L'enigma Sanremo si infittisce. Chiusa la seconda serata, ascoltati almeno una volta tutti i brani in concorso, le nebbie non si sono diradate. Così come il cast non presentava, lo si era detto già a dicembre, nessun nome davvero in grado di sovrastare tutti gli altri, lo stesso può dirsi ora delle canzoni: non c'è quella di impatto così possente da poter fare il vuoto in graduatoria, o comunque da poter assumere il ruolo di battistrada nella corsa al titolo. Meglio così per la suspense della tenzone (e quindi per il gradimento televisivo dell'evento), ma sul piano discografico è da mettere forse in preventivo una maggiore difficoltà, per queste nuove composizioni, a far breccia presso il pubblico, necessitando tutte di più ascolti per essere assimilate e valutate appieno. Ci ritorneremo fra breve, non prima di aver sottolineato come lo show di poche ore fa, per quelli che sono i miei parametri, ha rasentato la perfezione, offrendo tutto ciò che lo spettatore medio di una buona tv generalista può pretendere: registri alti e meno alti, momenti di ilarità e altri di commozione, buon ritmo grazie alla guida sicura di Carlo Conti, ma a dominare tutto, sempre e comunque, la musica, anche questa declinata in varie forme, in tutti quei sapori a cui il direttore artistico ha più volte fatto riferimento nelle sue dichiarazioni di intenti: il pop più leggero, ma anche la classica, la nuova dance, il rap, e persino pennellate di jazz e blues.
OSPITI INUTILI - Onestamente, pretendere di più è difficile. Certo, gli incidenti di percorso non sono mancati: mi risulta incomprensibile, ad esempio, l'insistenza della dirigenza Rai, e di ogni "patron" del Festivalone, nel voler riproporre ogni volta il divo hollywoodiano, un'abitudine inaugurata nel 2001 con Russel Crowe e Antonio Banderas e purtroppo ormai radicatasi nel tessuto della kermesse. Nicole Kidman è brava e bella, parla persino un po' d'italiano, ma la presenza sua, come dei tanti che l'hanno preceduta, è stata superflua; andrei invece oltre per definire il passaggio di Antonino Cannavacciuolo: del tutto inutile, perché ha tolto minutaggio al Dopofestival e il ragazzo poteva tranquillamente restarsene fra i suoi amati fornelli. Come se di cucina non si parlasse già abbastanza, nella sventurata tv di oggi.
EMOZIONI - Rimangono le emozioni forti. Quelle attese, fornite dal fuoriclasse Ezio Bosso, che onestamente non conoscevo e il cui talento, sostenuto da un'incrollabile forza di volontà, è ora alla portata di una platea sconfinata proprio grazie al Sanremo e all'intuizione di Conti. Quelle inattese, regalateci a notte inoltrata da un insospettabile Nino Frassica, che ha prima colto nel segno comico col suo tentativo di battere il record di cambi di giacca in una sola sera ed è poi salito in cattedra con uno splendido brano recitato, dedicato ai bambini vittime del dramma dei migranti, una poetica "Al mare si gioca" che in certi accenti accorati e dolenti mi ha ricordato "Signor tenente" del compianto Faletti, che pure affrontava una tematica diversa.
Emozioni che invece sono arrivate in misura minore da un Ramazzotti tutto sommato da compitino e che, nella riproposizione riveduta e corretta dei suoi tre successi sanremesi anni Ottanta, ha acceso in me il rimpianto per le benedette versioni originali, che per certi brani storici non dovrebbero mai essere toccate e modificate. Di Virginia Raffaele, beh, che dire? Se con Sabrinona Ferilli aveva sì convinto, ma con qualche caduta di tono, proponendo la caricatura di Carla Fracci ha invece toccato vette forse inarrivabili: una performance che dovrebbe essere proiettata a ciclo continuo nelle scuole per giovani attori e comici; ci sono stati momenti di genialità assoluta, come il balletto classico sulle note di "La notte vola", ma è stato solo uno dei picchi. Sarebbe un peccato se l'imitazione (termine limitativo) dell'étoile rimanesse confinata a questo singolo episodio: c'è già una voglia matta di rivederla quanto prima.
