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mercoledì 15 giugno 2022

NATIONS LEAGUE: IN GERMANIA CROLLA UN'ITALIA-CANTIERE, DE PROFUNDIS INGIUSTI E SUPERFICIALI. IL PROGETTO CONTINUA E HA BUONE BASI


C'è chi già non crede più nel nuovo corso azzurro inaugurato da appena quattro partite, con colpevole ritardo, dal cittì Mancini. Forse perché non ci ha mai davvero creduto, se basta una serata nerissima per consegnarsi mani e piedi al disfattismo più spinto. Liberissimi, ci mancherebbe, ma sarebbe opportuno, almeno, ancorare il proprio pessimismo cosmico ad argomenti tecnici sostanziosi, piuttosto che a luoghi comuni ripetuti come un mantra e a falsi storici evidenti. 
Già è dura sopportare lo scempio che è stato fatto del titolo europeo 2021: il primo a non rispettare quell'impresa, intendiamoci, è stato lo stesso Club Italia, ma oggi è in atto addirittura una colossale opera di minimizzazione del trionfo, derubricato ad evento casuale o impresa in stile Grecia 2004 (roba da querela, per chi mastica un po' di calcio). Del resto, chi ha buona memoria ricorderà che casuale venne considerato da molti anche il mitologico successo spagnolo dell'82, di cui in questi giorni si celebra il quarantennale: quattro vittorie epiche precedute e seguite da sequele di partite brutte, pareggi e sconfitte, così si scriveva. Non cambia mai nulla e, soprattutto, non si impara mai nulla: è avvilente. 
OTTIMISMO - Personalmente, quei pochi che mi leggono l'avranno capito, ho sposato la causa dell'ottimismo: cauto e realista, sì, ma pur sempre ottimismo. Un po' perché le fasi di ricostruzione azzurra mi affascinano e mi appassionano da sempre, un po' perché la fiducia è ben riposta, in un trainer che ha già creato una volta una Nazionale vincente dalle macerie lasciate da altri, e in un bacino di giocatori numericamente esiguo ma tutt'altro che malvagio sul piano qualitativo, in fin dei conti lo stesso dal quale sono usciti i campioni continentali, nonché un altro drappello di validissimi elementi non compresi nel listone dei 26 dell'estate scorsa (ne ho parlato nel post di pochi giorni fa); un bacino che oltretutto, nonostante i colossali ostacoli strutturali, si sta allargando, grazie a nuove, credibili leve che si stanno facendo onore in Serie B, nelle Under azzurre e, ora, persino nella massima rappresentativa. 
PARTITA PER PARTITA - Era ciò che chiedevamo, no? A casa chi si è sentito precocemente appagato, e ha chiuso ingloriosamente il suo ciclo con la "finalissima" di cartapesta contro l'Argentina, e vigorose iniezioni di benzina verde. E invece, ecco ancora minimizzazioni e capovolgimenti di realtà; perché qui bisogna davvero cominciare a intendersi: il k.o. in Germania è l'unica, attendibile cartina di tornasole dello stato pietoso del nostro calcio? Il brillante pari di Wolverhampton è stato ottenuto contro un'Inghilterra carica di problemi, tanto da essere poi asfaltata dall'Ungheria? Benissimo, ma allora che si esalti il  nostro bel successo, in dominio quasi assoluto, contro gli stessi ungheresi, senza dimenticare la buona prova nell'andata contro i tedeschi. Non se ne può davvero più di questo strabismo critico volto, sempre e comunque, al tafazzismo, "Oh come siamo brutti, oh come siamo messi male". 
La verità è che ogni partita fa storia a sé, sempre, a maggior ragione quando si parla di partite ravvicinate buttate lì a fine stagione, da affrontare senza preparazione specifica come accade per Mondiali ed Europei, ai quali si arriva dopo settimane di ritiro e con progetti tecnici ben definiti. Certo, quella di ieri sera è stata una brutta, bruttissima storia, che però, personalmente, non mi ha sorpreso, come non mi aveva sorpreso la disfatta londinese, per altri motivi. 
