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martedì 12 marzo 2024

CLUB ITALIA VERSO EURO 2024: QUADRO D'ASSIEME SUGLI AZZURRABILI ALLA VIGILIA DELLA TRASFERTA AMERICANA. ABBONDANZA DIETRO, RISORSE SUFFICIENTI IN MEZZO, EMERGENZA DAVANTI

 

                                     Calafiori: possibile nome nuovo per il Club Italia (foto Guerin Sportivo)

Quattro mesi senza Nazionale. Un'enormità non nuova, purtroppo, nella storia recente, ma che rende difficile la messa a punto di un plausibile progetto tecnico, soprattutto per una squadra, quella azzurra, che ha vissuto un altro anno difficile dopo l'orrido 2022: il discusso e discutibile addio agostano di Mancini, l'arrivo di Spalletti costretto subito a macinare punti per non fallire una qualificazione europea a rischio, e quindi impossibilitato a sperimentare come invece aveva potuto largamente fare il suo predecessore nel lungo e grigio limbo post disastro Macedonia. 

Dalla sofferta ma meritata conquista del pass continentale ci troviamo dunque, in men che non si dica, a soli novanta giorni, o giù di lì, dall'esordio in Germania, e alla vigilia di una trasferta americana ovviamente accolta con malumore dai club, in quanto collocata nel vivo della stagione di Serie A e coppe. Club che possono avere ragione non sulla pausa, sacrosanta e dovuta, quanto sul modo in cui è stata concepita: un viaggio transoceanico per due amichevoli contro rivali nemmeno di primo piano (Venezuela ed Ecuador, non Brasile e Argentina). Non era davvero possibile trovare due avversarie da affrontare nel nostro Continente? Mah. Fatto sta che siamo quasi al redde rationem, ossia al momento dell'ultima selezione: chi vuole entrare o rientrare in azzurro, chi c'è già e vuole restarci, risponda presente adesso, perché poi i margini per l'ingresso nel gruppone per Euro 2024 si ridurranno drasticamente. 

EURO "DI PASSAGGIO" - Scrivo al buio, prima delle convocazioni del CT, per cercare di fare un quadro d'assieme sulle forze italiane, sulla qualità e la quantità di ragazzi  all'altezza di un compito così gravoso. Sarà per noi un torneo strano, quello che ci attende: un Europeo che avrà sullo sfondo, come ingombrante convitato di pietra, il Mondiale prossimo venturo. Intendiamoci: in terra tedesca dovremo dare fondo a ogni risorsa fisica e mentale per difendere il titolo di Londra, ma questa kermesse dovrà anche essere, più che in passato, propedeutica al raggiungimento del torneo iridato, dovrà formare e plasmare, magari anche attraverso qualche doloroso inciampo, una compagine plausibile, all'altezza di ritornare sul massimo palcoscenico planetario. 

Un Euro di passaggio? E' antipatico fare considerazioni del genere nel momento in cui si affronta una competizione così prestigiosa, peraltro l'unica che, dopo l'anno di grazia 2006, abbia dato ai nostri colori qualche soddisfazione. E però, ripeto, nel frattempo la storia è cambiata, e ci ha marchiato con una doppia esclusione che mai avevamo vissuto prima; questo ha radicalmente mutato le prospettive del nostro calcio, e al momento, ragionando a bocce ferme, una bella campagna europea rappresenterebbe una ben magra soddisfazione se, ripeto, non producesse un gruppo di ragazzi in grado di affrontare e chiudere con successo l'eliminatoria mondiale. Quindi, sì, in Germania mi aspetto una Azzurra che si costruisca, si tempri, faccia esperienza e acquisisca certezze in vista di ciò che dovrà per forza accadere dall'autunno 2024 in poi; se a questo lavoro di edificazione a medio termine corrisponderanno anche un buon rendimento e un bel risultato fra giugno e luglio, tanto meglio, perché vincere aiuta a vincere ma purtroppo tale regola non è sempre valida, come abbiamo amaramente imparato dopo il 2021. 

