Creamy e Yu
Trent'anni di Creamy. Trent'anni di dolcezza infinita, di canzoni d'amore, di sogni, di magia, di fantasia a briglie sciolte. Trent'anni: era il 1983, e in Giappone andava in onda la prima delle 52 puntate de "L'incantevole Creamy", una serie a cartoni che avrebbe lasciato un segno indelebile nell'immaginario e nel cuore di più di una generazione, tanto che ancora oggi risulta essere uno degli anime più amati e popolari nel mondo intero. Per questo, il trentennale è stato un vero e proprio evento, celebrato con la dovuta attenzione anche in Italia: il momento clou a Roma, al Festival del fumetto Romics, che ha ospitato la character designer Akemi Takada, l'ideatrice dell'opera. L'emittente tv Boing, dal canto suo, dopo un primo assaggio a luglio, quando ripropose le prime tre puntate, ha appena finito di trasmettere l'intera serie (si fa per dire, visto che in questa replica sono "spariti" ben dieci episodi...).
Trent'anni di Creamy. Trent'anni di dolcezza infinita, di canzoni d'amore, di sogni, di magia, di fantasia a briglie sciolte. Trent'anni: era il 1983, e in Giappone andava in onda la prima delle 52 puntate de "L'incantevole Creamy", una serie a cartoni che avrebbe lasciato un segno indelebile nell'immaginario e nel cuore di più di una generazione, tanto che ancora oggi risulta essere uno degli anime più amati e popolari nel mondo intero. Per questo, il trentennale è stato un vero e proprio evento, celebrato con la dovuta attenzione anche in Italia: il momento clou a Roma, al Festival del fumetto Romics, che ha ospitato la character designer Akemi Takada, l'ideatrice dell'opera. L'emittente tv Boing, dal canto suo, dopo un primo assaggio a luglio, quando ripropose le prime tre puntate, ha appena finito di trasmettere l'intera serie (si fa per dire, visto che in questa replica sono "spariti" ben dieci episodi...).
CREAMY QUAND'ERO BAMBINO - Per me è stata comunque un'occasione imperdibile. Creamy, nel nostro Paese, arrivò circa due anni dopo il debutto in patria: era l'inizio di febbraio del 1985. Io faccio parte di quella che si può considerare "la generazione degli anime", tutti quei ragazzi nati negli anni Settanta che hanno trascorso ore e ore della loro infanzia a fare scorpacciate di cartoni giapponesi, all'epoca trasmessi dalle tv italiane in quantità industriale. Vidi, dunque, anche l'affascinante e immaginifica storia della piccola Yu Morisawa, ma non con l'attenzione e con la partecipazione che avevo dedicato in precedenza ad altre serie da me amatissime, su tutte "Conan il ragazzo del futuro". Non perché Creamy non mi piacesse: semplicemente i miei gusti, le mie passioni, erano in via di cambiamento. Avevo scoperto la musica leggera, di lì a poco mi sarei innamorato del calcio, e i cartoni stavano lentamente passando in secondo piano. In realtà, l'amore per l'animazione giapponese si era solo assopito: si sarebbe risvegliato, prepotentemente, a metà dei Novanta, da allora non si è più spento e, anzi, tramite Internet mi ha fatto entrare in contatto con altri cultori del genere, molti dei quali conosciuti poi di persona, con la nascita di amicizie autentiche, soprattutto attraverso il forum di PollonZ. Ma questa è un'altra (bella) storia...
CON LO SPIRITO DELL'85 - Per tutto questo, l'ultima replica di Creamy è caduta a fagiolo: mi sono impegnato a seguire tutta la serie immergendomi nella visione con lo spirito di quell'inverno '85, con lo stesso fanciullesco, genuino entusiasmo che mi consentiva di emozionarmi davanti a quelle storie provenienti dal lontano Oriente. Credo di esserci riuscito, tutto sommato, e ho capito molte cose: ho capito, principalmente, perché questa serie sia diventata un evergreen, conquistandosi un angolo fisso nella memoria di tanti miei coetanei. Ho persino rimpianto l'occasione perduta, il non aver potuto, ai tempi della prima messa in onda, condividere appieno con compagni di scuola e amichetti la "febbre" per questo cartone, il discuterne assieme, lo scambiarsi le figurine dell'album Panini ad esso dedicato...
