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sabato 13 febbraio 2016

SANREMO 2016, LA QUARTA SERATA: DOLCENERA E NOEMI TORNANO IN GRUPPO, COM'E' GIUSTO CHE SIA

                                               Annalisa: può puntare alla vittoria

Sanremo 2016 non dovrebbe passare alla storia come il Festival dell'easy listening più schietto. Quando manca ormai solo una serata, la più importante, alla chiusura della kermesse, si può già ben dire che Carlo Conti non sia riuscito a ripetere la magia sonora di dodici mesi fa, quando si arrivò alla finale del sabato con buona parte dei ritornelli già discretamente impressi nella memoria. Quest'anno, almeno per quel che mi riguarda, il processo di assimilazione dei brani è più laborioso. Attenzione, si tratta di un discorso che viaggia su un binario diverso da quello della valutazione della qualità musicale complessiva, che invece non manca e, pur non attingendo vertici siderali, regala comunque alcuni esempi di raffinato valore compositivo. E tuttavia, in una rassegna come il Festivalone l'orecchiabilità rimane fondamentale: il fatto che sia stata intercettata solo parzialmente dagli autori potrebbe, come detto nei giorni scorsi, creare qualche problema sul mercato discografico, con le nuove canzoni che, pur meritevoli, dovranno sgomitare un po' di più per farsi largo tra le concorrenti più commerciali, soprattutto quelle di provenienza estera. 
RIENTRANO NOEMI E DOLCENERA - Perlomeno, la serata di semifinale ha sanato un paio di ingiustizie maturate in avvio di settimana, perché vedere Noemi e Dolcenera in zona pericolo era francamente inconcepibile: il secondo ascolto delle loro proposte ha confermato le ottime impressioni della "prima volta". "La borsa di una donna" è sostenuta dall'ispirata poetica del Masini più maturo e riflessivo già ammirato dalla bella e sottovalutata "Italia", da lui presentata in gara nel 2009, "Ora o mai più (Le cose cambiano)" è opera sofisticata, complessa, forse non da Festival nel senso che ho cercato di spiegare a inizio articolo, una mirabile fusion tra pop, jazz e blues che conferma la statura autoriale ormai raggiunta dall'artista pugliese. Spiace invece per gli Zero Assoluto, che con "Di me e di te" hanno saputo mantenere la semplice freschezza nei testi e nei suoni del loro periodo di maggior fulgore mainstream. Anche gli altri brani che fino a stasera... lotteranno per non retrocedere erano tutto sommato meritevoli di maggior fortuna: in particolare, Irene Fornaciari ha un pezzo intenso e dolente, Neffa è fedele al suo stile, senza guizzi particolari, ma "Sogni e nostalgia" ha un ritmo che si fa ricordare, e tutto sommato anche i Dear Jack hanno portato una canzone di discreto impatto, vagamente malinconica e interpretata con voce possente da Leiner Riflessi. 
TRADIZIONE SANREMESE - Se il compianto Vittorio Salvetti aveva definito l'ultimo Festival da lui organizzato, nel lontano 1978, "un Sanremo in blue jeans", con chiaro riferimento a una maggiore vivacità sonora, più vicina ai gusti dei giovani, quello di quest'anno può essere invece etichettato come "un Festival in abito da sera", perché sul piano della tessitura musicale sembra strizzare più convintamente l'occhio alla tradizione nostrana, alla melodia, pur se rivisitata e rielaborata con canoni attuali. E' il caso di "Il diluvio universale", con cui la splendida Annalisa, lo si è già scritto, si è un po' allontanata dall'immediatezza delle composizioni griffate Modà, ma emerge prepotentemente con una canzone che "straripa" d'amore e di parole, un classicone sanremese in crescendo, impreziosito da una superba interpretazione, che può tranquillamente puntare al bersaglio grosso; in parte, solo in parte, percorso simile a quello compiuto da Alexia fra il 2002 e il 2003, quando la spezzina tutta pepe abbandonò la radiofonicità per offrire un esercizio di stile molto impegnativo, ben scritto e cantato, che le consentì di vincere Sanremo ma che alla lunga non lasciò il segno; Annalisa è invece rimasta in una terra di mezzo, saggiamente, e ciò dovrebbe giovarle. Sguardo rivolto al passato anche per Lorenzo Fragola, mentre più moderna, sia nel testo sia nella struttura complessiva, pare "Nessun grado di separazione" di Francesca Michielin. 