QUADRO D'ASSIEME - E dunque: come sta il Club Italia, a livello di disponibilità di uomini validi? Un primo sguardo d'assieme ci dice che sta bene, anzi benissimo, nel reparto arretrato, in tutte le zone: in porta, al centro e sulle fasce. A centrocampo si è perso qualcosa rispetto al primo, rigoglioso triennio manciniano, ma ci sono comunque le pedine per costruire un reparto di discreta efficacia; in avanti, invece, il piatto continua a piangere: anche qui, abbiamo alcuni (pochi) elementi che potrebbero darci qualche soddisfazione, ma tutto dovrebbe girare alla perfezione, dalla condizione fisica, all'intesa, al funzionamento dei meccanismi tattici. Andiamo con ordine. In generale, sembra essersi leggermente ampliato il bacino in cui pescare. L'esterofilia continua a imperare presso le nostre società, ma molte squadre hanno nuclei significativi di calciatori indigeni in larga parte titolari, e del resto l'Inter ammazza-campionato non può prescindere dal blocco Darmian-Acerbi-Bastoni-Dimarco-Barella-Frattesi, alcuni inamovibili, altri meno ma capaci comunque di ritagliarsi ampi scampoli di gloria. 

PORTIERI: OCCHIO A VICARIO - Fra i pali sembra di essere ritornati, almeno in parte, ai tempi in cui la scuola italiana sfornava validi numeri uno in quantità: Donnarumma, finito nell'occhio del ciclone dopo il trionfo di Wembley per qualche imbarazzo di troppo nel gioco palla al piede, è in vistoso recupero, reduce da un periodo di forma incoraggiante, ma dietro di lui ha scalato le gerarchie Vicario, che grazie alla sua continuità è diventato un punto fermo del Tottenham. Sono ormai sicurezze il laziale Provedel (appena infortunatosi e forse un po' in calo nelle ultime settimane, ma ci sta, in una squadra che non gira) e il partenopeo Meret, mentre Carnesecchi si gioca la titolarità atalantina con l'argentino Musso e quest'anno ha trovato ampia fiducia da parte di Gasperini, generalmente ricambiata. Per tacere del validissimo monzese Di Gregorio, che però ha davanti, come si vede, una concorrenza assai folta. 

LATERALI BASSI: AMPIA SCELTA - Grande ricchezza di buone-ottime scelte in terza linea. Partiamo dalle corsie laterali: a destra Di Lorenzo, totem intoccabile e leader carismatico, dietro di lui un Cambiaso che sta facendo faville con la Juve, il sempre affidabile e duttile Darmian (oltretutto tornato al gol azzurro in novembre contro la Macedonia del Nord), un Bellanova in crescita impressionante nel Toro; meno chance per due ragazzi che da anni fanno dentro e fuori dal Club Italia, Calabria e Lazzari. Bene anche a sinistra, dove lo strabordante Dimarco interista è diventato imprescindibile soprattutto per il suo peso negli inserimenti offensivi, ma di questi tempi è difficile lasciare in panchina Udogie, come Vicario inattesa colonna del Tottenham, anche lui laterale fisicamente straripante e utilissimo in fase di costruzione e di spinta. C'è un Biraghi che in Nazionale ha sempre fornito un discreto apporto, e per uno Spinazzola meno esplosivo e decisivo a causa dei gravi guai fisici che lo hanno tormentato in passato, può tornare utile un Calafiori che è fra le rivelazioni assolute in stagione e che nasce come esterno sinistro, anche se Thiago Motta lo ha valorizzato al massimo collocandolo al centro della difesa del Bologna. 

CENTRALI: COPPIA INTER E BUONGIORNO - Già, i centrali: il felsineo può essere l'uomo... nuovissimo, mentre l'uomo nuovo, ma neanche più tanto, è Buongiorno, ormai perno della retroguardia granata e già lanciato nella Maggiore da Mancini, con ottimi risultati. Non mi stupirei di vederlo perfino titolare, anche se a partire dovrebbe essere la coppia interista Acerbi-Bastoni, mix esperienza-gioventù di notevole affidabilità. Alle loro spalle, elementi sostanzialmente validi ma con qualche controindicazione, tipo Gatti, mortifero nelle incursioni sotto porta ma non sempre irreprensibile in copertura, e Mancini, anche lui difensore goleador ma spesso su toni agonistici fin troppo elevati nella Roma mourinhana. Senza dimenticare Scalvini, virgulto atalantino di buone qualità, che ha mancato la prova nella gara di qualificazione in Inghilterra, dove per la verità, in un secondo tempo da brividi, fu tutta il complesso ad andare in barca di fronte allo strapotere dei bianchi. Una di quelle magre che fanno crescere, si spera. E sta persino tornando a brillare Rugani, grande promessa che pareva sfiorita da anni. Comunque, come si vede, le alternative non mancano e sono rassicuranti, anche per un modulo non necessariamente a quattro. 

