Il Genoa della prima domenica dicembrina è stato un crogiolo di emozioni. Non solo, non tanto per il terzo posto consolidato al termine di una delle sfide più difficili di questo primo scorcio di torneo: in fondo, dai rossoblù all'Inter ballano dieci squadre in dieci punti, e siamo solo alla quattordicesima giornata; tutto può ancora succedere, continuare su questo trend come ridimensionarsi e perdere quota. Emozionante, più che altro, è stato sentire un Ferraris che, finalmente compatto ("ricompattato" da Gasperini col famoso sfogo post Empoli di due mesi fa, si può dire?), negli ultimi minuti del match ha sostenuto incessantemente la squadra di casa, quasi "proteggendola" dagli spuntati tentativi di rimonta del Milan; lo dice uno che, come il sottoscritto, è lontano anni luce dalla "cultura di gradinata", dalle sciocchezze del tipo "i tifosi sono il dodicesimo uomo in campo", ma quel che è giusto è giusto, ed è gratificante sottolinearlo soprattutto in un periodo in cui, nelle nostre desolate lande, di stadi pieni e caldi se ne trovano ben pochi.
Emozionante è stato, soprattutto, vedere un Genoa adulto e maturo. Dopo stagioni di navigazione a vista, di rischi assurdi, di squadre assemblate in maniera approssimativa, di via vai nello spogliatoio, di condottieri non all'altezza (De Canio, Liverani) o in chiara parabola discendente (Marino, Malesani), il répechage di Gasperini, poco più di un anno fa, è coinciso col ritorno a una gestione più rigorosa, razionale, di prospettiva.
PROGETTO SOLIDO - Il vate di Grugliasco ha riportato il gusto del gioco, la voglia di costruire qualcosa di importante e duraturo, di modellare gradualmente, senza assilli e senza pressioni, una squadra con un'anima, capace di puntare al successo non solo sull'onda dell'agonismo e della generosità, ma percorrendo strade tattiche ben precise, lavorando attorno a un progetto tecnico incentrato sulla brillantezza, sul "tenere pallino", sull'aggressività. La "summa" di questo lavoro, iniziato da Gasperson nell'ottobre 2013, è stata la gara capolavoro col Diavolo: ritmo, gioco d'iniziativa, rapidità, controllo pressoché totale della partita, automatismi oliati per un undici in cui tutti sanno sempre cosa fare; e ancora, predisposizione al sacrificio da parte di tutti e buona intercambialità di uomini, con un gruppo di almeno 15 - 16 titolari effettivi.
OROLOGIO SVIZZERO - Il dubbio che sia stato il team rossonero a fare il Genoa più grande di quanto in effetti sia è comprensibile, ma tutto sommato fuori luogo: il Milan da alcune stagioni indossa vesti più dimesse del solito, ma rimane una compagine di buona grana, quantomeno dalla cintola in su, che ha i mezzi, se non per lottare per lo scudetto, sicuramente per centrare un piazzamento europeo. E ieri, a Marassi, ha tutto sommato fatto una figura dignitosa, mostrando buona intraprendenza nella fase iniziale (e chissà cosa sarebbe accaduto, se Menez fosse stato più freddo davanti a Perin...) e lottando con furia financo sopra le righe in ogni zona del campo.
Ma bisogna avere l'onestà di riconoscere che, in questo momento, il Grifo è un meccanismo di precisione, un orologio che non perde un colpo, sostenuto da una buona dose di classe pura (magari non da Champions League, ma nemmeno da quart'ultimo posto come qualche "grande saggio" del giornalismo aveva vaticinato ad agosto), da una forma fisica straripante, da un canovaccio strategico funzionale e dalla fiducia indotta dai risultati positivi in serie. Perché vincere aiuta a vincere, del resto lo avevo scritto anche la scorsa primavera, dopo l'esaltazione seguita alla grossa prestazione offerta contro la Juventus, vanificata da una delle tante prodezze di Pirlo su punizione: le "sconfitte gloriose", questo fu il mio pensiero in sintesi, raramente sono il viatico di successi e trionfi. E così fu, in effetti: quella performance di alto livello non scaturì dal nulla, si vedeva che il buon materiale su cui lavorare non mancava, ma il progetto era ancora in sboccio, e il prosieguo del torneo, caratterizzato da capitomboli in serie, dimostrò che c'era ancora da migliorare sotto diversi aspetti.
Ma bisogna avere l'onestà di riconoscere che, in questo momento, il Grifo è un meccanismo di precisione, un orologio che non perde un colpo, sostenuto da una buona dose di classe pura (magari non da Champions League, ma nemmeno da quart'ultimo posto come qualche "grande saggio" del giornalismo aveva vaticinato ad agosto), da una forma fisica straripante, da un canovaccio strategico funzionale e dalla fiducia indotta dai risultati positivi in serie. Perché vincere aiuta a vincere, del resto lo avevo scritto anche la scorsa primavera, dopo l'esaltazione seguita alla grossa prestazione offerta contro la Juventus, vanificata da una delle tante prodezze di Pirlo su punizione: le "sconfitte gloriose", questo fu il mio pensiero in sintesi, raramente sono il viatico di successi e trionfi. E così fu, in effetti: quella performance di alto livello non scaturì dal nulla, si vedeva che il buon materiale su cui lavorare non mancava, ma il progetto era ancora in sboccio, e il prosieguo del torneo, caratterizzato da capitomboli in serie, dimostrò che c'era ancora da migliorare sotto diversi aspetti.
