Sono tempi duri per le Nazionali, e per una in particolare: la nostra. A molti di voi non sarà sfuggita, nelle scorse settimane, la vergognosa alzata di scudi contro la Nations League e più in generale contro le soste dedicate alle rappresentative. Nations League inutile, si dice, come se fossero utili un torneo indecoroso e tecnicamente improponibile quale l'Europa League (che acquista una parvenza di validità solo nei suoi turni conclusivi), o tante partite surreali dei campionati nazionali a cui siamo costretti ad assistere nei mesi primaverili, partite inevitabili in leghe ipertrofiche, ingolfate da squadre che un sistema calcio serio non proporrebbe mai nella massima serie. Viaggi internazionali pericolosi in tempo di pandemia, si sostiene, come se non si fossero registrati contagi e positività anche all'interno dei patri confini. Ma tanto a pagare devono sempre essere le Selezioni e mai i club. Da noi, poi, si aggiunge un problema che temo sia quasi esclusivamente italiano: l'odio aprioristico per la Nazionale.
L'ITALIA VINCE? GLI AVVERSARI SONO SCARSI - I social sono tutto un florilegio di attacchi alla squadra di Mancini, paragoni improponibili con un passato spesso ipervalutato e sistematica tendenza allo sminuire le qualità del Club Italia di oggi. Se si perde (e, fra l'altro, da due anni a questa parte non è mai capitato) è perché i nostri sono scarsi; se si vince, sono scarsi gli avversari. Non si scappa: è scarsa anche la Polonia, strabattuta ieri, una compagine che, al contrario di noi, ha partecipato agli ultimi Mondiali, e che poi si è qualificata, come noi, per l'Europeo vincendo il proprio girone, è tuttora in lizza per il primato nel raggruppamento di Nations e schiera molti elementi che sono punti di forza di nostre formazioni di Serie A, oltre a uno dei bomber più quotati a livello planetario, tal Lewandowski. Ma niente da fare, i nostri sono sempre avversari deboli, modesti, mediocri, come anche la Finlandia che è approdata per la prima volta alle fasi finali continentali e che nei giorni scorsi, sia pure in amichevole, ha colto un successo storico in casa della Francia campione iridata. Ah già, le amichevoli: inutili anche quelle a prescindere, figuriamoci poi in epoca di Covid. Molti evidentemente dimenticano che, per restare all'attualità, la gara con l'Estonia a Firenze era fondamentale da vincere per il ranking Fifa, e per mantenere la testa di serie in vista dell'ormai prossimo sorteggio dei gironi di qualificazione a Qatar '22: e li volevo poi sentire, giornaloni e tifosi, se putacaso l'Italia fosse finita in seconda fascia.
CELEBRAZIONI DISCUTIBILI - Scusate la lunga digressione, ma non ne posso più. Da due anni l'Azzurra del Mancio gioca bene, e gioca un calcio moderno, propositivo, aggressivo, financo elegante. Il cittì ha saputo valorizzare i giovani come pochi suoi successori, ha dato la possibilità di fare minutaggio ed esperienza a elementi che non trovavano spazio nei club, e così abbiamo scoperto che i talenti sono ritornati a fiorire, seppur non in tutti i ruoli e reparti. Non si può essere ciechi di fronte alla crescita esponenziale fatta registrare dal nostro movimento dopo lo scempio dell'esclusione da Russia 2018. A proposito: in questi giorni, molti siti web e pagine social hanno trovato interessante "celebrare" i tre anni dalla Caporetto con la Svezia. A parte la bizzarria dell'anniversario (perché celebrare un triennio? Che senso ha?), ognuno fa legittimamente le scelte giornalistiche che vuole, ma sinceramente mi è sfuggita l'utilità di certi approfondimenti, in questo particolare momento storico. Personalmente, preferisco soffermarmi sul fatto che abbiamo di nuovo una Selezione degna di questo nome, che inchioda davanti al televisore e che ci fa disperare non per il gioco e per i risultati, ché quelli non mancano quasi mai, ma per l'incapacità di chiudere con buon anticipo i match pur creandone ripetutamente i presupposti
CONVINCENTI E PROPOSITIVI - E' quanto accaduto ieri a Reggio Emilia, ed è stata l'unica macchia di una gara tra le più brillanti, efficaci e convincenti del nuovo corso azzurro. Conforta soprattutto una cosa: l'Italia può incappare in serate no, come in occasione del recente pareggio con l'Olanda, ma sono eventi episodici. Il trend, da fine 2018 ad oggi, è chiaro: il livello delle prestazioni è quasi costantemente alto, con oscillazioni dovute anche a situazioni contingenti. Poche ore fa, ad esempio, non erano disponibili Bonucci, Chiellini, Spinazzola, Biraghi, Verratti, Sensi, Castrovilli, Zaniolo, Immobile, Pellegrini, Chiesa, Kean. Per un calcio stracolmo di improponibili stranieri, che offre al Commissario Tecnico e al suo staff un bacino di azzurrabili estremamente limitato, sono assenze pesanti. Eppure, si riesce sempre a mettere in campo formazioni competitive, soprattutto in grado di non discostarsi dal DNA originario imposto dal trainer, cioè di non agire "in emergenza" ripiegando su moduli e tattiche più conservative; anche rimaneggiati, la filosofia è sempre quella di tenere il muso puntato verso la porta avversaria, di manovrare, di giocare la palla. E questa Italia lo può fare perché si ritrova un centrocampo dall'altissimo tasso di classe.
