Tre punti pesanti a parte, l'eredità più importante che ci lascia Italia - Albania è, o dovrebbe essere, la definitiva presa di possesso della leadership azzurra da parte di Verratti. Il salto di qualità già da tempo atteso è maturato nel corso del secondo tempo di Palermo, in particolare dopo l'interruzione causata dalle intemperanze di alcuni tifosi ospiti: il centrocampista del Paris Saint Germain, fino a quel momento protagonista di una prova assolutamente diligente ma senza impennate degne di nota (come spesso gli è capitato con la maglia della Nazionale), è salito in cattedra chiudendo e rilanciando, pressando, avanzando con autorità palla al piede, sfoderando assist, appoggiando in maniera inesausta la manovra offensiva. E' questo, o meglio, è anche questo ciò che gli si chiede: l'ex allievo di Zeman ha sempre brillato per il temperamento e la pulizia in fase di interdizione, ma la sua presenza non è sempre stata tangibile e continua allorché si trattava di contribuire alla costruzione del gioco.
AL BANDO LA DIFFERENZA RETI... - Fosse riuscito a fare lo stesso anche nella prima frazione, forse i Ventura - boys avrebbero realizzato un punteggio ben più consistente del comunque positivo (e per nulla scontato) 2-0 finale. Pazienza: che sfidare la Spagna sul piano della differenza reti fosse improponibile lo si poteva intuire già ben prima dell'inizio della fase eliminatoria. La chiave di volta del girone era prevalere nel duplice scontro diretto: a Torino nell'autunno scorso è andata mezza buca, confidare nell'impresa a Madrid è ancora eccessivamente ottimistico, ma chissà, qualche speranziella non manca, e del resto questo Club Italia pare in crescita. Come ben sa chi segue il calcio, affinché venga fuori una partita godibile devono collaborare entrambe le compagini, e chi tenta di imbastire un football propositivo contro squadre chiuse a riccio fa una fatica del diavolo.
UN 4-2-4 SBILANCIATO... ALL'INDIETRO - Ecco il principale limite azzurro emerso dalla serata palermitana: un 4-2-4 solo nominale ma depotenziato dall'ispido schieramento albanese allestito da Gianni De Biasi. Difesa serrata e centrocampo infoltito, occupazione militare del terreno per rendere quasi impossibile la manovra dei padroni di casa, ma anche, almeno nella prima fase, affondo micidiali, uno dei quali per poco non portava al fulmineo vantaggio dei rossi con Cikalleshi, che con un diagonale sfiorava il palo alla sinistra di Buffon. Per arginare i pericoli insiti in questa disposizione avversaria tipicamente "all'italiana", e nel contempo evitare un eccessivo sbilanciamento in avanti, almeno tre dei nostri quattro uomini avanzati si sono visti spesso a centrocampo, se non in terza linea, per dar manforte ai compagni in inferiorità numerica. Soprattutto Insigne e Belotti si sono prodigati in numerosi ripiegamenti, ma se sottrai al reparto d'attacco due elementi così mortiferi in fase di tiro, beh, non puoi che risultare assai meno pericoloso e in buona parte sterile.
VERRATTI HA ACCESO LA LUCE - Per mandare all'aria un quadro tattico così bloccato occorre quasi sempre un episodio, qual è stato il fallo da rigore su Belotti che ha consentito a De Rossi di segnare dal dischetto, confermandosi come uno dei centrocampisti puri più prolifici nell'intera storia del calcio azzurro; poi, fino alla fine del primo tempo, solo un'altra autentica opportunità per i nostri, con Belotti che, servito da Verratti, ha sparato in porta incocciando sulla deviazione in angolo del portiere.
Col passare dei minuti, gli albanesi si sono un po' disuniti, vuoi per la pazienza dei nostri nel tessere una tela che nell'immediato non dava frutti, vuoi per la già citata crescita esponenziale di Verratti, autentico uomo chiave della zona nevralgica e sulla trequarti. Così, le occasioni di pungere sono aumentate: due spunti di Immobile (ancora assist di Verratti) e Candreva sono stati rintuzzati in uscita da Strakosha, Bonucci ha mancato il bersaglio di testa da buona posizione, poi un'incornata di Immobile su traversone di Zappacosta ha fissato il punteggio finale.
