Stavolta si riparte davvero. Dopo il grigio interregno del marzo scorso, utile soltanto a mettere in curriculum un pari di prestigio a Wembley, il Club Italia apre stasera un nuovo ciclo, con l'inedita sfida all'Arabia Saudita. Lo fa con un po' di magone: pensare di dover assistere alla ricostruzione di una Nazionale disastrata mentre gli altri si preparano al Mondiale russo fa venire un groppo in gola grande così, ma nulla ci si può fare. Bando dunque alle malinconie: il passato dovrebbe averci insegnato che certe fasi di "rifondazione azzurra" possono essere stimolanti ed entusiasmanti, come lo furono gli anni dei cittì Bernardini e Vicini. Perché sono occasioni per passare al setaccio in maniera seria il materiale umano più fresco e vigoroso messo a disposizione dal vivaio nostrano. Sono le fasi in cui lo svecchiamento, da vuoto proclama, diventa realtà: spazio ai giovani, finalmente, spazio e tempo messi a loro disposizione per crescere, sbagliare, correggersi e fare esperienza internazionale, la cui mancanza è oggi forse il limite tecnico più grande del pallone italico.
MANCINI E' OK - E poi, finalmente, abbiamo un trainer. Nel lotto dei papabili, quello di Roberto Mancini era il nome che di gran lunga si faceva preferire. Qualche dubbio su Conte, che nel suo biennio fece benissimo ma non mancò di denunciare il suo disagio di fronte allo scarso tempo avuto a disposizione per gli allenamenti della squadra; forse l'ideale sarebbe stato Carletto Ancelotti, che però vuole ancora respirare aria di club. E allora, ben venga il buon vecchio Bobby Gol, che ha carisma, carattere e palmarés sufficientemente solidi per accollarsi una tal patata bollente. Sì, lo ammetto, sono fiducioso, e non solo perché credo che sia difficile far peggio di quanto si è visto fino allo scorso autunno, fino alla stramaledetta "doccia svedese": il Mancio è un trainer non schiavo di un modulo specifico, non ossessionato dalla tattica; è un uomo che ha vissuto calcio ai massimi livelli, che ha vinto tanto sia da calciatore che da tecnico. Ancora: ha sempre visto la Nazionale come un punto di arrivo, non come un diversivo; nei mesi scorsi ha più volte dichiarato il suo amore per la maglia azzurra, si è sempre detto lusingato di poter essere accostato alla panchina tricolore: sembrano banalità, ma per ripartire occorre anche l'entusiasmo autentico dell'uomo - guida, che di certo si trasmetterà a tutto l'ambiente.
IL RITORNO DEI "BAD BOYS" - Un ultimo punto a favore dell'ex blucerchiato: non ha manifestato riserve di alcun genere verso giocatori che, nel passato recente, hanno avuto un rapporto problematico con la rappresentativa. Così, ecco il ritorno di Balotelli, ormai da due anni ripropostosi a livelli di rendimento più che soddisfacenti, un ragazzo che non poteva restare ai margini, soprattutto in un periodo di così scarsa vena realizzativa degli attaccanti di casa nostra: ricordiamo i tredici gol messi a segno nelle sue tre stagioni azzurre (dal 2011 al 2014), quasi tutti di pregevole fattura, molti decisivi.
Forse ancor più clamorosa è la ricomparsa di Mimmo Criscito, che dalla vigilia di Euro 2012 in poi ha pagato un ostracismo azzurro davvero eccessivo e incomprensibile; ora può mettere sul piatto una considerevole esperienza europea, che almeno in questi primi mesi potrebbe farne uno dei perni della nuova "Azzurra", anche in virtù del suo ritorno in Serie A, nel Genoa che nel cuor gli sta, una rentréè che dovrebbe garantire un miglior monitoraggio del suo rendimento. Insomma, porte aperte a tutti, senza veti (parola tristemente all'ordine del giorno, in altri ambiti): sono quasi convinto che, se non fosse impegnato in un torneo scarsamente competitivo come quello cinese, ci sarebbe stato spazio perfino per un ripescaggio di Pellè, che del resto, prima dell'accantonamento da parte di Ventura, si stava affermando come il bomber più puntuale della squadra (nove gol in poco più di due anni).
