Quattro settimane di Coca-Cola Summer Festival hanno restituito all'estate la sua dimensione di "stagione della musica leggera", i tre mesi in cui il pop easy listening deflagra e invade piacevolmente le nostre vite, diventandone colonna sonora più che in altri periodi dell'anno. Lo avevo già scritto dodici mesi fa: c'era bisogno di una manifestazione così. E ora lo si può ribadire senza timore: la festa romana è andata definitivamente a colmare il vuoto lasciato dal Festivalbar. C'è ancora chi considera "blasfemo" l'accostamento fra i due eventi, e sinceramente non riesco a comprenderne appieno i motivi.
UN DEGNO EREDE - Intendiamoci, personalmente posso ritenermi un "nostalgico", in questo senso: mi manca la kermesse di Salvetti, per com'era strutturata, per gli evergreen che ha sfornato (ma erano altri tempi, per la discografia) e per quello che ha rappresentato per più di una generazione di appassionati di canzonette. Però non si può rimanere prigionieri del passato a oltranza, e trovo che il "Coca-Cola" stia dimostrando, anno dopo anno, di poter essere considerato a pieno titolo l'erede della cara, vecchia rassegna veronese del juke box. Perché se lo si analizza nei dettagli tecnici, la riproduce quasi fedelmente, migliorandone addirittura alcuni aspetti.
C'è davvero il clou della produzione pop del periodo, impreziosita dalle ospitate di alcune eccellenze cantautoriali e di superbig; ci sono giovani che solitamente non trovano molto spazio a livello televisivo; rispetto al Festivalbar, il Summer Festival si fa preferire per il ricorso generalizzato al live (che Andrea Salvetti riuscì a introdurre solo negli ultimi anni di vita della creatura di papà Vittorio), per una formula più marcatamente competitiva (c'è concorso sia per i "vip" sia per gli emergenti, mentre da metà anni Novanta in poi il concetto di gara, al Festivalbar, risultò assai annacquato), e per una presenza meno invadente di artisti di fuorivia, cosicché le luci della ribalta privilegiano, giustamente, la produzione di casa nostra.
DAI TALENT RAGAZZI CHE VALGONO - E allora, qual è il problema? Se si stratta della massiccia partecipazione di giovanotti usciti dai talent show, beh, sarebbe anche l'ora di smetterla con questa eterna aria di sufficienza e di snobismo: ho spesso scritto su questo blog che non sono affatto entusiasta della "sceneggiatura", del format che caratterizza trasmissioni come "Amici" o "X Factor", ma negare che da esse siano usciti cantanti di valore vorrebbe dire negare la realtà; così come non si può restare indifferenti di fronte ai formidabili esiti commerciali che i dischi di questi virgulti ottengono quasi sistematicamente. Fuochi di paglia? Sarà il tempo a dirlo, ma i successi "one shot" esistevano anche nei Sessanta, Settanta, Ottanta...
Se invece la nostalgia per il bel tempo che fu è dovuta alla differenza di qualità della proposta musicale, beh, il discorso diventerebbe troppo lungo e complesso. Fermo restando che peserebbe massicciamente il gusto personale, e che comunque il ricordo delle canzoni della nostra giovinezza ci rende tutti scarsamente raziocinanti nella valutazioni, mi pare di poter dire che gli ultimi due anni abbiano sancito un deciso ritorno al pop di facile presa, alle canzoni immediate, ai ritornelli orecchiabili che sono decisivi, piaccia o no, per la ripartenza di un mercato discografico sempre boccheggiante.
CONTENITORE DI SUCCESSI - In questo quadro di riscoperta della semplicità, risultava fondamentale il recupero di una rassegna canzonettistica modellata sul vecchio Festivalbar: perché, ne sono convinto, la sola produzione musicale non basta, ma deve essere "inquadrata" in un contenitore che la veicoli sapientemente, che dia forma a una colonna sonora dell'estate, che crei un "pacchetto" all'interno del quale, poi, ogni appassionato possa pescare il personaggio, il brano, il genere che più gli aggrada. Anche a questo servono i Festival, e il Coca Cola ha adempiuto al meglio tale funzione.