CENTROCAMPO: TUTTO ATTORNO A BARELLA - Accennavo a un centrocampo che ha perso qualcosa rispetto alle prime stagioni manciniane, culminate con la galoppata vincente nell'Euro itinerante. All'epoca tutto si reggeva sul trio Verratti-Jorginho-Barella in forma smagliante, ora Verratti è uscito dal giro, l'italo-brasiliano vi è rientrato tutto sommato con merito, ma con una spada di Damocle non da poco: per un po', sarà doveroso non fargli battere rigori, quattro errori consecutivi dal dischetto in gare ufficiali sono troppi per chiunque e ci si sarebbe dovuti fermare prima. Barella invece, al netto di tristi episodi (con scuse tardive) come quello contro il Genoa, è giunto alla piena maturità e la sua caratura internazionale è riconosciuta un po' da tutti. Doveva essere un punto fermo Tonali, le cui vicissitudini personali lo hanno momentaneamente allontanato dal gruppo, però è stato recuperato un Bonaventura che sta vivendo nella Viola una brillante seconda giovinezza, c'è sempre Cristante che, silenziosamente, si è affermato come elemento di equilibrio e sostanza imprescindibile per la Roma e per l'Italia. Ancora: Locatelli, pur fra alti e bassi, se in vena sa garantire un apporto di qualità, ma sta scontando anche lui, come molti compagni di club, il momento di una Juventus passata dal sogno scudetto al terzo posto. E non dimentichiamoci di Ricci, motore e cervello torinista, che vive invece una stagione particolarmente felice. 

LA RISORSA DEGLI INCURSORI - Frattesi ci sarà nonostante lo spazio non elevatissimo che ha nell'Inter, dove ha grande concorrenza ma anche il futuro in mano, vista l'età di alcuni illustri compagni di reparto. Ma in azzurro ha sempre dato un ottimo contributo, anche come attaccante aggiunto, e Dio sa quanto ne abbia bisogno questa squadra (vedremo tra poco). A proposito di giocatori di prospettiva, fra gli ultimi arrivati nel club c'è il monzese Colpani, quantità e qualità, assist (ne sa qualcosa il Genoa dell'ultima giornata, ahimè) e gol, da poco riemerso da un periodo opaco, mentre potrebbe giungere presto il momento di un altro giovanissimo toccato dalla grazia di questa annata bolognese, ossia Fabbian, anche lui abile nelle due fasi ma con grande propensione a puntare l'area avversaria. 

IL RITORNO DI PELLEGRINI E UN DRAPPELLO DI FUTURIBILI - L'avvicendamento sulla panchina giallorossa ha ridato centralità e brillantezza a un Lorenzo Pellegrini che in azzurro ha spesso convinto, soprattutto per il suo lavoro a sostegno della prima linea e come stoccatore inesorabile, al pari di Pessina, altro incursore e altra pedina di lusso dell'Ital-Monza di Palladino, e come Folorunsho, rivelazione del Verona, che potrebbe essere l'ultima "trovata", per la sua pericolosità al tiro ma anche per l'eclettismo che lo porta a fornire un ottimo contributo in diverse figure di gioco. Come si vede, alla fine, qualcosa di buono c'è, ed è un peccato che Baldanzi sia finito a fare panchina  nella Capitale: una condizione dalla quale uscirà presto, viste le sue doti, ma non in tempo utile per diventare un nome subito "spendibile"; futuribile per il momento anche l'emergente Gaetano, che nelle ultime giornate di A si sta mettendo in bella evidenza a suon di gol salvezza per il Cagliari. 

