Rugani: una sicurezza per la difesa azzurra del futuro
Ci siamo arrivati quasi per sfinimento. Sono stati necessari i tempi di attesa elefantiaci tipici dell'Italia, Paese "vecchio" per eccellenza, restio al cambiamento in tutti i settori; ci si è messo di mezzo anche qualche doloroso incidente di percorso, leggasi i gravi infortuni di Barzagli e Montolivo e la squalifica (preceduta da un netto calo di rendimento) di Chiellini, eventi imprevisti che hanno reso improcrastinabile le iniezioni di linfa verde nel tessuto azzurro. Fatto sta che, alla fine, il tanto atteso rinnovamento dei ranghi, su queste pagine invocato da tempo immemore, si è manifestato. Così, dopo il bicchiere mezzo vuoto di Vaduz, il terzo confronto con la Germania dell'anno solare ha visto in campo un'Italia sperimentale e con lo sguardo rivolto decisamente al futuro.
I GIOVANI MOSTRANO GLI ARTIGLI - Ventura ha rotto gli indugi, ed era tempo: il conservatorismo degli esordi, la prudenza nello sperimentare nuove soluzioni, tattiche e di uomini, non ha pagato, riportandoci in stato di soggezione nei confronti della Spagna e mettendoci in posizione di svantaggio nella corsa alla qualificazione mondiale diretta, che ad oggi sembra poter passare solo attraverso una storica impresa in terra iberica, dove la nostra rappresentativa non vince dal 1949 (c'era ancora il Grande Torino in campo, poche settimane prima della sciagura di Superga). Ci sarà modo di riparlarne nei prossimi mesi: al momento, conta il fatto che si sia finalmente allargato il bacino di azzurrabili.
Certo, rispetto a due - tre anni fa è anche cambiato, seppur impercettibilmente, il contesto generale in cui il cittì deve operare. Certi giovani perennemente condannati all'anticamera della panchina, o magari preda di eccessivi sbalzi di rendimento a causa di un utilizzo col contagocce, oggi sono finalmente delle realtà, più o meno solide. Se prima l'attacco azzurro aveva nel solo Pellè l'unica pedina di statura internazionale, condannandoci ad auspicare un ritorno in auge di Balotelli e Pepito Rossi, ora ci sono Belotti e Immobile che nei rispettivi club giocano bene, con continuità, e timbrano regolarmente il cartellino del gol; e dietro di loro c'è un Pavoletti che rimane sempre una valida alternativa, anche se la sensazione è che il suo magic moment azzurro potesse essere Euro 2016 (ma Conte la pensò diversamente), mentre ora le gerarchie sono diverse e ben delineate.
GLI EREDI DEL "TRIO" - Ma anche la retroguardia sembra aver trovato finalmente un paio di attendibili eredi del trio delle meraviglie juventino: a San Siro, Rugani ha fornito una prestazione di assoluto spessore, sicuro e tempista dietro e sempre pronto ad appoggiare la manovra offensiva, proiettandosi spesso e volentieri in avanti; e Romagnoli, già bene in evidenza in precedenti uscite, lo ha spalleggiato con maestria, mostrandosi attento e concentrato. Da mesi "Note d'azzurro" batteva sul tasto Rugani - Romagnoli: era inevitabile approdare a questa soluzione, e si è facili profeti ipotizzando che i due metteranno in bacheca un bel gruzzolo di presenze azzurre.
ANCORA PROBLEMI IN FASE CREATIVA - Contro la Germania il canovaccio tattico dei nostri è stato incentrato soprattutto sul continuo sfruttamento delle fasce laterali, e in quest'ottica va segnalata un'altra nota lieta, la buona prova di Zappacosta, che già aveva mostrato notevole brillantezza contro il Lichtenstein, e che ieri, chiamato a una prova assai più impegnativa, ha confermato il suo slancio e la sua intraprendenza, sganciandosi ogni volta che se ne presentava l'occasione, anche se non sempre è stato sostenuto dalla necessaria precisione di tocco. Parlando di svecchiamento, siamo ancora a metà del guado a centrocampo, dove in assenza di Verratti è stato il veterano De Rossi a menare le danze. Non abbastanza, però, da dare la necessaria continuità in fase di costruzione del gioco, e questo spiega anche la sostanziale penuria di palle gol italiane: in pratica, il taccuino racconta del clamoroso palo colpito, quasi in finale di match, da Belotti su splendida tessitura di Bernardeschi, il quale poco prima aveva concluso debolmente fra le braccia di Leno da posizione favorevolissima; in precedenza una bella incursione di Immobile nel primo tempo (ma tiro sballato), un affondo dello scatenato Belotti chiuso con una caduta e un rigore inutilmente invocato, un destro a giro impreciso di Immobile su passaggio filtrante ancora di Bernardeschi. Il fatto che il talentino viola abbia portato un pizzico di brio in più indica ulteriormente la via: per aumentare le chances offensive di questa squadra, occorre puntare forte sulla nostra batteria di incursori, trequartisti ed esterni alti, visto che a parte Verratti non abbiamo ancora, nella zona nevralgica, centrali in grado di verticalizzare con efficacia.
