Gigi Delneri, nuovo trainer del Genoa
Il calcio genovese sprofonda. I numeri raramente mentono, e i numeri dicono che parlare di crisi è perfino riduttivo: sei sconfitte consecutive per la Sampdoria, quattro per il Genoa. Andando a ritroso, scavando nella memoria, non rammento una così devastante contemporaneità di risultati fallimentari collezionati dalle due squadre della ex Superba. Poi, chiaro, dietro la discesa a precipizio di rossoblù e blucerchiati ci sono situazioni e cause diverse, che cercherò di analizzare in maniera sintetica.
GENOA - I nodi stanno venendo impietosamente al pettine. I nodi di una gestione tecnica lacunosa quando non fallimentare, di un "regno Preziosi" che sembra puntare decisamente la prua verso un mesto capolinea. Mi duole dirlo, perché ho sempre cercato di mantenere una posizione equilibrata nella guerra che da mesi devasta la tifoseria genoana, quella fra "preziosiani" e "antipreziosiani". I meriti del Joker li ho elencati più di una volta, in altri post dedicati in passato alle alterne vicende del Grifone, e persino la chiusura dell'ultimo mercato, con gli arrivi in extremis di Vargas e Borriello, uniti a due buoni prospetti come Bertolacci e soprattutto Immobile, mi aveva illuso che ci fossero i mezzi per conseguire, quantomeno, una salvezza più tranquilla rispetto a quella del maggio scorso.
Le illusioni sono ben presto cadute: dopo la splendida e sfortunata partita contro la Juventus (dominata per sessanta minuti e poi incredibilmente persa), c'era in giro un pernicioso entusiasmo: si gioca bene, si diceva, le occasioni sgorgano in quantità, bisogna solo continuare così e i risultati di certo arriveranno. Ahimè, è un ragionamento che ho sentito fare tante, troppe volte in passato, applicato a squadre che praticavano un gioco di buona qualità, sprecavano palle gol e poi perdevano. In tutti quei casi, l'ultimo passo, quello verso la concretizzazione del buon lavoro fatto, non veniva mai compiuto: anzi, più spesso capitava di assistere a un involuzione progressiva. Prima, bel gioco e niente punti; dopo, niente più bel gioco e, in quanto a punti, sempre zero assoluto.
Non mi ha dunque affatto sorpreso che il medesimo percorso lo abbia compiuto questo scalcagnato Genoa 2012/13: il pomeriggio dell'1-3 coi bianconeri è stato solo l'eccezione alla regola di una squadra senza un'identità tattica precisa, senza un'anima che la portasse a serrare le fila, a stringere i denti, a gettare il cuore oltre l'ostacolo nei momenti di difficoltà, senza un gioco plausibile che non fosse il puntare tutto sui gol e sulla capacità di far reparto da solo dell'unico elemento di statura tecnica superiore della compagnia, ossia Borriello.
Non mi ha dunque affatto sorpreso che il medesimo percorso lo abbia compiuto questo scalcagnato Genoa 2012/13: il pomeriggio dell'1-3 coi bianconeri è stato solo l'eccezione alla regola di una squadra senza un'identità tattica precisa, senza un'anima che la portasse a serrare le fila, a stringere i denti, a gettare il cuore oltre l'ostacolo nei momenti di difficoltà, senza un gioco plausibile che non fosse il puntare tutto sui gol e sulla capacità di far reparto da solo dell'unico elemento di statura tecnica superiore della compagnia, ossia Borriello.
Venuto a mancare quest'ultimo, il Genoa si è sciolto come neve al sole. Tutto è iniziato col ko con la Roma: tutti hanno capito come vanno affrontati i giallorossi di Zeman quest'anno, e infatti tutti o quasi stan facendo punti contro di loro. Non il Grifo, ovviamente, che trovato un inatteso doppio vantaggio ha lasciato campo libero a una compagine che si esalta nell'andare all'assalto di difese oltretutto fragili e mal protette. Già, perché il Genoa dell'anno scorso aveva ballato soprattutto in retroguardia, e la retroguardia è stata potenziata col solo Canini, peraltro fin qui senza infamia e senza lode, mentre per il centrocampo si è preferito puntare su stranieri la cui affidabilità a certi livelli permane tutta da dimostrare (Tozser e Anselmo in primis, ma che dire del leggerissimo, quasi inconsistente Merkel, sul quale pure si appuntavano tante speranze?).
Così, il modesto De Canio è stato giustamente allontanato (dopo l'esonero del 2004: caro Prez, errare è umano, perseverare è diabolico...), dopodiché il Genoa ha stabilito un nuovo record: sì, perché sono veramente poche le squadre che non traggono almeno un minimo di giovamento dal cambio di panchina. E invece, voilà, arriva Delneri e, con lui, arrivano tre sconfitte di fila. Senza colpo ferire, nel senso che il Genoa non colpisce e non affonda, giochicchia improvvisando alla ricerca dello zero a zero e, inevitabilmente, finisce col beccare gol anche da squadre abbordabilissime (il Milan sull'orlo di una crisi di nervi di una settimana fa e il mediocrissimo ma pugnace Siena targato Cosmi).
