Gioia spagnola: Furie Rosse di nuovo in finale
La Spagna è già nella leggenda. Come potrebbe essere altrimenti, con tre finali consecutive, due Europee e una Mondiale, e le prime due già vinte? Se poi domenica arrivasse anche il terzo trionfo, dalla leggenda passerebbe direttamente all'Olimpo degli immortali Dei del calcio. Esagerazioni? Date un'occhiata, anche solo superficiale, ai libri di storia di questo sport, scoprite quante altre squadre sono riuscite in imprese simili, e la risposta verrà in automatico. Certo, se poi non ci si ferma al mero risultato statistico, ecco che le Furie Rosse ci appaiono d'incanto più fragili e insicure, lontane anni luce dalla compagine macchina da gol e schiacciasassi (tranne che contro l'Italia di Donadoni) di Euro 2008, e da quella meno scintillante ma comunque solidissima, continua e pragmatica di Sudafrica 2010.
CALCIO ALL'ANTICA - Diciamo la verità: non è stato divertente assistere alla semifinale con il Portogallo, così come ben poco elettrizzante era risultato il quarto contro la Francia. Due situazioni diverse: sabato scorso, gli uomini di Del Bosque avevano giocato quasi in souplesse, contro avversari mai entrati non solo in partita, ma nemmeno nell'Europeo; una vittoria inevitabile su di una formazione senza idee e senza coraggio, quasi che i due anni della ricostruzione targata Blanc fossero passati invano. Ieri sera, ben altro ci si aspettava da un derby iberico mai decollato. E' stata una di quelle gare che tanto andavano di moda, fra la fine degli anni Ottanta e i primi Novanta, nel calcio internazionale: quante se ne videro, all'epoca, di finali di coppe così, o di partite decisive in Coppa del Mondo o all'Europeo giocate nella stessa maniera, fra prudenza e attendismo? O credete che le modifiche regolamentari del 1992, come quella sul retropassaggio al portiere, siano state partorite solo per vezzo e non per tentare un rilancio del football sul piano delle emozioni e dello spettacolo?
TIKI - TAKA ARRUGGINITO - A Donetsk, si diceva, hanno trionfato la paura e il tatticismo, e sinceramente la cosa mi ha sorpreso in negativo. Ci si aspettava di più dalla Spagna, il cui tiki - taka sembra perdere fluidità, inesorabilità e brillantezza col passare delle settimane: una squadra la cui fine tessitura di gioco, la cui elaboratissima manovra di avvicinamento all'area avversaria non hanno più la forza penetrativa di un tempo, e incontrano difficoltà in precedenza impensabili contro dispositivi difensivi un tantino più infittiti e sofisticati. Ma che dire allora dei portoghesi? Era, questa, la seconda grande occasione della loro storia calcistica: otto anni dopo l'Euro 2004 perso in casa contro la Grecia (!), il giovane Paulo Bento si è ritrovato fra le mani un complesso equilibrato, ricco di talento in tutti i reparti, con gregari di gran sostanza e con un fuoriclasse di dimensioni planetarie in grado, se in giornata e se adeguatamente supportato dai compagni, di prendere di peso la propria Nazionale e di portarla fino al massimo alloro continentale. I segnali, nella gare precedenti con Olanda e Repubblica Ceca, erano stati confortanti: Cristiano Ronaldo era letteralmente toccato dalla grazia.
PORTOGHESI INCOMPIUTI - Un Portogallo che, in questo senso, personalmente mi ha ricordato a tratti l'Argentina mondiale dell'86: un buon team, con giocatori di medio livello ma dalla grande costanza di rendimento ai massimi livelli (i Ruggeri, i Batista, gli Olarticoechea), alcuni elementi di elevata qualità (Burruchaga, Valdano) e un inarrivabile fenomeno (Diego Maradona, el mejor de la historia). Al cospetto di una Spagna che mostrava improvvisamente le prime ruggini di un gioco a lungo preciso come un orologio svizzero, i rossoverdi potevano e dovevano fare di più.
