Mi hanno sempre fatto sorridere le dispute e le polemiche, talvolta fin troppo calde, sul differente livello qualitativo delle varie fasi storiche della musica leggera. "Era meglio il pop degli anni Ottanta", "vuoi mettere le canzoni dei Sessanta?", "la discomusic dei Settanta è inarrivabile", e via filosofeggiando. Accapigliarsi su certi argomenti è sterile: in ogni epoca c'è del buono, pur con inevitabili oscillazioni indotte da diversi fattori. Prendete gli anni Novanta, limitandoci alla produzione italiana: una decade musicale sulla quale, per troppo tempo, non si sono concentrate le attenzioni di critici ed esperti. Sminuita, a volte considerata semplicemente "di transizione", di certo sfavorita dall'esser giunta dopo tre epoche di fortissimo impatto: gli anni Sessanta con la modernizzazione dei generi più commerciali e l'apertura del nostro mercato alle tendenze internazionali, i Settanta con la crescita del cantautorato più impegnato eppure "da classifica", il disimpegno eighties con l'exploit della nuova dance che esportammo in tutto il mondo...
ALMANACCO MUSICALE - Eppure, anche i Novanta sono stati anni ricchi di fermenti e di innovazioni. E il panorama tricolore, addirittura, era un vulcano in ebollizione, un crogiolo di idee, sperimentazione e ricerca di nuovi canoni espressivi, di sguardi lanciati al futuro ma anche di riscoperta di sonorità tradizionali. Dieci anni stracolmi di musica genuina, coraggiosa, godibile, che rivivono attraverso le pagine di "Revolution '90", l'ultima fatica letteraria dell'amico Gianni Gardon (casa editrice Nulla Die), giornalista e scrittore, esperto autentico del mondo delle sette note.
"Revolution '90" è un saggio sui vorticosi e movimentati Nineties della scena canora nostrana. Più che saggio, però, io preferisco definirlo "almanacco", termine molto "calcistico" e che quindi ritengo non dispiacerà all'autore, visto che il football è un'altra sua grande passione. Almanacco perché contiene una mole impressionante di dati storici e note biografiche, perché è un volume non necessariamente da sfogliare rigorosamente dalla prima all'ultima pagina come un romanzo, ma consultabile "a random", quando si ha la voglia o l'esigenza di approfondire le vicende di questo o quell'artista, di questa o quella band.
"Revolution '90" è un saggio sui vorticosi e movimentati Nineties della scena canora nostrana. Più che saggio, però, io preferisco definirlo "almanacco", termine molto "calcistico" e che quindi ritengo non dispiacerà all'autore, visto che il football è un'altra sua grande passione. Almanacco perché contiene una mole impressionante di dati storici e note biografiche, perché è un volume non necessariamente da sfogliare rigorosamente dalla prima all'ultima pagina come un romanzo, ma consultabile "a random", quando si ha la voglia o l'esigenza di approfondire le vicende di questo o quell'artista, di questa o quella band.
DIECI ANNI FRIZZANTI E QUALITATIVI - E sì, perché il libro è fondamentalmente imperniato su 101 schede dedicate ad altrettanti protagonisti della musica del decennio. "Revolution '90" offre una panoramica estremamente ampia, viaggia alla larga da elitarismi e puzze sotto il naso: ci sono gli artisti pop sbanca - classifiche, ci sono gli eredi della citata generazione cantautoriale settantiana, c'è tanto rock, ci sono il funky, il rap, il brit pop declinato in salsa... peninsulare, e c'è soprattutto quel popolatissimo universo di band che, per periodi più o meno lunghi, riuscirono a emergere dai circuiti locali per guadagnare gloria nazionale.
Sfogli questa... carica dei 101, e "scopri" di aver vissuto in prima persona un'epoca musicalmente viva, frizzante, ricca di stimoli compositivi, aperta alle influenze estere e in grado di rielaborarle con gusto tutto nazionale. Il fatto è che, vivendo quegli anni in presa diretta, giorno dopo giorno, non c'era la completa percezione di tale ben di Dio creativo: accade spesso, sul momento non sempre si riesce a cogliere l'eccezionalità, la portata epocale di un'opera d'arte, di un disco, di un film: si tende a sminuire. Ma rivedere tutto ciò a posteriori è impressionante, restituisce appieno il peso storico e culturale dello scenario musicale novantiano, e in un certo senso riempie di orgoglio, perché ti fa dire: "Ebbene sì, c'ero anch'io, per quel poco che conta".
