Higuain: si è finalmente sbloccato
Cosa rimane, quando non mancano che sette giorni alla battaglia conclusiva, del Mundial delle outsider e dei Paesi emergenti? Nulla, assolutamente nulla, sul piano dei risultati concreti. A contendersi il titolo sarà un consesso di nobili del football planetario: tre Nazionali superdecorate (Brasile, Germania e Argentina, come dire dieci allori iridati) e un'Olanda che non ne può più di veder svanire i suoi sogni di gloria all'ultimo tuffo. Sarà anche il caso di cominciare a porsi qualche domanda, su questa Coppa 2014 che in molti, pochi giorni fa, avevano precocemente classificato come la migliore di sempre, bellissima, esaltante, di livello tecnico memorabile. Forse occorrerebbe mettersi d'accordo sui parametri adottati per azzardare tali valutazioni: le buonissime, a tratti ottime, espressioni di gioco della fase iniziale, indubbie ed encomiabili, non hanno certo rappresentato un unicum nella storia del Campionato del mondo: era già accaduto, in un passato anche recente (ricordo messe di gol e sfide elettrizzanti persino nel primo turno della deprecata edizione nippo - coreana del 2002, per dire), ma il "peso specifico" qualitativo di queste rassegne va misurato sul lungo periodo, e in particolar modo tenendo in massima considerazione l'andamento delle fase a eliminazione diretta, quella in cui emergono i valori veri.
OTTAVI E QUARTI CON POCHI LAMPI - Ebbene, da quando sono cominciate le partite "dentro o fuori" sono diminuiti i gol e, soprattutto nei quarti, i momenti in cui si è giocato un football quantomeno pregevole. Non solo: l'accesso alle semifinali di quattro potenze assolute del pallone, se da un lato garantisce appeal stratosferico ai match in programma da martedì prossimo, dall'altro ha aperto due "crepe" nella credibilità di questa edizione del torneo, nella "buona fama" che aveva saputo crearsi: in primis, le "nuove grandi", fino agli ottavi portatrici del calcio più piacevole, moderno, propositivo, dinamico (Belgio e Colombia, ma anche Messico e Cile, fra le altre), sono state ridimensionate e cancellate dalla scena nel momento dell'esame di maturità, "quando i duri iniziano a giocare". Si era data una rilevanza storica eccessiva e prematura alle loro comunque incoraggianti prestazioni, ma alla fine è arrivata la "normalizzazione", che è poi il ritorno all'immutabile realtà di sempre: la caratura di "squadra mondiale" non si improvvisa, difficilmente sboccia d'incanto, ma va costruita nel tempo: in Coppa del Mondo contano ancora l'esperienza, la tradizione, l'abitudine a certi confronti e a un palcoscenico che è come... il Festival di Sanremo per un presentatore o un cantante: puoi far bene in altri ambiti anche prestigiosissimi, come la Champions League, ma la "FIFA World Cup" è un'altra cosa, una "bestia" a sé che può bocciare anche vedette di prima grandezza.
La seconda "crepa" è rappresentata dall'approdo ai confronti decisivi di compagini che, a meno di imprevedibili impennate in dirittura d'arrivo, difficilmente lasceranno un segno indelebile nella storia di questo sport. L'unica eccezione è forse rappresentata dalla Germania, di cui da queste parti ho più volte tessuto le lodi, anche se va detto che lo strapotere mostrato al debutto col Portogallo, nonché certe lampeggianti fiammate di calcio pimpante e aggressivo al cospetto del Ghana, hanno poi lasciato spazio all'appannamento contro l'Algeria e alla sapiente, ma priva di acuti, gestione del match contro i frizzanti ma innocui francesi.
ARGENTINA: PRIGIONE TATTICA PER GLI AVVERSARI - Però la Nationalmannschaft rimane, delle magnifiche quattro, la più completa, organizzata, continua, ricca di alternative (strategiche e di uomini), la più affidabile come progetto di gioco. Del Brasile si è lungamente scritto ieri e anche prima. Dell'Argentina si può invece dire che, nel quarto contro il Belgio, ha offerto la miglior prova di un cammino non certo esaltante, quanto a brillantezza di manovra. Il che è tutto dire, perché i Diavoli Rossi sono stati neutralizzati grazie a una mirabile interpretazione tattica di Sabella e dei suoi uomini, senza però che lo spettacolo ne abbia tratto qualche giovamento. Messi è decisamente ispirato, e si vede: gli basta accendersi quattro - cinque volte in un match per mettere in ambasce gli avversari: ieri stava mandando in gol Lavezzi dopo pochi minuti, e sempre da lui è partita l'azione, poi rifinita da Di Maria, che ha infine riacceso la sopita vena di Higuain, abile a piombare su una palla vagante in area e a scaraventarla in rete di destro con riflesso fulmineo, per poi sfiorare il raddoppio in avvio di ripresa, quando ha colto la traversa dopo un mirabile spunto in velocità.
