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venerdì 26 giugno 2015

SANREMO 2016 E... 2017: CARLO CONTI ANCORA IN SALA DI COMANDO, COM'E' GIUSTO. CON LUI UNA "FORMULA FESTIVAL" DESTINATA A DURARE

                                       Carlo Conti, saldamente in sella al Festivalone

Come volevasi dimostrare. La riserva è stata sciolta in occasione della presentazione dei palinsesti Rai del prossimo autunno: il deus ex machina del Festival di Sanremo sarà ancora Carlo Conti, direttore artistico fino al 2017 e sicuro padrone di casa per l'edizione del febbraio 2016. "Note d'azzurro" aveva spinto per il bis dell'anchorman toscano in tempi non sospetti, in un periodo in cui il buon Carlo, reduce dal successo di audience e di gradimento del suo primo Festivalone, non nascondeva un certo scetticismo circa l'eventualità di riprendere in mano il carrozzone rivierasco. Di più: su queste pagine mi ero spinto oltre, auspicando per il suddetto un incarico a lungo termine. 
SVOLTA STORICA - Troppo facile, dunque, dire adesso che si sia trattato della scelta più giusta. Ed è una svolta a suo modo epocale, se è vero che, nell'ultima fase storica della kermesse ligure, la tendenza è sempre stata quella di cambiare il più frequentemente possibile la struttura organizzativa e gestionale dell'evento, quindi direzione artistica e presentazione: un anno, due al massimo, e poi spazio al puntuale avvicendamento. Un modus operandi che partiva, a parer mio, da un'impostazione di fondo sbagliata: cioè che la "filosofia" dello show sanremese dovesse essere costruita attorno a un'idea brillante di conduzione, una conduzione che fosse essa stessa spettacolo nello spettacolo, capace di catalizzare i riflettori al pari della gara; e poi che il team di "anfitrioni" dovesse variare il più possibile negli anni, per offrire al pubblico continue novità. Sbagliato, perché in un evento come il Festival le novità, l'originalità, la brillantezza dovrebbero arrivare dalla "materia prima", ossia dalle composizioni musicali in concorso: tutto il resto è sovrastruttura, per quanto importante. 
RADDOPPI FINITI MALE - Va poi detto che, negli ultimi quindici anni, il solo Morandi ha esaurito la sua doppia esperienza all'Ariston con un bilancio in vistoso attivo: buchi nell'acqua, invece, per gli ultimi due brevi regni di Baudo (passi falsi nel 2003 e nel 2008), e soprattutto per il Fabio Fazio targato 2014, con un crollo inatteso e per questo ancor più bruciante, per lui e per i vertici Rai. Normale che, davanti a precedenti del genere, Conti nicchiasse: fedele al motto "me ne vado da vincitore", troppo grosso era il timore di non confermare lo straordinario consenso di Sanremo 2015, e di bruciare così (in parte) un trionfo faticosamente costruito dopo anni di anticamera professionale. 
UNA NUOVA "FORMULA SANREMO" - Tuttavia, come già da me sottolineato alcune settimane fa, il matrimonio Conti - Sanremo appare radicalmente diverso, rispetto a certe direzioni artistiche del recente passato. Dopo anni di soluzioni valide, ma tutto sommato estemporanee, si è forse trovato l'uomo in grado di imprimere una linea "editoriale" ben precisa e duratura al Sanremone. L'artista toscano, lavorando quasi sottotraccia, ha infatti messo a punto una vera e propria "formula Festival", legata al passato eppure fresca, di grande impatto e lineare, se pensiamo agli sperimentalismi financo eccessivi di certe ultime edizioni (su tutti, il doppio brano per i Big). 
