Con la conferenza stampa di ieri è dunque iniziata ufficialmente l'era azzurra targata Antonio Conte. Un Commissario Tecnico scelto in fretta e furia a venti giorni dalla prima uscita della "nuova" Nazionale (amichevole con l'Olanda a Bari), da parte di un neo presidente federale giunto al più alto scranno di via Allegri in un clima generalizzato di sfiducia e indignazione (fuori dal Palazzo: dentro, tutti contenti o quasi...). Un presidente inadeguato, debole, dalla credibilità internazionale pressoché nulla (ora è arrivata pure l'inchiesta dell'UEFA: era così difficile aspettarsi un caos del genere, ed era il caso di infilarcisi dentro con totale incoscienza?). Sinceramente mi attendevo una partenza diversa, per quello che, quasi sicuramente, sarà un passaggio storico decisivo, direi vitale, per il movimento calcistico nostrano. Un biennio che è anche un bivio: o si iniziano a risolvere gli enormi problemi che gravano sul pallone tricolore, o ci si avvia mestamente al definitivo ridimensionamento dello stesso.
BATTAGLIA PERSA - Che questa nuova fase politica non sia propriamente iniziata col piede giusto lo dimostra anche il marasma che regna nel campionato di Serie B, con un organico ancora da completare quando mancano poco più di dieci giorni al via. Roba da quarto mondo, a voler essere generosi, non certo il miglior biglietto da visita per la nuova presidenza Figc. Riguardo all'opportunità dell'elezione di una figura discussa come quella di Tavecchio, è appurato che si tratta di una battaglia persa: gli appelli in tal senso si sono infranti contro il muro di gomma di un elettorato chiuso a riccio sulle proprie indifendibili posizioni, alcune delle quali, oltretutto, dimostratesi assai volatili, vista l'aleatorietà di quello che la stampa ha definito, con notevole sforzo di fantasia, "fronte no TAV".
Acqua passata, purtroppo. Una volta compiuto quel passo, tutto ciò che ne deriva non riesce più a destar scandalo, nemmeno la nomina di un cittì non "immacolato", sul piano della giustizia sportiva, vista la squalifica di un paio di anni fa. In Italia, in questo Paese senza più regole e senza più futuro, funziona così, si passa sopra a tutto, facendo spallucce di fronte a ogni stortura, e del resto gli esempi arrivano anche dagli ambienti politici e istituzionali. Già negli anni Settanta Indro Montanelli, uno che di brutture dello Stivale se ne intendeva, invitava a "votare DC turandosi il naso". I tempi non son cambiati, sono anzi peggiorati: è, quella che stiamo sfortunatamente vivendo, l'epoca del "turarsi il naso". Pare non ci sia altra via per sopportare ciò che ci accade intorno, se tutte le istanze di pulizia morale e di crescita culturale vengono neutralizzate dalla peggior classe dirigente possibile, in tutti i settori della vita civile, quindi anche in ambito calcistico.
SCELTA AZZECCATA - Turiamoci il naso, dunque, e cerchiamo, con enorme sforzo e fatica, di scovare qualche aspetto positivo in questo rabbrividente dopo Mundial. Al netto di quanto scritto sopra, la scelta di Conte non presta il fianco a grosse critiche. I suoi meriti tecnici sono indiscutibili: ha riportato in alto una Juventus ancora impantanata nelle secche di Calciopoli, dandole tre scudetti consecutivi in un crescendo rossiniano che ha ben presto assunto le dimensioni di uno strapotere, per quanto facilitato dalla progressiva perdita di qualità del campo di battaglia interno (la Serie A); ha vinto battendo la strada di un football d'iniziativa, dispendioso, fatto di forcing e aggressività, nel segno dell'esaltazione di un collettivo capace di mandare in gol uomini di tutti i reparti (Bonucci e Chiellini, Vidal e Pogba, per tacere di Pirlo, hanno regalato punti pesanti, con le loro prodezze sotto rete).
