Niente da fare. Proprio non ci si riesce a smarcare dalla maledizione agostano-settembrina che grava da anni sulla nostra Nazionale. Non si scappa: alla prima uscita stagionale o non si vince, e a volte si perde persino, o si vince ma giocando in maniera deludente quando non invereconda (ricordo un Cipro-Italia e un Italia-Malta da far accapponare la pelle...). Inutile dire che per ieri sera sarebbe stata di gran lunga preferibile questa seconda soluzione, perché non era una partita qualsiasi e perché i due punti persi rischiano di pesare parecchio, sulla strada verso Qatar '22. Se e quanto peseranno effettivamente, lo sapremo a breve, domenica sera per l'esattezza, dopo il confronto di Basilea, che delicato lo era già di per sé e che adesso è diventato delicatissimo. Vogliamo fare due conti? Per arrivare al Mondiale basteranno venti punti, ossia basterà ripetere nella seconda parte del girone quanto è stato fatto nella prima: ma venti punti vuol dire prenderne almeno quattro alla Svizzera. Qualsiasi altra soluzione ci esporrà a rischi enormi: lotta punto a punto e incerta fino alla fine, decisione alla differenza reti, secondo posto e gironcini di spareggio. E' innegabile che siamo più forti degli elvetici, ma lo siamo anche dei bulgari, eppure...
DOV'ERA L'AUTOREVOLEZZA DEI CAMPIONI? - La premessa, cruda ma realistica, era doverosa. Non posso negare di essere profondamente deluso: non possiamo ricadere nell'errore di sbagliare le gare da non sbagliare, non ora, da campioni d'Europa. Se c'è un'eredità del trionfo di Wembley che dobbiamo conservare e mettere a frutto, è la riconquistata autorevolezza internazionale, che porta con sé quel pizzico di mestiere utile a risolvere a nostro favore anche le sfide più intricate nelle serate meno propizie. Ecco, questo quid in più, il piglio dei vincitori, a Firenze non si è visto, ed è la cosa che più mi preoccupa, oltre al risultato. Certo, di qui a lasciarsi andare al disfattismo più nero ce ne passa, perché le chance di arrivare primi al traguardo del gruppo permangono ancora intatte. Oltretutto, la partita di ieri non lascia particolari inquietudini sul piano della prestazione collettiva: in fin dei conti, si è visto il solito Club Italia targato Mancio. Una compagine che ha menato le danze dall'inizio alla fine, ha aggredito, ha cercato di stanare l'avversario con fitte trame, a volte troppo fitte, e ha concluso più di una volta pericolosamente.
TANTE OCCASIONI, POCHISSIMA LUCIDITA' - Parliamoci chiaro: gli azzurri nulla avrebbero rubato portando a casa l'intera posta. Prima e dopo il sinistro vincente di Chiesa, Insigne due volte e Immobile erano andati vicini alla segnatura, e nella ripresa ci sono state altre occasioni per Chiesa, Barella, Ciro, più altre situazioni di potenziale pericolo nell'area dei rossi. In tutto questo, Iliev ha trovato il pari sull'unica incursione offensiva bulgara autenticamente pericolosa, ma favorita da una grave incertezza in ripiegamento di Florenzi. Per il resto, il copione avversario è stato il medesimo di tanti nostri oppositori dell'ultimo triennio: difesa stretta e spazi intasati, con qualche ripartenza più dimostrativa e di alleggerimento che effettivamente in grado di far male.
Della difficoltà a far gioco contro retroguardie chiuse a catenaccio abbiamo più volte detto ed è inutile ritornarci. La giustificazione, peraltro, vale relativamente, riguardo al match di poche ore fa, perché, come detto, alla resa dei conti i ragazzi di Mancini qualche spiraglio per cercare la porta l'hanno trovato. Ma se su otto palle gol più o meno nitide ne concretizzi soltanto una, non hai poi diritto a recriminare molto se non riesci a fare bottino pieno. Cos'è mancato, dunque? In primis, ma non solo, la cattiveria in fase di finalizzazione, problema già più volte emerso in passato e che pareva esser stato parzialmente risolto durante l'Europeo. Non è stata una questione di appagamento: questa Azzurra non può essere appagata, non può compiere lo stesso, malinconico percorso dei campioni di Spagna '82 perché, al contrario di quegli eroi indimenticabili, questi sono in maggioranza elementi ancora nel pieno della vigoria psico-fisica, molti di loro sono giovani se non giovanissimi, e quindi più che mai affamati.
