Powered By Blogger

giovedì 16 dicembre 2021

SANREMO GIOVANI 2021: UNA FORMULA PENALIZZANTE. PASSANO ROMANO, TANANAI E YUMAN, MA CHE FINE FARANNO QUESTE CANZONI?


Due interrogativi dallo spessore quasi... esistenziale: quando siamo ormai alle soglie del 2022, cosa ci si aspetta da Sanremo Giovani? E cosa ci si aspetta, più in generale, dalla musica giovane italiana? Premesso che le due cose dovrebbero coincidere ma non sempre, in passato, è stato così, negli ultimi anni in tanti, e mi ci metto pure io nel mezzo, hanno chiesto al vivaio ligure l'innovazione, il guizzo di originalità, la ricerca di nuove soluzioni sonore. Dimenticando che "musica giovane" vuol dire anche altro: belle voci, ovviamente, e soprattutto bei brani, che tali possono essere anche rifuggendo dagli stili sulla cresta dell'onda o dalla sperimentazione a tutti i costi.

FORMAT PENALIZZANTE - Ecco, l'edizione 2021 idee rivoluzionarie non ne ha lanciate, questo è sicuro. Capolavori nemmeno, ad occhio e croce, mentre aspetterei un attimo prima di valutare l'effettivo livello del pacchetto-canzoni. Perché così come è concepita oggi, la manifestazione che Pippo Baudo creò e rese fondamentale "polmone verde" del festivalone non ha molto senso. Perlomeno, un anno fa era stato concepito un format che, con tutti i suoi difetti, cercava in ogni modo di valorizzare gli artisti in concorso e i loro pezzi, mettendoli in vetrina per buona parte dell'autunno. Certo, mi si dirà, gli esiti sono stati sconfortanti: discograficamente Gaudiano e gli altri non hanno sfondato, eppure rimango convinto che lui e i suoi compagni di sventura non fossero così male, e che i problemi alla base del fallimento siano stati altri, come ad esempio il fare arrivare al Sanremo propriamente detto delle opere non inedite e quindi già vecchie di mesi, in un panorama musicale in cui il ciclo di vita delle canzoni si è drasticamente accorciato. 

CANZONI CHE SI PERDERANNO? - Quest'anno, come anche nel 2018 col Baglioni bis, si è passati all'eccesso opposto: canzoni in gara messe online poche settimane prima della serata finale, poi un solo passaggio televisivo, quello di ieri, durante il quale non è stato neppure possibile riascoltare il refrain dei dodici pezzi. In sintesi: promozione scarsa, vetrina catodica quasi azzerata per opere che rischiano di ritornare subito nel dimenticatoio, comprese le prime tre classificate, visto che i vincitori dovranno presentarsi all'Ariston con composizioni nuove di zecca, gareggiando nella stessa categoria dei Big. Un gran pasticcio, insomma, e chi parla di formula che aiuta gli emergenti lo fa con una buona dose di faccia tosta. Certo, è comodo sventolare davanti agli occhi di questi ragazzi la ghiotta opportunità di entrare dalla porta principale della rassegna e di confrontarsi ad armi pari con i colleghi più noti e affermati, ma è un boomerang, perché per una Cinquetti e un Mahmood ci sono stati Vergnaghi, Tiziana Rivale ed Einar, per dire. E comunque mandar solo due o tre nomi al Festival è mortificante per un evento che ha visto la partecipazione di oltre 700 aspiranti, senza contare quelli dell'ex Accademia.

L'UTILITA' DELLA FORMULA CLASSICA - La tradizionale categoria delle Nuove Proposte di febbraio rappresenterebbe invece una sorta di comfort zone, che eviterebbe ai "novizi" di cadere dall'alto e farsi malissimo, assumendo invece i contorni di una formativa anticamera all'eventuale, successivo ingresso nell'olimpo dei vip canterini. Nuove Proposte che fin dai primi anni Ottanta hanno costituito un fondamentale serbatoio per il ricambio generazionale del Festival e della musica italiana stessa: pensate ad esempio a cosa sarebbero stati certi festival diretti da Baudo negli anni Novanta senza la presenza della categoria dei volti nuovi; i nomi, le canzoni e la storia stanno lì a dimostrarlo, ma tant'è. 