Riprendo ciò che avevo scritto sul blog, un mese dopo la fine dell'ultima rassegna, circa l'impronta data da Conti: "Nulla di particolarmente rivoluzionario, quanto piuttosto un ritorno nel solco della tradizione, con gli opportuni aggiornamenti richiesti dall'evoluzione del mezzo catodico. Così, il Sanremo 2015 è risultato un Festival asciutto, snello, ritmato nella conduzione, incentrato sui cantanti in gara: giovani di nuovo in primo piano, ribalta degna di questo nome per i Big, competizione avvincente in entrambe le categorie, buon livello dei pezzi. Questo è il ritratto perfetto del Festival di Sanremo, nel formato in cui si è affermato e ha avuto successo lungo i decenni; nessuna alchimia, nessun meccanismo astruso, nessun coup de théatre (Benigni, Celentano, Madonna...) per assicurarsi i riflettori mediatici: solo tanta musica e pochi tempi morti, pur se con l'inevitabile "tassa" da pagare alle esigenze di rete, leggasi passerelle dei personaggi Rai in promozione di future trasmissioni. E' una struttura spettacolare estremamente funzionale, che non può essere "pensionata" dopo una sola edizione per avventurarsi lungo strade nuove, ma che può reggere a lungo, e Conti è la persona più adatta a mantenerla a regime". 
SULLE ORME DI BAUDO - Ecco, dunque, perché Conti può essere davvero il nuovo Baudo, in riferimento a ciò che l'anchorman siciliano ha dato al Sanremo. Certo con caratteristiche in parte diverse rispetto al Pippo nazionale: meno istrionico, meno accentratore, meno mattatore, ma ugualmente capace di reggere le complesse fila della macchina festivaliera con mano ferma e con continuità. In grado di assicurare alla kermesse un periodo discretamente lungo di stabilità sugli alti livelli. Perché, non mi stancherò mai di ripeterlo, il Festival di Sanremo nella sua essenza è ciò che abbiamo in buona misura visto quest'anno: cantanti in primo piano (e soprattutto tanti cantanti, non i miseri quattordici degli anni precedenti), e poche divagazioni, compatibilmente con le esigenze della tv attuale che mal tollera passerelle "esclusivamente" musicali, e che ha invece sposato la logica della commistione musica + varietà. Solo che per troppo tempo il fattore "show" ha prevalso su quello canoro, mentre dal febbraio scorso la tendenza sembra essersi decisamente invertita. 
AUDITEL? NIENTE PAURA... - A Conti non resta, si diceva, che perfezionare un meccanismo già ben oliato, senza paura di eventuali oscillazioni di audience: potrebbe anche esserci un calo, ma non ci giurerei e, nel caso, non sarà particolarmente significativo. Tutto dipenderà, credo, dalla partenza, perché la seconda volta il pubblico si aspetta sempre qualcosina in più, fin dall'inizio, e non perdona più nulla. Ecco, in questo senso il Fazio quater, già di per sé impostato male all'origine, risultò ulteriormente gravato da un avvio del tutto infelice. 
PUNTI FERMI PER IL FUTURO - In attesa di scoprire, nei prossimi mesi, le innovazioni che verranno inserite nella struttura della manifestazione (poche, scommettiamo?), ribadisco alcuni punti fermi: insistere sull'alto numero di big in gara, mantenendo il medesimo gusto leggero, pop e glamour nella composizione del cast, ma ampliando lo spazio per le proposte alternative, quest'anno un po' latitanti: il materiale non manca, e nei prossimi giorni il Coca Cola Summer Festival di Roma ne offrirà una succosa conferma, come già era accaduto l'anno passato. 
Ci sarà invece da fare un grosso lavoro sulle Nuove proposte, che hanno rappresentato la più inattesa delle sorprese negative dell'ultima edizione: nonostante la collocazione in prime time e un meccanismo di gara di grosso appeal emozionale, gli esiti commerciali sono stati sconfortanti. Si ripartirà dalle selezioni televisive autunnali, in pratica il "Sanremo giovani" lanciato da Baudo nel tardo '93 ripensato in chiave contemporanea, quindi verosimilmente con un impronta talent. Un tentativo, in tal senso, era già stato fatto nel 2002 (Destinazione Sanremo) e fu un buco nell'acqua sia sul momento sia sulla lunga distanza (visto che per il Festival 2003 produsse una sezione Giovani di non altissimo livello), ma forse oggi i tempi sono più maturi. Ad ogni modo, le nuove formule e gli esperimenti a nulla varranno, se non si amplierà lo spettro della selezione degli emergenti, aprendo decisamente il campo a un maggior numero di generi e ad artisti in erba più coraggiosi e sperimentalisti, meno appiattiti sulle tendenze imperanti, perché di ulteriori cloni di Emma e Mengoni non si avverte francamente il bisogno, né di voci splendide ma che cantano motivetti triti e ritriti. 

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