LA STORIA - "L'incantevole Creamy" racconta la storia di Yu Morisawa, una bambina dalla curiosa capigliatura color blu, ragazzina vivace e sognatrice, che un giorno scorge nel cielo, unica persona sulla Terra, una misteriosa arca celeste. E' un vascello proveniente dalla Stella Piumata, un pianeta dominato dalla fantasia, popolato di creature immaginifiche. Pinopino, folletto "portavoce" del pianeta, "preleva" Yu e la porta sull'arca: le confida che il suo "avvistamento" ha salvato la nave da una tempesta di sogni, aiutandola a ritrovare la rotta, e come ricompensa dona alla bambina dei poteri magici: attraverso un medaglione fatato, potrà, recitando la formula "Pimpulu pampulu parimpampù", trasformarsi in Creamy, ragazza di 16 anni fascinosa, dolce e buona, con voce da usignolo e piglio da showgirl, che in breve diventerà una pop star di fama mondiale.
I poteri del medaglione dureranno però solo un anno, al termine del quale Creamy svanirà e Yu tornerà alla sua normale vita. Per vegliare su Yu - Creamy e darle sostegno nei momenti di difficoltà, Pinopino le affianca due abitanti della Stella Piumata, Posi e Nega, che assumono le sembianze di due minuscoli gattini e diverranno inseparabili compagni di vita e di avventure della piccola.
FAVOLA CONTEMPORANEA - "L'incantevole Creamy" è una favola dai contorni tradizionali innestata in una cornice contemporanea. In essa, la dimensione immaginifica e sovrannaturale non è in primo piano, ma va a sovrapporsi alla realtà, sotto forma di frequenti parentesi che vanno a interrompere il normale scorrere delle cose terrene. La dicotomia fra vita autentica e scorci favolistici risulta così a volte stridente, addirittura spiazzante per uno spettatore adulto che, come me, riscopre la serie in un tempo lontano dall'infanzia: non è in effetti facile digerire la comparsa di foreste incantate, di cervi volanti, di bizzarri fantasmi, di angeli che hanno smarrito la strada, tutti elementi catapultati nella banale routine di un microcosmo totalmente "reale", concreto, di una città popolata di ragazzini che vanno a scuola, di adulti che sbarcano il lunario gestendo un chiosco di crépes (i genitori di Yu) e di una casa di produzione discografica impegnata a valorizzare i propri talenti.
Proprio questa convivenza e commistione fra realtà e irrealtà è limite ma anche forza della serie: limite, perché la vicenda sembra a volte barcamenarsi in un "vorrei ma forse è meglio di no", nel desiderio di sconfinare definitivamente in una sorta di "Paese delle Meraviglie" in versione anni Ottanta, in una favola tout court, senza trovarne fino in fondo il coraggio e rimanendo così a metà strada, in un "ibrido" narrativo; forza, perché volare sulle ali della fantasia, lasciarsi andare all'immaginazione più sfrenata senza perdere il contatto con la quotidianità, rappresenta da sempre l'unica strada lecita per affrontare con spirito positivo le difficoltà dell'esistenza.
La sigla italiana della serie
LA FORZA DELLA SERIE - La morale di "Creamy" è in fondo tutta qui, non dissimile dagli insegnamenti che ci hanno lasciato tanti anime jap dell'epoca: il mondo e l'umanità si possono salvare dalla deriva (pratica e morale) con un ritorno alla "purezza bambina", e questa purezza è fatta anche della capacità di sognare, di alimentare l'immaginazione, di affrontare ogni cosa con più leggerezza. Proprio come fa Yu. Dopodiché, la serie ha funzionato e funziona tuttora perché, nonostante i suddetti voli di fantasia, è saldamente ancorata alla realtà dell'epoca, alla vita quotidiana dei giovanissimi: ci sono le prime cotte pre adolescenziali, con tutte le problematiche connesse: la piccola Yu che si innamora di un ragazzo un po' più grande, l'amico d'infanzia Toshio, il quale per lungo tempo la snobba, avendo occhi solo per l'alter ego di lei, la cantante Creamy; e il terzo incomodo, il tenero Midori che, sopraffatto dalla propria timidezza e da un fisico non proprio scultoreo, non riuscirà mai a far breccia nel cuore dell'amatissima ragazzina dai capelli blu. E poi c'è uno scorcio emblematico dell'industria discografica contemporanea, le cui dinamiche sono tratteggiate con estremo realismo (frenetica attività promozionale, rivalità fra cantanti, il fanatismo che circonda certi divi...).
