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mercoledì 15 giugno 2022

NATIONS LEAGUE: IN GERMANIA CROLLA UN'ITALIA-CANTIERE, DE PROFUNDIS INGIUSTI E SUPERFICIALI. IL PROGETTO CONTINUA E HA BUONE BASI


C'è chi già non crede più nel nuovo corso azzurro inaugurato da appena quattro partite, con colpevole ritardo, dal cittì Mancini. Forse perché non ci ha mai davvero creduto, se basta una serata nerissima per consegnarsi mani e piedi al disfattismo più spinto. Liberissimi, ci mancherebbe, ma sarebbe opportuno, almeno, ancorare il proprio pessimismo cosmico ad argomenti tecnici sostanziosi, piuttosto che a luoghi comuni ripetuti come un mantra e a falsi storici evidenti. 
Già è dura sopportare lo scempio che è stato fatto del titolo europeo 2021: il primo a non rispettare quell'impresa, intendiamoci, è stato lo stesso Club Italia, ma oggi è in atto addirittura una colossale opera di minimizzazione del trionfo, derubricato ad evento casuale o impresa in stile Grecia 2004 (roba da querela, per chi mastica un po' di calcio). Del resto, chi ha buona memoria ricorderà che casuale venne considerato da molti anche il mitologico successo spagnolo dell'82, di cui in questi giorni si celebra il quarantennale: quattro vittorie epiche precedute e seguite da sequele di partite brutte, pareggi e sconfitte, così si scriveva. Non cambia mai nulla e, soprattutto, non si impara mai nulla: è avvilente. 
OTTIMISMO - Personalmente, quei pochi che mi leggono l'avranno capito, ho sposato la causa dell'ottimismo: cauto e realista, sì, ma pur sempre ottimismo. Un po' perché le fasi di ricostruzione azzurra mi affascinano e mi appassionano da sempre, un po' perché la fiducia è ben riposta, in un trainer che ha già creato una volta una Nazionale vincente dalle macerie lasciate da altri, e in un bacino di giocatori numericamente esiguo ma tutt'altro che malvagio sul piano qualitativo, in fin dei conti lo stesso dal quale sono usciti i campioni continentali, nonché un altro drappello di validissimi elementi non compresi nel listone dei 26 dell'estate scorsa (ne ho parlato nel post di pochi giorni fa); un bacino che oltretutto, nonostante i colossali ostacoli strutturali, si sta allargando, grazie a nuove, credibili leve che si stanno facendo onore in Serie B, nelle Under azzurre e, ora, persino nella massima rappresentativa. 
PARTITA PER PARTITA - Era ciò che chiedevamo, no? A casa chi si è sentito precocemente appagato, e ha chiuso ingloriosamente il suo ciclo con la "finalissima" di cartapesta contro l'Argentina, e vigorose iniezioni di benzina verde. E invece, ecco ancora minimizzazioni e capovolgimenti di realtà; perché qui bisogna davvero cominciare a intendersi: il k.o. in Germania è l'unica, attendibile cartina di tornasole dello stato pietoso del nostro calcio? Il brillante pari di Wolverhampton è stato ottenuto contro un'Inghilterra carica di problemi, tanto da essere poi asfaltata dall'Ungheria? Benissimo, ma allora che si esalti il  nostro bel successo, in dominio quasi assoluto, contro gli stessi ungheresi, senza dimenticare la buona prova nell'andata contro i tedeschi. Non se ne può davvero più di questo strabismo critico volto, sempre e comunque, al tafazzismo, "Oh come siamo brutti, oh come siamo messi male". 
La verità è che ogni partita fa storia a sé, sempre, a maggior ragione quando si parla di partite ravvicinate buttate lì a fine stagione, da affrontare senza preparazione specifica come accade per Mondiali ed Europei, ai quali si arriva dopo settimane di ritiro e con progetti tecnici ben definiti. Certo, quella di ieri sera è stata una brutta, bruttissima storia, che però, personalmente, non mi ha sorpreso, come non mi aveva sorpreso la disfatta londinese, per altri motivi. 
