Un'amichevole è utile nel momento in cui fornisce contributi sostanziosi e concreti alla crescita di un progetto di squadra. Il test match di ieri sera all'Amsterdam Arena rientra in questa categoria di partite, perché lascia comunque un'eredità significativa. La più tangibile, innanzitutto: per un team in costruzione come l'attuale Club Italia, vincere in casa di una delle grandi del calcio mondiale, per quanto "acciaccata", è risultato di peso; accresce autostima, personalità e sicurezza dei giocatori, fa impennare la credibilità internazionale, abitua a confrontarsi senza paura coi valori di vertice del football, studiandone e carpendone i pregi. Non credo di dire un'eresia affermando che un confronto come quello di ieri, pur senza punti in palio, sia molto più "allenante", per usare un termine ultimamente assai in voga, di tante stracche partite della nostra Serie A. Senza dimenticare che anche le amichevoli sono importanti per guadagnare terreno nel ranking Fifa, che assai caro ci è costato nelle ultime fasi finali di Mondiali ed Europei.
OLANDA CALANTE MA VALIDA - Questo per quanto riguarda gli esiti più evidenti della spedizione olandese. Ma anche la prestazione ha fornito risposte tutto sommato confortanti: certo, ci sono stati momenti di sofferenza, soprattutto nella seconda metà della ripresa, perché, per quanto in periodo nero, la selezione arancione continua a valere un po' più dell'Albania, sul piano della classe pura. Ha un bagaglio tecnico che emerge ancora nitidamente, pur fra molte pause e limiti, bagaglio evidente in alcuni fraseggi, nella facilità di palleggio, in certe ficcanti incursioni nell'area altrui. Mancano forse, a questa Olanda crepuscolare, campioni autenticamente svettanti, in grado di restituire al gruppo un profilo vincente: qualche Sneijder in più, per dire; e fra l'altro non è un caso che i pericoli maggiori, per la porta azzurra, siano arrivati proprio nei soli dieci minuti in cui ha giocato l'ex fuoriclasse dell'Inter: due conclusioni estremamente insidiose, che hanno se non altro permesso a Donnarumma di far finalmente intravedere le sue doti, fino a quel momento rimaste nascoste per l'insipienza dei padroni di casa in fase conclusiva.
PERSONALITA' AZZURRA - "Gigio" ha salvato la porta italiana con due splendide deviazioni, confermando la sua crescita recente. C'era bisogno di una conferma azzurra per lui, fin qui protagonista solo col club in campionato; ma non è stata l'unica nota lieta della serata. E' piaciuto l'approccio propositivo della squadra, trascinata nella fase iniziale da un Eder smanioso di rivincite, vicino al gol con un sinistro dalla distanza, quindi pronto a raccogliere una respinta della difesa e a fulminare Zoet con un destro dal limite a fil di palo, pareggiando immediatamente la casuale autorete di Romagnoli. Poi, dopo un colpo di testa di Martins Indi (con deviazione ancora di Romagnoli) ribattuto dalla traversa, i nostri han fatto loro l'incontro con Bonucci, che sugli sviluppi di un corner ha messo dentro una respinta d'istinto del portiere su inzuccata di Parolo. Più in generale, nella prima frazione gli uomini di Ventura sono parsi in perfetto controllo della situazione, abili nel gestire il gioco pur senza produrre, dopo le due reti, grosse fiammate in avanti, complici anche le difficoltà incontrate da Verratti nella posizione di suggeritore dietro le punte, nel 3-4-1-2 abbozzato dal cittì.
NON IL MODULO MIGLIORE - Non è stato però un esperimento completamente fallito, come qualcuno ha sottolineato a botta calda: il genietto del Paris Saint Germain qualche buon lancio, qualche discreto assist è riuscito a confezionarlo, ma gli è mancata la continuità, certo non facile da trovare quando si è alle prese con una situazione tattica non abituale e poco congeniale. Rimane il fatto che non credo sia questo il modulo adatto all'Italia di oggi: si potrebbe forse trovare un miglior rendimento continuando a lavorare sul 4-2-4 o provando col 4-3-3, per sfruttare adeguatamente la nostra indemoniata batteria di incursori, come ripetutamente scritto qui in passato.
LINEA VERDE A GO GO - Nella ripresa, l'Olanda ha giocoforza tenuto maggiormente il pallino nel tentativo di recuperare, ha anche creato qualche pericolo, come si è visto, ma gli azzurri, con un gioco più scarno ed essenziale, sono arrivati a loro volta in più di un'occasione vicini al tris: due volte Belotti, sfruttando i passaggi di Parolo e di Verratti, si è incuneato pericolosamente nell'area arancione, poi Spinazzola ha concluso un perentorio affondo sulla destra con un diagonale ribattuto alla bell'e meglio da Zoet. Belotti e Spinazzola hanno fatto la loro apparizione in un secondo tempo fra i più "verdi" nella storia del calcio azzurro: con loro, dentro anche Gagliardini, Petagna e, sul finire, pure Verdi. Ingiudicabili gli ultimi due, mentre Gagliardini, entrato in punta di piedi e inizialmente un po' sulle sue, ha gradatamente preso confidenza, giocando con pulizia, senza lampi, ma con disinvoltura, mettendo il piede in diverse azioni in fase di impostazione.
PAROLO, SEMPRE UTILE - Dall'inizio erano invece in formazione altri tre "futuribili": in terza linea Romagnoli e Rugani, che hanno fatto bene (l'autorete del milanista non fa testo), mostrando sicurezza e tempismo nelle chiusure difensive: presto entrambi saranno titolari; sulla fascia destra si è confermato Zappacosta, meno esplosivo rispetto a Palermo ma sempre costante nell'appoggiare l'azione offensiva. Fra i veterani, qualche battuta a vuoto di Bonucci (ma il gol cancella le colpe), mentre ha ben impressionato Parolo, come al solito vivo e presente nelle tre fasi, filtro, costruzione e conclusione a rete. Elemento spesso sottovalutato ma di enorme utilità nell'economia della manovra azzurra, fin dai tempi di Prandelli.
Si torna dunque a casa con la certezza che il percorso intrapreso sia quello giusto. E c'è soprattutto la sensazione che finalmente un tabù storico della Nazionale del ventunesimo secolo sia stato abbattuto: la fiducia ai giovani c'è, e i giovani stanno rispondendo con prove convincenti. Sarebbe un peccato se di questo lavoro in prospettiva non si potessero cogliere già i primi frutti in Russia, l'anno prossimo. Eppure la qualificazione mondiale è totalmente in alto mare, proprio a causa di un peccato di inesperienza, quello di Ventura nella gestione del match di andata con la Spagna. Riusciremo a rimediare?
Si torna dunque a casa con la certezza che il percorso intrapreso sia quello giusto. E c'è soprattutto la sensazione che finalmente un tabù storico della Nazionale del ventunesimo secolo sia stato abbattuto: la fiducia ai giovani c'è, e i giovani stanno rispondendo con prove convincenti. Sarebbe un peccato se di questo lavoro in prospettiva non si potessero cogliere già i primi frutti in Russia, l'anno prossimo. Eppure la qualificazione mondiale è totalmente in alto mare, proprio a causa di un peccato di inesperienza, quello di Ventura nella gestione del match di andata con la Spagna. Riusciremo a rimediare?
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