ATTACCO: RETEGUI, CHIESA E POCO ALTRO - Ci sono, come si vede, molti "guastatori", di cui questa Italia ha drammaticamente bisogno perché, lo accennavamo, là davanti il piatto sostanzialmente piange. Come punte centrali propriamente dette siamo in emergenza: Immobile, già di per sé raramente decisivo ai massimi livelli in azzurro, è incappato nella sua stagione più dura e forse (ma si attendono smentite) ha già dato il meglio in carriera; Scamacca ogni tanto si accende per poi sopirsi, e insomma, ci vuol altro per diventare titolare in Nazionale. Al momento il candidato più autorevole è l'ultima scoperta del Mancio, ossia Retegui: anche lui ha uno score stagionale esiguo, ma è stato frenato a lungo da un infortunio con ricaduta, quando gioca si fa sentire, fa gol spesso non banali, ha movenze e intuizioni da attaccante vecchio stampo. Accanto a lui, c'è da sperare in un ritorno agli antichi splendori di Chiesa, che come classe è forse il migliore del lotto ma non è ancora riuscito a trovare costanza di efficacia in zona gol. 

QUALCHE BUON ESTERNO E TANTE INCOGNITE - Poi, tanti punti interrogativi: Raspadori è un signor giocatore, una punta moderna, uno di quelli a cui si chiede di fare troppe cose, col rischio di trovarlo poco lucido in zona gol, e la non titolarità nel Napoli non aiuta. Perso Berardi per un grave infortunio, ci aggrappiamo a esterni rapidi, tecnici e spesso incisivi, come Politano, l'ottimo Orsolini del super Bologna, uno Zaccagni peraltro meno efficace dell'anno passato, come del resto tutta la Lazio, El Shaarawy che invece è nella seconda miglior fase della carriera dopo gli splendori giovanili, può offrire buoni scampoli e ha buona continuità di impiego nella Roma, e Zaniolo, sul quale Spalletti punta moltissimo ma che non riesce a ritagliarsi un ruolo da protagonista nell'Aston Villa. Come si vede, non c'è molto. 

GNONTO, LUCCA E IL MISTERO BELOTTI - Gnonto è in ripresa al Leeds (Serie B inglese) e, in autunno, l'abbiamo riscoperto goleador nell'Under 21, mentre a Udine sta trovando graduale confidenza con la rete Lucca. Ma si tratta di elementi che, nella migliore delle ipotesi, cioè se continueranno la loro progressione, potranno venire utili dopo l'estate. Belotti sarebbe ancora in età e non troppo tempo fa ha dato molto alla Nazionale, ma non riesce a ritrovarsi, qualche segnale incoraggiante sta arrivando dalla nuova avventura fiorentina, ma non basta: uno dei grandi misteri del calcio italiano dell'ultimo quinquennio, perché non stiamo parlando di una di quelle "teste calde" che si sono smarrite a causa delle loro mattane. Nell'attuale stagione, l'unico italiano, assieme a Orsolini, ad essere vicino alla doppia cifra è Pinamonti, una delle poche luci del Sassuolo in crisi, un ragazzo che era già stato gettato nella mischia in una delle ultime, a volte indecifrabili convocazioni del precedente cittì, ma onestamente non mi pare (ancora) avere lo spessore per reggere sulle ribalte internazionali. 

L'ITALIA DEL FUTURO - Insomma, davvero un bel rebus quello del reparto offensivo. Ci vorranno tutta l'arguzia e la pazienza di Spalletti per risolverlo, e non è detto che ci riesca, perlomeno entro la trasferta tedesca. E qui il cerchio si chiude, tornando al discorso di partenza: d'accordo l'Europeo, ma in questi mesi si fa anche l'Italia che non dovrà mancare al Mondiale 2026. Per cominciare a guardare al futuro prossimo, nell'imminente tournée sarebbe interessante vedere, almeno in una occasione, una Azzurra avveniristica, con in campo, ad esempio, Vicario, Buongiorno, Udogie, Fabbian e Retegui. 

mercoledì 13 settembre 2023

CLUB ITALIA: CON L'UCRAINA UNA BUONA PROVA, DOPO LA FIGURACCIA MACEDONE. IL MATERIALE UMANO C'E'. COME RISOLVERE IL PROBLEMA ATTACCO?