COME FUNZIONA UNA RICOSTRUZIONE - Lo ha detto a più riprese il nostro trainer, molto più modestamente l'ho scritto io pochi giorni fa: nelle fasi iniziali di ricostruzione di una Nazionale non può esserci continuità di risultati e di prestazioni. Basta andare indietro di pochi anni, alle prime, timide uscite della nuova Selezione manciniana nel 2018. Ma, per i tanti nostalgici in servizio permanente effettivo, quelli per i quali la storia del calcio si è fermata all'82, non sarà difficile ricordare i vagiti dell'Italia di Bernardini e Bearzot, dallo 0-0 casalingo contro l'allora materasso Finlandia all'1-4 incassato dal Brasile nell'iconico torneo del Bicentenario americano, con gente che già chiedeva le dimissioni del Vecio proponendo candidature più o meno improbabili, da Vinicio a Giagnoni. 
E' assolutamente normale: gli undici titolari cambiano di partita in partita, non c'è amalgama, le formazioni vengono spesso stravolte a gare in corso, vengono immessi in gruppo giovanissimi alle prime armi, tutti privi di esperienza internazionale, alcuni persino digiuni di partite in  Serie A. Ma davvero, e scusate se mi altero: che cavolo pretendete da questa Italia che ancora non è squadra, ma solo un laboratorio in fermento, e che lotta contro i mulini a vento di campionati nazionali votati alla più ottusa esterofilia, totalmente chiusi alla valorizzazione degli emergenti nostrani? 
PERCHE' HA VINTO LA GERMANIA - Chiaro che poi occorra fare dei distinguo. Perché ad esempio in queste congiunture storiche si può vincere e perdere, brillare o deludere, ma non bisogna mai scendere al di sotto della soglia della decenza, cosa che invece gli azzurri ieri hanno fatto per larghissimi tratti dell'incontro di Moenchengladbach. La Germania ha vinto perché ci è stata superiore come atteggiamento mentale, come convinzione, come organizzazione, come tenuta fisica. L'aspetto della classe pura lo lascerei un attimo da parte: affermare perentoriamente "la Germania è più forte" vuol dire tutto e niente; precisare che "in questo momento è più forte" ha già più senso, ma è più forte perché è una squadra, se non proprio fatta e finita, più avanti di noi nell'opera di parziale riedificazione, con una fisionomia chiara e con leader tecnici ben definiti; l'Italia di un anno fa, nel pieno delle sue potenzialità, era superiore a questa Nationalmannschaft, anche come risorse complessive di talento e piedi buoni. 
Tutto cambia, nel calcio, perfino nel giro di pochi mesi, e comunque non è certo questo il momento per stilare graduatorie del valore effettivo di ogni singola rappresentativa: se tenessimo conto dei responsi di questo giugno calcistico un po' pazzerello, la Francia sarebbe relegata a compagine di seconda schiera, la stessa Inghilterra a mediocre formazione allo sbando. Capite che non è credibile, e che per questo la cosa migliore sarebbe giudicare e valutare le risultanze di ogni singolo match, prendendo il buono e il meno buono cercando poi di tracciare un quadro complessivo.
DA BOLOGNA A WOLVERHAMPTON - Questa sequenza di gare a tambur battente ci ha detto che un primo step è stato compiuto, quello più doloroso: l'accantonamento di alcuni mostri sacri non più competitivi, il ripescaggio di eccellenti professionisti rimasti fuori dal gruppone dei campionissimi 2021, e il lancio di una manciata di interessanti virgulti ai quali da settembre, ci scommetto, se ne aggiungeranno altri. 
Abbiamo visto un'Azzurra coriacea a Bologna nel primo rendez vous col team di Flick, poi dominante contro i magiari a Cesena (bugiardissimo il 2-1 finale), coraggiosa e propositiva al Molineux, ove si è mostrata sostanzialmente sicura dietro, agile e manovriera dalla cintola in su, più vicina alla vittoria di quanto non lo siano stati i padroni di casa, soprattutto in un  primo tempo di grana finissima, con opportunità clamorose per Frattesi, Tonali e Pessina e un buono spunto sprecato da Scamacca nell'area piccola, il tutto solo parzialmente bilanciato dal tiro di Mount deviato sulla traversa da Donnarumma, dal salvataggio in corner di Locatelli su passaggio avventato dello stesso portiere e dall'errore di Sterling davanti alla porta, perché contro i grandi avversari (e l'Inghilerra ancora lo è, o no?) ci sta di concedere occasioni, meno scontato è crearle, e per giunta crearle nitide. 