POPSTAR DELLA PORTA ACCANTO - Con straordinaria preveggenza, la serie sembra anticipare, per certi versi, i cambiamenti del mondo della musica leggera concretizzatisi nel ventunesimo secolo. Fateci caso: la carriera di Creamy ha molto in comune con quelle degli odierni prodotti dei talent (il che, per inciso, non deve essere inteso in accezione negativa, poiché da queste trasmissioni sono usciti artisti di valore assoluto): la giovane viene pescata per strada dal direttore della "Parthenon production", folgorato dalla sua bellezza (il famigerato "look" che già negli eighties aveva assunto un ruolo preponderante nella promozione dei cantanti), e lanciata allo sbaraglio senza gavetta; si rende poi protagonista di un'ascesa rapida e folgorante, un anno intensissimo costellato di clamorosi successi discografici (nella serie si ascoltano almeno tre singoli "da hit parade", interpretati mirabilmente, nella versione italiana, da una Cristina D'Avena giovane ma già sulla cresta dell'onda), un intero percorso artistico che si consuma in soli dodici mesi, anche se, nel caso specifico, il ritiro dalle scene di Creamy è dovuto, come detto, all'esaurimento dei poteri magici, e non certo a una sua minor presa sul pubblico...
COMPLETO - E ancora, si diceva del look: Creamy sa abbinare abbigliamento e make up glamour a una generale sobrietà di comportamento, a dolcezza di carattere e disponibilità nei confronti dei fans: una teen idol ideale, fatta su misura per piacere ai ragazzini e anche ai loro genitori, un misto fra popstar e ragazza della porta accanto. Tutti questi elementi, e altri che probabilmente non sono stato in grado di cogliere, hanno fatto di Creamy un fenomeno transgenerazionale: l'hanno amata all'epoca e continuano ad amarla in tanti, qualcuno fin da quel 1985, altri "catturati" strada facendo dal fascino di una serie e di un personaggio che hanno, in definitiva, il pregio della completezza: sono completi perché antichi e moderni, immersi nell'attualità ma sempre pronti a balzare in un mondo fatato.
Fantasia, musica di facile presa, sentimento e ironia, tenuti insieme da una storia coinvolgente e da un design azzeccato. Tutto questo e molto di più è stata ed è la dolcissima Creamy Mami. Piccole annotazioni di chiusura: da brividi autentici soprattutto due puntate, quella del dolce di San Valentino in cui Yu "illustra" con chiarezza ciò che prova per Toshio anche grazie a una serie di flashback sulla sua infanzia, e lo struggente concerto di addio, sotto la pioggia, in mezzo a effetti speciali straordinari, gli ultimi fuochi dei poteri magici ricevuti in dono dalla Stella Piumata. E ancora, la sigla, anch'essa cantata da Cristina D'Avena, nel suo piccolo un mirabile saggio di discodance italiana anni Ottanta, soprattutto nell'intro.
I poteri del medaglione dureranno però solo un anno, al termine del quale Creamy svanirà e Yu tornerà alla sua normale vita. Per vegliare su Yu - Creamy e darle sostegno nei momenti di difficoltà, Pinopino le affianca due abitanti della Stella Piumata, Posi e Nega, che assumono le sembianze di due minuscoli gattini e diverranno inseparabili compagni di vita e di avventure della piccola.
FAVOLA CONTEMPORANEA - "L'incantevole Creamy" è una favola dai contorni tradizionali innestata in una cornice contemporanea. In essa, la dimensione immaginifica e sovrannaturale non è in primo piano, ma va a sovrapporsi alla realtà, sotto forma di frequenti parentesi che vanno a interrompere il normale scorrere delle cose terrene. La dicotomia fra vita autentica e scorci favolistici risulta così a volte stridente, addirittura spiazzante per uno spettatore adulto che, come me, riscopre la serie in un tempo lontano dall'infanzia: non è in effetti facile digerire la comparsa di foreste incantate, di cervi volanti, di bizzarri fantasmi, di angeli che hanno smarrito la strada, tutti elementi catapultati nella banale routine di un microcosmo totalmente "reale", concreto, di una città popolata di ragazzini che vanno a scuola, di adulti che sbarcano il lunario gestendo un chiosco di crépes (i genitori di Yu) e di una casa di produzione discografica impegnata a valorizzare i propri talenti.
Proprio questa convivenza e commistione fra realtà e irrealtà è limite ma anche forza della serie: limite, perché la vicenda sembra a volte barcamenarsi in un "vorrei ma forse è meglio di no", nel desiderio di sconfinare definitivamente in una sorta di "Paese delle Meraviglie" in versione anni Ottanta, in una favola tout court, senza trovarne fino in fondo il coraggio e rimanendo così a metà strada, in un "ibrido" narrativo; forza, perché volare sulle ali della fantasia, lasciarsi andare all'immaginazione più sfrenata senza perdere il contatto con la quotidianità, rappresenta da sempre l'unica strada lecita per affrontare con spirito positivo le difficoltà dell'esistenza.
