Rudi Garcia: non sa più che pesci pigliare...
Cosa diavolo sta accadendo alla Roma? Difficile comprenderlo per chi, come il sottoscritto, non vive quotidianamente l'ambiente giallorosso. Non ho dunque né risposte né soluzioni, ma non si può non rimarcare il fatto che la parabola di questa disastrata "grande" in ambasce rappresenti pressoché un unicum, nella storia della nostra Serie A. Fateci caso: il percorso di De Rossi e compagnia ha un che di schizofrenico, del tutto insolito per quelle compagini d'alta classifica che, in linea di massima, sempre si contraddistinguono per un rendimento costante su buoni livelli: inizialmente bella o quantomeno concreta, poi, da lungo tempo, brutta, perdente, inghiottita da un buco nero tecnico, eppure incredibilmente ancora aggrappata a un secondo posto che mai è stato così bugiardo. Presentatasi ai nastri di partenza agostani come la più autorevole candidata a rivaleggiare con la Juve per lo scudetto, fino ai primi di dicembre ha marciato, in campionato, su ritmi elevatissimi, superando anche le secche (più psicologiche che tecniche) in cui era andata a impantanarsi dopo la caduta della sesta giornata allo Stadium torinese (con contorno di vittimismi assortiti), e, in apparenza, persino il terribile knock out patito in Champions League dal Bayern, a domicilio (1-7).
QUATTRO GARE SCHOCK - Tutto più o meno liscio fino a fine novembre, diciamo fino al rotondo 4 a 2 imposto all'Inter, poi si è spalancato il baratro. La svolta della stagione in quattro partite chiave, equamente divise fra Europa e Italia: in Coppacampioni, il suicidio di Mosca, col gollonzo del pari incassato contro il Cska allo spirare del match e compromissione del passaggio del turno, ufficializzata nella successiva dimostrazione di impotenza all'Olimpico col Manchester City, trionfatore senza nemmeno soffrire tanto. In patria, prima il rischio - crollo in casa col Sassuolo (che ebbe di che lamentarsi della direzione di gara) scongiurato in extremis, poi la discussa e immeritata vittoria di Genova sui rossoblù, con contorno di inaccettabili, sesquipedali e decisivi svarioni arbitrali: una sfida, quest'ultima, che ha inciso negativamente sulle sorti di ambedue le compagini. Quella di Gasperini, pur mantenendosi su una decorosa linea di galleggiamento, non è più riuscita a toccare i vertici di rendimento del primo terzo di torneo (complice anche una incomprensibile ostilità delle giacchette gialle, oltreché per innegabili responsabilità interne al Grifone), ma ad avere la peggio, alla lunga, è stato proprio il gruppo di Garcia.
SECONDI CON RENDIMENTO DA ZONA SALVEZZA - Da quei giorni di fine 2014, la Roma è diventata Rometta. Dapprima sorretta da abbondanti dosi di buona sorte (ricordate il passaggio di turno in Coppa Italia contro l'Empoli?), alla fine non ha trovato più alcunché a cui aggrapparsi. La qualità della manovra è precipitata a livelli da bassifondi, e il ruolino di marcia è diventato specchio fedelissimo di questa involuzione. Ed ecco il paradosso: nonostante il rendimento imbarazzante mostrato all'indomani del citato "poker esiziale" di partite, la Roma si trova tuttora al secondo posto in campionato. Eppure, a vederla oggi, sembra una squadra che per espressioni di gioco, consistenza, approccio mentale alle gare, ha tutte le stimmate del team da retrocessione - salvezza risicata. E' in un tunnel, qualcosa di più di una crisi passeggera: l'incapacità di battere il Parma fantasma, la lunga sequela di pareggi anche in impegni alla portata, la resa senza condizioni di fronte a Sampdoria e Fiorentina, sono la spia di qualcosa di serio, di non facilmente estirpabile. Se gli unici lampi di luce di questi mesi sono stati la vittoria di Rotterdam (contro un Feyenoord modesto, che faceva paura solo per l'ambiente infuocato) e la doppietta - selfie di Totti nel derby, c'è poco da stare allegri.