COME FUNZIONA UNA RICOSTRUZIONE - Lo ha detto a più riprese il nostro trainer, molto più modestamente l'ho scritto io pochi giorni fa: nelle fasi iniziali di ricostruzione di una Nazionale non può esserci continuità di risultati e di prestazioni. Basta andare indietro di pochi anni, alle prime, timide uscite della nuova Selezione manciniana nel 2018. Ma, per i tanti nostalgici in servizio permanente effettivo, quelli per i quali la storia del calcio si è fermata all'82, non sarà difficile ricordare i vagiti dell'Italia di Bernardini e Bearzot, dallo 0-0 casalingo contro l'allora materasso Finlandia all'1-4 incassato dal Brasile nell'iconico torneo del Bicentenario americano, con gente che già chiedeva le dimissioni del Vecio proponendo candidature più o meno improbabili, da Vinicio a Giagnoni. 
E' assolutamente normale: gli undici titolari cambiano di partita in partita, non c'è amalgama, le formazioni vengono spesso stravolte a gare in corso, vengono immessi in gruppo giovanissimi alle prime armi, tutti privi di esperienza internazionale, alcuni persino digiuni di partite in  Serie A. Ma davvero, e scusate se mi altero: che cavolo pretendete da questa Italia che ancora non è squadra, ma solo un laboratorio in fermento, e che lotta contro i mulini a vento di campionati nazionali votati alla più ottusa esterofilia, totalmente chiusi alla valorizzazione degli emergenti nostrani? 
PERCHE' HA VINTO LA GERMANIA - Chiaro che poi occorra fare dei distinguo. Perché ad esempio in queste congiunture storiche si può vincere e perdere, brillare o deludere, ma non bisogna mai scendere al di sotto della soglia della decenza, cosa che invece gli azzurri ieri hanno fatto per larghissimi tratti dell'incontro di Moenchengladbach. La Germania ha vinto perché ci è stata superiore come atteggiamento mentale, come convinzione, come organizzazione, come tenuta fisica. L'aspetto della classe pura lo lascerei un attimo da parte: affermare perentoriamente "la Germania è più forte" vuol dire tutto e niente; precisare che "in questo momento è più forte" ha già più senso, ma è più forte perché è una squadra, se non proprio fatta e finita, più avanti di noi nell'opera di parziale riedificazione, con una fisionomia chiara e con leader tecnici ben definiti; l'Italia di un anno fa, nel pieno delle sue potenzialità, era superiore a questa Nationalmannschaft, anche come risorse complessive di talento e piedi buoni. 
Tutto cambia, nel calcio, perfino nel giro di pochi mesi, e comunque non è certo questo il momento per stilare graduatorie del valore effettivo di ogni singola rappresentativa: se tenessimo conto dei responsi di questo giugno calcistico un po' pazzerello, la Francia sarebbe relegata a compagine di seconda schiera, la stessa Inghilterra a mediocre formazione allo sbando. Capite che non è credibile, e che per questo la cosa migliore sarebbe giudicare e valutare le risultanze di ogni singolo match, prendendo il buono e il meno buono cercando poi di tracciare un quadro complessivo.
DA BOLOGNA A WOLVERHAMPTON - Questa sequenza di gare a tambur battente ci ha detto che un primo step è stato compiuto, quello più doloroso: l'accantonamento di alcuni mostri sacri non più competitivi, il ripescaggio di eccellenti professionisti rimasti fuori dal gruppone dei campionissimi 2021, e il lancio di una manciata di interessanti virgulti ai quali da settembre, ci scommetto, se ne aggiungeranno altri. 
Abbiamo visto un'Azzurra coriacea a Bologna nel primo rendez vous col team di Flick, poi dominante contro i magiari a Cesena (bugiardissimo il 2-1 finale), coraggiosa e propositiva al Molineux, ove si è mostrata sostanzialmente sicura dietro, agile e manovriera dalla cintola in su, più vicina alla vittoria di quanto non lo siano stati i padroni di casa, soprattutto in un  primo tempo di grana finissima, con opportunità clamorose per Frattesi, Tonali e Pessina e un buono spunto sprecato da Scamacca nell'area piccola, il tutto solo parzialmente bilanciato dal tiro di Mount deviato sulla traversa da Donnarumma, dal salvataggio in corner di Locatelli su passaggio avventato dello stesso portiere e dall'errore di Sterling davanti alla porta, perché contro i grandi avversari (e l'Inghilerra ancora lo è, o no?) ci sta di concedere occasioni, meno scontato è crearle, e per giunta crearle nitide. 