 

                               Frattesi, nuova splendida realtà azzurra (foto Guerin Sportivo)

Le mattane della "Nazionale settembrina" sono ormai date per scontate da tutti gli esperti, da anni e anni. Ci hanno fatto l'abitudine, ed è sbagliatissimo, perché prestazioni come quelle di sabato scorso a Skopje rimangono inaccettabili, a prescindere da tutti i limiti atletici che i calciatori italiani manifestano a ogni inizio di stagione. Limiti che sono noti da tempo immemore (ne sento parlare più o meno da quando andavo alle elementari, quindi dai primi anni Ottanta del secolo scorso), e ai quali si potrebbe porre rimedio in maniera anche piuttosto semplice, sol che si volesse. Poi, chiaro, la mezza figuraccia macedone non è stata solo causata dai muscoli imballati, e, com'era prevedibile, sono bastati un lieve miglioramento del tono atletico e generosi ritocchi a una formazione sbagliata per vedere incrementare il nostro rendimento e cogliere tre punti vitali nella sfida quasi ultimativa con l'Ucraina.  

ITALIANI ALLA RISCOSSA NEI CLUB - C'è un altro elemento che, ad ogni prova negativa del Club Italia (e dopo l'Euro 2021 sono state tante, troppe) viene dato per acquisito dagli addetti ai lavori, ossia la povertà del calcio italiano che, in questo momento, non sarebbe in grado di produrre una Selezione competitiva ed è, quindi, destinato a soffrire sistematicamente anche contro formazioni di fascia medio-bassa, come accaduto contro Elmas e compagni. Anche in questo caso, ci si affida all'umoralità dell'ultima impressione, uno dei peccati più gravi per chi esercita il mestiere di critico. Analizziamo alcuni dati: ferma restando l'evidenza dell'eccessiva, assurda quantità di atleti d'oltrefrontiera negli organici delle  nostre società (il che, ad esempio, rende una squadra come il Milan quasi "inutilizzabile" per la Nazionale), siamo reduci da una stagione in cui si è registrata una sia pur minima inversione di tendenza, con la presenza nelle formazioni titolari di un discreto numero di italiani, e tre di queste formazioni, cioè quelle con un nucleo indigeno piuttosto consistente, hanno raggiunto, pur perdendole, le finali delle tre competizioni continentali per club, dico Inter, Roma e Fiorentina, fra l'altro tutte sconfitte di stretta incollatura e fra mille recriminazioni. E la nuova annata calcistica pare partire con gli stessi presupposti, anche se, pure fra i calciatori nostrani, si tende a insistere su uomini nel pieno della maturità, mentre per gli emergenti ci sono ancora difficoltà a ritagliarsi un posto al sole. 

SI PUO' COSTRUIRE UNA NAZIONALE COMPETITIVA - Questo per dire che, se il bacino in cui il cittì di turno può pescare si è irrimediabilmente ridotto rispetto a quindici-vent'anni fa, qualche spiraglio di luce si vede, e i ragazzi di casa nostra che arrivano alla titolarità hanno comunque dalla loro il fatto di aver dovuto superare selezioni e concorrenze più spietate di una volta, quando le limitazioni al numero di stranieri utilizzabili consentivano comunque una massiccia presenza in campo di italiani. E insomma, ciò che voglio dire, la nostra Serie A garantisce ancora un numero di giocatori sufficiente, per quantità e qualità, a mettere insieme una Nazionale di livello dignitoso, mediamente competitiva, in grado almeno di cogliere le qualificazioni alle fasi finali di Europei e Mondiali (come ci sia sfuggito il Qatar è stato qui raccontato in lungo e in largo, e non è il caso di ritornarci sopra); a questi, oltretutto, vanno aggiunti i ragazzi che si fanno onore all'estero, un piccolo drappello ai quali nelle settimane scorse si sono aggiunti Vicario e Tonali, potenzialmente due future colonne della nostra rappresentativa. 