NON C'E' ANCORA UN'ITALIA TITOLARE - Di ieri c'è poco da dire e poca voglia di parlare: non si può neanche sostenere che con i titolari avremmo fatto miglior figura, semplicemente perché la nuova formazione titolare ancora non c'è, mentre quella dell'Europeo, lo abbiamo detto e ridetto, si è addormentata sugli allori e non è più in grado di darci alcunché. Ribadisco: la sconfitta, al di là della provvisorietà della nostra Selezione, è stata soprattutto di testa e di gambe. Ed è mancato un po' di amor proprio, quello sì, perché l'Italia cinque gol non dovrebbe permettersi di prenderli da nessuno, e la concentrazione deve rimanere alta anche sullo 0-3 per limitare i danni: spero lo capisca soprattutto Donnarumma, che ha chiuso una stagione per tanti versi disgraziata e che ora deve resettare, lavorando sui suoi pochi limiti, che però ci sono e che rischiano di essere esiziali (e Tiziana Alla della Rai aveva tutto il diritto di sottolinearlo: ci lamentiamo sempre di giornalisti che fanno domande  accomodanti, e una volta che ne troviamo una un po' "puntuta" la crocifiggiamo?). 
PUNTI FERMI DA CUI RIPARTIRE - Fatto un deferente ringraziamento a Gnonto e Bastoni, che coi loro gol hanno reso il tonfo meno pesante sul piano strettamente numerico (anche le statistiche contano), aggrappiamoci ad alcuni punti fermi: questa sessione di Nations League ha detto che l'Italia attuale non può fare a meno, nel reparto centrale e sulla trequarti, di Cristante, Tonali e soprattutto Lorenzo Pellegrini, che secondo me è un fior di campione, abile in tutte le fasi di gioco e utilissimo anche sotto porta, mentre Pessina è parso in crescendo e Frattesi rappresenta un'alternativa da coltivare accuratamente; che, in retroguardia, il citato Bastoni è comunque una certezza ma occorre lavorare sull'intesa con Mancini, mentre ci è spuntata quasi dal nulla una soluzione fresca e credibile come Gatti, preciso e autorevole in Inghilterra, e risulterà sicuramente utile anche Scalvini, che ha debuttato in una serata orribile come quella di ieri senza macchiarsi di colpe specifiche. Rimanendo in terza linea, Calabria ha avanzato una candidatura prepotente, mentre Dimarco, pur sottoutilizzato nell'Inter, si è messo in mostra con buoni spunti e intraprendenza (ieri, tanto per gradire, ha anche costretto al miracolo Neuer su punizione, anche se non sarebbe servito a nulla). 
IMMOBILE, GLI INFORTUNATI E LE FUTURE NEW ENTRY - I problemi davanti permangono: al di là delle sportellate e del palo colpito nell'andata coi tedeschi, Scamacca non incide, così come Raspadori, che lavora bene in rifinitura e in appoggio ma conclude poco, troppo poco. Meglio Gnonto, che fra alti e bassi ha dato un contributo perfino inaspettato: generosità, tanta esuberanza (a tratti eccessiva), buoni movimenti, un assist e un gol; e tuttavia, rimango del parere che si imponga un rilancio di Immobile, come del resto si puntò sullo stagionato Quagliarella all'inizio del primo ciclo manciniano. No, non possiamo proprio permetterci di rinunciare a un bottino di gol potenzialmente elevatissimo per mere questioni di adattabilità tattica: non sarà più un'Italia ancorata a un solo schema, si è provata la difesa a tre e si possono pertanto provare strade offensive diverse.
 Dopodiché, recuperiamo Spinazzola alla piena efficienza fisica, attendiamo con ansia il ritorno di Verratti e Chiesa, speriamo che Zaniolo confermi i recenti progressi, e vedremo incrementarsi nettamente le vie di accesso alla porta avversaria. Altri baby arriveranno, si diceva: Carnesecchi, Bellanova e Udogie i primi che mi vengono in mente, ma non solo. Poche ore prima del crollo dei grandi in Germania, i fratellini minori della sub-21 hanno conquistato trionfalmente la qualificazione nel torneo europeo. Non è vero, dunque, che c'è il vuoto generazionale assoluto: ci sarà se si continuerà a non far nulla per evitarlo e si continuerà a bloccare la crescita di chi esce dal nostro vivaio, ma questo è un discorso fatto e rifatto un milione di volte qui sul blog. 

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