NON C'E' ANCORA UN'ITALIA TITOLARE - Di ieri c'è poco da dire e poca voglia di parlare: non si può neanche sostenere che con i titolari avremmo fatto miglior figura, semplicemente perché la nuova formazione titolare ancora non c'è, mentre quella dell'Europeo, lo abbiamo detto e ridetto, si è addormentata sugli allori e non è più in grado di darci alcunché. Ribadisco: la sconfitta, al di là della provvisorietà della nostra Selezione, è stata soprattutto di testa e di gambe. Ed è mancato un po' di amor proprio, quello sì, perché l'Italia cinque gol non dovrebbe permettersi di prenderli da nessuno, e la concentrazione deve rimanere alta anche sullo 0-3 per limitare i danni: spero lo capisca soprattutto Donnarumma, che ha chiuso una stagione per tanti versi disgraziata e che ora deve resettare, lavorando sui suoi pochi limiti, che però ci sono e che rischiano di essere esiziali (e Tiziana Alla della Rai aveva tutto il diritto di sottolinearlo: ci lamentiamo sempre di giornalisti che fanno domande  accomodanti, e una volta che ne troviamo una un po' "puntuta" la crocifiggiamo?). 
PUNTI FERMI DA CUI RIPARTIRE - Fatto un deferente ringraziamento a Gnonto e Bastoni, che coi loro gol hanno reso il tonfo meno pesante sul piano strettamente numerico (anche le statistiche contano), aggrappiamoci ad alcuni punti fermi: questa sessione di Nations League ha detto che l'Italia attuale non può fare a meno, nel reparto centrale e sulla trequarti, di Cristante, Tonali e soprattutto Lorenzo Pellegrini, che secondo me è un fior di campione, abile in tutte le fasi di gioco e utilissimo anche sotto porta, mentre Pessina è parso in crescendo e Frattesi rappresenta un'alternativa da coltivare accuratamente; che, in retroguardia, il citato Bastoni è comunque una certezza ma occorre lavorare sull'intesa con Mancini, mentre ci è spuntata quasi dal nulla una soluzione fresca e credibile come Gatti, preciso e autorevole in Inghilterra, e risulterà sicuramente utile anche Scalvini, che ha debuttato in una serata orribile come quella di ieri senza macchiarsi di colpe specifiche. Rimanendo in terza linea, Calabria ha avanzato una candidatura prepotente, mentre Dimarco, pur sottoutilizzato nell'Inter, si è messo in mostra con buoni spunti e intraprendenza (ieri, tanto per gradire, ha anche costretto al miracolo Neuer su punizione, anche se non sarebbe servito a nulla). 
IMMOBILE, GLI INFORTUNATI E LE FUTURE NEW ENTRY - I problemi davanti permangono: al di là delle sportellate e del palo colpito nell'andata coi tedeschi, Scamacca non incide, così come Raspadori, che lavora bene in rifinitura e in appoggio ma conclude poco, troppo poco. Meglio Gnonto, che fra alti e bassi ha dato un contributo perfino inaspettato: generosità, tanta esuberanza (a tratti eccessiva), buoni movimenti, un assist e un gol; e tuttavia, rimango del parere che si imponga un rilancio di Immobile, come del resto si puntò sullo stagionato Quagliarella all'inizio del primo ciclo manciniano. No, non possiamo proprio permetterci di rinunciare a un bottino di gol potenzialmente elevatissimo per mere questioni di adattabilità tattica: non sarà più un'Italia ancorata a un solo schema, si è provata la difesa a tre e si possono pertanto provare strade offensive diverse.
 Dopodiché, recuperiamo Spinazzola alla piena efficienza fisica, attendiamo con ansia il ritorno di Verratti e Chiesa, speriamo che Zaniolo confermi i recenti progressi, e vedremo incrementarsi nettamente le vie di accesso alla porta avversaria. Altri baby arriveranno, si diceva: Carnesecchi, Bellanova e Udogie i primi che mi vengono in mente, ma non solo. Poche ore prima del crollo dei grandi in Germania, i fratellini minori della sub-21 hanno conquistato trionfalmente la qualificazione nel torneo europeo. Non è vero, dunque, che c'è il vuoto generazionale assoluto: ci sarà se si continuerà a non far nulla per evitarlo e si continuerà a bloccare la crescita di chi esce dal nostro vivaio, ma questo è un discorso fatto e rifatto un milione di volte qui sul blog. 

