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lunedì 12 ottobre 2020

NATIONS LEAGUE: IN POLONIA UN'ITALIA DEPOTENZIATA DAL TERRENO E DA UN JORGINHO FUORI FASE. I REBUS DI UN ATTACCO POCO INCISIVO

Calma, ragazzi. Quando hai alle spalle un biennio di partite giocate in un certo modo, secondo uno stile ben definito, con una chiara linea tecnica, una gara come Polonia-Italia di ieri non può destare preoccupazione. Qualche perplessità magari sì, ma nessun allarmismo. Non è mai bello aggrapparsi a scusanti che esulano dalla classe e dal valore dei singoli, ma, caspita, fare calcio su un manto erboso (?) come quello visto a Danzica credo sia impresa ai limiti dell'impossibile. Per "fare calcio" si intende manovrare, costruire, trattare la palla con una certa padronanza. Ovvio che bisogna adattarsi a ogni situazione, ma su un campo di patate a rimetterci non può che essere la squadra più ricca di qualità, più propositiva, più portata al fraseggio.

CAMPO DI PATATE - Tutto questo andava detto, perché appiccicare etichette di mediocrità a determinati calciatori dopo novanta minuti così particolari, direi unici, è profondamente ingiusto. Proprio a partire dalla precedente trasferta polacca di Nations League, nell'autunno 2018, Mancini ha plasmato una rappresentativa dall'altissima capacità di palleggio, di tessitura precisa al millimetro, in grado di non sprecare che pochissimi palloni. L'Italia del Mancio è questa, quella dal gioco elegante e privo di sbavature che ha fruttato dieci vittorie su dieci match nelle qualificazioni europee e anche le goleade attese per decenni, ultima della serie il recente 6-0 in amichevole con la Moldavia - Moldova. Alle corte: tutti quei passaggi sbagliati, tutte quelle palle perse, difficilmente li rivedremo ancora da parte dei nostri. Così come è quasi matematico che Jorginho non commetterà mai più tutti quegli errori di misura, di tocco, di controllo visti poche ore fa: mai più, nemmeno se ci si mettesse d'impegno. 

IN MEZZO BRILLA SOLO VERRATTI - Che poi, al di là del terreno, l'italo-brasiliano sia incappato in una serata assai poco brillante è un altro dato di fatto, e apre il capitolo dei lati oscuri della prova di Danzica. Si è rivisto il trio di centrocampo teoricamente titolare, ma solo Verratti ha svolto appieno il suo compito, con buone intuizioni in fase costruttiva e il consueto apporto in copertura, mentre Barella, pur sufficiente, si è visto a tratti e, in particolare, non ha mostrato la risolutezza negli inserimenti sfoderata in altre circostanze. Più in generale, è stata un'Italia frenata da strane titubanze al momento di concludere, poco sbrigativa, più incline al passaggio in eccesso, alla rifinitura superflua, che alla battuta a rete. Limite grave soprattutto in certe gare, nelle quali il dominio della manovra non riesce ad essere continuativo. In effetti, sono stati i nostri a condurre le danze, come quasi sempre capita, ma spesso le loro trame sono state spezzate, vuoi per mancanza di precisione vuoi per le brutture del campo, consentendo ai padroni di casa veloci ripartenze, peraltro approdate a rari pericoli. Ne abbiamo contati due, sostanzialmente, neutralizzati da ottimi interventi difensivi: Emerson ad anticipare su Lewandoski nel primo tempo, e Acerbi che ha deviato di pochi millimetri la conclusione ravvicinata di Linetty, sventando una beffa in extremis che sarebbe stata inaccettabile. 

EMERSON OK, CHIESA NO - Dicevamo di Emerson: pur non sempre preciso, ha sostanzialmente convinto per spinta, buon contributo dietro e un paio di pericolosissime incursioni in avanti, che nella ripresa han fatto gridare al gol. Un suo colpo di testa in tuffo su traversone di Chiesa è finito di poco a lato, poi si è presentato solo davanti a Fabianski, venendo però sbilanciato da un difensore al momento di concludere. Rimango tuttavia del parere che, in questo momento, Spinazzola sia più affidabile per continuità, lucidità e perizia nelle giocate, ma, insomma, sul versante mancino di retroguardia siamo messi piuttosto bene, visto che anche Biraghi il suo lo fa sempre. Buona la prova di Florenzi, più che altro sul piano quantitativo, e discreto Pellegrini, il più attivo e propositivo sul fronte offensivo, ma con la macchia dei tre calci d'angolo sprecati. Chiesa rischia di diventare un problema: incredibile il gol sbagliato in avvio davanti alla porta, poche iniziative degne di nota, tanta confusione. Non è questo il Federico che avevamo conosciuto, rapido, sgusciante, abile nel saltare l'uomo: l'auspicio è che la Juve lo rigeneri e lo trasformi in un campione a tutto tondo, perché ne abbiamo bisogno. 

BUON KEAN E IL REBUS IMMOBILE - Meglio di lui, da subentrato, ha fatto Kean, all'inizio un po' indolente ma cresciuto col passare dei minuti: anche per il neo PSG, però, sono mancate cattiveria e determinazione, che possono arrivare giocando e facendo esperienza ad alto livello. Ancora una prova grigia, infine, da parte di Belotti, e il quadro non è migliorato con Caputo, nello scarso minutaggio avuto a disposizione. Problemi nei sedici metri finali, dunque, e il fatto che le palle gol più nitide della ripresa siano capitate su piede e testa di un difensore (le due citate di Palmieri) deve indurre a severa riflessione. Contro l'Olanda, l'occasione sarà quantomai propizia per lanciare con convinzione Immobile. Per l'ennesima volta: la Scarpa d'oro europea non può avere un ruolo marginale in rappresentativa, a costo di attuare qualche aggiustamento tattico che, peraltro, non porterebbe stravolgimenti radicali allo stile di gioco della squadra. 

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