I GIOVANI CHE CI SONO E QUELLI CHE VERRANNO - Ma l'attenzione è soprattutto per gli emergenti: I nomi nuovi sono quelli di Caldara (un debutto a lungo atteso), Baselli, Mandragora, Berardi (premiato a dispetto di una stagione nel complesso negativa) e dell'oriundo Emerson Palmieri (quest'ultimo costretto al forfait per un infortunio), l'unico "straniero" assieme a Jorginho. Ovvia riconferma per tanti ex Under 21, da Rugani a Romagnoli, da Zappacosta a Bernardeschi (anche per lui rinuncia per problemi fisici), da Cristante a Pellegrini, da Belotti a Chiesa, ai quali presto dovrebbero aggiungersi i vari Calabria, Barella e Cutrone, soprattutto gli ultimi due reduci da un torneo di A scintillante.
Come si vede, a dispetto della crisi di sistema, dei vivai trascurati, dell'invasione straniera, gli elementi su cui lavorare in prospettiva non mancano, anche se c'è il sospetto che migliori generazioni di pedatori italiani potrebbero palesarsi negli anni a venire: pensiamo a certi nomi che fanno parte dell'U21 attuale (Romagna, Mancini, Bonifazi, Pezzella, Capradossi, Murgia, Locatelli, Orsolini, Parigini, Brignola) o, guardando ancor più lontano, all'U17 di Carmine Nunziata, splendida e sfortunata protagonista del recente Europeo di categoria chiuso in seconda posizione, dopo la solita, infausta lotteria dei rigori.
LA GENERAZIONE DI MEZZO E IL DOPO BUFFON - C'è futuro, dunque, se lo si saprà gestire e valorizzare per benino; ma anche il gruppo attuale ha valori di rilievo; oltre alle citate new entry, sono da rivedere quelli della generazione di mezzo, in primis Florenzi, Verratti (peraltro assente nel primo listone manciniano), Insigne e Immobile (anche lui acciaccato e costretto al ritorno a casa anticipato), certo non aiutati dalla tempestosa e incerta reggenza di Ventura, ma per i quali, come detto già in passato, il tempo stringe: o dimostrano al più presto di essere all'altezza del palcoscenico internazionale, o per loro le porte del Club Italia si chiuderanno. Ci sarà infine da mettere a fuoco il dopo Buffon, e si sa che quando lascia un mostro sacro, la successione è sempre problematica: si parte con Donnarumma, reduce da settimane da incubo. L'impressione è che, se Perin approderà alla Juve o comunque in una società di alto lignaggio, il duello per la maglia numero 1 dell'Italia sarà più feroce di quanto si pensi. I motivi di interesse, dunque, non mancano: ora la palla passa al Mancio e alla sua truppa.
Come si vede, a dispetto della crisi di sistema, dei vivai trascurati, dell'invasione straniera, gli elementi su cui lavorare in prospettiva non mancano, anche se c'è il sospetto che migliori generazioni di pedatori italiani potrebbero palesarsi negli anni a venire: pensiamo a certi nomi che fanno parte dell'U21 attuale (Romagna, Mancini, Bonifazi, Pezzella, Capradossi, Murgia, Locatelli, Orsolini, Parigini, Brignola) o, guardando ancor più lontano, all'U17 di Carmine Nunziata, splendida e sfortunata protagonista del recente Europeo di categoria chiuso in seconda posizione, dopo la solita, infausta lotteria dei rigori.
LA GENERAZIONE DI MEZZO E IL DOPO BUFFON - C'è futuro, dunque, se lo si saprà gestire e valorizzare per benino; ma anche il gruppo attuale ha valori di rilievo; oltre alle citate new entry, sono da rivedere quelli della generazione di mezzo, in primis Florenzi, Verratti (peraltro assente nel primo listone manciniano), Insigne e Immobile (anche lui acciaccato e costretto al ritorno a casa anticipato), certo non aiutati dalla tempestosa e incerta reggenza di Ventura, ma per i quali, come detto già in passato, il tempo stringe: o dimostrano al più presto di essere all'altezza del palcoscenico internazionale, o per loro le porte del Club Italia si chiuderanno. Ci sarà infine da mettere a fuoco il dopo Buffon, e si sa che quando lascia un mostro sacro, la successione è sempre problematica: si parte con Donnarumma, reduce da settimane da incubo. L'impressione è che, se Perin approderà alla Juve o comunque in una società di alto lignaggio, il duello per la maglia numero 1 dell'Italia sarà più feroce di quanto si pensi. I motivi di interesse, dunque, non mancano: ora la palla passa al Mancio e alla sua truppa.
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