mercoledì 8 giugno 2022

NAZIONALE RIVITALIZZATA DAI GRANDI ESCLUSI DI EURO 2020: CALABRIA, PELLEGRINI E POLITANO SUGLI SCUDI. ED E' UN'ITALIA "ROMANISTA"

 Nella mia ingenuità, rimango convinto che un'opera di ricostruzione azzurra come quella appena iniziata debba coinvolgere tutti, proprio tutti, dal vertice federale all'ultimo dei tifosi. Perché la Nazionale è il cardine di un movimento sportivo e cartina di tornasole del suo grado di sviluppo (o sottosviluppo). Riguardo ai tifosi, ho ormai perso qualsiasi speranza (quanto infantile accanimento, dopo Italia-Argentina, che squallida corsa alla denigrazione e all'insulto), ma un ruolo decisivo dovrebbe averlo anche l'apparato informativo, e qui cadono le braccia. Si invitano gli organi di stampa ad avere meno trasporto per le bufale d'oltrefrontiera e più attenzione per il vivaio nostrano, e loro interpretano la supplica con mentalità da seconda elementare: Gnonto azzecca un cross vincente al debutto in rappresentativa e diventa il possibile Messi italiano. Non contenti di aver contribuito, con la loro pressione, a frenare la crescita di Lucca, da possibile salvatore della patria nell'autunno scorso a mediocre protagonista cadetto, tentano ora di ripetersi rovinando la punta del Basilea, che in effetti ieri, a Cesena, ha commesso errori persino clamorosi nei sedici metri finali, pur non lesinando corsa e impegno. 

E' la stessa stampa, del resto, che parla di vittoria contro una modesta Ungheria: gli stessi magiari che sabato avevano battuto l'Inghilterra, e che all'Euro 2020 avevano fermato sul pari Francia e Germania. Che scarse, che modeste Inghilterra, Francia e Germania... Ah no, questo non si può dire, giusto? Peraltro, il vizio di diminuire sistematicamente i meriti azzurri, riducendone gli avversari a mere comparse, mi preoccupa un po' meno, anzi mi conforta: è il modus operandi adottato da molti osservatori, professionisti e non, nei tre anni che hanno condotto al trionfo continentale, e quindi è foriero di grandi soddisfazioni nel medio-lungo periodo. 

GIOVANI E ALTERNATIVE: CI SONO - Questa lunga premessa per dire che, ancora una volta, il Club Italia deve far da sé, contro tutto e contro tutti. Nessun vero programma di riforme è all'orizzonte da parte di chi comanda, bisognerà per il momento accontentarsi dei mal tollerati stage per ragazzi di interesse nazionale, comunque meglio di niente, se consentono di allargare in tempi rapidi il bacino di azzurrabili come in effetti sta avvenendo. Perché al di là degli impacci incontrati ieri, Gnonto è ormai parte del gruppo, va atteso e svezzato, e fra Germania e Ungheria hanno assaggiato il campo Cancellieri e Zerbin, oltre a chi già era in anticamera come Dimarco, Pobega e Ricci. 

Bene, molto bene così: era anche questo che chiedevo disperatamente, da Svizzera-Italia di settembre in poi. Ossia rinnovamento profondo muovendosi lungo due direttive: dare il cambio agli stanchi titolarissimi e campionissimi, attingendo alle nutrite retrovie già sperimentate dal Mancio nel suo primo triennio, e scandagliare la Penisola e l'Europa alla ricerca di nuovi prospetti da inserire subito nel giro, dando loro fiducia prima ancora che lo facciano i club di appartenenza. E' l'unica via al momento percorribile, certo rischiosa, ma che il cittì ha dimostrato ampiamente di saper battere con buoni risultati. Certo, dopo Euro 2021 l'ha intrapresa con colpevole ritardo, un ritardo che ci ha fatto perdere una qualificazione Mondiale ampiamente alla portata, e questo non va dimenticato. 

IL TRIONFO DEGLI "ESCLUSI EUROPEI" - Il match di Cesena ha dimostrato la bontà del lavoro di selezione attuato in questi anni dal trainer. Fra i protagonisti del successo sui danubiani ci sono stati Calabria, Lorenzo Pellegrini e Politano, tre che per un nonnulla sono rimasti fuori dal gruppo dei 26 per l'Euro. La conferma che non è vero che siamo di fronte a un deserto di talento. Pensate: avevamo perfino i ricambi per rinfrescare sollecitamente la squadra totem di Wembley, sol che si fossero lasciati da parte i debiti di riconoscenza (che il cittì continua a negare, ma di quello si è trattato). Il terzino neocampione d'Italia è stato molto utile soprattutto in fase di copertura, senza negarsi alcuni sganciamenti, mentre sull'altro versante Spinazzola, coi limiti di autonomia dovuti alla sosta di un anno, ha ripreso a scorrazzare in avanti, a triangolare coi compagni, ad aprire spazi e creare alternative al gioco d'attacco: elemento chiave nel definitivo decollo della prima Azzurra manciniana, la sua assenza è stata esiziale nel tremendo finale delle eliminatorie iridate. Intanto, nell'attesa di riacquisire piena e totale efficienza fisica, ha trovato comunque il modo di incidere sull'esito della gara scodellando il cross da cui è nato l'1-0 di Barella.

