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domenica 17 giugno 2012

DIARIO EUROPEO: RISCATTO CECO QUATTRO ANNI DOPO, GRECIA IN VERSIONE 2004

                                    Cechi esultanti: in primo piano la rivelazione Jiracek

Una serata come quella di ieri, i cechi l'aspettavano da quattro anni. A Euro 2008, Plasil e compagni erano a un passo dal superamento del primo turno: a lungo avanti 2-0 nel match spareggio con la Turchia, ancora in vantaggio per 2 a 1 fino a tre minuti dalla fine, il mondo crollò loro addosso, improvvisamente: due reti degli avversari, la prima propiziata da una paperissima di Cech (grandissimo portiere che però, curiosamente, in occasione del massimo torneo continentale incappa spesso in paurose amnesie, si veda anche il recente confronto con la Grecia), e la corsa si interruppe lì, in maniera traumatica e imprevedibile. 
POLACCHI ANCORA NEL LIMBO - La ferita era ancora aperta, anche perché a gettarvi sale sopra era giunta l'esclusione dal Mondiale sudafricano, per mano della Slovenia e, onta delle onte, dei cugini slovacchi. Ma ieri sera, in qualche modo, il cerchio si è chiuso: la Repubblica Ceca ha forzato il pronostico avverso, estromettendo i padroni di casa della Polonia e conquistando addirittura il primo posto nel gruppo A. Verdetto che, per quanto visto sul campo di Wroclaw, non fa una grinza: i polacchi hanno mancato clamorosamente l'appuntamento con la storia, ossia la possibilità di scrivere una nuova pagina di rilievo per il calcio locale, fermo alle glorie dei Settanta e degli Ottanta, gli anni dei Lato, dei Deyna e dei Boniek.  Dopo un primo tempo giocato con buona lena, ma tutto sommato velleitario e fumoso nella capacità di tradurre in pericoli concreti le trame faticosamente intessute a centrocampo, gli uomini di Smuda (sosia polacco del nostro Gianni De Biasi...) si sono sciolti come neve al sole. 
I CECHI CON MERITO - La Repubblica Ceca è più squadra, più brillante atleticamente, più organizzata, più tecnica e più concreta; essendo costruita su di un nucleo storico di provata qualità  e personalità, quello dei citati Cech e Plasil, ma anche di Rosicky, di Hubschman e di Baros, ha inoltre potuto mettere sul piatto della bilancia anche una sperimentata abitudine a certe sfide ultimative, ciò che i  polacchi non hanno. E in effetti i rossi hanno gestito la situazione con grandissima autorità, salvo un black out finale che poteva essere esiziale: un colpo di testa di Wasilewski finito alto di poco e soprattutto un salvataggio sulla linea su tentativo in pallonetto di Blaszczykowski hanno rischiato di far precipitare i ragazzi di Bilek nello stesso incubo di quattro anni fa, ma stavolta la Dea bendata aveva deciso diversamente. Ed è stato giusto così: a parte la beffa del 2008, da ricordare anche il titolo europeo che il team all'epoca allenato da Bruckner avrebbe ampiamente meritato, nel 2004, vedendosi invece stoppato in semifinale da una Grecia miracolata. Così, la fortuna ha in parte saldato il suo debito. 
VINCITORI E VINTI - Fra i vincitori, assolutamente decisiva l'intraprendenza e la continuità d'azione  degli incursori Limbersky, Pilar (una scheggia impazzita fra trequarti e fronte offensivo) e Jiracek, un cavallone impetuoso che travolge tutto e tutti e che ha siglato la qualificazione con due reti pesantissime, quella di ieri e la prima con la Grecia. Sostanzioso e fondamentale l'apporto in fase costruttiva di Hubschman, dal larghissimo raggio operativo, mentre Gebre Selassie ha tenuto fede alle sue origini etiopi e al suo nome (quasi lo stesso di un grandissimo fondista degli anni Novanta), coprendo la fascia destra con fervore inesausto e capovolgendo il fronte dell'azione con percussioni estremamente efficaci. 
Rosicky, assente ieri, quando ha giocato è sembrato meno appariscente di un tempo ma comunque a suo agio giostrando in posizione più arretrata a inventare per i compagni, mentre Baros è meno ficcante, meno presente nel cuore dell'area avversaria, cannoniere in declino, ma pur sempre un sublime cacciatore di palloni e ottimo apripista per i colleghi. Nelle file dei polacchi, ha deluso Lewandowski, attaccante moderno e universale, capace di ripiegare e di suggerire, ma troppo impreciso nel momento topico del tiro; Polanski e Murawski hanno lavorato tantissimi palloni nel mezzo, ma non sempre con costrutto, mentre il migliore è stato senz'altro Blaszczykowski, stantuffo inesauribile, piedi buoni e ottimo tiratore. 
ALTRA BEFFA GRECA - Nella serata delle sorprese, la più grossa è arrivata da Varsavia. Dove ha tenuto banco una Grecia in versione 2004, anzi a tratti persino più ruvida, per capacità di irretire e "spegnere" le luminarie offensive di avversari assai più dotati. La prova coi russi è stata per certi versi commovente: lunghi minuti in trincea, a intasare gli spazi rendendo impossibile la manovra di Arshavin e compagni, e rarissimi sganciamenti offensivi. Il fatto è che, in quelle poche puntate fuori dal fortino, gli ellenici sanno essere sempre pericolosissimi: ieri, un gol di Karagounis e un incrocio dei pali su punizione di Tzavellas, ma anche una deviazione ravvicinata di Katsouranis, in avvio, sventata miracolosamente da Malafeev. Tanto per gradire...  

