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lunedì 28 novembre 2016

DOPO IL TRIONFO SULLA JUVE: I PIU' E I MENO DEL GENOA A UN TERZO DEL CAMMINO


Un terzo del cammino in campionato è stato compiuto: tempo dunque di primi bilanci in casa Genoa. Debbo essere sincero: avessi scritto una settimana fa, e ne avevo pure fatto cenno su Facebook, non me la sarei sentita di archiviare come totalmente positiva questa prima, significativa parte di stagione. Poi, la strepitosa impresa contro la Juventus ha rimescolato le carte e mi ha reso più indulgente. Mi si obietterà: può una sola vittoria, per quanto prestigiosa, sorprendente e meritata come quella di ieri, far cambiare radicalmente un giudizio? Beh, radicalmente no di certo, ma parliamoci chiaro: l'impressione offerta dal Grifone al cospetto dei pentacampioni d'Italia è stata ben più che notevole. Gianni Cerqueti, a Novantesimo minuto, ha parlato di uno dei primi tempi migliori nella storia rossoblù. Con tutta la stima per il popolare telecronista Rai, certe affermazioni sono oltremodo azzardate, riferendosi a una società che ha alle spalle 123 anni di storia e di partite, e tuttavia... 
JUVE SCHIANTATA - Tuttavia, il dato oggettivo è che la formazione di Juric ha letteralmente schiantato Madama, sul piano della fisicità, del ritmo, della concretezza, persino della qualità di manovra. E lo ha fatto pur dovendo rinunciare ad elementi chiave come Veloso e soprattutto Pavoletti, che per il Genoa vanno ritenuti quasi vitali, in particolare la punta azzurra. Assenze ne aveva anche la Juve, certo, ma credo che il confronto non regga: basta dare uno sguardo all'organico a disposizione di Allegri per capire come qualche forfait, pur doloroso, possa essere tamponato con soluzioni che farebbero la fortuna di qualsiasi altro club di Serie A. 
Poi, ovvio che quando maturano certi risultati inattesi la verità va sempre cercata a metà strada: in parole povere, anche i torinesi ci hanno messo del loro, così come del resto hanno quasi sempre fatto fin dall'inizio della stagione (difficile trovare una loro partita in cui abbiano brillato di luce intensissima dal primo all'ultimo minuto); la differenza è che stavolta, come accaduto nelle due infauste trasferte a San Siro, hanno trovato una compagine abile, sveglia, svelta e tonica, e soprattutto non rassegnata al peggio, capace di metterne da subito impietosamente a nudo i limiti atletici, tattici e mentali. 
COME DUE ANNI FA? NO... - Una curiosità: anche nel felicissimo campionato di due anni fa (mancata licenza Uefa a parte...), nella prima parte del torneo il Genoa aveva messo a segno gli stessi colpacci contro le stesse grandi: Antonini e Antonelli castigarono Juventus e Milan di misura, mentre questa volta i due successi hanno assunto proporzioni decisamente più ampie, 3-0 ai rossoneri e 3-1 a Buffon e compagni. Credo però che i paragoni debbano fermarsi qua, rinviando i sogni di gloria. Il Grifone del 2014/15 non si era limitato a quei due acuti, ma aveva già dato ampie dimostrazioni di affidabilità e tenuta anche contro avversari più "terrestri", che è poi ciò che fa la differenza fra una squadra in grado di puntare in alto e una che deve accontentarsi di un piccolo cabotaggio interrotto da qualche isolato exploit. E il prosieguo confermò le favorevoli impressioni: nonostante la rivoluzione invernale di mercato, Gasperini continuò a far marciare il complesso a ritmi elevati, innalzandolo fino al sesto posto conclusivo. A quel Genoa indemoniato è casomai da paragonare la terribile Atalanta attuale, non a caso guidata dal medesimo nocchiero: vedremo se l'esito finale sarà lo stesso, tenuto conto che quello orobico, pur valido, pare un team un po' meno dotato, sul piano dei valori individuali, rispetto ai rossoblù dell'epoca (ricordiamo i vari Bertolacci, Kucka, Perotti, Niang e Iago Falquè). 
OCCASIONI MANCATE - Questo Genoa, ragionevolmente, non pare in grado di ripetere la splendida cavalcata di due tornei fa. E' una compagine dalle potenzialità notevoli, perché certi successi - boom non si ottengono per caso, soprattutto se sono sostenuti da prestazioni di così alto spessore. Ma la prima parte del campionato ha detto anche altro, e in primis che questa squadra manca drammaticamente di continuità. Il calendario è stato fin qui estremamente favorevole, però le occasioni migliori sono state gettate al vento: le mancate vittorie nelle tre gare casalinghe con Pescara, Empoli e Udinese (ma anche il derby perso contro una Sampdoria in gravi ambasce psicologiche, sfida peraltro assai sfortunata) gridano vendetta.