PELLEGRINI NUOVO UOMO CHIAVE - Pellegrini è uomo di forma e sostanza: costruisce, rifinisce (sapiente velo a favorire la sventola vincente di Barella) e va al tiro; un gol a Bologna, un altro a Cesena, con in più un eccesso di altruismo a servire in mezzo all'area Gnonto, poi fattosi anticipare, quando avrebbe potuto tranquillamente battere direttamente a rete. Dettagli, certo, che però potrebbero pesare nei confronti con compagini più dotate, quando occorre concretezza assoluta. Però è un fatto che, al momento, l'eclettico romanista sia elemento imprescindibile dalla cintola in su. E, si diceva, ottimo impatto anche per Politano, che ha splendidamente saltato l'uomo sulla destra mettendo proprio Pellegrini nelle condizioni di piazzare il 2-0, e in avvio di ripresa ha colpito la traversa con una staffilata da fuori dopo lunga progressione. Proprio nella mezz'ora a cavallo fra i due tempi si sono rivisti sprazzi della migliore Italia marca Bobby gol, rapida, precisa nel palleggio, ficcante, ancorché a tratti priva di killer instinct in avanti (caratteristica che accompagnò a lungo la Selezione nella fase post disastro 2018, se ben ricordate). Ha funzionato alla perfezione perfino la rischiosissima costruzione dal basso, attuata senza sbavature.

OCCASIONI MANCATE - In effetti, l'Italia avrebbe potuto e dovuto chiudere il match con uno scarto di reti più ampio: oltre alle due segnature e alle due citate occasioni mancate da Gnonto e Politano, ci sono stati altri "quasi gol", a partire dal salvataggio di Dibusz su inzuccata di Mancini, una carambola in area con Barella che ha mancato il tocco decisivo davanti al portiere, e un piattone di Locatelli da buona posizione neutralizzato a terra dal numero uno magiaro. Per gli ospiti, da segnalare due buoni tentativi di Szallai e altrettante efficaci risposte di Donnarumma;  i ragazzi di Marco Rossi, però, sono stati rimessi in corsa solo da un'autorete di Mancini: può capitare e macchia solo in parte la buona prova del romanista, che con Bastoni ha saldato egregiamente la terza linea, facendo sembrare inoffensivi coloro che, solo pochi giorni fa, hanno castigato i sudditi di Elisabetta. 

AZZURRI... GIALLOROSSI - E già, è un'Italia molto romanista, in questo momento: visto quanto vale un trionfo europeo col club, anche se ottenuto nella coppa ultima arrivata, la Conference? Dà autostima e personalità. Detto delle buone/ottime prove di Spina, Mancini e Pellegrini, da rilevare anche il cospicuo contributo di Cristante, prezioso collante  e uomo d'ordine nel mezzo, un ragazzo che sta raggiungendo la piena maturità pur se poco considerato dai media (ma forse è un bene, visti i danni giornalistici di cui si è detto in apertura). Dolenti note? Poche, nella circostanza: Gnonto, come detto, si è "sbattuto" ma ha parzialmente deluso, al di là degli errori di tocco in area. Deve meglio inserirsi nei meccanismi offensivi e giocare con meno foga e più sapienza. Sapienza mostrata da Raspadori, che ha lavorato di cesello, in appoggio ai compagni d'attacco, ma deve assolutamente accentuare il suo peso in fase conclusiva, perché, anche dopo una serata positiva come quella in Romagna, continuiamo a registrare la latitanza dei gol delle  punte pure, ed è un problema che prima o poi andrà risolto anche, come avevo scritto settimana scorsa, non lasciando nel dimenticatoio Immobile. Infine, da Locatelli, subentrato a gara in corso, continuo ad aspettarmi qualcosa di più dell'oscuro contributo da mediano, perché ha i piedi per costruire e tirare, e i tempi di inserimento per offrire un'opzione offensiva in più. 