Per oltre un'ora hanno sì smorzato, se non addirittura spento, i tentativi di dei rivali di produrre qualcosa in chiave offensiva, ma lì si son fermati. Lodati a lungo sui teleschermi Rai nel dopopartita quasi come vincitori morali del match, in realtà gli eredi di Eusebio e Rui Costa non hanno saputo abbinare all'eccellente lavoro di contenimento e rottura anche la dovuta efficacia e lucidità in fase di costruzione e di tiro, come, senza andar troppo lontano, aveva invece saputo fare benissimo l'Italia in avvio di torneo, e davanti a una Selecciòn ben più in palla e pericolosa.
Così, se Pepe e Bruno Alves erano inappuntabili dietro e Fabio Coentrao si confermava uno dei migliori esterni bassi di Euro 2012, con un apporto di enorme rilievo sia in difesa che negli sganciamenti, e se al centro Veloso e Meireles si sfiancavano in fase di filtro, nei pressi dell'area spagnola tutto diventava più incerto, quasi evanescente. Ronaldo, l'uomo più atteso, girava troppo al largo, sempre defilato sulla sinistra, era impreciso, precipitoso e inconcludente, ci provava quasi esclusivamente su punizione, calibrando male tutti i tiri come capita nelle serate di luna storta dei campionissimi, e chiudeva, di fatto, la sua grigia partita sprecando malamente un contropiede nella fase finale dei tempi regolamentari.
SPAGNOLI SPUNTATI - Uno spreco, davvero, contro i campioni euromondiali in una delle loro versioni più dimesse e timorose, che controllavano la situazione ma raramente arrivavano a concludere, complice anche la rinuncia iniziale sia a Torres che a Fabregas per lasciare spazio allo spaurito Negredo. Con un roccioso e spiccio Sergio Ramos a montar la guardia dietro, Xabi Alonso, dopo le glorie da attaccante nel match coi francesi, rientrava nei ranghi del suo compito precipuo, che è quello di dar battaglia nella zona nevralgica reggendo con accortezza le file della manovra, impedendo che si sparigli nei momenti di maggior sofferenza; Busquets si dava discretamente da fare nel tentativo di portare in avanti il baricentro del gioco, mentre stupiva Jordi Alba, abile a "percuotere" la fascia sinistra con frequenti discese e accelerazioni, ma anche buon tiratore, e Pedro quando entrava portava un pizzico di vivacità in più davanti, giungendo anche a un passo dalla rete.
SUPERBO INIESTA - Tuttavia, l'unica vera stella che brillava di una luce accecante era, ancora una volta, quella di Iniesta: che magari chiuderà la carriera senza vincere un Pallone d'oro (quello del 2010 gli sarebbe spettato di diritto), ma che continua a dispensare calcio di squisita fattura anche nelle contingenze più avverse: sempre geometrico nei passaggi, è stato anche il più pericoloso e insistente al momento di concludere, prima con una parabola di destro di poco alta e, nei supplementari, con un tentativo da distanza ravvicinata che Rui Patricio ha sventato, e che avrebbe potuto chiudere in anticipo la gara, come forse sarebbe stato giusto, perché nell'extra time i campioni in carica hanno preso in mano le redini del gioco e hanno costruito quel qualcosa in più, in termini di pressione e di palle gol, sufficiente a legittimarne il successo.
RONALDO SENZA RIGORE, ASSURDO - La giostra finale dei penalty, come accaduto per l'Italia contro l'Inghilterra, ha giustamente premiato chi ci ha provato maggiormente. E anche dai tiri dal dischetto, la conferma di un'occasione gettata alle ortiche dai portoghesi: perché quando si dispone di un supercampione che è anche freddo e implacabile cecchino, lo devi mandare subito a trasformare il suo rigore, o comunque entro i primi tre tiri: tenerselo per ultimo è assurdo, perché corri il rischio di non arrivarci nemmeno, alla battuta conclusiva. E' accaduto altre volte in passato (ricordo un Juve - Real Madrid di Coppa Campioni negli anni Ottanta, con Platini risparmiato per l'ultimo rigore che però non tirò mai, in quanto i bianconeri ne avevano già sbagliati a sufficienza per uscire dal torneo...), e la regola è stata impietosamente confermata ieri: così, il fenomeno Cristiano Ronaldo è scivolato mestamente fuori dall'Europeo senza lasciare il segno nella gara più importante. Eusebio, la Pantera nera, e i suoi nove gol in un solo Mondiale (quello del 1966) rimangono un mito inavvicinabile.
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