Negli anni passati sono sempre stato un fautore, e il blog me ne è testimone, del progressivo aumento del numero di Big da ammettere alla tenzone sanremese. E sono ancora favorevole a un cast di concorrenti che sia il più ampio possibile, ma non a queste condizioni. I 28 partecipanti del 2023 sono tanti, ma non tantissimi, se andiamo a vedere la storia della rassegna. Rappresentano però un’enormità insostenibile per uno show con il format adottato e istituzionalizzato da Amadeus. Uno show dilatato all’inverosimile, con sovrastrutture extra gara di dubbia o nulla utilità. Una maratona che impedisce di apprezzare al meglio pregi e difetti dei brani in concorso, e che, credo, produce più scontenti che contenti, anche fra chi del carrozzone festivaliero è protagonista. Non parlo solo dei cantanti: il siparietto comico-promozionale di Alessandro Siani relegato alle soglie delle due di notte è ai limiti dell’offensivo, così come denota scarso tatto l’omaggio a Burt Bacharach anch'esso in orario da vampiri.
POCO RISPETTO - E’ un andazzo poco rispettoso anche di chi viene
dopo in palinsesto, ossia del dopofestival, di cui Fiorello sta offrendo una versione
riuscitissima, divertente e gradevole, fra le migliori di sempre, che meriterebbe una collocazione più a portata
di essere umano. Poi, certo, c’è Raiplay, c’è la possibilità di rivedere con
calma il tutto o solo le parti che interessano, ma c’è anche chi, per esigenze
personali, avrebbe piacere e necessità di gustarsi lo spettacolo solo in presa diretta,
come ai vecchi tempi. Capisco anche che tale formula trovi giustificazione nelle dinamiche legate all'Auditel e agli spazi promozionali, tuttavia la macchina Festival ha incassato molto e fatto registrare ottimi ascolti anche in versioni più snelle nella durata e nei contenuti.
AFFONDANO LE NUOVE PROPOSTE - Era una premessa doverosa, perché l’allungamento del brodo, è evidente, nuoce soprattutto a chi il Sanremone lo interpreta ancora secondo lo spirito originario dell’evento, ossia vetrina per far conoscere la propria nuova produzione canora. E Amadeus, così abile a rinnovare il volto musicale della kermesse, dando ampio spazio alle nuove tendenze giovanili e ad artisti emergenti che fino a un lustro fa godevano di scarsissima visibilità, non deve commettere questo clamoroso autogol, castrando lo splendido lavoro da lui stesso compiuto. In quest’ottica, va presa nella massima considerazione, da parte della direzione artistica, la classifica provvisoria scaturita dalla terza serata, che vede nelle posizioni di coda quasi tutti i ragazzi usciti dall'ultima edizione di Sanremo Giovani. Si può disquisire all'infinito sul talento in possesso di questi virgulti, e solo il tempo dirà quanto e se valgano realmente, ma si conferma quanto in molti, me compreso, sostengono dal momento in cui "Ama" ha scelto di ripristinare la formula del girone unico, in cui innestare i migliori "pulcini" prodotti dal vivaio festivaliero.
I vari Olly e Sethu rischiano di venir cannibalizzati e sommersi, musicalmente e mediaticamente, dall'ampia schiera di veri big con cui sono chiamati a confrontarsi. Casi come quello di Mahmood, o per andare più indietro nel tempo di Giorgia o di Gigliola Cinquetti, vengono ricordati da tutti proprio perché sono episodi più unici che rari. Buttare subito allo sbaraglio degli esordienti privi della perizia professionale e della malizia dei colleghi "adulti", li può aiutare a crescere sul lungo periodo ma, sul momento, non produce risultati apprezzabili e ne rende quasi invisibile la presenza sulla ribalta più prestigiosa, relegandoli in una sorta di limbo. Torno a ripetere: sarà inevitabile, nei prossimi anni, il ripristino della categoria Nuove Proposte, che faccia corsa a sé anche a febbraio e non solo nella selezione autunnale. Se ne parlerà semmai con la nuova direzione artistica: difficilmente Amadeus tornerà indietro, ma per il suo Sanremo 2024 lo inviterei comunque a ridurre il contingente di giovani da immettere nel listone unificato: sei sono davvero troppi, soprattutto se, come quest'anno, si dimostrano quasi tutti estremamente acerbi.