ROVESCI POSSIBILI - In tutto questo, un punto deve rimanere ben chiaro: si sta ricostruendo, non era tutto nero dopo Wembley (quante lacrime amare piante per una amichevole di prestigio, perché questo era, e per una coppetta di inesistente valore storico), non è tutto roseo ora, ci mancherebbe, e quando si deve reimpostare una Nazionale possono arrivare anche rovesci dolorosissimi, fra un esperimento e l'altro. Ricordiamocelo, perché andremo a chiudere questa soffertissima e amara stagione con due trasferte quasi proibitive, in Inghilterra e in Germania: ma qualche seme è stato comunque gettato, e le basi, pur esigue, ci sono per guardare al medio termine con più ottimismo di quello dei tristi tifosi da tastiera. 

giovedì 2 giugno 2022

CLUB ITALIA: DA WEMBLEY NESSUNA SORPRESA, RIPETUTI GLI ERRORI FATALI DEI MESI SCORSI. CONTROCORRENTE: IL MATERIALE PER RIPARTIRE NON MANCA, MA...

 

                                          Chiesa e Tonali, due da cui ripartire (foto Guerin Sportivo) 

Invece di denigrarlo, sminuirlo e infangarlo stupidamente a ogni piè sospinto, fareste bene a riservare un posto speciale, nel vostro cuore, al trionfo azzurro di Euro 2021, a conservarlo fra i ricordi più belli e cari della vostra vita sportiva. Perché mi pare chiaro che dovranno passare parecchi anni prima di rivedere una Nazionale  italiana vincente, capace di alzare una qualsiasi coppa. Prepariamoci ad altri momenti difficili: le battute d'arresto, quando non le batoste, sono storicamente numerose nelle fasi iniziali di ogni ricostruzione (è stato così anche agli albori di questo ciclo ormai chiuso), e tanto più bisogna attendersi il peggio al momento di approcciarsi a questa rifondazione, nello specifico, che si preannuncia come una delle più difficili della storia calcistica nostrana. 

IL SECONDO TEMPO DELL'IMPOTENZA - La disfatta nella cosiddetta "Finalissima" londinese mi ha avvilito ma non sorpreso: è stata semplicemente il cascame di una ben nota situazione deteriorata, colpevolmente portata avanti dal settembre scorso senza correttivi apprezzabili. Poi, chiaro, i passi falsi nel girone mondiale e nel playoff furono frutto anche di  contingenze sfortunate e irripetibili, il k.o. con la Macedonia talmente assurdo da poter essere assimilato a un Roma-Lecce '86, per intendersi, mentre è ovvio che il confronto con una superpotenza mondiale, in stato di grazia tecnica e con una prima linea da podio iridato, abbia snudato le nostre attuali carenze oltre il limite del sopportabile. L'Argentina è grande, ma noi l'abbiamo resa grandissima, non prima di aver giocato una quarantina di minuti più che dignitosi, nei quali eravamo anzi stati noi a manovrare con buon palleggio e a tentare la via della rete (conclusioni di Raspadori e Belotti, pericoloso cross in mezzo di Bernardeschi), pur con le consuete deficienze in fase conclusiva. Dopo la prodezza di Di Maria, a pochi minuti dall'intervallo, si è spenta la luce, e nella ripresa è andata in scena la non-partita della nostra umiliazione e dell'impotenza manciniana, che ha cambiato formazione e modulo schierando un improbabile undici, fragile e senza riferimenti, ed esponendo a una inutile brutta figura alcuni degli elementi che dovrebbero essere i pilastri della nuova era. 

ERA MEGLIO AFFONDARE COI FEDELISSIMI - Voglio dire: se proprio si vuol essere coerenti, occorre esserlo fino in fondo. Il cittì ha voluto proseguire su una strada già dimostratasi nefasta in stagione, quella della riconoscenza, e affrontare l'Intercontinentale con gli uomini del trionfo europeo, esclusi ovviamente gli acciaccati. E allora, invece di improvvisare la squadra nella ripresa, mandando Scamacca e compagni al massacro in un contesto tattico caotico, avrebbe potuto affondare con i suoi fedelissimi, perché tanto dietro ci pensava un ritrovato Donnarumma, unica nota lieta della serata, ad evitarci il cappotto con prodigi su prodigi. Personalmente, ma non sono nessuno, l'operazione rinnovamento l'avrei iniziata subito,  essendo di evidente urgenza da mesi. Per tutta una serie di motivi, per i meriti accumulati in tre anni, è stato giusto confermare Bobby gol sulla panca azzurra, ma non si può nemmeno pensare che un'eliminazione mondiale possa scorrere via liscia senza lasciare tracce, per quanto, l'ho scritto in altra sede e lo ribadisco qui, qualificarsi in Europa per il torneo iridato, oggi, sia molto più difficile rispetto a quanto accadeva nel secolo scorso, "è fattuale", direbbe Crozza-Feltri. 