Certo, ha avuto poco tempo, il quotato mister ex centrocampista di Udinese e Foggia, per plasmare il gruppo a sua immagine e somiglianza, ma è altresì innegabile che in questi primi dieci giorni a Pegli abbia capito poco o nulla. O forse ha capito sin troppo, cioè che il Genoa affidatogli è squadra costruita senza alcuna logica tecnica e che, mancando per infortunio i pochi elementi di spessore, è votata al massacro perché svuotata di personalità, affidata a veterani sfiatati, stranieri modesti e giovani immaturi (Bertolacci e Immobile sono anche bravi, ma non possono crescere e maturare adeguatamente in un contesto di tale povertà qualitativa), senza gente che faccia da collante nello spogliatoio e che motivi il gruppo: dei rossoblù storici è rimasto il solo Marcolino Rossi, peraltro da mesi ai box per infortunio. E anche su questo punto, ossia su questa benedetta infermeria rossoblù costantemente piena e sempre per periodi di tempo eccezionalmente lunghi, qualcuno dovrà prima o poi rispondere, ma l'efficienza assoluta dello staff sanitario sembra un dogma inattaccabile, e allora andiamo avanti così, ma questa squadra deve sperare di arrivare al mercato di gennaio senza aver compiuto danni irreparabili. E poi, questo mercato di gennaio, sarà davvero la panacea di tutti i mali? E bisogna sempre arrivare a gennaio per raddrizzare situazioni che si potrebbero aggiustare già in estate con un minimo di accortezza operativa in più?
L'attaccante blucerchiato Eder
SAMPDORIA - Se la situazione del Genoa è sportivamente drammatica, quella della Samp, mi si consenta, è... tragicomica. Fin da quest'estate le grancasse mediatiche cittadine (soprattutto due, una cartacea e una televisiva) hanno fatto a gara nel magnificare le doti di una compagine destinata, a parer loro, a recitare la parte della mina vagante, fors'anche con qualche piccola ambizione di medio - alta classifica. E quando sono arrivate le tre vittorie nelle prime tre giornate, apriti cielo: qualche buontempone parlava già di "Samp terza forza del torneo". Ohibò: sfuggiva loro che la squadra era modellata sull'ossatura arrivata sesta in Serie B e arrampicatasi fino ai playoff, e poi alla promozione, con molta fortuna e col pragmatismo di un trainer, Iachini, messo poi alla porta con ben poca riconoscenza per inseguire chimere oggettivamente irraggiungibili (Benitez, suvvia...). Dimenticavano che certi acquisti (De Silvestri, Maresca) erano delle incognite per più di un motivo; dimenticavano che Ferrara, in Serie A, non è che si fosse coperto di gloria nelle sue precedenti esperienze.
Così, quando sono arrivati i primi rovesci, la grancassa mediatica non ha alzato bandiera bianca, e ha continuato a nascondere la polvere sotto il tappeto puntando l'attenzione su veri o presunti torti arbitrali quali unici responsabili, o quasi, del trend negativo. Torti che in alcuni casi ci sono stati, ma non più pesanti di quelli di cui sono state vittime altre squadre (Catania, avete presente?) e di certo non tali da giustificare l'odierna "panolada". Negare l'evidenza della propria pochezza tecnica e di gioco, emersa in maniera lampante soprattutto contro Cagliari e Atalanta, non può portare che guai, e infatti ecco i blucerchiati mettere a segno una sequenza da record: sei sconfitte consecutive non saranno una primizia assoluta in Serie A, ma è sicuramente un "filotto" del tutto degno di nota.
La Samp, come il Genoa, è squadra da bassifondi, con pochi picchi qualitativi (Gastaldello, Maresca, Obiang, Poli e in parte Maxi Lopez, però troppo discontinuo e nervoso), una marea di incognite e tanti elementi da piccolo cabotaggio. Forse un po' più equilibrata dei rossoblù, grazie a una guida societaria più lineare, ma in ogni caso compagine sopravvalutata, che dovrà fare un bel bagno di umiltà senza arrampicarsi sugli specchi di giustificazioni che alla lunga non reggono.
interessante articolo ed emblematico del momento negativo delle due genovesi. Io penso che la Sampdoria abbia in qualche modo illuso tutti (ma non il sottoscritto che aveva prontamente evidenziato alcune perplessità sulla rosa) con quella partenza sprint, mentre il Genoa paga clamorosamente degli errori di gestione, dei quali tra l'altro non azzardo proferire colpevoli o assolti. Già il caso Lo Monaco mi aveva lasciato l'amaro in bocca, poi la rosa extralarge non aiuta di certo un tecnico in grado di far faville con una squadra collaudata, imperniata spesso e volentieri su un gruppo piuttosto ristretto di titolari. Inutile ribadire quanto di buono abbia fatto Delneri in situazioni oggettivamente tranquille come al Chievo o all'Atalanta, ma pure alla Sampdoria seppe trovare una stagione super, trovando l'11 titolare e plasmandolo a sua immagine e somiglianza.. tutto ciò non è possibile nel tuo Genoa, dove a ben vedere (ma non è un alibi) gli mancano proprio i suoi più cari interpreti (vale a dire gli esterni alti e pure i bassi). La vedo dura!
RispondiEliminaRicordo che Delneri, alla Samp, dopo una buona partenza ebbe un crollo verticale che lo portò a un passo dall'esonero, poi decollò verso gennaio, con una fortunosa vittoria a Udine che diede imprevedibilmente il là a una incredibile risalita fino al quarto posto. Per cui c'è speranza, ma ha bisogno di rinforzi veri a gennaio e del recupero di gente fondamentale come Rossi, Vargas e Borriello. Poi, chiaro, deve metterci del suo nel motivare e valorizzare i giovani citati (Immobile pare un po' sfiduciato per le tante palle gol sprecate) e giocatori come Merkel, il quale pare un po' troppo abulico.
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