TEDESCHI MINACCIOSI "CON PARSIMONIA" - Il bilancio del martedì milanese è comunque sostanzialmente positivo: sarà anche vero che i tedeschi non hanno mostrato particolare animus pugnandi, ma nemmeno hanno tirato indietro la gamba: potevano castigarci nel primo tempo con Gundogan (tiro telefonato dopo una bella triangolazione), Goretzka (salvataggio di Buffon) e Muller (respinta di Zappacosta), han fatto centro nella ripresa con un tocco sotto misura di Volland a beffare Donnarumma, ma l'arbitro ha annullato per offside. Dunque, la Mannschaft riveduta e corretta di Low ha fatto il suo, pur senza strafare. Per i nostri "nuovi" è stata un'utile esperienza contro avversari di gran classe, l'unica cosa che davvero conti in confronti sperimentali come questo.
I FISCHI? GENERAZIONE IRRECUPERABILE - E' l'eredità più importante e positiva lasciata dal Meazza, mentre quella negativa è rappresentata dai soliti fischi all'inno degli avversari, problema irrisolvibile perché, sul piano dell'educazione civica e della cultura, la generazione attuale, quella che in larga maggioranza frequenta oggi gli stadi italiani, è ormai perduta e irrecuperabile; occorrerebbe lavorare fin dalle scuole elementari sui giovanissimi, ma i ragazzini vanno già adesso alle partite e magari ridono, o partecipano attivamente, quando il pubblico grida "ohhhhh, merda!" al portiere avversario che rilancia il pallone, una tiritera che ieri sera ha raggiunto livelli insopportabili e che è ormai uno squallido tormentone in molti impianti della Penisola.
VADUZ E LAPADULA - Altri spunti di questa parentesi azzurra novembrina: inutile ritornare sulla nostra tradizionale idiosincrasia alle goleade, confermata sabato scorso dopo un ottimo primo tempo: solo che questa volta si gioca davvero col fuoco, visto che le reti segnate potrebbero risultare decisive per l'ammissione a Russia 2018. Di buono c'è che, in attesa di sciogliere il nodo - Albania in primavera, nel "girone di ritorno" l'Italia giocherà in casa con Israele, Macedonia e Lichtenstein, tutti confronti da risolvere, una volta per tutte, portandosi il pallottoliere.
Altra "pillola critica" sulla convocazione di Lapadula, tecnicamente incomprensibile. Anni fa, su queste stesse pagine, auspicai che i cittì di volta in volta in carica forzassero la mano ai colleghi di club, convocando i giovani più promettenti quando ancora non erano titolari nelle società di appartenenza, per superare l'impasse determinato dall'esterofilia dilagante nelle formazioni titolari della nostra Serie A. In quel contesto, una chiamata come quella riservata all'attaccante ex Pescara avrebbe avuto senso. Oggi no, per i motivi già detti in apertura: oggi qualcosa si sta muovendo, l'emergenza sembra essere in fase di rientro (ma non diciamolo troppo forte...), qualche nuovo virgulto si sta ritagliando importanti spazi di gloria, e soprattutto in prima linea è aumentato il numero di elementi in grado di ambire legittimamente alla maglia azzurra: per questo, chiamare Lapadula dopo poche presenze e un solo gol in Serie A è scelta priva di fondamento. Che il ragazzo si faccia strada nel Milan e confermi nella massima categoria l'inesorabilità sotto porta sciorinata in B, poi ne riparleremo.
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