Scusanti di peso si possono accampare solo per il pari con gli abruzzesi, condizionato dalla clamorosa svista arbitrale sul salvataggio di mano di Zampano; ma la settimana prima era stato il Napoli a recriminare per certi episodi nel match di Marassi. Insomma, al contrario di quanto avvenuto troppo spesso in passato (anche nella citata, fausta stagione 2014/15), finora le giacchette gialle hanno avuto un'incidenza assai relativa sulle sorti del Grifo. Più pesante è stata, per l'appunto, la mancanza di killer instinct negli appuntamenti "alla portata", i black out che hanno frenato Perin e colleghi ogni volta che c'era la possibilità di spiccare il volo. 
PAVOLETTI, VELOSO E I POCHI RICAMBI - Di questo non si può certo accusare Juric, che sta anzi facendo sostanzialmente bene alla sua prima esperienza nella massima categoria: ha seguito il solco tracciato dal suo mentore Gasperini, magari con gioco meno verticale e più elaborato nonché più attenzione alla copertura. Ne risultano un maggior equilibrio complessivo ma anche un pizzico di difficoltà in più a pungere in zona gol (nonostante le occasioni arrivino), come dimostra del resto il misero score messo insieme nelle partite prima citate (Pescara, Empoli, Udinese).
Le attenuanti esistono, comunque: la solita spada di Damocle dell'infermeria, innanzitutto, con particolare riferimento a Pavoletti, che resta elemento chiave non solo come terminale ma più in generale per lo sviluppo di tutta la manovra offensiva (lo ha dimostrato chiaramente contro il Milan) e che Preziosi tenterà di trattenere fino a giugno, anche se le sirene si fanno sempre più insistenti; un Veloso che, per quanto dignitoso, anche in questa sua seconda esperienza sotto la Lanterna non riesce ad essere incisivo e carismatico nell'organizzazione di gioco come potrebbe e dovrebbe; le troppe espulsioni che hanno caratterizzato questa prima parte del cammino; e poi, una apparente inadeguatezza della rosa a livello di ricambi in determinati ruoli: è ancora tutta da dimostrare la validità a questi di livelli dei vari Orban, Biraschi, Brivio, Ntcham (spero ovviamente di essere smentito), mentre Pandev continua il suo digiuno nei sedici metri finali e Gakpè non regala più di qualche lampo. 
LE NOTE LIETE, DA RIGONI AL CHOLITO - Anche nel mezzo le alternative sono ridotte all'osso, soprattutto dal momento in cui è stato ulteriormente avanzato il raggio d'azione di Luca Rigoni, chiamato a un lavoro piuttosto sfiancante fra centrocampo e trequarti ma, in compenso, ancor più presente e pericoloso negli inserimenti in zona d'attacco. Le note liete vengono proprio dalla fascia di campo in cui si rifiniscono le azioni e si punta verso la porta avversaria: oltre al generoso ex Palermo, si stanno ritagliando spiccioli di gloria lo sgusciante Ninkovic e il virtuoso Ocampos che sta finalmente uscendo dal guscio dopo essere stato adeguatamente pungolato dal mister; ma si tratta comunque di due classe '94, e, come tali, naturali prede di quegli sbalzi di rendimento tipici dell'età più verde: possono dunque tornare utilissimi, ma difficilmente saranno sufficienti a far compiere un poderoso salto di qualità. Menzione anche per Lazovic, che però deve fare ben più dello splendido assist di ieri a Simeone  (gol del 2-0) per rimediare a tanti passaggi a vuoto accumulati anche nell'annata passata. 
Proprio Simeone jr è la novità più bella, una nuova scommessa vinta da Preziosi, una delle tante della sua turbolenta presidenza, va detto: l'impatto con la Serie A nostrana di questo giovanissimo è stato sensazionale, quattro gol pesanti, due realizzati ieri a mettere sollecitamente ko la Signora: un crack che rende il Genoa meno Pavoletti - dipendente e che deve essere accuratamente gestito, e quindi non gravato di eccessive responsabilità. Nelle retrovie, meritano una citazione soprattutto il ritrovato Munoz, un Laxalt stantuffo inesauribile ma anche capace di colpi tecnicamente esaltanti, e un Izzo sempre più sicuro di sé, solido perno del reparto difensivo. 
PROSPETTIVE - Come si vede, la squadra ha mezzi più che discreti, seppur limitati in certi ruoli. La lettura pare abbastanza semplice: c'è il necessario per un campionato dignitoso e per una salvezza anticipata (anche perché la quota di permanenza, quest'anno, potrebbe essere clamorosamente bassa: non lo dice solo la qualità delle ultime, invero assai modesta, ma la loro media punti e il conseguente rendimento in proiezione). Di alzare l'asticella, al momento, meglio non parlare: gli alti e bassi sono nemici dei grandi traguardi. Si badi, per il futuro prossimo, a muoversi in maniera oculata nella finestra di mercato di gennaio. Intanto già incombe un interrogativo: come verrà gestito il fattore Coppa Italia, tradizionale buco nero genoano (il fondo è stato toccato dodici mesi fa, con la resa di fronte all'Alessandria)? Tra pochi giorni, col Perugia, il primo verdetto. 

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