POCA SPERIMENTAZIONE - Questo Sanremo Giovani è dunque volato via in un lampo. L'alternanza fra gli imberbi concorrenti e la passerella dei Big scelti da Amadeus ha funzionato televisivamente parlando, ma ha fagocitato i ragazzi, a ulteriore testimonianza del fatto che le due categorie devono marciare separatamente e parallelamente, e che mischiarle difficilmente aiuta gli ultimi arrivati. Dicevamo del pacchetto canzoni: nulla di rivoluzionario, poca sperimentazione, e in questo si evidenzia comunque una certa coerenza con la linea editoriale scelta dal direttore artistico per la manifestazione di febbraio, che, per l'appunto, strizzerà meno l'occhio all'insolito puntando di più sui divi pop del momento e sui grandi veterani.  

CLASSICO RIVISITATO - La buona notizia è che molti abbiano cercato di ripercorrere le orme della tradizione melodica nostrana, coniugandola ovviamente con soluzioni musicali e linguistiche moderne. Poi, chiaro, qualcuno c'è riuscito di più, altri meno: il migliore, in questo campo, è stato l'imberbe Matteo Romano, che forse segue un po' il solco vincente di Ultimo ma che sembra avere buona ispirazione. Meglio lui di Yuman, che ha addirittura vinto la kermesse con una "Mille notti" di grande intensità e forza emotiva ma, davvero, un po' troppo vecchio stampo. Si sono incamminati nella stessa direzione Destro con la malinconica "Agosto di piena estate" e Samia con "Fammi respirare", energica canzone d'amore, brani anche orecchiabili pur se un tantino leggerini. 

GLI ECCESSI DEL GIOVANILISMO - Senza_Cri ed Esseho hanno tentato di vestire pezzi tutto sommato classicheggianti con interpretazioni giovanilistiche: attenzione, però, perché al giorno d'oggi questo "giovanilismo" tende troppo spesso a coincidere con un modo di parlare strascicato e con una sequenza di vocali aperte che rendono poco comprensibile il testo, e nei due casi è un peccato, trattandosi di composizioni ben scritte, con particolare riferimento all'insolita auto-dedica di Senza_Cri. A metà del guado anche Bais con "Che fine mi fai fare", movimentata ed eseguita con grinta, ma senza particolari trovate che possano renderla resistente al passare del tempo. 

IL BRIO DI TANANAI, LA CONTEMPORANEITA' DI LITTAME' - Nella... sezione divertissement si sono iscritti Tananai e Oli?. Il primo ha fatto il colpaccio con "Esagerata", indubbiamente uno dei pezzi più contemporanei e radiofonici proposti da questa edizione, fra parlato e cantato, vivace e spigliato nel testo e nella ritmica, con in più un'immagine da bad boy sciupafemmine. Il secondo ha puntato più che altro su una trasgressione fors'anche un po' sopra le righe in "Smalto e tinta", ma comunque ha strappato un sorriso mostrando di saper stare su un palco importante con disinvoltura. Il vessillo dei canoni canzonettistici più "à la page" è stato tenuto alto da tre ragazze: Littamé con una "Cazzo avete da guardare" di ottima presa, tanto che avrebbe meritato l'accesso all'Ariston; Martina Beltrami con "Parlo di te", opera ben confezionata, indubbiamente gradevole soprattutto nel ritornello, ma priva di quel guizzo in più in grado di innalzarla ad altezze siderali; e Vittoria, la cui storia lesbo "California" non convince del tutto, indugiando in maniera tropo marcata e ostentata in certi stilemi adolescenziali interpretativi e di scrittura.

PEZZI ANCHE GRADEVOLI, MA... - Torniamo però al discorso di partenza: ora queste canzoni rischiano di perdersi, di essere abbandonate sulla strada per Sanremo, dopo pochi e superficiali ascolti che non consentono una valutazione totalmente attendibile. La sensazione è che il tasso di easy listening sia buono e che non sarebbe da escludere la discreta riuscita di parte di questi pezzi a livello di heavy rotation e di streaming, se solo potessero usufruire di ulteriore promozione, cosa di cui dubito. Sul verdetto poco da dire: come accennato, io avrei premiato Littamé, magari al posto di Yuman, mentre hanno un senso le promozioni a febbraio di Matteo Romano e Tananai. 