SMARRITA LA BUSSOLA TECNICA - Tutto incomprensibile, si diceva, perché nella stagione 2013/14 sembrava esser stato avviato un circolo virtuoso, un ciclo che nel giro di due - tre anni avrebbe potuto portare alla conquista di qualcosa di concreto. E invece la bussola tecnica sembra esser stata smarrita: scarsa fiducia ai giovani, ovviamente soprattutto agli italiani (Destro non è un fenomeno, ma poteva ancora tornare utile, per non parlare del promettente Romagnoli dirottato alla Samp), acquisti stranieri un tanto al chilo (e certi "esperti" hanno avuto il coraggio di parlare di "rinforzi" a proposito degli arrivi di Ibarbo e del mistero Doumbia), declino improvviso di certi totem che parevano inaffondabili (De Sanctis e soprattutto De Rossi) ai quali non sono stati trovati adeguati ricambi, e, alla fine, il solito aggrapparsi all'eterno Totti, della cui longevità io stesso ho tessuto le lodi pochi mesi fa, ma che a livello di allori autentici, ossia di apporti decisivi al raggiungimento di traguardi "da toccare con mano", non sposta più alcunché da almeno una decina d'anni. In tutto questo, Garcia sembra aver perso il controllo del gruppo, mai pare in grado di azzeccare la mossa vincente, di indirizzare una gara con un'idea tattica o col cambio giusto al momento giusto. Così, la Roma è fuori da tutto, o quasi: niente Champions, niente Europa League, niente scudetto e niente Coppitalia, spettacoli da Serie B su tutti i campi: quale miracolo potrà tenerla in corsa per il secondo posto?
Concordo sull'idea che la Roma è in declino e non ha buone prospettive dinanzi a sé.
RispondiEliminaPer la stagione in corso un terzo posto sarebbe già un buon compromesso visti gli ultimi tre mesi. Difficile ipotizzare una stagione, 2015/2016 all'insegna dei trionfi con questa rosa.
Secondo me uno dei problemi è la tifoseria e l'ambiente che non aiuta nei momenti di difficoltà: giocatori e allenatore sono ormai talmente discussi e chiacchierati che sembra difficile possano tornare a ricevere applausi e complimenti a scena aperta. Dai da te citati De Rossi, Doumbia, De Sanctis e Ibarbo passando per Cole, Holebas, Astori, Iturbe (più di tutti) e Gervinho si stanno rendendo autori di una stagione ben al di sotto delle attese. Proprio le attese sono un altro grosso problema della Roma: questa squadra non aveva il materiale umano per andare avanti in Champions e contemporaneamente sfidare la Juve in campionato, semmai poteva togliersi qualche soddisfazione giocando sulle ali dell'entusiasmo iniziale, ma queste cose vengono presto regolate dal primo Bayern di turno.
Sicuramente c'erano grosse attese quest'anno, ma erano tutto sommato legittime, almeno in linea teorica. Al di là di certi nodi tecnici venuti al pettine col tempo (Benatia non adeguatamente rimpiazzato, acquisti esteri non all'altezza, declino di certi mostri sacri, gente come Pjanic e Gervinho che non ha bissato l'eccellente stagione scorsa), la squadra è parsa fragile moralmente, ha accusato visibilmente già la prima sconfitta con la Juve, in un clima sovreccitato (ed eravamo alla sesta giornata...), e poi il doppio confronto col Bayern, quando dopo la batosta interna si è presentata all'Allianz col solo intento di limitare i danni, visibilmente scossa e impaurita. Ma in quel momento, archiviata la figuraccia europea, c'era ancora spazio per tentare un minimo di riscossa interna (e c'era comunque l'Europa League da onorare), invece la squadra è andata in disfacimento.
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