europeo sono state Francia (vincitrice), Spagna, Italia e Belgio, di quella in corso Italia, Spagna, Olanda e Croazia, cioè i campioni d’Europa e tre squadre qualificate per gli imminenti Mondiali, fra le quali la finalista sconfitta di Russia 2018. Sarà anche un torneo burletta, ma è onorato da molte grandi Selezioni, per cui diventa anche patetico giustificare i fallimenti di certe big (Francia e Inghilterra, disastrose, quest’ultima perfino retrocessa) dicendo che tanto “pensavano al Qatar”. Può essere, ma si può pensare al Qatar anche vincendo e giocando bene, come hanno fatto Furie Rosse e Furie… arancioni.

PAFUNDI? MAH... - Tornando a noi: dopo Palermo nessuna partita è stata inutile, non lo saranno nemmeno le prossime due. Anzi, raramente, dopo un obiettivo così sciaguratamente mancato, c’è stato tanto tempo e spazio di manovra per rimettere insieme i cocci. Tempo che non venne concesso per preparare la sfida alla Macedonia, ma questo è un altro discorso. Mancini sta facendo ciò che deve, avrebbe forse dovuto cominciare a farlo dopo le prime due infelici uscite post Euro, ma non si può avere tutto dalla vita: sta ristrutturando il gruppo, ha ripescato uomini di valore che erano ingiustamente rimasti fuori dal vittorioso listone del 2021, ha spalancato le porte ai giovani, talvolta esagerando. La convocazione di Pafundi ha scarsa logica, e lo scrive uno che la linea verde per il Club Italia l’ha sempre sposata in pieno, Note d’azzurro me ne è testimone dal 2011 a oggi. 

Pafundi è, a detta di tutti gli esperti di calcio giovanile, una delle massime speranze del nostro vivaio. Ma ha 16 anni e una sola presenza in A, nessuna in altri campionati professionistici, cinque in rappresentativa Under 17. Penso che pochi come me possano capire l’ansia, il desiderio di scoprire e lanciare gli azzurri del domani, ma questo mi sembra davvero il classico passo più lungo della gamba, che rischia di fare più male che bene al ragazzino. A meno che non siano tutti già convinti di essere di fronte a un potenziale crack, crack vero, ma di nuovi Maradona, nuovi Van Basten e nuovi Maldini ne ho già visti tanti, dacché seguo il calcio, e il più delle volte non è finita bene. Discorso diverso per Miretti e Fagioli, che di presenze in A ne stanno mettendo insieme un bel gruzzoletto e hanno già avuto modo di risultare decisivi nelle sorti della Juve, non propriamente l’ultimo dei club. 

SPIRAGLI DI LUCE GIOVANE - Al di là di tutto, questi nomi dimostrano ciò che ho sempre scritto: nonostante le politiche giovanili folli, nonostante l’esterofilia perniciosa, il vivaio  nostrano continua a sfornare prospetti di valore. Il guaio è che, spesso e volentieri, ai massimi livelli li aspetta la panchina, e non per colpa loro. Qualche spiraglio si sta intravedendo quest’anno (gli exploit dei suddetti juventini, di Casale, di Parisi, di Scalvini, di Udogie, le conferme di Pobega e Frattesi) ma sono casi singoli, non il frutto di una strategia pianificata volta a valorizzare capillarmente il “prodotto interno”. Rimane il problema di alcuni ruoli scoperti: poca gente per il centro della difesa (sperando che Okoli opti definitivamente per l’azzurro), e un pauroso vuoto generazionale per gli attaccanti di peso, una carenza mai vista e secondo me non casuale, ma frutto di concezioni tattiche a livello giovanile che andrebbero analizzate e rimodellate. Speriamo comunque nell’esplosione di almeno qualcuno fra i vari Lucca, Pellegri, Vignato, Cambiaghi, Colombo, Oristanio, e, per quanto riguarda il medio termine, nella consacrazione del bel Raspadori visto in Nations; poi, che Scamacca possa al più presto togliersi di dosso le ruggini azzurre e che Kean continui nella risalita intrapresa nelle ultime uscite bianconere.

MONDIALE SENZA GIOIA - Ritorno al Mondiale. Aspetto domenica con tanta malinconia, e non solo per l’assenza dei nostri. Oggi appare come il Mondiale più falso e insensato di sempre. A partire dalle modalità di assegnazione, sulle quali molti giornalisti investigativi hanno scritto parole di pietra, fino alla fase organizzativa che ha richiesto un colossale tributo di sangue, per chiudere con la questione dei diritti umani in loco. E ancora, la manifestazione assegnata a un Paese senza alcuna tradizione calcistica (e credo che neanche comincerà a costruirla a partire da questo torneo, come invece accadde negli Stati Uniti dopo il ’94), la collocazione nell’autunno – quasi inverno europeo, con conseguente brusca interruzione dei campionati nazionali del Vecchio Continente, che potrebbero ripartire con equilibri falsati dagli strascichi della kermesse. Tornei che sono andati avanti fino a una settimana prima del match inaugurale, e convocazioni diramate dieci giorni scarsi prima dell’evento. Una vigilia, cioè, praticamente inesistente, pathos e attese ridotte all’osso. 

Niente più poesia, per quanto mi riguarda. E non è una questione di età, di tempo che passa: ancora nel 2014, e avevo già 40 anni, contavo con emozione i giorni che mancavano all'inizio della festa. Quell’anno, poi, avevo grande fiducia nell’Italia, vice campione d’Europa, qualificatasi con due partite di anticipo (mai accaduto prima), con elementi validi in ogni reparto: fiducia che venne tradita da tutti, da Prandelli in primis, ma è inutile riaprire la ferita. Però la voglia di calcio e di Mondiale c’era sempre, nonostante gli anni, i pensieri, le delusioni. Ora no. Ovviamente vedrò qualcosa, sempre se me lo consentiranno impegni lavorativi e problematiche familiari che negli ultimi tempi si sono moltiplicati, ma senza l’ansia di un tempo di dover correre a casa per non perdere la tal partita. Dai quarti in poi, quello sì, cercherò di seguire tutto. Ma la magia, la poesia di un appuntamento unico, non riesco più a percepirle.