SI PUO' FARE A MENO DELLA GIURIA VIP - Di una cosa ad Amadeus bisogna dare atto, per questa edizione del "campionato Primavera" sanremese: avere messo per un attimo da parte il televoto e, soprattutto, aver lasciato a casa la giuria televisiva, spezzando una catena troppo lunga e dando un segnale importante a tutta la tv generalista nostrana: perché da anni non c'è show di prima serata con gara annessa che riesca a fare a meno di queste giurie vip, spesso più dannose che inutili, personaggi che spesso danno spettacolo dimenticando il loro compito specifico, tranciano giudizi discutibili e oscurano chi dovrebbero valutare (con rare eccezioni, tipo la Beatrice Venezi dell'anno scorso). Ecco, Ama ci ha detto che si può andare avanti senza di loro: si è assunto una responsabilità pesante accollandosi il 50 per cento del verdetto di ieri sera; nulla di diverso, del resto, dal modus operandi di tanti grandi patron sanremesi del passato, da Ravera a Baudo, che spesso decidevano tutto o quasi in prima persona. 

domenica 5 dicembre 2021

SANREMO 2022: AMADEUS ANNUNCIA (IN ANTICIPO) UN CAST DISCOGRAFICAMENTE FORTISSIMO. PIU' SPAZIO PER I DOMINATORI DELLE CHART E PER I VETERANI, MA LE SCELTE CORAGGIOSE NON MANCANO


Forse non sapremo mai cosa sia realmente accaduto nelle 72 ore (abbondanti) intercorse fra lo scoop molto presunto di "Chi" e l'annuncio ufficiale del cast di Sanremo '22. Forse Amadeus, vistosi messo all'angolo per la seconda volta in due anni, ha rimescolato le carte all'ultimo momento e teso una diabolica trappola al settimanale, che si è ritrovato fra le mani un'ex colpo giornalistico diventato improvvisamente una notizia incompleta e imprecisa. O forse, più semplicemente, la rivista diretta da Alfonso Signorini ha preso un granchio: capita, quando si è fin troppo sicuri di sé; nel 2020 era andata bene, ma le fonti non sono sempre quelle giuste, e allora qualche volta sarebbe meglio andarci un po' più coi piedi di piombo: vale anche per le tante testate che hanno rilanciato lo pseudo-listone di Big in maniera del tutto acritica e senza nemmeno sprecare un condizionale o un punto interrogativo. 

Problemi loro, intendiamoci. E un sentito grazie al direttore artistico che, sia pur per vie traverse, ha salvaguardato uno dei momenti chiave della liturgia sanremese, della "messa cantata", come la definiva Pippo Baudo, ossia la solenne comunicazione dei vip in lizza in Riviera. Si temeva che sarebbe stata una stanca conferma dei nomi già circolati, si è rivelata invece una sarabanda di piccoli e grandi colpi di scena. E così, alla fine, il vero colpo giornalistico la Rai se l'è confezionato in casa affidando il primo momento topico del percorso sanremese al Tg1 delle venti, che non ospitava questo rituale dai tempi della gestione Fazio-Pagani. 

MENO SPERIMENTAZIONE - Torneremo in chiusura sullo spoiler che spoiler non è stato, questione molto più seria di quanto appaia a prima vista. Ora i riflettori vanno puntati su questo cast, che offre una miriade di spunti di riflessione. C'è tanto del primo e del secondo Amadeus, ma c'è anche qualcosa di nuovo. Ci sono ancora il coraggio, la sperimentazione, la voglia di imporre sulla rete generalista per eccellenza volti poco mainstream. Ecco, ad una prima lettura del cartellone questa tendenza può apparire sempre forte, immutata rispetto alle precedenti due edizioni; personalmente la percepisco invece leggermente attenuata, ma parlo da persona che, nonostante l'età non più verdissima, ama tenersi sempre aggiornato in fatto di musica leggera, e che dunque sa che c'erano in circolazione nomi ancor più insoliti da poter mettere in pista; ma il pubblico tradizionale di Rai 1, lo spettatore legato a doppio filo alla tradizione festivaliera, difficilmente coglierà questo sottile scarto e resterà comunque spiazzato di fronte a certi personaggi. Ci sta.