NUCLEO ITALIANO - Nel frattempo il Genoa è cresciuto, è oggi una squadra fatta e finita: migliorabile, certo, ma con una precisa identità di gioco e valori individuali di tutto rispetto. E' una compagine molto "italiana", il che mai come in questo momento deve essere considerato un titolo di merito, quasi un punto d'onore, anche se in molti, stranamente, se ne stanno accorgendo solo ora: eppure già quest'estate erano in rosa i vari Perin, Marchese, Antonini, Antonelli, Bertolacci, Sturaro, Matri, Greco, Rosi, Izzo, Mandragora, ma si preferiva, per evidente pigrizia mentale, tranciare giudizi irridenti sull'ennesimo "vortice di mercato", anche in questo caso facendo finta di non vedere che, a fronte dei numerosi arrivi, per la prima volta da molti anni a questa parte si era deciso di puntare sul consolidamento di un gruppo storico che potesse dare continuità al progetto e compattezza allo spogliatoio: oltre a molti degli italiani sopra citati, sono rimasti anche Burdisso, De Maio, Kucka, Fetfatzidis, per dire.
Bertolacci: sempre più prezioso per la manovra rossoblù
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I GIOVANI E PEROTTI - C'è stato poi il naturale completamento di discorsi aperti nella stagione scorsa, una crescita dei singoli e del gruppo, e ci sono state, certo, fondamentali migliorie: i "tourbillon" di mercato non sempre sono fuffa, se portano in dote elementi come il colosso difensivo Roncaglia, l'utile Greco, punte affidabili come Matri e Pinilla e un "quasi" fuoriclasse, dico il folletto Perotti, che ieri pomeriggio, con le sue eleganti ed efficaci veroniche, ha fatto girare la testa a tutti i milanisti. E' un Genoa, anche, che non ha paura di dare fiducia ai giovani e giovanissimi del vivaio nostrano, anche in questo caso mosca bianca, assieme a pochi altri club (Cagliari, Atalanta, Empoli, Sassuolo, Sampdoria): l'anno scorso Sturaro, ovviamente subito "catturato" dalla Juve, quest'anno Mandragora lanciato da Gasp proprio nel delicatissimo match coi campioni d'Italia, dal quale è uscito come uno dei migliori in campo, e a seguire il difensore Izzo, attento, preciso, senza sbavature.
QUALCOSA RESTERA' - Italianità, gioventù, qualche piede buono: basterebbe questo per capire che no, il Genoa non è un bluff. E' un team che ha sostanza tecnica, idee, vivacità. Poi, chiaro, questo vuol dire tutto e niente: domenica a Marassi è attesa la Roma, che magari ridimensionerà le ambizioni dei liguri. Tuttavia, al di là delle piccole crisi (che arriveranno), dei ko inevitabili, dei cali di forma, qualcosa resterà: il campionato del Grifone non è frutto di casualità, di partite fortunate, di calendari favorevoli: è costruito su basi solide come quelle sopra descritte, e del resto quattro o cinque azzurri o azzurrabili (Perin, Antonelli, Bertolacci, Sturaro, Matri) sono la solare evidenza della bontà del lavoro svolto a Pegli. Sarà fondamentale, quello sì, non rompere il giocattolo a gennaio e, soprattutto, mantenere il profilo basso: credersi troppo forti è la più breve scorciatoia verso le delusioni, e in questo senso vanno lette le dichiarazioni di Preziosi, tese a buttare acqua sul fuoco degli entusiasmi. Se poi gli squadroni metropolitani in crisi, le grandi multinazionali della nostra Serie A senza più "identità di patria", torneranno a fare il loro dovere, cioè quello di competere per i primi cinque - sei posti, allora tutto tornerà semplicemente normale. Ma Antonelli e compagni un segno lo hanno già lasciato.
"Vincere aiuta a vincere", hai detto tutto con tre sole parole.
RispondiEliminaPrima o poi i risultati verranno a mancare, questo è chiaro, ed è giusto pensare che qualcosa resterà di questo periodo brillante. Il punto interrogativo, secondo me, è capire quale forza e solidità psicologica trae il Grifone da questa prima parte di stagione. O meglio, prima o poi arriveranno le prime difficoltà, a quel punto, il Genoa, sarà in grado di risollevarsi grazie alla solidità acquisita in queste settimane?
Per fortuna, come hai espresso, oltre ad una buona condizione e ad un buon sistema, ci sono anche diverse individualità che possono fare la differenza e cambiare le sorti di una singola gara (è sempre utile "trovare" qualche punto per strada nei periodi no), e questo lascia ben sperare per i rossoblù.
P.S. A fine stagione riguarderò le perle di Perotti con il Genoa più di un volta. Lo ricordo al Siviglia ed era uno di quelli che maggiormente si faceva apprezzare, ora che è in Italia può riprendere da dove si era fermato...
E' il grande interrogativo: la tenuta psicologica davanti ai primi rovesci marca spesso la differenza fra squadre più o meno equivalenti. Questo aspetto, insieme al fattore fisico, sarà forse decisivo. Incoraggiante il fatto che, come scritto, si siano comunque create fondamenta solide. Riguardo a Perotti, spero che Genova se lo possa godere per un po'.
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