OCCHIO A ULTIMO, SPALLEGGIATO DA EROS - A proposito di classifica, le sorprese non sono mancate, e altre ne potrebbero arrivare da qui a sabato notte. Perché fino a metà della serata di ieri Mengoni pareva destinato a una placida navigazione verso la medaglia d'oro, con tanto di standing ovation del pubblico di fronte all'ennesima prova vocale superlativa. Poi, però, l'entrata in scena delle giurie popolari ha parzialmente sparigliato le carte. Ieri avevo pronosticato una ovvia crescita dei consensi per Modà, Giorgia e Ultimo. L'impresa non è riuscita ai primi due, mentre l'artista romano riempi-stadi ha compiuto un enorme balzo in avanti. "Alba" è una canzone old style, che evidenzia l'ottima vena poetica del ragazzo (sicuramente il miglior cantautore dell'ultima generazione) innestata su una melodia tradizionale con crescendo e lungo finale a pieni polmoni, per uno di quei pezzi che, da sempre, fanno "venire giù" il teatro; ma l'impatto non è immediatamente coinvolgente. Probabile che il duello finale per il trionfo sia proprio fra il polemico secondo dell'edizione 2019 e il sopracitato Mengoni, che però al momento si fa comunque preferire, perché nel suo "Due vite" riesce a sposare classicismo della canzone all'italiana e modernità nella struttura dell'opera. Peseranno, purtroppo, anche le cover di questa sera, che nulla dovrebbero avere a che fare con una gara di inediti, ma tant'è. Qui Ultimo ha giocato pesante, schierando nientepopodimeno che Eros Ramazzotti (che la sua presenza sia il preludio a un prossimo ritorno in competizione, nome boom per l'ultimo Sanremo di Amadeus?), mentre Marco punta "semplicemente" su un coro gospel e per prevalere dovrà fornire una performance di altissimo livello, impresa peraltro nelle sue corde.
DA MADAME A LEO, SPICCANO LE SCOPERTE DI "AMA" - Il secondo ascolto live permette di esprimere pareri un tantino più approfonditi sul pacchetto-canzoni di questo 73esimo festivalone: conferma per il pregio delle proposte di Colapesce-Dimartino e Madame, che possono piazzarsi ma non vincere e che comunque troveranno ampia soddisfazione fuori dall'Ariston, in crescita la trascinante Levante col suo inno alla positività e alla gioia erotica, orami assestatisi su buonissimi livelli i Coma_Cose, con la... seconda puntata, più sofferta, introspettiva e meno solare, di "Fiamme negli occhi" del 2021 e con il valore aggiunto di una performance ben congegnata, con tratti di studiata teatralità. Di ottimo piglio radiofonico il "Terzo cuore" griffato Zanotti dei Pinguini, con un Leo Gassman che si destreggia in un cantato non facile, passando dal sussurrato all'improvvisa esplosione di una voce nitida e promettente. Sempre più credibile Tananai, che, come scritto, ieri, mi ha spiazzato con questa virata verso il totally romantic, ma che nella sua ballad mischia con perizia linguaggio giovane, ruvido e moderno con uno stile musicale agé. E fra le nuove leve più interessanti, ci sta il tocco di colore e di (moderatissima) trasgressione di Rosa Chemical, che sconterà forse il fatto di arrivare all'Ariston dopo Achille Lauro ma che in compenso ha fra le mani un potenziale tormentone che, oltretutto, omaggia generi musicali più di nicchia e d'antan come lo swing anni Trenta, ed è fra i pochissimi a farlo.
CRESCONO I CUGINI, LAZZA DA PLATINO - Assolutamente sul pezzo Paola e Chiara, che hanno ritrovato intatta la loro attitudine dancereccia alla base di tanti successi in curriculum, con una vaga vena malinconica subito spazzata via dalla voglia di vita e di divertimento, in linea con il messaggio al centro di "Furore", evocativa fin dal titolo. Abile, furbetto e orecchiabilissimo Mr. Rain con suo coro di fanciulli, un'operazione che però non credevo potesse colpire così tanto tutte le giurie e che perciò rappresenta una pericolosa mina vagante per i favoriti, persino con possibilità di podio. Elodie con pilota automatico (giustamente continua a sfruttare il filone che ne ha decretato il boom, nulla di male) e destinata a ottimi riscontri di streaming e vendite, così come Lazza, ultracontemporaneo con un brano dall'impalcatura tradizionale (il refrain è assolutamente centrale per il funzionamento del tutto) ma con versi da "Z generation" e arrangiamento ipnotico, con quelle voci distorte che sottolineano varie parti del pezzo (Dardust se ne inventa sempre una e, diciamolo, non sbaglia un colpo). Tutto sommato, non sembra male nemmeno il nostalgico viaggio fra Settanta e Novanta che La Rappresentante di Lista ha confezionato per i Cugini di Campagna, che hanno un Nick Luciani in splendida forma e finalmente un nuovo brano da inserire in un repertorio da troppo tempo statico.
