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giovedì 16 agosto 2012

LA "GIOVINE ITALIA" C'E': PERDE MA PROMETTE

                                  Verratti, uno dei nuovi azzurri visti in campo a Berna

Perdere non fa mai piacere, ma ciò che deve rimanere di questo Ferragosto azzurro è il grande atto di coraggio compiuto da Cesare Prandelli. Nel calcio italiano dell'anno di disgrazia 2012, un calcio che importa selvaggiamente stranieri perlopiù mediocri e mortifica i talenti del vivaio interno con interminabili gavette e lunghi pomeriggi in panchina e in tribuna, il nostro cittì ha indicato in maniera forte e decisa la strada da percorrere per uscire dal tunnel. 
Giovani, giovani, giovani. A maggior ragione in una fase di grave congiuntura economica come quella che stiamo attraversando, e che ha travolto, alfine, anche il pallone nostrano. Se non si torna a puntare sui giovani "fatti in casa" nemmeno quando non ci sono più soldi da spendere, allora vuol dire che il nostro football è arrivato alla frutta. Ed ecco il grande gesto, quasi ... anticonformista, di Prandelli: una Nazionale verdissima per il debutto stagionale di Berna con l'Inghilterra. Dicono che citarsi non sia elegante, ma a me ogni tanto piace: il sottoscritto, molto modestamente, nel suo piccolissimo aveva auspicato e suggerito una soluzione del genere per questo primo passo post Europeo. Andate a rileggervi, se ne avete voglia, il mio "Dossier azzurro" del 5 luglio scorso, e guardate i nomi che avevo fatto per questa convocazione estiva. 
LINEA VERDISSIMA - Ecco, direi che non sono andato troppo distante dalla realtà. Anzi, semmai Cesare si è spinto persino oltre, aprendo le porte della massima rappresentativa a nomi inimmaginabili per me e, penso, per la maggior parte degli addetti ai lavori: mi riferisco al milanista De Sciglio, pochissime presenze l'anno scorso, nella stagione del debutto in A, o a Perin, promettentissimo portierino scuola Genoa che nella massima serie ha giocato una sola gara, nel 2011, e che nell'ultimo campionato di B si è fatto le ossa nel deludente (ma non per suo demerito) Padova. Poi, chiaro, nella scelta della formazione titolare l'allenatore ha preferito optare per un prudente mix fra vecchio e nuovo, puntando sul deja vu soprattutto a centrocampo, ma la volontà di sperimentare, di dare fiducia e minutaggio a volti nuovi, è stata rispettata fino in fondo. 
INGHILTERRA PIU' SQUADRA - Si è perso, dunque, ma poco importa. Fra le due contendenti, l'Inghilterra di Hodgson (sorprendentemente ancora in sella, nonostante la figuraccia di Euro 2012, con la sua selezione aggrappata a un mortificante catenaccio a oltranza) era quella più motivata sul piano della mera ricerca del risultato, per vendicare in minima parte l'eliminazione per mano azzurra di poco meno di due mesi fa, e soprattutto si schierava con un undici meno sperimentale del nostro: erano in campo molti dei "protagonisti" del torneo continentale, da Young a Carroll ai subentrati Lescott, Milner e Defoe, con in più i recuperi di Cahill e Lampard. Logico che, alla fine, risultasse più squadra, anche se la rete del successo è stata, in definitiva, il prodotto combinato di una ingenuità di questa "Giovine Italia", fattasi trovare scoperta mentre cercava con le residue forze di conquistarsi una prestigiosa vittoria, e della classe di Defoe, autore di una imprevedibile prodezza dal limite dell'area. 
DESTRO, OGBONNA E VERRATTI PROMOSSI - Ma in quel momento, ed eravamo oltre la mezz'ora della ripresa, era già un'Italia annacquata e imbruttita dalla solita, straniante girandola di cambi che  è tipica di queste amichevoli. Prima, si era vista una squadra che, seppur a sprazzi, aveva cercato di recitare sulla falsariga del copione mandato a memoria dal team azzurro del biennio 2010-2012: ossia, calcio in velocità, di iniziativa, aggressivo. Fra i nuovi, sono parsi già prontissimi per le sfide delle qualificazioni mondiali Destro e Ogbonna. Il neo romanista ha dato profondità all'azione, ha cercato più volte il tiro e ha sfiorato la segnatura in almeno tre circostanze; il torinista ha mostrato sicurezza, senso della posizione ed efficacia in tutti gli interventi difensivi. Sulla stessa linea metterei Verratti, nonostante il minutaggio ridotto: nello scarso tempo a disposizione, poche giocate semplici e pulite, vena propositiva e anche una rete sfiorata con un tiro in corsa. 
INSISTERE SU ASTORI ED EL SHAARAWY - Hanno incontrato qualche difficoltà in più, ma meritano comunque l'elogio pieno, Astori ed El Shaarawy. Alcune sbavature qua e là per il cagliaritano, ma grande impegno e, alla lunga, discreta attenzione in copertura, con anche un paio di interventi delicatissimi nel cuore dell'area; il "Faraone" (altro prodotto del fertile vivaio genoano) si è dannato l'anima pur essendo chiamato a un compito ingrato: in quanto uomo d'attacco eclettico, con l'inclinazione a fungere da scheggia impazzita sul fronte offensivo, non poteva essere semplicissimo trovare subito la collocazione più idonea ed  efficace in uno scacchiere rivoluzionato, nonché i giusti tempi e automatismi nel rapporto tattico con Destro, ma qualche spunto è arrivato e il talento, seppur ancora grezzo, c'è. Semmai ci sono alcune perplessità su Peluso, che pure ha sfiorato un clamoroso gol con un bell'inserimento in area (ma ha senso puntare su un 28enne, a totale digiuno di esperienza internazionale, come volto nuovo di una Nazionale che vuol guardare al futuro, se oltretutto nel suo ruolo, oltre a Balzaretti, c'è un Criscito che è fra i protagonisti del campionato russo, e la cui esclusione dall'Europeo non è mai stata supportata da motivazioni veramente convincenti, checché ne dicano nel Club Italia?). 
ABATE SU, AQUILANI GIU' - Fra i "vecchi", il più convincente è stato in assoluto Abate, molto intraprendente nel primo tempo, assiduo nella spinta e tempista in difesa, ed è stato moralmente giusto che il trait d'union tra passato e futuro sia stato rappresentato dall'impagabile De Rossi, con il gol, in deviazione di testa su angolo di Diamanti, che aveva dato ai nostri l'illusorio vantaggio. Balzaretti, fra i protagonisti dell'Europeo, è stato costretto a una recita affannosa, per via delle precarie condizioni atletiche: l'ex palermitano è parso sì e no al 30 per cento delle sue effettive potenzialità, forse gli si poteva risparmiare una serata così piena di imbarazzi. 
Continuo a ritenere assai rischioso, in prospettiva, affidare le chiavi del centrocampo, fra gli altri, ai piedi di un Aquilani sempre evanescente e velleitario, oltreché raramente sorretto da una forma fisica all'altezza. Questo ha detto il Ferragosto azzurro, mentre dalla vittoriosa trasferta olandese dell'Under 21, 3 a 0 ai Tulipani, sono giunti altri segnali incoraggianti: il serbatoio nostrano si è nuovamente riempito di benzina verde, sta ai tecnici italiani di club non sprecare questo ben di Dio. Ma con Prandelli che vigila e fa da chioccia, ci sentiamo in mani sicure.