LA PRECARIETA' FISICA HA INCISO - Ha un bel dire il cittì che lo stato fisico dei giocatori non c'entra, che stavamo bene: la condizione atletica c'entra eccome, a inizio settembre, con una preparazione brevissima e con due sole gare di campionato alle spalle. E la condizione lacunosa incide sulla lucidità, quella che dovrebbe darti la freddezza e la precisione necessaria per non sbagliare gol e assist determinanti. Immobile e gli altri hanno sparato ripetutamente sul portiere: è stato bravo ma non fenomenale, il buon Georgiev; più che di sue prodezze, nella maggior parte dei casi parlerei, appunto, di mira difettosa dei nostri. Perché fare gol infierendo su certe modeste difese di casa nostra è un discorso, riuscirci a livello internazionale, perlopiù districandosi a fatica in fortini munitissimi, è un altro.
MANOVRA LENTA E TROPPO ELABORATA - Non è stato solo questo, ci mancherebbe. La partenza dell'azione è stata visibilmente e ripetutamente a velocità da moviola, consentendo agli orientali di disporsi opportunamente sul terreno, e la manovra di approccio e rifinitura, fra trequarti e area, è stata spesso troppo elaborata, sono mancate intuizione e velocità di pensiero per mettere palla dentro e per smarcarsi al momento giusto. E non sempre si son presidiati i sedici metri bulgari come si doveva: esempio lampante il cross rasoterra di Emerson che, nel finale, ha attraversato tutta l'area piccola senza che nessuno appoggiasse in rete, proprio perché nessuno era in posizione ideale. Anche queste défaillance sono il prodotto, credo, dello scarsissimo minutaggio ancora nelle gambe e nella testa dei nostri. Non fossimo campioni continentali, e quindi col dovere di volare al di sopra degli alibi, potremmo dire che non siamo stati favoriti dal calendario, visto che di fatto ci giocheremo l'accesso ai mondiali nel mese per noi meno propizio, quello delle figuracce anche contro le scartine, mentre la Svizzera disputerà ben cinque dei suoi otto match da ottobre in poi: ma tant'è.
VERRATTI IN OMBRA, JORGINHO SUPER - Assenza di killer instinct a parte, dunque, i tre di punta hanno tutto sommato fatto parecchio, quanto a vivacità e iniziative: lo stesso Immobile, tornato bersaglio preferito di critica e tifosi già dai quarti dell'Europeo, ha comunque triangolato con Chiesa nell'azione del gol. Dei subentrati, Raspadori ha trovato un guizzo in un'area affollatissima e il tiro gli è stato ribattuto in corner, Berardi si è acceso a intermittenza ma si è anche trovato addosso mezza difesa bulgara, manco fosse Maradona; e, non essendo appunto Diego, non poteva dribblare tutti ed entrare in porta col pallone... A centrocampo Jorginho ha dato l'anima, toccando un'infinità di palloni e alimentando incesantemente l'azione, meno a fuoco e meno incisivo è parso Verratti, discontinuo ma generoso Barella, utile al solito anche in copertura.
PROBLEMI SULLE FASCE, DA SFRUTTARE MEGLIO LO STATO DI GRAZIA DI CHIESA - Ci si aspettava di più da Cristante, troppo timido negli inserimenti, e doveva entrare prima Pellegrini: probabile che i due romanisti trovino maggiore spazio già in Svizzera, essendo anche più rodati di altri per via degli impegni in Conference League. Palmieri ha corso e tentato spesso l'incursione, ma l'efficacia di Spinazzola è tutt'altra cosa ed è un'assenza che stiamo scontando pesantemente, anche se molti sembrano essersene dimenticati. Perplessità sull'utilizzo di Florenzi, non solo per l'errore che ha portato all'1-1 ma per una generale insicurezza palesata in varie fasi di gioco: le alternative sul versante destro non mancano, e Di Lorenzo dovrebbe comunque essere la prima scelta, come da indicazioni dell'Europeo. Comunque, su con la vita: tra tanta paura, restano ancora molte certezze. La prima, valida da tre anni, è che non andremo a Basilea a fare bieco attendismo ma cercheremo di giocarcela, e ciò è di grande conforto. La seconda è che abbiamo un Chiesa ancora "caldo" dopo gli splendori di Wembley, e in crescita continua: non approfittare del suo stato di grazia sarebbe delittuoso.
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