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sabato 7 ottobre 2017

NAZIONALE: CLUB ITALIA AL BUIO. SQUADRA SENZA GIOCO E SENZA IDEE, MONDIALE A RISCHIO


La prima cosa da fare è entrare nell'ordine delle idee che, avanti di questo passo, il Mondiale russo è destinato a restare una chimera. E che per evitare tale drammatica eventualità occorre cambiare registro: subito, già da lunedì. Destino beffardo: una delle fasi più critiche nella storia recente della Nazionale italiana da risolvere nel giro di pochi giorni, fare in 72 ore ciò che non è riuscito in più di un anno. La situazione è molto più allarmante di quanto si creda: perché questa Italia dall'encefalogramma piatto, se tale rimarrà, rischia di subire molti danni anche dall'Albania di Panucci, più forte della modesta Macedonia di ieri, con la conseguente eventualità di doversi aggrappare agli scivoloni altrui per restare nel novero delle migliori seconde e non dover rinunciare al barrage. Avvilente, non trovate?
Come si sia potuti giungere a tal punto non è facile capirlo. L'elemento chiave è per me, e non lo scrivo da oggi, la figura del Commissario Tecnico. Ventura ha mostrato fin qui limiti enormi nella gestione del gruppo sul piano tattico, psicologico e della scelta degli uomini. Ha sbagliato clamorosamente l'impostazione complessiva delle due gare che non doveva sbagliare, quelle con la Spagna (battibile, lo ribadisco, come aveva dimostrato Conte a Euro 2016), e dopo il capitombolo di Madrid ha perduto il polso della squadra. Non si può prescindere da questo punto di partenza per analizzare una curva involutiva che poi, ovvio, ha anche altre radici. Certo, i forfait di figure chiave come De Rossi, Verratti e Belotti (più Candreva rimasto in panca) non aiutano, così come la drammatica assenza di ricambi all'altezza, non per carenza di ragazzi validi, quanto per il loro scarso minutaggio nelle squadre di club, con conseguenti grossi limiti atletici e di tenuta. Il decadimento qualitativo del football italico non può valere come giustificazione per partite come quella di poche ore fa, perché anche l'Italia di questo delicato momento storico dovrebbe essere in grado di regolare senza patemi, fra le mura amiche, una Macedonia volitiva, grintosa, organizzata ma sostanzialmente modesta, al punto da aver concesso ben quattro palle gol alla dimessa Azzurra del primo tempo; e a proposito di nostri giocatori panchinari nelle società di appartenenza, giova ricordare che a Torino ha giganteggiato Pandev, il quale nel Genoa gioca poco (anche per motivi di età) e quando lo fa non sempre si copre di gloria. 
Diciamocelo: l'1-1 dell'Olimpico non è in alcun modo giustificabile. E non si presta nemmeno ad analisi profonde, per il vuoto tecnico che ha mostrato: fin dall'inizio è emersa lampante la pochezza dell'undici schierato da Ventura, in particolare l'assoluta inconsistenza dell'asse centrale Parolo - Gagliardini, a corto di idee e di personalità. Ma anche dalle fasce sono arrivate pessime notizie, con Darmian e Zappacosta impegnati a correre a vuoto, e in particolare con il neo acquisto del Chelsea lontano anni luce dall'efficace incursore ammirato contro Israele. In avanti, l'atteso Verdi ha regalato un paio di luminarie e poco altro, e Immobile ha avuto pochi palloni giocabili (uno dei quali trasformato in assist - gol per Chiellini), anche perché Insigne è rimasto imprigionato nel copione azzurro che troppo spesso gli abbiamo visto recitare: velleitarismo, tiri fuori misura, grosse difficoltà nel saltare l'uomo. Se poi il "cervello aggiunto" del gioco italiano, quel Bonucci che solitamente rappresenta uno dei perni della manovra per la sua capacità di ribaltare il gioco con precisi lanci lunghi, porta in Nazionale i disagi manifestati nel Milan, non si può che dire: piove sul bagnato. E sinceramente la crisi dell'ex juventino sta rappresentando un imprevisto per tutti, per il cittì così come per il coach rossonero Montella: non era ragionevolmente lecito pensare che il cambio di casacca lo disorientasse a tal punto. 
In ogni caso, sarebbe bastata un'Italia formato Israele per portare a casa la pagnotta senza troppe difficoltà; ma un mese fa, particolare non trascurabile, c'era Candreva, che da solo creò il 90 per cento del volume offensivo dei nostri. Gli azzurri di Torino, semplicemente, non sapevano da dove cominciare per imbastire autentiche situazioni di pericolo in avanti. Tali irritanti dimostrazioni di non gioco, solitamente, tendono ad amplificare i limiti di talento dei singoli, e così, puntualmente, i nostri sono parsi alla stregua di pedatori di basso livello: ma i Darmian, i Parolo, gli Insigne non sono così mediocri; e non lo è nemmeno Bernardeschi, il cui ingresso in campo non ha implementato di una virgola l'incisività dei nostri. Lo stesso Rugani, che pure è stato fra i pochi a non demeritare, sa certo essere più coraggioso e propositivo, laddove ieri si è limitato al piccolo cabotaggio, restando rintanato a presidiare un reparto che, nella ripresa, cominciava a sbandare vistosamente. Il florilegio di lanci e tocchi sbagliati, palle perse, conclusioni senza capo né coda, contrasti sistematicamente persi con gli avversari forniscono un quadro da allarme rosso, senza nemmeno più l'alibi della "stagione appena iniziata"; gli altri corrono e sono sul pezzo: persino, lo ripetiamo, il declinante Pandev. 
Cosa succederà, adesso? Dato ovviamente per scontato che la fase di qualificazione verrà portata a termine da Ventura, al momento non esiste margine per cambi radicali di rotta. Occorre solo recuperare alcuni dei titolari prima citati, perché in situazioni come questa non c'è più spazio per esperimenti che, oltretutto, lasciano il tempo che trovano. Tanto per fare un esempio, non riesco a trovare ragioni valide all'utilizzo (ma anche alla convocazione) di un Cristante, ragazzo promettente e in crescita, ma che può mettere sul piatto solo una manciata di buone partite con l'Atalanta, dopo anni di delusioni e occasioni mancate. Non sono sicuro che così si favoriscano la maturazione dei giovani e il loro inserimento in gruppo, non è con una formazione priva di certezze e di esperienza che è possibile superare lo scoglio albanese e quello degli spareggi. Se usciremo indenni dal mese di fuoco che ci aspetta, occorrerà poi porsi più di un interrogativo, anche sulla conduzione tecnica della squadra. Ma ci sarà modo di riparlarne. 