CLASSIFICA SORPRENDENTE - Le canzoni, adesso, con votazioni un po' birichine, che hanno relegato in... zona retrocessione alcune delle proposte secondo me più meritevoli. Ad esempio gli Zero Assoluto, che nei pre - ascolti dei brani in gara riservati agli addetti ai lavori avevano fatto quasi il pieno di bocciature, si sono invece resi protagonisti di un ottimo ritorno, nove anni dopo l'ultima volta all'Ariston, con una "Di me e di te" perfettamente in linea con il loro stile ancora oggi attuale e moderno, una produzione ritmata e orecchiabile. Lo stesso dicasi per Neffa, che non ha rischiato molto inserendosi parzialmente nel solco della hit estiva "Sigarette", ma ha comunque offerto una notevole "Sogni e nostalgia", marcetta vagamente retrò, con la consueta ricercatezza sonora che rifugge da schemi banali. Sperimentalismo che è ormai marchio di fabbrica anche di Dolcenera, chi ne ha ascoltato gli ultimi lavori discografici lo sa bene: Emanuela è ormai un'artista completa, che ha accettato l'azzardo di portare in Riviera un pezzo complesso come "Ora o mai più (le cose cambiano)", un pop ricchissimo e variegato, con venature blues e jazz, splendidamente composto ma che non "arriva" subito, e questo può averla penalizzata ieri sera; forse lei stessa ne è rimasta sorpresa, visto che al Dopofestival, informata dei risultati, ha esclamato: "Il mondo si è capovolto", non si è capito se ironicamente o seriamente.
BRAVA FRANCESCA - Fra i momentanei promossi, bene, a parte qualche incertezza vocale, lo scricciolo Francesca Michielin con una "Nessun grado di separazione" che è forse la proposta più contemporanea fra quelle dei Campioni, da risentire Annalisa che, del resto, sapeva bene di andare incontro a orizzonti ignoti separandosi dall'easy listening griffato Kekko Silvestre: "Diluvio universale" pare il pezzone classicamente sanremese, ben congegnato e cantato a voce spiegata, anche questo però non di impatto immediatissimo, ma che potrebbe avere diverse chance di inserirsi nella lotta per il titolo. Stesso discorso per Valerio Scanu, che ha interpretato impeccabilmente "Finalmente piove", un'opera di buona qualità testuale e musicale di Fabrizio Moro. Per Elio e Le Storie Tese va fatto un discorso a parte: con "Vincere l'odio" siamo oltre la canzone ironica e dissacrante, come tante ce ne sono state in passato su quel palco; qui siamo al divertissement puro, al cabaret canoro più raffinato. Trovo che una composizione del genere non possa ambire alla vittoria, ma avremo tempo e modo di riparlarne.
CECILE FUORI, PECCATO - Patty Pravo non ripeterà l'exploit di "E dimmi che non vuoi morire", ma con "Cieli immensi" fa comunque passi avanti rispetto alle ultime, non memorabili apparizioni all'Ariston, mentre onestamente mi sfugge il motivo del successo raccolto da Clementino, che pare il Rocco Hunt esordiente di due anni fa, con un rappino all'acqua di rose piuttosto retorico. Bernabei tenta, dodici mesi dopo, un'operazione Nek, con una dance di marca ottantiana - novantiana riveduta e corretta: una cosa davvero leggerina, ma che in radio potrebbe funzionare. Fra i giovani bene Chiara Dello Iacovo ed Ermal Meta, spiace per Cécile, penalizzata da un sorteggio crudele: fosse stata in gara questa sera, credo che avrebbe avuto ben poche difficoltà ad accedere alla finale di venerdì. Un peccato, perché, al di là dei contenuti forti, "N.E.G.R.A." è una delle canzoni più in sintonia con i gusti delle nuove generazioni, fra quelle sentite quest'anno in Liguria.
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