L'INTENSITA' DI GRIGNANI - Lentamente, migliora il livello vocale di Grignani, che ha difficoltà ma, ricordiamolo, in ambito live non è mai stato impeccabile, e nemmeno doveva esserlo visto il tipo di produzione, sofferta e vissuta, che da sempre rappresenta il fiore all'occhiello fra le tante sue opere. "Quando ti manca il fiato" sta emergendo come una signora canzone, con un testo profondo e intenso, una orchestrazione forse troppo pomposa ma una interpretazione drammatica, sentita fin dentro l'anima, che sta facendo breccia nel cuore di chi ascolta. E, al di fuori dell'aspetto artistico, apprezzabile anche la scritta "No war" mostrata sulla schiena in chiusura di esibizione, un grido che, fra mille istanze, finora si è sentito troppo poco in questo Festival e in altre trasmissioni tv schierate in prima linea.
CHI SI SALVA FRA I GIOVANI - Tornando ai giovani, tallone d'Achille di questa kermesse, da salvare comunque l'orecchiabilità acqua e sapone di Ariete e, riguardo al vivaio sanremese, il mood adolescenziale di Gianmaria, nonché il curioso stile dei Colla Zio, che tentano di riportare in auge sound e movenze sceniche delle boy band anni Novanta. Non male anche le acrobazie vocali, con e senza autotune, di Olly, che si arrampica sulle note di un brano al passo coi tempi ma anche sottilmente retrò, nella citazione dei Coldplay. Rimane però il discorso di fondo: tutti questi artisti in erba avrebbero avuto migliore visibilità gareggiando in una categoria su misura, quella categoria che, dagli anni Ottanta in poi, ha contribuito massicciamente al rilancio grandioso di un Festival reduce da una profondissima crisi, e che non può essere rottamata senza rimpianti, se i risultati sono questi.
BRAVA ANNALISA, BRAVISSIMA EGONU - Poco altro ha lasciato la serata, a conferma di quanto le sovrastrutture siano in larga parte superflue. Di prestigio, ma ripetitiva, l'ennesima ospitata dei Maneskin, fuori luogo la promozione della nuova canzone di Ranieri: per lui vale lo stesso discorso fatto per Blanco, ebbene sì. Splendida la performance esterna di Annalisa, che ha cantato dal vivo il suo ormai stranoto successo autunnale e che aspettiamo in concorso l'anno prossimo, per puntare finalmente alla vittoria e alla definitiva consacrazione. Detto dell'ingiusta collocazione di Siani a notte fonda, Paola Egonu ha sfruttato con intelligenza la sua co-conduzione. Discretamente a suo agio pur se eccessivamente legata al gobbo, comunque spigliata, affascinante e sensuale oltre le aspettative, ha saputo anche affrontare con saggezza tutte le polemiche che hanno accompagnato le sue recenti esternazioni. Una delicatezza e un'eleganza, nel suo intervento, che avrebbero dovuto accompagnare anche certi infelici monologhi degli anni passati. Meglio on stage la Paola, dunque, che in conferenza stampa: perché nessuno nega che in Italia ci sia razzismo, anzi, ci sono sacche di intolleranza odiose e inaccettabili, purtroppo tollerate anche ad alti livelli. Ma l'invito è a non considerare gli ultras degli stadi e dei palazzetti, o i minus habens dei social, come cartina tornasole della società nazionale: lì c'è il peggio del peggio, c'è la cloaca, ma è solo uno spaccato, pur se reale, della nostra società, che ha anche tanti comparti di solidarietà, accoglienza, apertura, vicinanza, così come le scuole multietniche di oggi promettono un'Italia ancora più libera e vivibile, nonostante i residui di somma ignoranza.
PER I DUETTI UN CAST DA URLO - Tornando allo spettacolo, la serata delle cover, tradizionalmente abbastanza fiacca e quasi mai memorabile, questa volta potrebbe essere più vivace del solito. Il cartellone messo insieme è di primissimo livello: abbiamo detto di Ramazzotti, ma ci sarà anche Edoardo Bennato, tornerà Elisa, e poi ancora Arisa, Emma, Baustelle, Fasma, Ditonellapiaga, Paolo Vallesi, Alex Britti, Sangiovanni (già visto ieri nel gustoso duetto con Morandi, foriero di sviluppi futuri), Zarrillo, Cuccarini e altri ancora. In pratica un lussuoso cast parallelo, con Big che potevano essere in concorso e che, verosimilmente, torneranno a esserlo presto.
Nessun commento:
Posta un commento