4 commenti:

  1. www.pianetasamp.blogspot.com
    Ciao,
    ho visto solo sprazzi del primo tempo quindi dare un giudizio complessivo sulla gara sarebbe da parte mia forzato e ingeneroso, ma mai come in questo caso credo che basti il solo risultato finale per comprendere quel che ieri sera è accaduto al Grande Torino...
    Mi trovo d'accordo praticamente su tutti i punti che hai analizzato per spiegare i motivi di questo momentaccio della nostra Nazionale, aggiungo che a mio parere il gruppo dopo il tonfo di Madrid ha staccato la spina, sta vivendo queste partite di avvicinamento ai playoff come una sorta di fastidiosa appendice della quale farebbero volentieri a meno, senza la necessaria grinta e concentrazione, non rendendosi conto di quanto sia rischioso questo atteggiamento.
    Auguriamoci insomma un pronto risveglio, sperando che non sia tardivo e inutile...

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    1. We, ciao! :) Questa può essere un'ulteriore chiave di lettura, ma sarebbe un atteggiamento estremamente rischioso, per l'appunto, visto che avversari facili per l'Italia non ce ne sono mai stati, a maggior ragione in questo periodo così delicato. Si scherzerebbe col fuoco, insomma. In situazioni del genere, il punto di partenza sarebbe un assetto tattico più razionale e più in linea con le caratteristiche degli uomini a disposizione. Magari non si vedrebbe gran gioco ma si limiterebbero i danni. Continuo a vedere un Ventura che, partita dopo partita, sta mostrando limiti di esperienza a certi livelli.

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    2. Ciao Carlo, non ho visto la partita per intero per motivi logistici, quindi non commenterò a riguardo.
      In più ci tengo a precisare che leggere il tuo blog in materia di Nazionale è sempre un enorme piacere e ormai per me, quando si parla di Italia questo posto è diventato il Verbo.