Attorno al genietto blaugrana giostra la classica formazione operaia, che poco o nulla concede alla platea ma ancor meno agli avversari, asfissiandoli con una capillare copertura del terreno di gioco e inaridendone la fase creativa, con una gabbia dalle sbarre strettissime che rallenta e arresta le trame "nemiche" fin dalla trequarti, e soprattutto una difesa folta che ha in Garay un inesorabile pilastro ma che è anche di prim'ordine sul piano collettivo. Certo il Belgio ci ha messo del suo, fallendo il primo appuntamento con la storia (ne arriveranno altri, è la sensazione), ma non può essere stata solo una giornata storta ad annullare gli estri di Hazard, a rendere inoffensivi Lukaku e il bel Mirallas ammirato con gli States e a limitare l'ottimo De Bruyne, peraltro anche a Brasilia uno dei più attivi nel sostenere l'azione offensiva. Spente le fonti di gioco di Wilmots, a creare varchi alternativi per l'attacco han provato i laterali Alderweireld e Vertonghen, e non è un caso che dai cross di quest'ultimo siano arrivate due delle migliori palle gol degli europei, mancate di testa da Mirallas e Fellaini. Troppo poco, ad ogni modo, per scalfire il granitico monolite di Sabella, un capolavoro di perfezione organizzativa che di sicuro starà destando l'invidia di molti tecnici italiani...
OLANDA IN CALANDO, MA CON UN FUORICLASSE RITROVATO - A proposito di espressioni di gioco non esaltanti, anche l'Olanda è andata in calando dopo il folgorante avvio di Mundial: stenti penosi prima di far fuori il Messico; contro la Costa Rica, oltre un'ora di impacci prima di salire di tono nella seconda parte della ripresa e montare l'assedio, ciò che non ha scongiurato la soluzione ai calci di rigore. L'exploit dei Ticos risulta tremendamente difficile da valutare: nascita di una nuova vedette internazionale o effimera fiammata? Personalmente propendo per la seconda ipotesi, difficile che un Paese dalle così limitate risorse calcistiche (e di popolazione) e con una tradizione ai minimi termini possa spingersi più in là, in futuro. Pronto a fare il mea culpa, se avverrà il contrario, ma al di là dei loro meriti colossali, in questo torneo ai centroamericani sono girate bene molte cose, in primis scoprire "in loco" che il girone di ferro era in realtà di pastafrolla, fra un Uruguay a un passo dal declino, un'Italia impresentabile per motivi detti e ridetti su questo blog e un'Inghilterra leggerina, ancora all'inizio del proprio cambio generazionale.
Tornando ai Tulipani, ora possiamo dire di aver visto quasi tutto ai Mondiali: ci mancava l'allenatore che si tiene buona una sostituzione e cambia il portiere poco prima dei rigori di spareggio, mettendo dentro uno specialista, o presunto tale. A colmare la lacuna storica ha pensato Van Gaal, e forse nessun altro avrebbe potuto farlo... Gli è andata bene, per acume, coraggio e fortuna: il "dodicesimo" Krul ha portato in semifinale i suoi con due parate. In precedenza, gli Oranje avevano a lungo marciato in folle, pur meritando ai punti la qualificazione per numero di opportunità create: due bordate di Sneijder si erano infrante sui legni della porta di Navas, Van Persie aveva manifestato una preoccupante involuzione fallendo alcune facili occasioni (clamoroso il pallone ciabattato nell'area piccola su cross dello stesso, indiavolato Sneijder, fuoriclasse ritrovato), ma poi si era visto negare un gol quasi fatto da un rocambolesco salvataggio sulla linea di Tejeda. Classe, ritmo e arguzia tattica non mancano all'Olanda per opporsi validamente alla Seléccion, ma lo avevamo detto anche del Belgio... Vedremo.
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