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giovedì 15 novembre 2012

GLI AZZURRI DOPO ITALIA - FRANCIA: "BRAVO CHI PERDE", MA...

                                            Montolivo: sempre più convincente

"Bravo chi perde": titolò così il Guerin Sportivo nel novembre 1985, ironizzando sulla quasi unanime beatificazione critica che accolse una sconfitta della Nazionale italiana in un'amichevole con la Polonia. Gli azzurri di Bearzot giocarono piuttosto bene, a tratti dominarono, colpirono tre legni, ma il successo finale arrise alla rappresentativa di Zibì Boniek e compagni. "Conquistare sconfitte immeritate è, in fondo, il destino dei mediocri", chiosò sconsolato nel suo commento il grande Adalberto Bortolotti, a lungo prima firma del Guerino. Quella circostanza mi è tornata in mente ieri sera, assistendo all'ennesimo ko in amichevole della selezione di Prandelli. Contro la Francia la serie si è allungata a cinque capitomboli consecutivi, dopo quelli con Uruguay, Stati Uniti, Russia e Inghilterra. Statisticamente è un dato da pugno nello stomaco, ma, si dirà, nel mezzo sono arrivati un secondo posto europeo e una partenza tutto sommato buona nelle qualificazioni mondiali, e allora lagnarsi sembrerebbe fuori luogo e anche vagamente ridicolo. 
Ecco, in larga parte è vero, ma con qualche riserva, che analizzeremo più avanti. Fermo restando che la situazione evocata a proposito degli azzurri del 1985 non può essere applicata al rovescio parmense di qualche ora fa. Diverso contesto storico - calcistico, con l'Italia di oggi che ha già felicemente verificato la sua competitività agli alti livelli e la sua notevole caratura complessiva. E' una squadra, la nostra, più che altro alla ricerca di giovani e valide alternative a quei titolarissimi consacratisi nel biennio 2010 - 2012, sfociato nella bella avventura polacco - ucraina. E, da questo punto di vista, le risultanze del confronto del Tardini, al di là dell'amarezza per il risultato numerico, non possono non essere considerate positive. Sì, questa volta dire "bravo chi perde" non è fare esercizio di sarcasmo. 
CHE MONTOLIVO! - Contro i galletti si è vista a sprazzi una bella Nazionale, al di là di quelle che erano le aspettative della vigilia, assai contenute alla luce del volto sperimentale dato dal cittì alla formazione. Quando si mette in campo una squadra nuova per metà e tatticamente rivoluzionata dal centrocampo in su, non ci si può attendere continuità assoluta nella produzione di gioco, e questo spiega e giustifica l'andazzo a corrente alternata degli azzurri, vissuti fra momenti a ritmi elevatissimi e pause peraltro neanche troppo prolungate. Un undici propositivo, il nostro, ben disposto ad assumere l'iniziativa, come nella migliore tradizione prandelliana. L'anima, il fulcro dell'azione è stato un Montolivo del quale avevo già sottolineato, nel recente articolo dedicato alle prime partite di qualificazione iridata (qui), i notevoli progressi sul piano della personalità e della costante presenza nel cuore della manovra. Ebbene, ieri il milanista è parso straripante, aggressivo sui portatori di palla avversari, ispirato nel reggere le file delle trame offensive: non a caso suo è stato l'assist per il battesimo del gol di El Shaarawy.  
TRIDENTE EFFICACE - Il Faraone è stato un'altra delle note liete, anche in questo caso senza che la cosa ci sorprendesse. In generale non ha strafatto, ma è stato incisivo e decisivo nei momenti topici, come un vero campione in pectore: bella sponda per Balotelli nell'azione dell'incrocio dei pali, perentorio affondo sul passaggio gol di Montolivo chiuso con un rasoterra vincente. E poi, altre iniziative a svariare in disinvolto palleggio sul fronte d'attacco, a confermare la sua vivacità e poliedricità, nonché la capacità di trovare celermente la giusta collocazione anche in un canovaccio tattico in abbozzo come era quello dell'Italia parmense. 
Nell'improvvisato tridente, ha fatto decorosa figura anche Candreva, sempre intraprendente, sempre pronto a proporsi in avanti, per quanto non sempre sorretto dalla necessaria lucidità. E Balotelli ha confermato, sia pure in versione ridotta, quanto fatto vedere con la Danimarca, ossia una maggiore predisposizione al sacrificio e alla partecipazione alla manovra collettiva, anche se ciò, nella circostanza, è andato a scapito di una presenza più efficace nei sedici metri finali (una traversa e un colpo di testa di poco fuori sono comunque un bottino in assoluto non disprezzabile). 