      Sul momento della Nazionale vorrei spendere due parole. Non ho mai vissuto un periodo di buio così lungo. Per buio intendo due Mondiali da tre sole partite, seguiti da uno dove si fa una fatica inaudita solo per qualificarsi. In mezzo, certo, due ottimi europei, ma a questo punto credo sia stato solo merito di alcuni fattori positivi che hanno trascinato tutto il carrozzone (la buona stella di balotelli e pochi altri nel 2012; la grinta di Conte nel 2016).
      Per un Paese come l'Italia, che vive di calcio, questo è inammissibile. In giro vedo solo persone, per lo più coetanei a dire il vero, che si disaffezionano alla nazionale. E mi sembra anche un sentimento motivato. Un flop di questo tipo significa che ha fallito tutto il sistema calcio italiano. A tutti i livelli, dal sistema dei campionati, alle giovanili e alle Nazionali.
      Al di là di quello che succederà nel prossimo mese, ti chiedo: è possibile che toccare davvero il fondo possa essere utile per darsi una spinta verso l'alto in futuro? Sono sempre scettico riguardo soluzioni di questo tipo, così estreme, ma è l'unica speranza cui sento di potermi aggrappare.
      Tu che ne pensi?

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    3. Caro Alessandro, ti ringrazio, come sempre sei troppo gentile, ma fa piacere sapere che c'è chi apprezza la mia fatica. Fatica per modo di dire, perché scrivere di calcio non mi pesa...
      Il tuo commento offre tanti spunti, e ci vorrebbero diversi articoli per svilupparli adeguatamente. Questo periodo non è il peggiore della storia azzurra, negli anni Cinquanta e Sessanta andò decisamente peggio, ma i problemi erano in gran parte diversi: quella attuale è comunque una crisi consolidata, legata a tare ben precise, e come tale dovrebbe essere presa di petto. Il secondo posto Europeo del 2012 fu il frutto di un ottimo lavoro svolto da Prandelli su un gruppo comunque di buon livello, un lavoro che poi non proseguì sulla stessa lunghezza d'onda nel biennio successivo; l'Europeo di Conte è stato legato alla capacità del trainer di trarre il 110 per cento da un gruppo non eccezionale ma, anche in questo caso, tutt'altro che malvagio, perlomeno in certi singoli.
      In linea teorica sì, un fallimento tecnico, una mancata qualificazione, potrebbe servire a mettere un punto e a capo, a ripartire da zero su basi solide. E' servito alla Francia, che negli anni Novanta mancò due volte i Mondiali e da lì in poi ha saputo consolidarsi come una delle grandi potenze del pallone; è servito all'Olanda, che dopo aver fallito il Mondiale 2002 ha risalito la china riassestandosi su buoni livelli per una dozzina d'anni; e ci metterei dentro anche la Germania, che alle fasi finali c'è sempre arrivata, ma all'inizio del secolo aveva davvero toccato il fondo rispetto al suo abituale rendimento, in particolare ad Euro 2000, dopodiché ha impostato un rigoroso lavoro di prospettiva e i risultati sono ora sotto gli occhi di tutti.
      Però purtroppo l'Italia fa storia a sé, e non sono sicuro che un'estromissione dai Mondiali possa scuotere i vertici del nostro calcio. Questo anche perché, al contrario di ciò che avviene in altri Paesi, da noi l'importanza della Nazionale è via via scemata, fin quasi ad essere considerata un fastidio dagli stessi addetti ai lavori, e ciò si ricollega al disamore che hai notato in molti tuoi coetanei, nati e cresciuti con un football che ha sempre messo in primo piano i club.
      Per intenderci, non basterebbe un'assenza ai Mondiali: dopo dovrebbero arrivare dimissioni di vertici federali, commissariamenti, seri progetti di riforma: insomma, un passaggio da Prima a Seconda Repubblica il crollo di un sistema politico - calcistico che invece pare invulnerabile, nonostante tutto, anche perché ha saputo mettere radici solide. E tuttavia un ripensamento del nostro calcio è indifferibile: anche perché la recente, maggiore apertura verso le nuove leve nostrane, il rinnovamento dei ranghi, mi è parsa più che altro una cosa estemporanea, un fatto legato a contingenze momentanee, alle necessità di certi club e al coraggio di pochi altri. Invece per uscire dall'impasse ci vogliono regole ben precise. Ma dovrebbero cambiare uomini e mentalità.

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