Il Napoli e la sua Coppa "sporcata"
Ieri sera, a Roma, è morto un altro pezzo di calcio italiano. Quanto sia effettivamente rimasto del nostro povero pallone, dopo lo scempio pre Napoli - Fiorentina, è difficile dirlo: moralmente siamo già al cumulo di macerie, ma la realtà racconta cose se possibile ancor più terribili. Perché quando sembra di esser giunti sul fondo e di poter cominciare la risalita, ecco invece che si scava, si scava sempre. E' un tunnel senza uscita, il calcio tricolore, un macabro teatrino che non conosce la vergogna. Siamo arrivati ai colpi d'arma da fuoco, ma francamente non c'è quasi più la forza di provare schifo, imbarazzo e disgusto. Rimane lo sgomento, uno sgomento dettato dal fatto che tutto fosse prevedibile; prevedibile non che avvenisse proprio in questa circostanza, sia chiaro: ma che prima o poi sarebbe successo, era scritto. Il nostro football, da questo punto di vista, è un libro aperto, ma a quanto pare nessuno è in grado di leggerlo.
Spari a parte, film già visto non so più quante volte, nelle nostre desolate lande pallonare: capipopolo abbarbicati su grate e recinzioni a guidare truppe irreggimentate di pseudotifosi; altri capipopolo che parlamentano con calciatori "esprimendo la loro opinione" (diciamo così, va) sull'opportunità o meno di dare inizio a una gara. Sempre le stesse facce (nella squallida vicenda è coinvolto anche il tizio che, giusto dieci anni fa, ottenne la sospensione di un derby di Roma perché circolò la notizia che un bimbo fosse stato ucciso da una camionetta della polizia, e a nulla valsero le rassicurazioni delle forze dell''ordine), sempre le stesse dinamiche.
Rivalità ottuse e medievali, linguaggi da guerriglia, attacchi e vendette fra bande ultras, che si muovono alla stregua di delinquenti comuni. "Una cosa senza precedenti, mai vista in Italia, impossibile da prevedere", dice il questore romano. Vero solo in minima parte, perché l'episodio che ha dato il là a una delle notti più folli del football italiano, per quanto eccezionale, è diretta conseguenza di anni e anni di lassismo, di un atteggiamento di inaccettabile debolezza (da parte dello Stato e dei vertici del calcio) nei confronti di un fenomeno altrove contrastato con ben altra decisione. Gli ultras dettano legge, dentro gli stadi, nei dintorni di essi e persino a chilometri di distanza, nel giorno della partita. E le istituzioni, politiche e sportive, si indignano a parole e lasciano tutto com'è, o quasi.
Rivalità ottuse e medievali, linguaggi da guerriglia, attacchi e vendette fra bande ultras, che si muovono alla stregua di delinquenti comuni. "Una cosa senza precedenti, mai vista in Italia, impossibile da prevedere", dice il questore romano. Vero solo in minima parte, perché l'episodio che ha dato il là a una delle notti più folli del football italiano, per quanto eccezionale, è diretta conseguenza di anni e anni di lassismo, di un atteggiamento di inaccettabile debolezza (da parte dello Stato e dei vertici del calcio) nei confronti di un fenomeno altrove contrastato con ben altra decisione. Gli ultras dettano legge, dentro gli stadi, nei dintorni di essi e persino a chilometri di distanza, nel giorno della partita. E le istituzioni, politiche e sportive, si indignano a parole e lasciano tutto com'è, o quasi.
Del resto, di che ci si stupisce? I fattacci di ier sera sono lo specchio più fedele di ciò che è diventato il nostro Paese. Un Paese che ha imparato a convivere col malcostume, la disonestà, la delinquenza, a causa di maglie giudiziarie larghissime, di un regresso culturale senza precedenti (del quale i fischi all'inno di Mameli sono solo l'esempio più fresco), di una politica sempre più immorale. Un Paese che non sa più cosa voglia dire "punire chi sbaglia", un Paese in cui una seconda, terza, quarta possibilità viene offerta a tanti, troppi furfanti. Un Paese in cui un pregiudicato può fare campagna elettorale attraverso una debordante onnipresenza televisiva e avere un ruolo di primo piano nei più alti giochi di potere (leggasi patto del Nazareno), in cui un sindacato di polizia applaude e solidarizza con "colleghi" condannati per omicidio, in cui in uno stadio si fanno entrare personaggi che indossano magliette inneggianti ad altri condannati per omicidio (caso Raciti). Il tutto sotto gli occhi di autorità ingessate, sedute comodamente in tribuna: la sfida più sfacciata, più sguaiata, vinta in partenza perché oggi viviamo in un totale impazzimento; si è smarrita la coscienza civile, non vi sono più esempi di decenza che arrivino dall'alto. Uno Stato meno autorevole e quindi meno sicuro, in cui 60mila persone finiscono ostaggio di pochi loschi figuri dal potere sconfinato. Succedeva dieci anni fa, si è detto, e succede oggi. E' dunque lecito affermare che per arginare il fenomeno sia stato fatto poco, e quel poco lo si è fatto male?