RUGGERI E STADIO, BRIO E ANNI OTTANTA - La bandiera del brio è tenuta alta soprattutto da Alessio Bernabei, la cui "Noi siamo infinito" è iper commerciale ma per questo può fare breccia in radio e nelle discoteche, e poi da Rocco Hunt che ha riletto e contaminato col rap alcuni stilemi di quella nuova musica napoletana portata ai massimi vertici creativi da Pino Daniele, Tullio De Piscopo  e altri loro seguaci. Ma anche Enrico Ruggeri è tuttora in grado di trascinare la platea, con un rock che però presenta anche una interessante riscoperta delle origini, con arrangiamenti e trovate musicali che riconducono a certa sua produzione anni Ottanta. 
A proposito di veterani, nell'incertissima lotta per il primo posto dovrebbero inserirsi senza difficoltà gli Stadio, per i quali vale in parte il discorso fatto per Rouge: la loro ballata "Un giorno mi dirai" è un felice compromesso fra lo stile che ne ha decretato il grande successo dagli anni Novanta in poi e alcuni elementi distintivi dei loro esordi, ad esempio quella coralità che in certi passi richiama vagamente brani come "Chiedi chi erano i Beatles". Riguardo ad Elio e Le Storie Tese, ribadisco: divertissement da cabaret o addirittura da piéce teatrale, la loro "Vincere l'odio", ma sarebbe ingiusto che una tale opera sbancasse il Festival; avrebbe avuto più senso, nell'86, un trionfo di Arbore, la cui "Il clarinetto" era sì ridanciana, ma comunque una canzone con tutti i crismi, rispettosa degli schemi.
TRE OTTIME NUOVE PROPOSTE - La gara dei giovani è parsa di buon livello, ma, ahimé, ciò non è garanzia assoluta di successo nelle charts, come ha dimostrato l'edizione 2015. Il vincitore Francesco Gabbani, Chiara Dello Iacovo ed Ermal Meta sono artisti perfettamente al passo con il pop contemporaneo, che i tre declinano in forme diverse ma ugualmente efficaci: più immediato Gabbani, più cantautorale  e minimalista Chiara, più ricercato negli arrangiamenti Ermal. Meritano il meglio, mentre per il "pasticciaccio votazioni" della sera precedente è stata adottata la soluzione più logica, fare esibire fuori concorso Miele, che ragionevolmente non poteva essere riammessa in gara, dal momento che la sua effimera qualificazione era stata causata da un malfunzionamento delle giurie, quindi di fatto non esisteva.
ARRIVA CRISTINA! - Sarò forse insensibile (ma... no, non credo di esserlo, suvvia!), e tuttavia il monologo di Enrico Brignano  sulla paternità non mi ha particolarmente colpito, l'ho trovato piuttosto banale e retorico; dell'attore romano preferisco, al momento, il registro comico. Virginia Raffaele ha ripescato Belen Rodriguez, uno dei suoi tormentoni, e l'ha cavalcato con perizia, con la consueta ciliegina sulla torta, rappresentata stavolta dal "paparazzo portatile". Chapeau. Eccellente la performance di Elisa, per la quale sono tuttavia costretto a ripetermi: i superbig come lei devono, prima o poi, tornare in concorso, basterebbero anche solo due vip di quel livello ogni anno per far salire di tono la gara. 
Visto che siamo in tema di superospiti, stasera ci sarà Cristina D'Avena, alla quale invece quel ruolo calza a pennello, anche perché difficilmente potrebbe essere inserita come concorrente in una tenzone di canzoni "adulte". Non so ancora cosa canterà: ognuno di noi, bambini degli anni Ottanta, vorrebbe sentire risuonare all'Ariston le proprie sigle preferite, nel mio caso sarebbe da sogno un poker "Canzone dei Puffi - Pollon - Piccole donne - L'incantevole Creamy", ma la sua produzione è sconfinata, moltissimi amano anche i pezzi che ha inciso nella seconda fase della sua carriera. Insomma, stasera forse molti di noi rimarranno delusi nel non poter ascoltare la sigla a cui più siamo affezionati, ma l'importante è che Cristina sia lì, perché lo merita e perché comunque ci emozionerà. 
PRONOSTICO IMPOSSIBILE - Stasera, dunque, finale thrilling, perché non si sa come l'Auditel parerà il colpo di Juventus - Napoli (ripeto: scelta sciagurata, quella della contemporaneità), e perché, soprattutto, c'è massima incertezza sull'esito della gara. Mi limito a un sestetto di papabili, in ordine sparso: Annalisa, Stadio, Arisa, Iurato - Caccamo, Patty Pravo, Elio. Outsider, in seconda fila: Noemi, Dolcenera, Fragola, Michielin, Hunt, Scanu. Come si vede, le nebbie non si sono diradate rispetto a quanto avevo scritto alla vigilia, il gruppone dei favoriti è sempre folto: ulteriore conferma del fatto che nessuno sia riuscito a emergere prepotentemente sui rivali. 