NIENTE FUORICLASSE, SOPRATTUTTO IN AVANTI - Certo, abbiamo tante buone individualità, in qualche caso ottime, con buona pace degli pseudoesperti da social, ma non abbiamo fuoriclasse, e in effetti viene un po' di tristezza a pensare che un po' tutti, persino la modesta Macedonia del Nord, hanno in rosa almeno una pedina in grado di risolvere una partita con una singola giocata, un calcio piazzato, come è accaduto a Bardhi. Noi no, perlomeno in questo momento, e si tratta di un fattore che ci limita parecchio. Non il principale, tuttavia; sia nell'infelice sabato, sia nella parziale resurrezione meneghina con l'Ucraina, è riemersa la lacuna maggiore di questa fase storica azzurra, che si conferma partita dopo partita in quanto non facilmente risolvibile in un amen, ossia la sterilità offensiva. Perché a Skopje non si è giocato bene, soprattutto in quel secondo tempo con la tremarella alle gambe, sempre più contratti, sempre più chiusi a difendere il golletto trovato subito dopo l'intervallo; però nel primo tempo le occasioni erano arrivate persino copiose, ma Di Marco, due volte Cristante e Politano le hanno sistematicamente fallite, mentre a Tonali concediamo almeno l'alibi della scalogna, con la sua conclusione respinta dal palo. 

SCORPACCIATA - A San Siro, si è forse toccato l'apice della prodigalità: prima e dopo la doppietta di Frattesi, fortunatamente decisiva, i nostri hanno fatto una letterale scorpacciata di palle gol, alcune delle quali oggettivamente clamorose. Nel primo tempo Di Lorenzo e due volte Raspadori, nel secondo Zaccagni, ancora Raspadori, Scalvini e Gnonto, con in più il secondo legno della settimana azzurra, questa volta centrato da Locatelli (traversa). Mi pare un po' troppo, e dispiace soprattutto per la rampante punta napoletana, che dalla trequarti in su compie un lavoro assolutamente apprezzabile anche in appoggio ai compagni, però se ti capitano tre palle d'oro in un match, almeno una la devi mettere dentro; vale comunque la pena di insistere sull'ex Sassuolo, che in fin dei conti è stata una delle poche note liete dell'ultima fase della gestione Mancini, con già cinque reti all'attivo, non dimentichiamolo.

SPALLETTI SI CORREGGE - A proposito di Commissari Tecnici vecchi e nuovi, Spalletti ha steccato la prima con poche colpe, certo, ma con qualcuna sì. Non mi è parsa una genialata, come prima mossa nel nuovo incarico, dare la fascia di capitano a un Immobile che forse ha già spesso il meglio, in carriera, e che comunque in rappresentativa non è mai stato un fulmine di guerra. Più in generale, al di là dei citati deficit fisici che affliggono i calciatori italiani (ma solo loro, chissà perché) in questa fase della stagione, la formazione iniziale non è stata delle più felici, perché il centrocampo ha bisogno di più geometrie e ispirazione di quelle che può fornire un generoso come Cristante, e perché elementi freschi e già affidabili quali Scalvini e Frattesi devono sempre trovare posto, in questa squadra, come è effettivamente accaduto ieri sera, idem per Raspadori, al di là del piede non particolarmente caldo mostrato al cospetto del portiere ucraino Buschchan. Sul resto si può discutere, a seconda del momento: il ripescaggio di Locatelli è stato ad esempio una scelta vincente; lo juventino, pur non sempre perfetto, ha sfoderato comunque l'intelligenza tattica e il senso della posizione da regista classico, ed è anche andato vicino a cogliere il successo personale,  con quella schioccante traversa. 