                                              Florenzi: buon esordio in azzurro

VERRATTI E FLORENZI ABILI E ARRUOLATI - Tornando nella zona nevralgica, mentre c'è da registrare la serata di scarsa vena di Marchisio, meno mobile e frizzante del solito, poco propenso a regalare i suoi consueti, mortiferi inserimenti, c'era grossa attesa attorno alla prova di Verratti. Il ragazzo non ha affatto deluso, anche se non ha mostrato miracoli: nel suo bottino azzurro, tante cose buone e qualcuna meno buona. Qualche difficoltà in copertura, mentre in fase di impostazione ha sciorinato, a tratti, un gioco essenziale, fatto di tocchi semplici e rapidi ma quasi sempre azzeccati. Deve migliorare come fisicità e continuità d'azione, ma è evidente la sua propensione a prendersi comunque delle responsabilità, a non nascondersi quando la partita si accende. 
Bene, secondo noi, anche l'esordiente assoluto Florenzi, bocciato da qualche critico frettoloso:  nel "precario" secondo tempo azzurro, col centrocampo rivoluzionato da tre cambi quasi contemporanei, ha alfine trovato la sua dimensione: dinamismo, buona efficacia nelle due fasi, grande sforzo in fase di ripiegamento e qualche tentativo in assist alle soglie dell'area avversaria. Pretendere di più sarebbe stato ingeneroso: rivediamolo all'opera in un contesto di squadra più solido e definito...
BENE MAGGIO E BARZAGLI -  Poco da dire invece sulla difesa, che era il reparto meno rivoluzionato: Sirigu è un buon portiere ma non un fenomeno come Buffon, che è in grado di indirizzare l'esito delle partite con autentiche prodezze. Una volta consapevoli di questo, possiamo dire che la sua prova è stata tutto sommato priva di sbavature, e nel finale ha pure evitato, su Menez, un 3 a 1 che per la Francia sarebbe stato un premio sproporzionato (già lo è stato la vittoria, se è per questo...). Maggio scattante e pieno di iniziativa anche più del solito, pur se la misura dei passaggi non è sempre perfetta, ma la partecipazione al gioco corale è stata assidua: smussasse certi eccessi agonistici, sarebbe un terzino di spinta di assoluto valore mondiale... Dall'altra parte, Balzaretti  un po' più sulle sue, mentre al centro Barzagli, pur beffato da Valbuena in occasione della prodezza dell'1 a 1, si è confermato guardiano d'area affidabilissimo, uno che migliora con gli anni e che ha anche imparato a uscire più frequentemente palla al piede per spostare in avanti il baricentro, allorquando ne intravede lo spazio. Per Chiellini una gara onesta, da mestierante, senza infamia e senza lode, ma l'impressione è che Prandelli potesse azzardare qualche esperimento in più là dietro, dove urgono nuove alternative: un po' di minutaggio per Santon e Astori non avrebbe fatto male alla crescita del gruppo.
L'ABITUDINE ALLA SCONFITTA - Tutto ciò detto, e tornando invece per un attimo alla riflessione da cui avevamo iniziato, d'accordo sul "bravo chi perde", ma senza esagerare. Perché l'abitudine alla vittoria, o quantomeno al risultato positivo, è sempre meglio conservarla anche nei confronti senza punti in palio, a maggior ragione in quelli contro rivali storiche come la Francia. Del resto, questa Nazionale di Prandelli si è formata, ha acquisito fiducia nei propri mezzi e statura internazionale, anche attraverso importanti affermazioni in amichevole: penso al bel successo di Bari con la Spagna, poco più di un anno fa, o al pareggio in Germania a inizio 2011, o, ancora, alle affermazioni in Ucraina e in Polonia. Insomma, contano, eccome, anche questi risultati, sebbene per qualcuno rimangano partite inutili. Pensiamo anche, ad esempio, alla prima Italia di Lippi: avrebbe affrontato con lo stesso piglio vincente il Mondiale 2006 senza i trionfi (in amichevole, per l'appunto) su Olanda e Germania dei mesi precedenti? Ribadiamo dunque che a questa nostra rappresentativa troppo spesso continua a far difetto il killer instinct, la capacità di chiudere i conti o comunque di saper gestire vantaggi anche minimi. Doti che hanno le grandi squadre: per potersi definire tale, l'Italia deve ancora abbattere questi ultimi ostacoli.  

1 commento:

  1. purtroppo le amichevoli sono sempre interpretate con uno spirito di sufficienza... cambieranno i mister, le epoche, i giocatori ma purtroppo è una mentalità radicata da noi. Sono convinto che la Francia, che pure tanto ci assomiglia nella sua fase di transizione, dopo il tramonto degli ultimi veri big, non sia più forte dell'Italia ma la partita che ho seguito solo parzialmente non mi sembrava molto indicativa. Abbiamo un gruppo ben coeso, mi sembra, un ciclo che si sta plasmando bene e che può solo crescere. Penso che anche Insigne potrebbe aggiungersi a tempo pieno agli ordini di Prandelli, lui con il Faraone, Balotelli, Destro, Borini, quando si riprenderà dagli infortuni, per non parlare dell'ancora giovane Giuseppe Rossi, possono garantirci un grande futuro

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