INCOGNITA INTERNAZIONALE - E' dunque una scelta di alto profilo, come lo furono quelle di Sacchi e di Lippi. Uomini dalla personalità spiccata, ispida, allenatori "martello" per la maniacale dedizione al lavoro. Rispetto ai due illustri predecessori, Conte cede diversi punti sul piano dello spessore internazionale (ma l'età gioca in favore del pugliese): in Europa la sua Juve è rimasta un'incompiuta, pur se non così disastrosa come l'ha dipinta qualcuno. La campagna di Champions 2012/13 fu assai più che dignitosa, con vittorie pesanti (Chelsea, Shakhtar, Celtic) e una onorevole resa nei quarti al super Bayern dell'epoca; meno bene è andata l'anno passato, anche se si potrebbe dire che, in un periodo di vacche così magre, non è proprio il caso di sputare sul raggiungimento di una semifinale di Europa League. In ogni caso, Conte era una delle prima scelte per il Club Italia, assieme a Mancini e a Spalletti (la candidatura di quest'ultimo è rimasta però solo su un piano ipotetico): grave che fra le alternative abbia fatto a lungo capolino il buon Zaccheroni, allenatore rispettabilissimo, ma per curriculum e profilo tecnico assolutamente inadeguato al colossale lavoro di ricostruzione di una Nazionale pluridecorata rasa al suolo dall'avventura brasiliana.
QUALE BLOCCO JUVE? - La conferenza di ieri non ha detto granché. Affermare che nessuno verrà convocato a prescindere, o che la Nazionale dovrà diventare "una squadra" nel senso più pieno del termine, significa semplicemente scoprire l'acqua calda: dovrebbero essere i principi cardine nell'allestimento di ogni rappresentativa. Ottimo invece l'elegante accantonamento di quel non senso prandelliano pomposamente definito "codice etico", sovrastruttura retorica e moraleggiante mal concepita e ancor peggio applicata.
Più inquietante il riferimento alla necessità, visti i tempi operativi assai ristretti (dopo l'Olanda a Bari si vola a Oslo per il debutto nelle qualificazioni europee), di ancorarsi a determinate certezze di squadra: ma "lavorare sul blocco juventino", in questo momento, significa affidarsi a un gruppo formato per metà da giocatori vicini alla conclusione della carriera (Buffon, Pirlo, Barzagli), più un elemento che troppo spesso, negli ultimi due anni, ha mostrato una sostanziale inadeguatezza ai grandi palcoscenici mondiali (Chiellini) e altri su cui si può puntare, ma che devono essere ricostruiti nel morale (Bonucci, Marchisio): insomma, una politica di basso profilo e dagli orizzonti limitati, così come l'imprescindibile necessità di "parlare con Pirlo", un 35enne visto ancora come potenziale punto fermo. Mai come in questo momento sarebbe fondamentale un taglio netto col passato, un pensionamento dei veterani spompati, ma evidentemente la temerarietà di Fulvio Bernardini (che nel '74 fece piazza pulita dei "messicani" e avviò la rinascita poi completata da Bearzot) è tuttora patrimonio di pochi.
E SE PROVASSIMO UN'ITALIA "MOSAICO"? - La speranza è che sia una scelta di emergenza, per "scollinare" questi primi approcci e inserire poi gradualmente più giovani possibile, fidando sulle maglie larghe delle eliminatorie (Euro 2016 sarà a 24 squadre) e a prescindere dalla fiducia che alle nuove leve verrà data dai club (assai poca, a giudicare dalle strategie di mercato seguite dalle nostre "grandi", sempre a caccia di occasioni esotiche a basso prezzo e del tutto indifferenti al "prodotto interno"). Questo anno e mezzo di qualificazioni soft potrebbe rappresentare il brodo di coltura ideale per imbastire una Nazionale mosaico, da sempre vista come una iattura: perché è vero che uno zoccolo duro prelevato da una società di prima fascia rappresenta sovente la via più rapida per diventare squadra di statura internazionale, ma, per i motivi appena detti, in questo momento non esiste un gruppo indigeno totalmente affidabile da portare di peso nel Club Italia: il gruppo, invece, andrebbe formato direttamente in azzurro, come seppe mirabilmente fare Azeglio Vicini, che prese come base di partenza non il blocco di un top club, ma i ragazzi della sua bella Under.
non credo esista più un credibile blocco Juve, proprio per le argomentazioni ben messe in evidenza da te. Sarà un lavoraccio ma credo che Conte, colori e bandiere a parte, sia l'uomo più accreditato. Importante sarà sostenere l'Italia, non pensare in bianconero, come successe - ma solo all'inizio - con Lippi... chiaro che poi vincere un Mondiale aiuta a conquistare tifosi. Sorvolerei sulla mancata affermazione internazionale del tecnico, in fondo non poteva fare miracoli in Champions al confronto impari con gli squadroni europei. Più che altro è il "materiale umano" che un po' mi preoccupa: difficile, allo stato attuale, con pochi giovani già pronti (direi solo El Shaarawy, Destro, Florenzi e pochi altri) ipotizzare cambiamenti drastici sin dalle prime convocazioni. Gianni G
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