Un'artista "a nudo". Solo lei, la sua voce, la sua chitarra, compagna di mille scorribande attraverso l'Italia, per calcare i palchi più prestigiosi, scintillanti, glamour, e quelli più genuini, paesani, intimi, tutti "serviti" sempre con la medesima dedizione. Paola Turci in versione "unplugged" è un'emozione che va provata: senza sovrastrutture ritmiche o arrangiamenti debordanti, deflagra il talento purissimo di una cantautrice non sempre compresa e apprezzata fino in fondo.
Paoletta si è esibita a Genova, davanti al Palazzo Ducale, sabato scorso, nell'ambito di "Lilith", festival della musica d'autrice giunto alla terza edizione. Tre serate, e per ognuna di esse un grande nome al femminile: Cristina Donà, la Turci e Marina Rei. Attorno alle tre... giovani veterane della nostra canzone, un agguerritissimo drappello di esponenti della nuovelle vague in rosa: sabato, ad esempio, si sono alternate sul palco l'hawaiana Kiana Luna, dallo stile molto Irish, diciamo in salsa "Cranberries", e le italiane Sara Velardo e Cristina Nicoletta, due rocker, più in punta di piedi la prima, più ruspante e "allo stato brado" la seconda: personaggi non banali, soprattutto l'ultima citata, dalle proposte interessanti sia sul piano dell'impianto musicale che su quello testuale. La kermesse, presentata dalla bella attrice Lisa Galantini e da Andrea Podestà, ha avuto anche un carattere benefico, per la raccolta di fondi da destinare al centro anti violenza Mascherona, a Genova.
Dicevamo di Paola Turci: quella "acustica" è forse la sua dimensione migliore. La cantante romana da sempre costruisce i suoi brani con stile musicalmente essenziale e semplice, affinché questi possano trovare efficacia, possano "comunicare" senza bisogno di ricorrere ad eccessivi artifizi ritmici o melodici, a trovatine sonore. Musica nuda e cruda, scarna eppure capace di arrivare al cuore. Personalmente, sono convinto che la Turci sia uno dei migliori "prodotti" della musica italiana degli ultimi trent'anni. Ha lasciato un segno tangibile, in particolare, come interprete di punta del più raffinato pop d'autore anni Novanta: e come tanti artisti venuti alla ribalta in quel decennio, è stata frettolosamente e colpevolmente esclusa dal circuito che conta, quello dei grandi media, della radio, delle tv e delle manifestazioni nazionalpopolari, pur avendo ancora non poco da dire e da dare.
Così, persone come lei, o come la citata Marina Rei, dobbiamo accontentarci di vederle live, nelle piazze e nei teatri: non è poco comunque e forse, in fondo, a loro nemmeno dispiace del tutto, trattandosi di artisti che non possono definirsi certo commerciali a tutto tondo, pur gravitando nel mondo della musica leggera. Sta di fatto però che un po' di visibilità in più gioverebbe. La performance genovese è filata via in un'oretta, una dozzina di canzoni a rappresentare una sintesi tutto sommato efficace della carriera di Paola. Esauriente no, questo va detto: certo, ognuno ha le sue preferenze, ma in un concerto della Turci dovrebbero starci sempre piccoli gioielli come "L'uomo di ieri", che ne segnò il debutto nel lontano Sanremo del 1986, così come "Ringrazio Dio", l'originale "Saluto l'inverno" nella quale riuscì a rendere al meglio l'impronta autoriale di Carmen Consoli, oppure, ancora, un altro pezzo delizioso pur se non conosciutissimo come "Dove andranno mai i bambini come noi?". Poco male: l'apertura è stata affidata a "Volo così", uno dei picchi di massima ispirazione della cantante: eravamo nel '96, sempre a Sanremo, manifestazione alla quale Paola Turci ha dato tanto ma dalla quale tanto ha pure ricevuto: il Festivalone, ricordiamolo, ne attese pazientemente un'esplosione che tardava ad arrivare, ammettendola per ben tre volte nella categoria Giovani e una quarta, quella decisiva, nella sezione "Emergenti", che visse solo per una edizione, quella 1989. Sanremo, insomma, puntò forte su questa giovane: la speranza è che la riaccolga presto sul suo palco.
Nel 1989, si diceva, Paola spiccò il volo dall'Ariston con "Bambini", che rimane la sua canzone manifesto e che nella sera di Genova ha coinvolto ed emozionato il pubblico, così come l'intensa "Stato di calma apparente", altro suo passaggio rivierasco. Grande atmosfera per la delicata, dolcissima "Attraversami il cuore", ma la Turci è anche artista poliedrica che non ha mai disdegnato i registri più vivaci e movimentati, per cui eccola alle prese con "Questione di sguardi" e "Sai che è un attimo", cover ottimamente confezionate, soprattutto quest'ultima un autentico classico estivo anni Novanta. E non sono mancati nemmeno gli omaggi, a due miti che di certo rappresentano più di un esempio per l'universo creativo della cantante romana: d'obbligo ma sentito quello a De Andrè, con una struggente "Preghiera in gennaio", brillante e originale quello a Modugno, la cui "Dio come ti amo", a parer mio canzone fra le meno convincenti del repertorio del Mimmo nazionale, è stata "svecchiata" e trasfigurata in un pop rock morbido ma al contempo sostenuto, di sicura presa.