LA FINALISSIMA... POMPATISSIMA - Alle corte: la sperimentazione poteva già iniziare ieri sera, perché tanto, figuraccia per figuraccia, tanto valeva consentire ai nuovi e semi-nuovi di accumulare subito esperienza e minutaggio in un confronto di altissimo spessore. Fosse stato un impegno di prestigio e importanza autentiche, poi... Un evento inventato, anzi ripescato dai meandri calcistici degli anni Ottanta e Novanta (ricordate la Coppa Franchi?), e pompato all'inverosimile a livello mediatico. Da onorare, certo, ma non come fosse davvero "la sfida delle sfide" per la supremazia planetaria: per sancire quella, bastano e avanzano i mondiali, quelli a cui noi non parteciperemo per la seconda volta consecutiva. 

GIOVANI PROMETTENTI, STRADE SBARRATE, PROBLEMA POLITICO - Così, ora, è tutto ancor più difficile di quanto già non fosse. La nuova fase comincia sabato  a Bologna, si è detto, e impostare di punto in bianco una formazione nuova in un paio di giorni, con la prospettiva di affrontare la ringalluzzita Germania, non è proprio il massimo della vita, né della programmazione. Detto questo, il quadro della situazione è chiaro. Il vivaio italiano, pur messo nelle peggiori condizioni operative possibili, continua a produrre diversi talenti, anche se non tanti come avveniva fino a qualche lustro fa. Lo stage dei giovani di interesse nazionale organizzato nei giorni scorsi è stato emblematico in tal senso. I nomi su cui puntare a medio termine ci sono: Carnesecchi, Bellanova, Lovato, Gatti, Zanoli, Parisi, Miretti, Okoli, Scalvini, Casale, Fagioli, Rovella, Udogie, Ricci, Vignato, Pafundi, Oristanio, Esposito, Gnonto, Gaetano... La base c'è tutta, e se anche solo la metà dei sopracitati diventassero elementi di caratura internazionale ci sarebbe di che leccarsi i baffi: il problema "di sistema" dell'ultimo decennio è che, ad un certo punto, la crescita dei migliori prospetti si blocca, non perché siano scarsi e inadeguati, ma perché non viene dato loro spazio. La favoletta del "se sono bravi giocano" ormai non se la beve più nessuno, il problema è politico e legislativo, e occorre un intervento, che non credo impossibile, per consentire ai virgulti di casa nostra di emergere adeguatamente. 

COVERCIANO ULTIMO FORTINO - E qui il Commissario Tecnico ha quasi le mani legate, e può fare solo ciò che ha fatto finora: in primis "forzare la mano" agli allenatori dl club, dando lui per primo fiducia agli emergenti, un modus operandi inaugurato da Prandelli e che, dal 2011 a oggi, ha garantito la sopravvivenza della Nazionale maggiore a livelli decenti, al netto delle due gravi disfatte mondiali (un primo e un secondo posto agli Europei, e un'eliminazione ai quarti, dopo i rigori, nel 2016: poteva andare peggio). E ora questi stage, appunto, che i soliti commentatori da bar social hanno accolto con sorrisini sprezzanti ma che rappresentano, al momento, l'unico modo per cominciare a inserire i giovanissimi in un progetto azzurro a lunga scadenza. 

SERIE A STRANIERA, VERGOGNA NAZIONALE - Restano, sullo sfondo, le gravissime lacune organizzative e di mentalità, che hanno trasformato la Serie A in un campionato "straniero" sbarrando la strada ai nostri. Da parte di addetti ai lavori e tifosi (questi ultimi hanno anche doveri, non solo diritti) sarebbe auspicabile una maggiore maturità, che nella fattispecie vuol dire maggior sostegno, fiducia e pazienza per il "prodotto interno" e minori... orgasmi quando si legge dell'arrivo di improbabili calciatori di fuorivia. Da parte delle istituzioni, sportive e politiche, ci vorrebbero le riforme tanto attese, ma mi rendo conto che è come aspettare l'arrivo degli alieni: quasi tutte le grandi nazioni europee, Francia, Spagna e Germania, hanno investito forte nell'allevamento dei calciatori di casa, noi proprio non riusciamo, forse non vogliamo, e allora ci meritiamo tutto il peggio, compresa la vergogna da parte mia, in questo momento, di sentirmi un calciofilo italiano innamorato della Nazionale. 