GLI IMPERATORI DELLA HIT PARADE - Un pizzico, ma proprio un pizzico di sperimentazione in meno, dunque, e parlo soprattutto dell'aspetto quantitativo, per fare spazio a una quota pop potenziata nel numero e nella "sostanza" dei cantanti scelti. Amadeus cala una serie impressionante di assi, protagonisti assoluti delle classifiche recenti e attuali: il duo Mahmood-Blanco potrebbe addirittura far saltare il banco, ma ci sono due ritorni che fanno scalpore, due primedonne assolute, Elisa che ha partecipato una sola volta, una vita fa, nel 2001, ovviamente vincendo, e poi ha sempre accuratamente evitato la competizione, fino a oggi; ed Emma, che dopo il trionfo del 2012 il Festival lo ha condotto per poi presenziare come ospite, ma anche per lei era tempo di tornare a misurarsi con la classifica. E poi un altro ex vincitore come Fabrizio Moro, la regina delle hit estive Giusy Ferreri, che nell'inverno ligure non ha mai avuto troppa fortuna, anche con pezzi di grana buona come "Il mare immenso" e "Fa talmente male", il Sangiovanni del tormentone "Malibù" e circondato da tante aspettative per le originali qualità di scrittura e interpretazione che ha già fatto intravedere, due rapper assolutamente sulla cresta dell'onda come Rkomi e Aka 7even. Stiamo parlando di nomi popolarissimi e, con diverse sfumature, tutti di grande peso sul mercato discografico. Blanco, Sangiovanni e Aka 7even hanno già in bacheca una quantità abnorme di dischi di platino collezionati in pochissimo tempo: avere questi ragazzi all'Ariston significa garantirsi in partenza il successo commerciale della rassegna. 

PIU' SPAZIO AI "GRANDI VECCHI" - Con questi pezzi da novanta, mattatori delle chart, puoi anche permetterti una più vigorosa riscoperta delle origini, altra "innovazione" dell'Amadeus ter. Se nel 2020 e nel 2021 la quota vintage prevedeva una sola casella (diciamo Pavone nel primo caso, Berti nel secondo), quest'anno si è allargata a... tre e mezzo. Quattro veterani, e che veterani, diciamo pure mostri sacri: Morandi, Zanicchi e Ranieri rinverdiscono i fasti degli aspri scontri nelle Canzonissime fine Sessanta - primi Settanta (scontri invece poco sanremesi, perché a parte la Iva gli altri due, all'epoca, erano piuttosto restii a mettersi in gioco al Salone delle Feste), mentre la Rettore, fedele al suo spirito ribelle, si presenterà in una inedita coppia con la cantautrice rampante Ditonellapiaga, e fra le due, nonostante l'abisso generazionale, non mancano le cose in comune, dalle modalità espressive alle attitudini artistiche: un duo che potrebbe essere una delle sorprese del Festival. Delle capacità di Morandi di adattarsi ai tempi ben sappiamo, vedremo in quali vesti si proporranno l'Aquila di Ligonchio e un Ranieri che non poteva non tornare in concorso 25 anni dopo la sua ultima partecipazione "agonistica", nel '97 con quella "Ti parlerò d'amore" griffata Gianni Togni e Guido Morra. 

I RITORNI IMMEDIATI - Merita una riflessione anche il drappello di chi ritorna a soli dodici mesi di distanza (in questo caso, in realtà, tredici mesi, ma son dettagli). Di solito i direttori artistici di turno hanno più di una remora nel riproporre artisti già "convocati" l'anno prima, e anche in questo caso Amadeus ha cambiato linea editoriale, richiamandone ben quattro. Qualche perplessità su Noemi, che ha fatto un bel Festival '21 con l'intensa "Glicine", un bel duetto estivo con Carl Brave in "Makumba", e forse non aveva troppo bisogno di sovraesporsi ulteriormente, ma è anche vero che sta attraversando il momento migliore della carriera, quello della raggiunta maturità, e allora vuol forse battere il ferro finché è caldo, ma il brano dovrà essere veramente di grande spessore. Sacrosanta la chance offerta a Irama, dopo un Sanremo vissuto "in differita" per via della quarantena: mi rimane il dubbio che, se avesse potuto esibirsi sera per sera invece di affidare "La genesi del tuo colore" al filmato delle prove, sarebbe stato papabilissimo per la vittoria, e forse la storia di questo pazzo 2021 canoro sarebbe cambiata... 

Sensata anche la seconda volta dei Rappresentante di lista, fra i più apprezzati del drappello di volti nuovi coraggiosamente lanciati nell'ultima edizione e quindi attesi ora alla consacrazione, mentre con Achille Lauro si rischia grosso: è vero che il personaggio offre sempre spunti interessanti per tipologie di performance e versatilità creativa, ma è alla quarta partecipazione consecutiva, di cui una come ospite fisso: la sindrome del "prezzemolino", con conseguente saturazione, è dietro l'angolo. 