Da questo orrido brodo di coltura non possono che scaturire serate come quella che ha lordato la Coppetta Italia 2014. Nulla cambierà, nel Paese dei mille distinguo e dei "ma anche". Lo ha già fatto capire Abete, che ha parlato di "calcio vittima della situazione", lo aveva anticipato Pietro Grasso scrivendo su Twitter "non sono tifosi, ma solo delinquenti", e aggiungendo a bocce ferme "sono stato più volte in procinto di abbandonare lo stadio" (e perché non l'hai fatto, di grazia? Non posseggono nemmeno più la forza del gesto esemplare, questi nostri baldi rappresentanti). E' vero, sono delinquenti, ma hanno invaso da lustri le nostre gradinate, hanno monopolizzato il tifo: la favoletta delle poche decine di mele marce, di gente estranea al calcio, non attacca più.
Ma, si diceva, nulla cambierà: perché l'Italia non è più in grado di prendere decisioni forti e ultimative, come invece sarebbe necessario. I pilastri dai quali partire, dal mio punto di vista, li scrivo da una vita, o perlomeno da quando è attivo questo blog: azzeramento dei vertici calcistici, quindi di Federcalcio e Lega, le cui strategie si sono dimostrate fallimentari sotto tutti i punti di vista (gestione della sicurezza del pianeta calcio, ma anche salvaguardia della competitività tecnica del movimento) e scioglimento d'autorità dei gruppi ultras. Tutti, indistintamente, perché quando si arriva alle situazioni di emergenza è impossibile fare la cernita dei buoni e dei cattivi: chi ama il football e non vuole menare le mani continuerà ad andare allo stadio pur non facendo parte di nessuna tifoseria organizzata, chi invece nel pallone trovava solo un pretesto andrà a delinquere fuori e verrà perseguito come si perseguono i malviventi in ogni Paese civile. E chi si è allontanato dagli impianti per paura di questi ceffi vi farà, lentamente, ritorno.
Sono rimasto senza parole!
RispondiEliminaAl di là dello sconforto provato in quanto napoletano per aver visto la squadra della mia città vincere in una serata simile, ho provato un certo disgusto per gli avvenimenti, per come è stata gestita la delicata situazione e, soprattutto, per l'immagine che abbiamo dato del nostro paese prima ancora che del nostro calcio.
Forse un trattamento come lo proponi in stile calcio inglese andrebbe bene, ma secondo me tra l'Italia e un paese come l'Inghilterra o la Germania c'è una differenza, in termini culturali e di educazione, davvero enorme.
Hai ragione sulle differenze con gli altri Paesi, ma bisogna pur cominciare una buona volta, senza tentennamenti. L'emergenza (perché di questo si tratta) va affrontata con provvedimenti anche drastici; per quanto riguarda il discorso educativo, va attuato fin dalle scuole elementari e nei primi livelli dei settori giovanili calcistici, per creare generazioni di "tifosi" migliori.
EliminaAndrea piacere. Non sono un tifoso per antonomasia diciamo che quando capita se capita guardo il calcio come sport. Mi piacciono altri sport ma non mi sembra il luogo adatto per parlarne.
RispondiEliminaHo visto la partita con gli amici. Saluto Luca, Marzia, Alessia, Davide, Martina e Alessandro. Detto questo, vorrei esprimere il mio commento in proposito.
Io sono per lo "SPORT". Nel senso che qualunque sia il risultato, nessuno se la dovrebbe perdere per quello che succede. Io invece vedo che stiamo un po degenerando. Siamo finiti sulla prima pagina della BBC. Questo mi ha sconvolto. A Londra dove non sanno nemmeno cos'è la coppa Italia. Nessuno dice niente in proposito. Io farei sanzioni severe. Evitiamo di farli andare per 5 anni allo stadio come minimo a certa gente.
Poi se continuano raddoppiamo la pena. Mettiamo anche una pena pecuniaria, che ogni volta si raddoppia come. 5 anni poi 10 poi 15 e così via. 3000 euro 6000 euro e 9000 euro. Voglio vedere se poi ti comporti ancora male. Voi cosa ne pensate in proposito?
Benvenuto Andrea. I tuoi "desiderata" sono quelli di qualsiasi persona di buon senso, ma siamo in Italia, come scritto nel mio post, ossia nel Paese del lassismo e della tolleranza eccessiva e autodistruttiva, un Paese in grave declino civile e culturale.
Elimina