Sfogli questa... carica dei 101, e "scopri" di aver vissuto in prima persona un'epoca musicalmente viva, frizzante, ricca di stimoli compositivi, aperta alle influenze estere e in grado di rielaborarle con gusto tutto nazionale. Il fatto è che, vivendo quegli anni in presa diretta, giorno dopo giorno, non c'era la completa percezione di tale ben di Dio creativo: accade spesso, sul momento non sempre si riesce a cogliere l'eccezionalità, la portata epocale di un'opera d'arte, di un disco, di un film: si tende a sminuire. Ma rivedere tutto ciò a posteriori è impressionante, restituisce appieno il peso storico e culturale dello scenario musicale novantiano, e in un certo senso riempie di orgoglio, perché ti fa dire: "Ebbene sì, c'ero anch'io, per quel poco che conta".
GIOVANI, BAND, SPERIMENTALISMO - Novanta: gli anni degli exploit di tanti giovani, quando la discografia riusciva ancora a investire massicciamente sui talentini in sboccio. Da Grignani a Silvestri, da Carmen Consoli a Irene Grandi, da Di Cataldo a Gazzè e Fabi, fino a fenomeni autentici come Giorgia e la Pausini, o ad altri rimasti sotto traccia come Daniele Groff, il più british dei nostri. Gli anni del folk d'autore in stile Modena City Ramblers e Agricantus, gli anni dei veterani che ritornano più pimpanti che mai in vetta alle chart, da Baglioni a Zero, da Vasco a Zucchero.
Gli anni, soprattutto, di band all'avanguardia che fanno breccia, svecchiano il panorama sonoro nostrano, lo rendono meno mainstream e più variegato, più ricco di sfumature e di audacia stilistica, e qui i nomi si sprecano: chi è riuscito a raggiungere le grandi masse come i Subsonica e gli Articolo 31, chi ha ballato per poche estati ma ha comunque lasciato il segno, nomi come Prozac + e Mao, Soon (passione giovanile che mi accomuna all'autore) e Casinò Royale, e poi autentici gruppi - pilastro della generazione in esame, in primis i C.S.I. (di cui ricordavo la clamorosa incursione nelle hit parade "generaliste"con "Tabula rasa elettrificata", anno 1997: ne parlarono persino i telegiornali!), i Verdena e i Marlene Kuntz. Impossibile citarli tutti: per ognuno di loro Gardon sintetizza il percorso artistico, dalla gavetta all'affermazione (o al tramonto) e concentra l'attenzione sull'album da lui ritenuto più riuscito o comunque più significativo, raccontandone i contenuti con un linguaggio che media fra la giusta dose di tecnicismo e il fattore emozionale, senza mai scadere nel nozionismo ma con quella "discorsività" che è suo preciso marchio di fabbrica.
Gli anni, soprattutto, di band all'avanguardia che fanno breccia, svecchiano il panorama sonoro nostrano, lo rendono meno mainstream e più variegato, più ricco di sfumature e di audacia stilistica, e qui i nomi si sprecano: chi è riuscito a raggiungere le grandi masse come i Subsonica e gli Articolo 31, chi ha ballato per poche estati ma ha comunque lasciato il segno, nomi come Prozac + e Mao, Soon (passione giovanile che mi accomuna all'autore) e Casinò Royale, e poi autentici gruppi - pilastro della generazione in esame, in primis i C.S.I. (di cui ricordavo la clamorosa incursione nelle hit parade "generaliste"con "Tabula rasa elettrificata", anno 1997: ne parlarono persino i telegiornali!), i Verdena e i Marlene Kuntz. Impossibile citarli tutti: per ognuno di loro Gardon sintetizza il percorso artistico, dalla gavetta all'affermazione (o al tramonto) e concentra l'attenzione sull'album da lui ritenuto più riuscito o comunque più significativo, raccontandone i contenuti con un linguaggio che media fra la giusta dose di tecnicismo e il fattore emozionale, senza mai scadere nel nozionismo ma con quella "discorsività" che è suo preciso marchio di fabbrica.
LA MUSICA, LA VITA, IL MONDO ATTORNO - Una ambivalenza linguistica fondamentale, quest'ultima, perché "Revolution '90" è sì saggio, è più compiutamente almanacco, ma non solo. Dentro c'è molto anche del mondo interiore dell'autore, del suo vissuto. Del resto, i Novanta sono stati gli anni decisivi per il suo percorso umano; gli anni del liceo e dell'Università, con tutto ciò che questo comporta: la crescita, la maturazione, le solide amicizie, i primi amori, ma anche la formazione culturale e la coltivazione delle proprie passioni, la musica in primis. Tutto ciò che è vita, insomma, e che Gianni tratteggia per brevi pennellate, con diversi excursus personali a inframezzare gli approfondimenti su dischi e cantanti.