2 commenti:

  1. assolutamente d'accordo sul ripescaggio delle due splendidi Noemi e Dolcenera, che hanno proposto brani di grande impatto. Il primo a livello emotivo, il secondo a livello più propriamente musicale. I miei favori rimangono agli Stadio ma non solo per una questione "affettiva": credo davvero che la loro canzone sia la più completa, magistralmente suonata, intensa, fresca, lirica.. Ruggeri si dimostra in piena forma, ha già vinto il premio Lunezia per il miglior testo e da più parti ho letto accostamenti del suo sound addirittura a quello dei grandissimi Stranglers, almeno nella parte arrangiata con tastiere. E' vero, Annalisa ha un brano potente, e lei canta come sempre da Dio, ma lo stesso si potrebbe dire di Arisa. Il fatto è che mancano i pezzi volgarmente detti "brutti" (i più deboli dal mio punto di vista sono quelli di Bernabei, molto simile a un pezzo della pop star Ariana Grande, e di Lorenzo Fragola; quest'ultimo però piace a mia mamma e allora un po' sta simpatico anche a me, anche se gli preferivo la precedente "Domani"). Mi hanno sorpreso Zero Assoluto e Irene Fornaciari in positivo e purtroppo Neffa e Elio in negativo. Il primo troppo loffio, capisco l'easy listening ma questo brano, anche paragonato a "Sigarette", non certo la migliore tra le sue hits, sfigura. Elio invece ha portato un brano sin troppo complesso. Sì, rimani stupito ogni volta, ti strappa un sorriso ma io conosco bene il suo repertorio e solitamente le sue canzoni hanno una più solida struttura. Qui salvo l'idea ma non il contenuto. Tra i giovani, pur preferendo la piccola Chiara, per cui anche la mia Mary tifava, ammetto che Gabbani, sosia di Massimo Lopez, aveva una buona canzone, molto orecchiabile.

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    1. Per Elio io ne faccio proprio un discorso di rigidi princìpi sanremesi, nonché princìpi della musica leggera in genere: va bene tutto, la satira, il divertissement, ma "Vincere l'odio" non è un brano con canoni pop che possa figurare nell'albo d'oro del Festival, secondo me; come vincitori avrebbero avuto più senso "La terra dei cachi" e "La canzone mononota" che possedevano un rigore canoro ben preciso, prendevano in giro ma non "smontavano le strutture". Neffa può fare di meglio ma tutto sommato non ha sfigurato, ho come la sensazione che da lui ci si aspetti sempre troppo, perché le cose che fa le fa quasi sempre benissimo. Anche Arisa, del cui brano non ho parlato nel pezzo di oggi, in effetti ha buone chance, un'opera soffusa e minimalista di buon impianto melodico e con un testo significativo, anche se il tutto è di minor impatto, ad esempio, di "La notte", che rappresenta probabilmente il picco della sua seconda fase artistica.

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