PER RIPARTIRE SUBITO: PESCARE NEL GRUPPO EUROPEO... - Sul piano strettamente contingente, è chiaro fin dall'autunno scorso che molti "califfi" di questa squadra non siano più all'altezza del compito, a causa di esaurimento fisico e/o psicologico: onestamente, non vedo più un'Azzurra aggrappata a Emerson, Bonucci (sempre più in difficoltà, sempre più falloso), Jorginho, Bernardeschi, Belotti e Insigne, per tacere di Chiellini che lascia per raggiunti limiti di età. Continuo a sostenere che i nomi per ripartire non manchino. Innanzitutto sarà fondamentale il recupero di un drappello di "lungodegenti", parlo di uomini chiave dell'Europeo vinto come Spinazzola (che si sta finalmente riaffacciando in campo) e Chiesa, senza dimenticare il giovane Castrovilli, che era nei 26 dell'estate scorsa ed è stato spazzato via da un grave infortunio. Bastoni sarà promosso d'autorità, per valore suo e mancanza di alternative immediate al centro della difesa, Pessina si è appena affacciato al calcio che conta e si ritroverà dopo una stagione in chiaroscuro, Cristante è un leader della Roma e merita più spazio, Berardi è sempre in gran forma, sempre più prolifico, sa saltare l'uomo, certe sue défaillance in rappresentativa sono state più occasionali che frutto di un evidente logorio, Raspadori sta crescendo e ieri è stato uno dei pochi a rendersi sporadicamente pericoloso dalle parti dell'area argentina.

... E ALLARGARLO - Poi c'è chi non ha fatto parte della vittoriosa spedizione continentale ma era già nel giro, e va provato con più convinzione. Calabria, Lazzari e Mancini in difesa, Tonali, Pobega e Frattesi nel mezzo, Zaniolo, Pellegrini, Zaccagni, Politano, Pinamonti e Scamacca davanti. Non è molto? Forse, ma è comunque sufficiente per fare punto e a capo, se unito al graduale inserimento di alcune delle verdi speranze sopra citate, perché qualcuno, tipo Udogie ma non solo, è già pronto per i primi approcci, e l'atto di coraggio manciniano su Gnonto non deve rimanere un episodio isolato. Certo, è lampante la più grave lacuna tecnica che affligge il nostro calcio: non eravamo mai stati così poveri di attaccanti di razza, disperati al punto che, nell'autunno scorso, in molti (non io) si sono aggrappati alle prime prodezze cadette di Lucca, poi sollecitamente rientrato nei ranghi, forse schiacciato dal peso di responsabilità precoci ed eccessive, oltreché da problemi fisici. 

COME GESTIRE IL CASO IMMOBILE - La situazione è drammatica: i rampanti Scamacca, Raspadori e Pinamonti meritano fiducia, si spera in una risalita di Kean, ma Belotti, come detto, si è involuto e, lo ha dimostrato anche ieri, non pare più proponibile sui massimi palcoscenici, mentre, guardando ai vertici della classifica cannonieri di A, siamo ancora tristemente fermi a Immobile. Il quale ha bisogno di un gioco "su misura" per rendere al meglio come, da anni, sa fare nella Lazio. Ma Mancini ha intrapreso una strada radicalmente diversa sul piano tattico,  una strada che gli ha dato pienamente ragione fino all'11 luglio scorso. L'alternativa sarebbe rimodellare profondamente le concezioni di gioco della sua Italia, costruendo una manovra fondata totalmente su Ciro. 

PER CIRO, MODULO ALTERNATIVO - La domanda è: ne vale la pena? Stiamo parlando di un validissimo elemento, non più di primo pelo, che in campionato fa il diavolo a quattro, ma in Nazionale, anche prima del Mancio, ha sempre segnato col contagocce. Voglio dire: si poteva anche costruire, ai bei tempi andati, una Nazionale Baggio-dipendente, con tutti i rischi del caso, ma Immobile-dipendente, ecco, ci penserei due volte. Ci vorrebbe un po' di elasticità, semplicemente, perché non è detto che una squadra debba giocare sempre allo stesso modo, e forse in tutti questi mesi, i mesi in cui il palleggio azzurro, l'avvolgente gioco di iniziativa marchio di fabbrica manciniano, ha perso via via brillantezza, precisione, efficacia, velocità, sarebbe stato opportuno sposare un modo di stare in campo più prosaico e "verticale", terreno di coltura ideale per il bomber biancoceleste. Che, solo in questo contesto, potrebbe avere ancora qualche anno di utilità nella Selezione. E sarebbe il caso di pensarci, perché non siamo nella condizione di gettare alle ortiche il potenziale bottino di gol che ci garantirebbe il napoletano.