Questa è Paola Turci: un talento di grande essenzialità artistica, dotato di una raffinatezza compositiva che sa abbinare immediatezza e capacità di non toccare mai le corde della banalità, che la rende capace di narrare storie e amori di tutti i giorni con linguaggio "metropolitano", di grande impatto ma non privo di ricercatezza; una cantante fedele a un suo preciso stile ma che mai ha disdegnato di sperimentare, pur senza tradirsi e snaturarsi. Brava "Paolè": ti aspettiamo protagonista anche in questo secolo, non molto generoso con la musica italiana. Te lo meriti.
PS: ringrazio anche qui Paola Turci, che su Twitter ha manifestato apprezzamento per questa mia recensione. https://twitter.com/CarloCalabr
Questa è Paola Turci: un talento di grande essenzialità artistica, dotato di una raffinatezza compositiva che sa abbinare immediatezza e capacità di non toccare mai le corde della banalità, che la rende capace di narrare storie e amori di tutti i giorni con linguaggio "metropolitano", di grande impatto ma non privo di ricercatezza; una cantante fedele a un suo preciso stile ma che mai ha disdegnato di sperimentare, pur senza tradirsi e snaturarsi. Brava "Paolè": ti aspettiamo protagonista anche in questo secolo, non molto generoso con la musica italiana. Te lo meriti.
PS: ringrazio anche qui Paola Turci, che su Twitter ha manifestato apprezzamento per questa mia recensione. https://twitter.com/CarloCalabr
Da musicista assolutamente dilettante (anche se ormai suono per puro divertimento da quasi 30 primavere) sono invece sempre stato un grande estimatore della Turci "elettrificata": in particolare nel periodo della sua collaborazione con l'ex Stadio e Lucio Dalla Ricky Portera (e con l'ex Steve Rogers Band Roberto Casini) la cantautrice romana tirò fuori a mio parere delle cose splendide, dalla già citata "Questione di sguardi" alla splendida cover "Missing you", con la Turci alla John Waite ed i contrappunti Neal Schoniani di Portera. Non ritengo invece la Turci sufficientemente dotata come artista per affrontare un live con solo voce e chitarra, ed anche nel tour con la Rei e Gazzè le cose migliore sono uscite dalle esibizioni in trio. Purtroppo la Turci non è, secondo me un'artista con una voce "alla Sonja Kristina", e non ha la capacità melodica nella scrittura di una Christine McVie, e secondo me esibendosi con la sola chitarra rischia, come molte (Grazia di Michele ne fu un fulgido esempio), di sembrare un malriuscito clone di Joan Baez.
RispondiEliminaSaluti
White
Ciao White, da quel che scrivi, "tecnicamente" di musica ne capisci assai più di me, quindi tengo in grande considerazione la tua opinione, nonostante ciò ribadisco che la Paola unplugged ha avuto un'ottima resa nella sua versione genovese, e trovo buona parte del suo repertorio molto adatta a questo tipo di performance.
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RispondiEliminaA me piace molto Paola versione unplugged voce e chitarra anche se i suoi live prendono corpo se ad accompagnarla dal vivo c'è la sua band! Le esibizioni diventano più trascinanti, le canzoni prendono un'altrra forma altrimenti si rischia di stancare il pubblico, questa è una constatazione generale che riguarda un pò tutti gli artisti! Io amo di più l'ultima versione, quella di Paola Turci cantautrice, artista impegnata, dai testi profondi e meno commerciali xchè rispecchia a pieno il suo modo di essere. Paragonarla addirittura a Sonja Kristina e a Christine McVie!! Sinceramente non le avevo mai sentite prima xchè nn hanno niente in comune con lo stile di Paola!
RispondiEliminaPersonalmente mi piacerebbe riscoprire una Paola Turci orientata più sul rock, più vicina al punk di PJ Harvey, al rock di Patti Smith senza tralasciare lo stile della cantante dei Cat Power, di Ani Di Franco, quello indimenticabile di Lhasa de Sela, con le influenze della musica messicana, quindi dell'America del sud fino ad arrivare a Kaki King .(come suona la chitarra lei nessuna donna prima!).
Ciao Steffy, e grazie per il tuo intervento. Riguardo alla Paola Turci recente, trovo comunque che anche i suoi testi precedenti, pure quelli in apparenza maggiormente "leggeri", non siano mai banali, abbiano tutti una sostanza profonda, raccontino cose ed emozioni con originalità e senza scadere nell'ovvio.
Eliminain effetti manca in Italia un corrispettivo di Pj Harvey. Non che ci debba per forza essere, però l'inglese (che adoro) coniuga davvero come poche classe pura, carica rock ed erotica, profondità nell'esecuzione, tavolta leggerezza ma sempre all'insegna di un grande songwriting.
RispondiEliminaCara Steffy, ho citato la Kristina e la McVie proprio perchè sono due artiste che hanno doti che la nostra Paola non ha: la prima una voce di nitidezza e potenza terrificante (in senso positivo), la seconda quella alchimia artistica che permette di scrivere su tre accordi canzoni bellissime (ed infattiquasi tutti gli hit dei FMac sono farina del suo sacco). Quanto a PJ Harvery da te citata è una rocker di valore assoluto, ma, appunto, una rocker, e non mi sembra una via che la Turci voglia ora percorrere (purtroppo). Sicuramente sarei molto più contento di vedere una Turci che segue le orme della Harvey piuttosto che quelle di Grazia di Michele.
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