Ha vinto, come era ampiamente prevedibile, Alvaro Soler, purtroppo assente alla premiazione per pregressi impegni (questo è un punto sul quale l'organizzazione, in futuro, non dovrà transigere: il trionfatore "deve" chiudere l'evento, consegnare il trofeo al suo discografico è abbastanza triste): "El mismo sol" ha in effetti tutti i crismi dei classici tormentoni canicolari di una volta, come anche "Everytime" dei The Kolors, anch'essi mattatori al pari dello spagnolo, avendo vinto due puntate su quattro. E' gente che monopolizza le classifiche di vendita e di gradimento, in questo senso il Summer Festival registra fedelmente i gusti dei consumatori mainstream.
NEFFA, DOLCENERA E LA "PRIMA VOLTA" DI VENDITTI - Ma da Roma sono giunte altre note piacevoli: Neffa è tornato in versione convincente con la cadenzata "Sigarette", Dolcenera prosegue con efficacia nella sua ricerca di un easy listening contemporaneo, elaborato e non convenzionale, che trova adeguata espressione nella variegata "Fantastica", un azzeccato mix di melodia e atmosfere dance; e proprio alla dance si è imprevedibilmente convertito Antonello Venditti con la trascinante "Ti amo inutilmente", che in ogni caso passerà alla storia perché, vado a memoria, ha segnato la prima partecipazione del cantautore a una gara musicale. Di Annalisa e della sua "Vincerò" avevo già tessuto le lodi quando recensii il suo album ("Convincente nella strofa, di fortissimo impatto nel ritornello").
Piacevoli e di sapore estivo i singoli di Lorenzo Fragola, ("#Fuori c'è il sole") e della strana coppia Baby K. - Giusy Ferreri ("Roma - Bangkok"), buona prova di Nesli ("Quello che non si vede") e degli irriverenti J-Ax e Il Cile ("Maria Salvador"), mentre più spazio avrebbero meritato emergenti rampanti come Paolo Simoni e Levante. Significativo, ancorché personalmente non mi entusiasmi, il trionfo di alcune cover, su tutte "Se telefonando", che completa il rilancio di Nek già sancito prepotentemente dal Festival di Sanremo (e comunque ben vangano queste operazioni, se servono a far scoprire ai ragazzini di oggi capolavori musicali di svariati decenni fa).
Ma citare tutte le canzoni di buon livello emerse dalle quattro serate romane sarebbe impossibile. Da segnalare la massiccia presenza di "reduci" sanremesi, ulteriore dimostrazione dell'eccellente lavoro svolto nell'inverno scorso da Carlo Conti, il giusto tributo alla galassia rap - hip hop che, volenti o nolenti, sta monopolizzando il mercato di questi anni, e una competizione fra nuove proposte che ha incoronato l'istrionico Matthew Lee e il suo "E' tempo d'altri tempi", coraggioso tentativo di recupero in chiave moderna di sonorità rock 'n roll.
COSE DA CAMBIARE - Cosa manca, allora, al Coca-Cola Summer Festival per diventare definitivamente adulto? Butto lì un paio di cose: un sistema di votazione più chiaro nelle cifre (dati numerici non ne sono stati forniti, durante le trasmissioni televisive) e che coinvolga un maggior numero di appassionati, magari tramite referendum popolare: ai tempi del Festivalbar si votava con le schede pubblicate da Sorrisi e Canzoni, ora si potrebbe trasferire tale metodo sul web. In seconda battuta, sarebbe opportuno che la kermesse non si esaurisse entro luglio ma che, magari, celebrasse la sua conclusione a fine agosto o a inizio settembre, in modo da incoronare davvero la canzone regina dell'estate, quella più "gettonata" (termine da... Festivalbar) durante tutta la stagione calda. Al di là dei ritocchi alla formula, una base da cui ripartire dovrebbe in ogni caso essere la diretta tv: ricordiamo che questo festival si è tenuto a fine giugno, e la differita ne annacqua inevitabilmente il pathos, oltre a esporlo a rischi di spoiler in rete.
Nessun commento:
Posta un commento