CENTROCAMPO STELLARE, DIFFICOLTA' A FINALIZZARE - Anche questa non è una novità, per chi segue costantemente la Nazionale, ma va ribadito: le doti di palleggio, la capacità di costruzione di gioco della nostra zona nevralgica sono già adesso di caratura europea. Impressionante ed emblematica la ragnatela di passaggi che ha portato al sospirato raddoppio di Berardi su lancio di Insigne. A proposito: il napoletano si è ormai assestato su una quota di rendimento costante e soddisfacente. Ieri è stato il vero animatore di un attacco menomato da Covid e infortuni, ha sfiorato un gol con un tiro ad effetto, un altro lo ha realizzato vedendoselo però cancellato dall'arbitro per fuorigioco di posizione di Belotti. Insomma, dopo tanti dubbi, dopo una lunga attesa, ora abbiamo avuto le conferme che servivano per considerare Lorenzo come elemento chiave della formazione azzurra. Una formazione che è anche tornata a produrre palle gol in quantità: fra il rigore di Jorginho e il 2-0, oltre ad Insigne ci hanno provato Barella con un tiro alto di poco, Emerson sul cui sinistro si è immolato Bereszynski, e due volte Belotti, con una bella girata fuori bersaglio e con una occasione clamorosa fallita a tu per tu con Szczesny, sulla quale peraltro c'è stato un clamoroso mani in area di Bednarek non sanzionato dal direttore di gara francese Turpin. Il Gallo si è anche procurato il rigore dell'1-0 ma, complice una condizione fisica approssimativa, non è ancora la bocca di fuoco di cui questa squadra avrebbe necessità. Lo abbiamo detto: si gioca bene, si produce tanto, ma non si raccoglie in proporzione a quanto seminato. La mente torna anche alla gara vinta in Olanda, che per larghi tratti dominammo uscendo però dal campo con un risicato 1-0.
MIGLIORARE L'EFFICACIA DEGLI INSERIMENTI DA DIETRO - Se l'immenso Immobile laziale in azzurro perde pericolosità, complice anche un quadro tattico a lui non del tutto congeniale, se Belotti non compie il salto di qualità definitivo, se Caputo abbisogna di ulteriori conferme in campo internazionale, le soluzioni restanti non sono molte: una potrebbe essere Kean, che sta facendo benissimo al Paris Saint Germain e che, dopo i problemi caratteriali, si avvia a diventare una carta forse decisiva per il futuro del nostro calcio. Nel frattempo, per porre parzialmente rimedio ai limiti offensivi, occorrerebbe maggiore efficacia conclusiva da parte di chi si inserisce da dietro. Barella, ad esempio, può arrivare al tiro anche più frequentemente di quanto già non faccia, mentre abbiamo visto in un paio di occasioni un Florenzi che, giunto in posizione di "sparo", ha cincischiato fino a perdere l'attimo propizio, ed è abbastanza strano per un giocatore che, ai tempi della militanza romanista, ha sempre avuto una buona confidenza con la porta avversaria.
LOCATELLI SUPER, DIFESA BLINDATA - Rimangono però dati di fatto assolutamente confortanti: la citata, poderosa mole di gioco che scaturisce da un centrocampo di qualità, in cui sta emergendo prepotentemente Locatelli, capace di alternare squisitezze tecniche a giocate di cruda efficacia e precisione. E una difesa solida, sicura, a tratti persino disinvolta in certe uscite in palleggio dall'area. Acerbi ha dominato la terza linea in lungo e in largo, sfoderando tratti di leadership tali da non far rimpiangere Bonucci e Chiellini, Al suo fianco Bastoni ha offerto una prova con pochissime sbavature: sarà anche un pochino merito loro se il "Pallone d'oro virtuale" Lewandowski è stato pressoché disinnescato? Sulle fasce è arrivata una spinta costante da Florenzi ed Emerson, con quest'ultimo capace di prodursi anche in preziose chiusure. Dopo tutto questo, però, la final four rimane da conquistare: siamo primi, ma il viaggio in Bosnia non è mai una passeggiata. Dzeko e compagni non hanno avuto una Nations felice, ma all'andata, a inizio stagione, ci bloccarono sul pari, quindi vincere è tutt'altro che scontato. Ah, una cosa, per chiudere il cerchio con quanto detto all'inizio: se, nonostante le premesse, il primato nel gruppo non dovesse essere centrato, cosa possibilissima, niente lamenti, per favore. Questa Italia è mediocre, no? E allora perché pretendere risultati che non è in grado di ottenere?
Nessun commento:
Posta un commento