                                  Gioia russa: scena che a Euro 2012 non si ripeterà

DIFENDERSI NON E' PECCATO - Piccola parentesi: non si può condannare a priori chi sceglie la difesa come unica arma per contrare gli avversari. Ognuno agisce in base alle proprie qualità e ai propri limiti: la Grecia non è una grande squadra, come non lo era otto anni fa. Ha poche individualità di spicco, e deve dunque supplire con un assetto strategico blindato e con una interpretazione perfetta del disegno tattico. Da quando ad Atene ha messo i piedi un insegnante di calcio della statura di Otto Rehhagel, i greci sono diventati bravissimi a fare tutto ciò, e oggi proseguono nel solco tracciato, aiutati certo anche dal miglioramento generale di una scuola calcistica, che negli ultimi quindici anni ha prodotto più talenti che nei cinquanta precedenti.
Nella sfida di Varsavia, grandiosi a far muro dietro Sokratis Papastathopoulos  e Papadopoulos, Karagounis formidabile per spirito guerriero e capacità di sdoppiarsi in filtro e in rilancio, con inserimenti mortiferi (stava anche per procurarsi un rigore, nella ripresa), Samaras addirittura devastante, onnipresente, abile a coprire e costante nei suoi slanci offensivi. 
RUSSIA, PUNIZIONE ECCESSIVA - E la Russia? Non credo sia stata tradita da un complesso di superiorità. Quella di Advocaat era, davvero, la squadra più forte del girone e, con quattro punti dopo due gare, ci stava di tentare una gestione un po' più accorta dell'ultimo impegno. Impegno comunque interpretato col consueto spirito aggressivo: avevamo parlato di quella russa come di una compagine possente, capace di produrre una manovra essenziale, di puntare dritta alla porta senza tuttavia disdegnare qualche ricamo, grazie alle indubbie qualità stilistiche di molti dei suoi interpreti. Tutte cose che si son viste anche ieri, limitate però da un ritmo meno sostenuto e dalla ragnatela dei greci, assai più fitta di quella approntata nelle prime gare da cechi e polacchi. 
Però le occasioni ci sono state, soprattutto nella prima frazione, poi i riflessi si sono annebbiati e la paura di non farcela ha depositato una patina di ruggine sui muscoli e sui riflessi di Dzagoev e compagni, proprio mentre i bianchi avversari moltiplicavano le loro energie in vista del miracoloso traguardo. Dell'Europeo russo, rimangono negli occhi le superbe sgroppate di Zhirkov, formidabile nella spinta sulla sinistra e deciso nel tiro a rete, un Arshavin all'altezza della sua classe e più altruista (ma anche lui ieri ha avuto un paio di buone occasioni "in proprio"), le geometrie di Denisov, un Kerzhakov vivo, incisivo e sempre nel cuore dell'azione, e i riflessi di Malafeev in porta, per chiudere con l'attaccante in sboccio, il citato Dzagoev che a fil di sirena, con una pronta deviazione di testa, ha mancato di un soffio il gol di una qualificazione che, tutto sommato, sarebbe stata ampiamente meritata. Ma gli Europei sono anche questo, come pure i Mondiali: non sempre la partenza lanciata è sinonimo di successo finale, e basta una gara storta per mandare a monte il lavoro di due anni... 

1 commento:

  1. dopo la sconfitta netta dell'esordio in pochi avrebbero scommesso sui cechi che, invece, alla prova del campo, si sono ricompattati meritando alla grande la qualificazione. Ottimo Pilar, bene Jiracek, che ai tempi degli esordi accostarono un po' frettolosamente a Nedved, ma soprattutto sulle fasce dove volano i terzini Limbersky (ex del Modena, dove però giocava in posizione molto più avanzata, tanto per cambiare anche lui erroneamente paragonato a Pavel.. tornato in patria si è imposto da terzino fluidificante, tanto da aggiudicarsi il titolo con il Viktoria Plzen)e il colored, di origine etiope Gebre Selassie, una freccia, utile per il gioco di Zeman, qualora la Roma facesse lo sforzo economico necessario per strapparlo al Werder Brema, a cui pare destinato.

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