BENE SCALVINI E FRATTESI, CI VOLEVA PIU'... RETEGUI - Qualcos'altro è migliorabile, sempre nella scelta degli uomini. Al Meazza l'Italia si è mostrata in palla, aggressiva, capace di creare occasioni anche nella fase di maggiore sofferenza, per l'aumentata pressione avversaria a cavallo dei due tempi: ebbene, in un quadro del genere a noi favorevole, penso che sarebbe stato utile avere in campo più a lungo uno spietato finalizzatore come Retegui. Per il resto, questa volta, le scelte spallettiane non prestano il fianco a grosse critiche: Dimarco ha sbagliato forse la prima gara azzurra da quando è entrato in gruppo, Scalvini è in crescita costante e sa rendersi utile nelle due fasi, Frattesi è un formidabile centrocampista moderno, che sa fare quantità e qualità, si inserisce e non perde lucidità al momento di concludere. Ha deluso Gnonto, soprattutto per la timidezza al momento di affrontare l'uno contro uno (continuo a pensare che sia ancora afflitto da un gap fisico troppo grande nei confronti dei colossi del football internazionale), mentre ha stupito uno Zaniolo vivace, continuo e intraprendente nelle sue discese: bene così, ma deve confermarsi, perché ho assistito a troppe recite anonime in azzurro dell'ex romanista per fidarmi di una prestazione positiva... Barella, infine, ha fatto il compitino, portando a casa la pagnotta ma manifestando anche pause e incertezze insolite per uno come lui. 

DISFATTISMO FUORI LUOGO - Ecco, partiamo da quest'ultimo punto: contro il team di Rebrov, sono parzialmente mancati alla prova due elementi fra i più positivi degli ultimi anni azzurri, ossia Dimarco e Barella. Eppure, anche senza il loro contributo, si è vista una compagine manovriera, rapida, agile, che ha recuperato una sufficiente precisione nel palleggio, come ci aveva abituati l'Italia del Mancio. Ecco perché trovo del tutto fuori luogo certo disfattismo, certo assolutismo negativo sulla attuale modestia del nostro potenziale calcistico. Gente come Donnarumma, Di Lorenzo, Bastoni, Dimarco, Tonali, Barella, e i due infortunati Chiesa e Pellegrini, ma anche altri, frequentano da anni i massimi palcoscenici calcistici europei, facendosi spesso e volentieri onore. E dietro di loro ci sono i giovani vicecampioni mondiali Under 20 e campioni europei Under 19, alcuni dei quali già impiegati da titolari nei club (penso a Baldanzi, ma non solo). Siamo stati meglio, decisamente meglio, ma anche peggio. Non ha senso piangersi addosso, e non ha senso nemmeno considerare un miracolo irripetibile la conquista dell'Euro 2020-21, perché nel calcio, a certi livelli di eccellenza, i miracoli non esistono. 

IL PROBLEMA DELL'ATTACCO: CAUSE E PROSPETTIVE - Certo, questa è comunque una Nazionale che ha bisogno di essere sempre sorretta da una condizione fisico-mentale ottimale in tutti i suoi elementi. Lo si è visto anche ieri sera: basta mollare un attimo, e gli avversari ti puniscono subito, portando a casa un 2-1 che sarebbe dovuto essere un 4-1, a essere stretti. Ecco, al momento è questo l'unico, vero gap che non ci rende competitivi nei confronti del ristretto lotto delle grandi, Francia e Inghilterra, Portogallo e Spagna, limitandoci al quadro europeo che è quello che ci interessa fino al 2024. Come già spiegato in precedenti articoli, il vuoto generazionale che ha colpito l'attacco è qualcosa di epocale, che va al di là degli alti e bassi che caratterizzano da sempre il nostro vivaio, nella capacità di fornire ricambi nei vari ruoli; ed è un deficit dovuto anche ad errori di impostazione tecnica e tattica a livello di insegnamento giovanile, con una concezione dell'uomo d'attacco che ha privilegiato l'universalità e la duttilità, perdendo di vista la necessita di avere figure capaci di "vivere per il gol". Aspettiamo Scamacca, tornato in Italia con propositi bellicosi già dimostrati al debutto atalantino, valorizziamo un Retegui che anche in casacca Genoa ha sfoderato il fiuto per la rete dei primi passi azzurri, speriamo in un Chiesa di nuovo efficace e continuo ma soprattutto senza più acciacchi, in un Raspadori che possiede le armi tecniche per essere più preciso al tiro, in un Kean che l'anno passato ha dato confortanti segnali di risveglio e che deve solo mettere la testa a posto, e poi nell'emersione di qualche ragazzino già messosi in evidenza nelle giovanili. I  margini per sperare ci sono, la negatività a tutti i costi non porta da nessuna parte, così come il continuo rimpianto di un passato calcistico che non può essere un metro di paragone, perché era costruito su presupposti tecnici, economici e sociali completamente diversi.