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venerdì 8 febbraio 2019

SANREMO 2019, LA TERZA SERATA: SHOW DI BUON LIVELLO. CONVINCONO VENDITTI E RAF-TOZZI, SERENA ROSSI MATTATRICE A TARDA ORA


Eppur si muove. Sanremo 2019 sembra essersi sbloccato, e ha proposto una terza serata dal notevole tono spettacolare, sicuramente la migliore di quelle finora andate in scena. Certo, anche stavolta non tutto ha funzionato alla perfezione (troppo lungo lo sketch dedicato a "Ci vuole un fiore", inutile la comparsata di Ornella Vanoni, anche se era gratis, come da lei sottolineato...), ma nel complesso le quattro ore di diretta sono state godibili e sostenute da un buon ritmo fino alla fine. Merito soprattutto degli ospiti italiani, va detto: a proposito dei quali continuo a pensare tutto il male possibile, ma, se proprio devono essere presenti, è giusto che lo siano come han fatto Venditti e il duo Raf - Tozzi, cioè con ampi ed emozionanti stralci del loro immenso repertorio. Ecco perché in un contesto del genere, di autentico e sentito omaggio al meglio della storia della musica italiana, è parsa ancor più fuori posto la presenza eminentemente promozionale di Alessandra Amoroso: fra l'altro un'interprete che ho imparato ad apprezzare dopo le perplessità iniziali, ma ciò non toglie che anche lei, come altri che l'hanno preceduta, avrebbe dovuto venire in gara; e in gara avrebbe dovuto festeggiare i suoi primi dieci anni di carriera, traguardo minimo anche se rilevante, soprattutto per una ragazza uscita da quei talent che sono spesso fucine di meteore canore. 
SERENA ROSSI: STUPENDA - Per questa serata intermedia, quindi la più insidiosa sul piano della capacità di tener vivo l'interesse, Baglioni e il gruppo autoriale hanno saputo giocarsi le carte vincenti, mettendo in campo vip fuori concorso di notevole appeal nostalgico. Ma, accanto ai suddetti mostri sacri, merita una menzione la stupenda Serena Rossi, ingiustamente confinata a tardissima ora con il suo omaggio a Mia Martini. Serena è un talento poliedrico, un'artista a tutto tondo, che sa fare tutto e lo sa fare bene, e personalmente non lo scopro certo oggi. Meriterebbe un Sanremo tutto suo, da padrona di casa e mattatrice: il sommesso consiglio a mamma Rai è di costruire un progetto Festival attorno a lei, nella certezza che verrebbe fuori qualcosa di riuscito e gradevole. Oltretutto, la sua commozione al termine dell'esecuzione di "Almeno tu nell'universo" è parsa autentica, e la sincerità dei sentimenti è un altro pregio di questo personaggio che è un patrimonio da non dilapidare, al quale mi sento di augurare il meglio possibile. 
EASY LISTENING - Una volta completato il secondo ascolto live dei brani in gara, si può trarre qualche conclusione in più. Sul piano generale, il pacchetto di proposte non manca di caratteristiche bizzarre e contrastanti: perché la direzione artistica della rassegna ha palesemente cercato l'innovazione, l'esplorazione di territori fin qui poco battuti; eppure, alla fine della fiera, c'è una quota di easy listening del tutto inattesa, in rapporto alla provenienza e alla cultura musicale di molti dei protagonisti. Ed è senz'altro un merito degli ultimi arrivati nel microcosmo Sanremo, l'aver saputo trovare una sorta di "compromesso minimo", cercando l'immediatezza delle opere senza per questo abbandonare la cifra stilistica di appartenenza: parlo di gente come Ghemon o Motta, ma anche di Mahmood e Boomdabash, portatori di generi non propriamente classicheggianti eppure candidati quantomeno al trionfo radiofonico. 
FRASI E PAROLE TORMENTONI - Si ravvisa insomma una certa orecchiabilità, ottenuta dagli autori anche attraverso la ripetizione martellante di certi temi, di certe frasi: dalla Rolls Royce di Achille Lauro ai "soldi soldi" del citato Mahmood, dal "non mi va" dei Negrita al "sono pronto" di Nek, fino al "non dormirò, non dormirò", di Nigiotti, giovane autore dalla vena fresca e genuina, che trova anche il modo di citare con grande sensibilità "ponti che crollano", ed era giusto che qualcuno lo facesse...
Sembrano piccolezze, ma anche queste piccole trovate servono affinché una canzone lasci il segno, valorizzando contenuti comunque di spessore. Trovate testuali di cui non ha avuto bisogno Simone Cristicchi, entrato quasi di soppiatto in questo Festival, dopo anni passati a calcare i palcoscenici del teatro di impegno civile e sociale, e all'improvviso ritrovatosi fra i favoriti per un exploit finale che sarebbe clamoroso; ma la sua "Abbi cura di me" è una composizione di intensa, struggente poesia, ben scritta e ottimamente interpretata; ecco dunque un altro artista a 360°, che in carriera ha saputo divertire con canzoni fortemente ironiche, e colpire al cuore e allo stomaco con testi di autentico spessore letterario, da "Ti regalerò una rosa" a quello appena proposto all'Ariston. 
I FAVORITI E I "CRIPTICI" - Detto questo, dovessi al momento azzardare un pronostico punterei sul sestetto Volo - Nek - Bertè - Arisa - Irama - Ultimo: sono tanti, a testimonianza di un equilibrio di valori che da tempo non si vedeva in Riviera. Irama racconta una storia fin troppo tragica (ragazza con gravi problemi cardiaci e per di più maltrattata dal padre alcolizzato), lo fa senza toccare le pregevoli vette di Cristicchi o di Silvestri, con linguaggio semplice, magari indulgendo fin troppo alla retorica, ma la sua "La ragazza con il cuore di latta" tutto sommato colpisce e funziona. Il vincitore dei giovani 2018 ha azzeccato una "I tuoi particolari" in perfetto equilibrio tra impianto musicale tradizionale e linguaggio contemporaneo. Non voglio assolutamente fare paragoni irriverenti e al momento improponibili, ma il suo modo di porsi non è poi molto diverso da quello del Ramazzotti della prima ora, un saper parlare alla propria generazione senza per questo risultare rivoluzionario e futuristico, "criptico" per gli ascoltatori un po' più in là con gli anni. A proposito di tradizione, è quella che ha sposato Francesco Renga nella sua "Aspetto che torni", intimista e di dignitosa caratura ma che, probabilmente, non gli consentirà di lottare per il trionfo di sabato. Rimangono avvolte da un'aura di mistero le canzoni di Einar e Anna Tatangelo, che al momento trovo di scarsa consistenza, quella degli Zen Circus, difficile da assimilare, la più complessa di Sanremo 2019, forse più da Premio Tenco, e per questo quasi un unicum nella storia del Festivalone; e poi le coppie Pravo - Briga e D'Angelo - Cori, che scontano finora delle performance tecnicamente non perfette. E stasera duetti, una delle più belle invenzioni sanremesi di inizio secolo. Da non perdere. 

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