Col passare dei minuti, gli albanesi si sono un po' disuniti, vuoi per la pazienza dei nostri nel tessere una tela che nell'immediato non dava frutti, vuoi per la già citata crescita esponenziale di Verratti, autentico uomo chiave della zona nevralgica e sulla trequarti. Così, le occasioni di pungere sono aumentate: due spunti di Immobile (ancora assist di Verratti) e Candreva sono stati rintuzzati in uscita da Strakosha, Bonucci ha mancato il bersaglio di testa da buona posizione, poi un'incornata di Immobile su traversone di Zappacosta ha fissato il punteggio finale.
ZAPPACOSTA OK - Lo stesso Zappacosta aveva tentato il colpo grosso poco prima, con un destro fuori misura dalla distanza. E proprio l'esterno destro del Torino ha rappresentato una delle note più liete del match: magari non sempre irreprensibile dietro, è stato però puntualissimo e costante negli sganciamenti, cercando spesso il cross (peccando a volte di precisione) e appoggiando con proprietà l'azione d'attacco; ma anche le sue sollecitazioni in fascia son servite a poco, perché spesso non adeguatamente seguite da compagni impegnati a sdoppiarsi fra filtro e spinta, e perciò in ritardo all'appuntamento offensivo. Più sulle sue sull'altro versante De Sciglio, attentissimo a tenere la posizione arretrata, così come De Rossi, rigore escluso, si è fatto valere soprattutto in copertura, comparendo nell'area avversaria con un paio di tentativi di testa su due corner, tentativi andati entrambi fuori bersaglio.
MECCANISMO DA OLIARE - Alla fine, rischio iniziale a parte, per gli uomini di Ventura una gara in assoluto controllo dell'avversario, con molte più luci che ombre, anche a indicare che, al di là della felice crescita di realtà europee un tempo di basso livello, certe distanze rimangono ancora notevoli, e che un'Italia in forma non può temere un'Albania sia pure ringalluzzita. Ma, va ribadito, è un peccato che un match giocato con tale disinvoltura non abbia prodotto una mole di gioco offensivo all'altezza della buona disposizione tattica e mentale degli undici in campo. Forse la squadra non è ancora sufficientemente a punto per utilizzare un modulo così spregiudicato, che necessita di equilibri delicatissimi e precisi al millimetro: equilibri ieri sera ricercati, e perfettamente trovati, solo in chiave di contenimento.
MODULO PER INCURSORI - Del resto, non è assolutamente detto che moltiplicando gli uomini d'attacco si riesca a far breccia nelle maglie di squadre copertissime: forse in certi casi sarebbe più utile un centrocampista puro, magari più di spinta che di filtro, che non un incursore, e forse al Barbera un 4-3-3 avrebbe creato maggiori presupposti per andare a rete, ma non avremo mai la controprova. Tuttavia, come si è sottolineato più volte da queste parti, proprio di incursori in questo periodo il calcio azzurro abbonda, e il 4-2-4 è la formula più adatta a valorizzarne il maggior numero possibile: il prossimo a meritare qualche chances con maggior insistenza rispetto al passato sarà, ad esempio, l'indemoniato Bernardeschi di questa stagione.
Ecco perché il cittì insisterà su questa strada: del resto ha ora davanti due amichevoli di discreto lusso (Olanda la settimana prossima, Uruguay a giugno) e un abbordabile impegno di qualificazione col Lichtenstein per mettere a punto il meccanismo e presentarsi in Spagna, a settembre, con la possibilità di usufruire di una valida alternativa tattica, per cercare la vittoria in modo non scriteriato, nel segno di un manzoniano "adelante, con juicio". Rimane poi l'auspicio che i mesi che ci separano dal redde rationem del Bernabeu servano a dare la stura a un rinnovamento ancor più sostanziale che virtuale, perché alla fine, gira che ti rigira, ai Barzagli e ai De Rossi non si riesce proprio a rinunciare, nemmeno quando la caratura degli avversari (buona, ma non eccelsa, come ieri sera) dovrebbe indurre a osare un po' di più anche nella scelta degli uomini.
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