LA FORZA DELLA SERIE - La morale di "Creamy" è in fondo tutta qui, non dissimile dagli insegnamenti che ci hanno lasciato tanti anime jap dell'epoca: il mondo e l'umanità si possono salvare dalla deriva (pratica e morale) con un ritorno alla "purezza bambina", e questa purezza è fatta anche della capacità di sognare, di alimentare l'immaginazione, di affrontare ogni cosa con più leggerezza. Proprio come fa Yu. Dopodiché, la serie ha funzionato e funziona tuttora perché, nonostante i suddetti voli di fantasia, è saldamente ancorata alla realtà dell'epoca, alla vita quotidiana dei giovanissimi: ci sono le prime cotte pre adolescenziali, con tutte le problematiche connesse: la piccola Yu che si innamora di un ragazzo un po' più grande, l'amico d'infanzia Toshio, il quale per lungo tempo la snobba, avendo occhi solo per l'alter ego di lei, la cantante Creamy; e il terzo incomodo, il tenero Midori che, sopraffatto dalla propria timidezza e da un fisico non proprio scultoreo, non riuscirà mai a far breccia nel cuore dell'amatissima ragazzina dai capelli blu. E poi c'è uno scorcio emblematico dell'industria discografica contemporanea, le cui dinamiche sono tratteggiate con estremo realismo (frenetica attività promozionale, rivalità fra cantanti, il fanatismo che circonda certi divi...).
POPSTAR DELLA PORTA ACCANTO - Con straordinaria preveggenza, la serie sembra anticipare, per certi versi, i cambiamenti del mondo della musica leggera concretizzatisi nel ventunesimo secolo. Fateci caso: la carriera di Creamy ha molto in comune con quelle degli odierni prodotti dei talent (il che, per inciso, non deve essere inteso in accezione negativa, poiché da queste trasmissioni sono usciti artisti di valore assoluto): la giovane viene pescata per strada dal direttore della "Parthenon production", folgorato dalla sua bellezza (il famigerato "look" che già negli eighties aveva assunto un ruolo preponderante nella promozione dei cantanti), e lanciata allo sbaraglio senza gavetta; si rende poi protagonista di un'ascesa rapida e folgorante, un anno intensissimo costellato di clamorosi successi discografici (nella serie si ascoltano almeno tre singoli "da hit parade", interpretati mirabilmente, nella versione italiana, da una Cristina D'Avena giovane ma già sulla cresta dell'onda), un intero percorso artistico che si consuma in soli dodici mesi, anche se, nel caso specifico, il ritiro dalle scene di Creamy è dovuto, come detto, all'esaurimento dei poteri magici, e non certo a una sua minor presa sul pubblico...
COMPLETO - E ancora, si diceva del look: Creamy sa abbinare abbigliamento e make up glamour a una generale sobrietà di comportamento, a dolcezza di carattere e disponibilità nei confronti dei fans: una teen idol ideale, fatta su misura per piacere ai ragazzini e anche ai loro genitori, un misto fra popstar e ragazza della porta accanto. Tutti questi elementi, e altri che probabilmente non sono stato in grado di cogliere, hanno fatto di Creamy un fenomeno transgenerazionale: l'hanno amata all'epoca e continuano ad amarla in tanti, qualcuno fin da quel 1985, altri "catturati" strada facendo dal fascino di una serie e di un personaggio che hanno, in definitiva, il pregio della completezza: sono completi perché antichi e moderni, immersi nell'attualità ma sempre pronti a balzare in un mondo fatato.
Fantasia, musica di facile presa, sentimento e ironia, tenuti insieme da una storia coinvolgente e da un design azzeccato. Tutto questo e molto di più è stata ed è la dolcissima Creamy Mami. Piccole annotazioni di chiusura: da brividi autentici soprattutto due puntate, quella del dolce di San Valentino in cui Yu "illustra" con chiarezza ciò che prova per Toshio anche grazie a una serie di flashback sulla sua infanzia, e lo struggente concerto di addio, sotto la pioggia, in mezzo a effetti speciali straordinari, gli ultimi fuochi dei poteri magici ricevuti in dono dalla Stella Piumata. E ancora, la sigla, anch'essa cantata da Cristina D'Avena, nel suo piccolo un mirabile saggio di discodance italiana anni Ottanta, soprattutto nell'intro.
gran pezzo Carlo, complimenti! Ottima analisi..io ammetto di aver poco compreso all'epoca certe dinamiche, metti conto che ero anche più piccolo rispetto a te e... potevo pure limitarmi a guardare il cartone, in quantro infatuato dalla protagonista pin up :-)
RispondiEliminaFantastico, magico e irripetibile cartone... classe '82... l'ho sempre amato, mi ha fatto sognare e continua ancora a farlo! Magico anime dei mitici e unici anni '80... Magia allo stato puro.. W Creamy! :-)
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