Italia-Lituania è stata, nel suo piccolo, la riscoperta delle radici, quelle del 2018, quelle da cui è nato tutto il bello di questo triennio. Un nuovo inizio per l'Azzurra versione Mancio nella sua essenza più genuina, nei suoi princìpi cardine, e che sgombra il campo da qualsiasi "sindrome da riconoscenza" che possa frenare ogni ulteriore progresso della nostra Selezione: il cittì non sarà mai prigioniero del passato, sa che ci sono i margini per crescere innovando nella continuità, e percorrerà questa strada fino in fondo. La scorribanda di Reggio Emilia, un 5-0 maturato in meno di un'ora di gara, non merita ovviamente celebrazioni o trionfalismi, ma scrive un capitolo comunque significativo dell'era Bobby Gol, un capitolo perfettamente coerente con i passi fin qui compiuti. Passi che raccontano di una gestione "verde" nello spirito e nei fatti, con poche chiocce e tantissimi pulcini chiamati a misurarsi sul campo dopo brevi anticamere in panchina. La filosofia è sempre stata questa, fin dall'inizio dell'avventura: buttare nella mischia forze nuove appena se ne intravede la possibilità o, come in questo caso, quando il ringiovanimento diventa un'urgenza dettata dall'emergenza. Ieri, la preparazione atletica ancora in abbozzo e il cumulo di impegni ravvicinati consigliavano un forte turn over, la caratura dell'avversario incoraggiava la scelta, la gragnuola di infortuni e affaticamenti la rendeva obbligata, l'equilibrio psicologico del gruppo richiedeva uno scossone di qualche natura, uno stimolo particolare.
CONCORRENZA - Corsi e ricorsi: spesso, per rivitalizzare campioni forse preda di un momentaneo rilassamento mentale, occorre pungolarli mettendoli di fronte a una agguerrita concorrenza. Il Trapattoni cittì nel 2003 ricorse alle seconde linee per scuotere i grossi calibri dell'epoca che troppe volte in azzurro diventavano fantasmi, e per un po' di tempo ci riuscì. Situazione radicalmente diversa, è chiaro, in questo dolce 2021, ma è giusto che gli Insigne e gli Immobile, i Bonucci e i Chiellini comincino da subito a sentire sul collo il fiato della nouvelle vague. Lo ripeto da mesi: il bacino da cui pescare si è ampliato quantitativamente e soprattutto qualitativamente, e dopo due lustri di magra sarebbe delittuoso non approfittare di questa buona semina.
PESSINA E BERNARDESCHI ISPIRANO, KEAN E RASPA BRACCI ARMATI - Così è stata, di nuovo, "Giovine Italia": dinamica, avvolgente, precisa ed efficace nell'assediare i sedici metri avversari, con la vivacità e il movimento continuo di Pessina ad animare la fase di costruzione, con un Cristante determinato e sicuro di sé nel lancio e negli inserimenti, con Bernardeschi particolarmente ispirato nelle vesti di suggeritore e rifinitore. Con questi tre motori alle spalle, e Jorginho a fare il "padre nobile", sorvegliando da dietro senza strafare gli ardori dei compagni emergenti, i due baby Kean e Raspadori hanno potuto giostrare a briglia sciolta, sia pur con dinamiche tattiche diverse: guizzante, velocissimo, ficcante il neo juventino con le sue percussioni laterali e l'abilità nel convergere al centro, universale il giovanissimo del Sassuolo, attaccante ultramoderno, a tutto campo, capace di ripiegare e di presentarsi lucido in fase di "sparo", di concludere da media e corta distanza, di districarsi nel cuore dell'area senza paura (già lo aveva fatto nel finale di Firenze, pur trovando ovviamente meno spazi). Entrambi, soprattutto, puntano a rete senza eccessivi ghirigori, senza titubanze, in modo diretto (Kean ha cominciato a gigioneggiare solo quando si è trovato a corto di fiato), e in questo momento è forse quello che davvero ci vuole per accentuare la pericolosità del nostro team.