2 commenti:

  1. ottima impressione mi hanno fatto questi giocatori che tra l'altro non si scoprono oggi, anche se a certi livelli era improbabile vederli all'opera, nel contesto italiano. Prandelli è davvero l'uomo giusto ma è assurdo che sia un selezionatore a dettare i tempi di inserimento dei giovani, quando poi i club vendono verratti e borini. Colpisce inoltre la splendida e spettacolare vittoria della nuova under 21 di mangia (scommetto ad occhi chiusi su di lui). Abbiamo un valore inestimabile per le mani, battere in ambito giovanile con un sonoro 3 a 0 l'Olanda non è impresa da tutti i giorni. Ah, dimenticavo: che mi dici di Ogbonna? Non meritava una big già da quest'anno? Lo dico sottovoce perchè con Cairo non si può mai sapere ma mi chiedo che debba fare sto ragazzo per convincere i nostri club più prestigiosi a investire su di lui? Magari potesse diventare una colonna di un nuovo Toro vincente ma altrimenti che fa? va a giocare al Southampton, come forse capiterà a Ramirez?

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    1. Ciao Gian! Su Ogbonna hai ragionissima, e del resto io stesso, in tempi non sospetti (nel commento all'amichevole con gli USA del febbraio scorso) avevo sottolineato come sul ragazzo valesse la pena insistere. I grandi club non si sono accorti di lui? Forse, o forse, semplicemente, i soldi sono finiti, e questo mercato, il più triste nella storia del calcio italiano del dopoguerra, lo dimostra giorno dopo giorno. Al Toro potrà giocare da titolare un'intera stagione nell'inferno dei bassifondi, ottima prospettiva per consolidare il carattere; dopodiché, se all'estero hanno più soldi e credono nei nostri giovani più di quanto lo facciano i club italiani, beh, spiace dirlo ma è giusto che Ogbonna se ne vada all'estero come Borini e Verratti. Così il nostro calcio continuerà a scendere di livello e alla lunga, forse, la gente capirà che tutto è da cambiare, e che così non si può andare avanti.

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