I NOMI INSOLITI E IL RITORNO DI BRAVI - Cosa propone il resto del "listone"? Il gradito ritorno di Michele Bravi, interprete di grande sensibilità, a lungo ai margini dopo l'exploit del 2017 per motivi personali, quelle Vibrazioni che sono ormai quasi degli habitué ma anche degli affidabili professionisti dell'easy listening, e poi i nomi più "stranianti": il cantautore indie Giovanni Truppi, Dargen D'Amico, un rapper sui generis da tempo in pista ma sempre al di fuori del circuito mainstream, e la stranissima coppia formata dal ruvido trapper Highsnob e dalla sofisticata Hu, vista l'anno scorso alle selezioni autunnali della Nuove proposte con "Occhi Niagara", in cui spiccava uno stile interpretativo simile a quello di Lauro e poco incline al rigore della dizione, caratteristica comune a molti cantanti dell'ultimissima generazione. Curioso: dallo sfortunato Sanremo Giovani 2020 è stata pescata una ragazza che non era entrata nemmeno fra gli otto finalisti scelti per l'Ariston, i vari Gaudiano, Shorty, Wrongonyou e compagnia. 

ANA MENA, IL TOCCO D'INTERNAZIONALITA' - Chi manca? Ah sì, Ana Mena. Questa dolce ragazza spagnola, presenza ormai fissa delle nostre estati canore, quasi sempre in coppia con Rocco Hunt, riporta l'internazionalità nel concorso ligure. L'ultimo straniero in gara, andando a memoria, fu Lara Fabian nel 2015, in seguito si è parlato di candidature di Amii Stewart, Dionne Warwick, Michael Bolton, non si sa quanto concrete. Sì, d'accordo, Sergio Sylvestre nel 2017, però nato, costruito e cresciuto musicalmente nel Bel Paese. Quello di Ana è un altro nome "bomba", largamente noto e di grande impatto sulle classifiche: anche lei contribuisce a fare di questo cast uno dei più qualitativi degli ultimi anni, se non il più qualitativo in assoluto. Si parla di nomi, appunto, perché poi sul piano della proposta musicale il discorso potrebbe cambiare. Personalmente, nel 2016 accolsi con notevole entusiasmo un cast che mi pareva il migliore possibile per quello che era il panorama canzonettistico italiano dell'epoca, ma alla prova dei fatti alcuni degli artisti più in voga presentarono opere inferiori alle loro potenzialità. Questo per buttare un po' di acqua sul fuoco, ma è chiaro che con un cartellone così sia più che naturale, direi doveroso, nutrire aspettative altissime, che ritengo non andranno deluse. 

SANREMO GIOVANI BRUCIATO E POSSIBILI COLPI DI SCENA IN EXTREMIS - Rimane il fatto, tornando a quanto detto in apertura, che la (parzialissima) fuga di notizie ha costretto Amadeus e Rai ad anticipare l'annuncio ufficiale dei Big (mai avvenuto a inizio dicembre, ma ricordiamo anche che il 72esimo Sanremo inizierà prestissimo, il 1° febbraio), bruciando così una delle principali attrazioni di Sanremo Giovani, quest'anno in serata unica il 15 di questo mese. Certo, ci sarà la suspense legata ai due emergenti chiamati a competere coi vip al Festival vero e proprio, ma per lo spettatore occasionale non è propriamente la stessa cosa. Potrebbe esserci un colpo di coda del presentatore dei "Soliti ignoti"? Altri due big da aggiungere alla lista resa nota ieri, oppure qualche giovane in più da promuovere? Non è impossibile, del resto il regolamento è quanto di più elastico possa esistere, e sarebbe un coup de théatre che "Ama" potrebbe giocarsi in assoluta serenità, per gusto personale, laddove nel 2020 fu quasi "costretto" ad allungare l'elenco con Tosca e Rita Pavone perché, in quel caso, "Chi" aveva azzeccato quasi tutto. Difficile che accada, certo: il direttore aveva affermato, dopo l'ultima kermesse, che 26 Big erano forse un eccesso da non ripetere, e finora ha tenuto duro su questo punto. Ma la marea di richieste giunte sulla sua scrivania e il conseguente quantitativo di musi lunghi potrebbe indurlo a una parziale correzione di rotta. Del resto in febbraio, ahimé non ci saranno più i giovani a dilatare i tempi televisivi, e gli spazi da riempire non mancheranno...