Ma non solo: oltre alle sette note, oltre ai cenni alle vicende private, vergati con leggerezza e con una nostalgia che però mai sconfina nel vuoto rimpianto, ci sono anche brevi finestre sui fatti epocali che hanno attraversato la decade, in primis quelli politici e tecnologici, ovviamente visti attraverso la chiave di lettura dell'autore. Ed ecco allora spiegato il significato del titolo: "Revolution '90" perché quei dieci anni furono rivoluzionari per la musica italiana, rivoluzionari per il mondo e rivoluzionari... per Gardon, in quanto gravidi di novità, di cambiamenti, un continuo marciare avanti con sempre maggior consapevolezza. Verrebbe da dire "Evolution", più che "Revolution", ma cambia poco. Anni, sempre e comunque, attraversati dalla musica, vissuta quotidianamente, da ascoltatore prima e anche da esperto poi.
Ma non solo: oltre alle sette note, oltre ai cenni alle vicende private, vergati con leggerezza e con una nostalgia che però mai sconfina nel vuoto rimpianto, ci sono anche brevi finestre sui fatti epocali che hanno attraversato la decade, in primis quelli politici e tecnologici, ovviamente visti attraverso la chiave di lettura dell'autore. Ed ecco allora spiegato il significato del titolo: "Revolution '90" perché quei dieci anni furono rivoluzionari per la musica italiana, rivoluzionari per il mondo e rivoluzionari... per Gardon, in quanto gravidi di novità, di cambiamenti, un continuo marciare avanti con sempre maggior consapevolezza. Verrebbe da dire "Evolution", più che "Revolution", ma cambia poco. Anni, sempre e comunque, attraversati dalla musica, vissuta quotidianamente, da ascoltatore prima e anche da esperto poi.
DEBITORI DEI NINETIES - Torniamo alla parte più "tecnica", il cuore dell'opera. 101 schede e il piacevole stupore di vedere finalmente catalogato il meglio di un'epoca colpevolmente sottovalutata, alla quale il mondo canoro nostrano d'oggidì deve tantissimo. Quei Novanta sono stati una palestra di sperimentazioni di cui si raccolgono i frutti ancora oggi, una fucina di fuoriclasse autentici che, fra le mille difficoltà legate alla crisi dell'industria discografica, sono riusciti a giungere fino ai giorni nostri mantenendosi su dignitosissime espressioni creative. E fa male pensare a quanti altri, di quella decade, sono rimasti al palo pur avendo talento cristallino, un patrimonio che chi di dovere non ha saputo né valorizzare né conservare. Altro che fase di passaggio...
Grazie mille Carlo per lo spazio dedicato e soprattutto per le tue bellissime parole. E' stata una recensione un po' inaspettata, immaginavo potesse interessarti l'argomento, visto che condividiamo l'amore per la musica - e per quella italiana in particolare - però mi fa piacere che tu abbia colto i tanti spunti che ho provato in maniera spontanea e non molto ragionata a condensare fra quelle pagine. L'aver vissuto in prima persona la decade musicale che ho trattato ha fatto sì che l'emozione riversata sia stata molta, a differenza ad esempio che mi fossi occupato della musica anni 60, che pure adoro per certi versi. Siamo praticamente coetanei quindi giocoforza credo che il gioco dell'immedesimazione sia avvenuto in alcuni frangenti, anche se sono contento tu abbia rimarcato il fatto che non si tratti di un'opera per nostalgici. Grazie mille ancora amico. Gianni G.
RispondiEliminaRinnovo anche qui i ringraziamenti per un'opera davvero ben fatta, "consistente", sostanziosa. Sì, l'immedesimazione c'è stata e mi hai smosso non pochi ricordi, ricordi di momenti trascorsi attaccato alla radio o ai canali tematici tv, fra i quali mi piace menzionare "The Box: music television you control", che fu una meteora nella seconda metà dei Novanta e che da me non si vedeva neanche tanto bene, ma che importava? ^^ Ribadisco: già allora era un godimento ascoltare tutto quel ben di Dio, ma in parte solo adesso, con una visione complessiva di quanto prodotto in quel decennio, è possibile percepirne la portata storica, innovativa, rivoluzionaria.
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