NUOVI SCHEMI OFFENSIVI - Certo non bastano due gol a testa contro la Lituania (il primo di "Raspa" è, per la verità, più un autogol, ma vabbè) per avanzare candidature prepotenti alla titolarità, ma va tenuta in assoluta considerazione la modalità con cui si è approdati all'ottimo bottino delle... imberbi punte: tatticamente, è un modo di approcciare la fase offensiva diverso da quello incentrato su Immobile punta fissa, un modo che sembra offrire più variabili, più soluzioni, forse più imprevedibilità, fermo restando che gli attuali tenutari delle casacche azzurre dalla trequarti in su, Chiesa e Insigne, Berardi e Ciro, se al top della forma sono pur sempre in grado di tagliare a fettine le retroguardie nemiche. Ma ora le alternative ci sono, sono credibili e hanno avuto un discreto battesimo, senza contare che per Kean è una seconda nascita in Nazionale, dopo il folgorante debutto di inizio 2019 poi frenato da questioni soprattutto caratteriali.
C'è dell'altro: nella scarsa attendibilità tecnica della ripresa di Reggio Emilia, oltre al casuale cross-gol di Di Lorenzo si è visto uno Scamacca che porta più peso, più fisicità in area e che necessita forse di schemi più tradizionali, e han fatto capolino alcuni bagliori di Castrovilli, apprezzabile nei tentativi di costruire e abile al tiro (un suo palo con un destro da fuori meritava la rete). Altri piccoli mattoncini di un edificio azzurro che sta aumentando di dimensioni senza perdere bellezza e armonia nelle linee.
SBLOCCARLA SUBITO, POI... - Poco altro resta da scrivere, su una partita come quella di ieri era. Giochiamo con un interrogativo solo in apparenza banale: più meriti dei nostri o più demeriti dei rivali? La risposta è la medesima seguita a tante Italia-Lituania del passato (dove ai baltici si può sostituire il nome di altre nazionali di basso livello incontrate nel tempo, da Malta al Lichtenstein), ma val la pena di essere ribadita e tenuta a mente, quando ricapiterà di stentare contro le "piccole". Il segreto è sbloccare il risultato il prima possibile: se ci riesci, e poi continui a premere sull'acceleratore, tutto diventa più semplice, e si moltiplicano le possibilità di portare a casa uno score cospicuo. Se invece non sfondi subito, la controparte acquisisce coraggio e "cazzimma", moltiplica gli sforzi, rinserra ancor più le file accentuando il proprio atteggiamento difensivista e intasando gli spazi a ridosso della sua area e all'interno di essa: a quel punto, la goleada diventa impossibile, e si corre addirittura il rischio della suprema figuraccia, ossia la mancata vittoria.
LA "CRISETTA" SUPERATA - Ecco perché, "dopo", tutto sembra più facile. A Reggio Emilia, l'Italia ha approcciato l'incontro col piglio giusto: senza fasi di studio o di assestamento, ha subito aggredito e preso possesso del terreno. Non era scontato, dopo le due docce fredde di Firenze e di Basilea. Checché ne dicano i pompieri in servizio permanente effettivo, la "crisetta" c'è stata, una crisetta fatta di occasioni clamorose sprecate in entrambi i match, di due punti persi concedendo ai bulgari il cento per cento di percentuale realizzativa (un'occasione e un gol), e di una involuzione di gioco evidente soprattutto con gli elvetici, conseguenza soprattutto, lo avevo scritto, di una condizione deficitaria che è del resto fisiologica, per come sono attualmente impostati i calendari interni e internazionali. E definirla piccola crisi era opportuno, perché l'appannamento riguardava la rappresentativa campione d'Europa, non una selezione qualsiasi.
Una formazione opportunamente rinfrescata è stata più che sufficiente ad archiviare la pratica lituana. Nel futuro immediato, Mancini dovrà essere abile a compiere un mirabile lavoro di sintesi, armonizzando veterani e new entry. Quello che, ripeto, ha sempre fatto dal 2018 in poi, ma operare su una squadra fresca di trionfo è mille volte più arduo.
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