GLI AUTOMEDLEY - Senza vergogna, appunto. Il greatest hits di Ramazzotti, quello di Antonacci e quello di Edoardo Bennato, l'automedley degli Articolo 31 e di Paola e Chiara. Stesso discorso per la Oxa con "Un'emozione da poco" e per Grignani, ma in quest'ultimo caso il gioco non è riuscito perché la povera Arisa, pur impegnandosi allo stremo, non è riuscita a stare dietro alle spericolatezze esecutive del collega. Più accettabile, ma siamo proprio al limite, lo scambio di gemme canore fra Giorgia ed Elisa, nel ricordo della splendida accoppiata di canzoni piazzatasi in testa al Sanremo 2001, uniche gemme di un'edizione che fu grigia e piatta sotto molti punti di vista. E tollerabili, tutto sommato, gli omaggi che alcuni concorrenti hanno riservato ai loro ospiti, limitandosi però a una singola hit (ad esempio, i Modà con "Vieni da me" delle Vibrazioni), ma il vero spirito originario del format era un altro, e per fortuna qualcuno riesce ancora a recepirlo senza cedere alle scorciatoie e al facile applauso.
VIVA I CORAGGIOSI - Così, è stato in fin dei conti sacrosanto che a vincere, consolidando la sua posizione di leader, sia stato Marco Mengoni che, col Kingdom Choir, ha fornito una superba rivisitazione vocale di Let it be, pietra miliare del pop internazionale. E meritano l'elogio pieno quelli che si sono incamminati sullo stesso, arduo sentiero, pur compiendo le più disparate scelte artistiche. Coraggiosa, ad esempio, la rilettura in chiave rap moderno dell'eterna "La notte vola" di Lorella Cuccarini, di grande impatto sonoro e scenico "American woman" a cura di Elodie e dell'emergente BigMama, che avevo apprezzato in una sua ospitata nella trasmissione mattutina di Luca Barbarossa.
POLLICE IN SU PER LAZZA E GIANMARIA - Giustamente premiato anche Lazza, che con spirito giovane e anticonformista ha scelto un successo relativamente recente ma non ancora entrato nel novero degli evergreen italiani, "La fine" di Nesli, in una impeccabile e intensa interpretazione accanto a una sempre ottima Emma e alla violinista Laura Marzadori. Ecco, è questo il tipo di cover che vorrei sempre ascoltare, se proprio questa serata "né carne né pesce" deve continuare ad esistere. Da salvare anche il duetto, carico di suggestione, fra Gianmaria e Manuel Agnelli in "Quello che non c'è", e l'arricchimento testuale operato da Mr. Rain, in collaborazione con Fasma, su "C'è qualcosa di grande". Apprezzabile Madame per la coerenza nelle scelte artistiche e per una maturità "on stage" sempre più spiccata, oltre a uno stile ormai riconoscibilissimo, ma in "Via del campo" avrebbe potuto tranquillamente fare a meno di Izi, che non ha portato alcun valore aggiunto.
NULLA DI MEMORABILE - Per il resto, poco da segnalare, con molte cover costruite all'insegna della prudenza e della misura, penso a "Sarà perché ti amo" by Coma_Cose e Baustelle, o "Azzurro" di Colapesce-Dimartino con la presenza sommessa e discreta di Carla Bruni. Nulla che mi abbia particolarmente colpito, se non, in negativo, il vuoto di memoria di Ramazzotti nel cantare alcuni versi di una delle sue maggiori hit, "Un'emozione per sempre". E' un peccato perché, come già sottolineato ieri, il cast messo insieme da Amadeus e dalle case discografiche per l'occasione è stato di livello assoluto, una sezione Big parallela a quella ufficiale, che non a caso ha sbancato l'Auditel oltre ogni aspettativa, pur marciando, in buona sostanza, col pilota automatico innestato. Cosa potrebbe diventare, un happening del genere, se venisse impostato in maniera più rigorosa, relativamente al bacino in cui pescare i pezzi da coverizzare e ai criteri da seguire in queste rivisitazioni? Temo non lo sapremo mai perché ormai il canovaccio è questo, e tale rimarrà fino a quando l'attuale direttore artistico resterà in carica. Anche qui, poca voglia di rischiare da parte di "Ama", che però perdoniamo perché i suoi rischi se li è invece ampiamente presi nella scelta dei cantanti in concorso. Tornando al cast di ieri, chissà che la presenza sul palco non sia il prologo a un prossimo debutto o ritorno alla competizione, parlo di Baustelle e Bennato così come di Antonacci e di Eros. Idea meno pazza di quanto si possa pensare.
FRANCINI, UN'OPZIONE PER IL FUTURO - E il resto della "quarta puntata"? C'è stato il recupero dell'omaggio a Peppino Di Capri, saltato il giorno precedente. Un Peppino non in forma smagliante (più che normale, vista l'età) ma ancora brillante e pronto alla battuta, con la salace sottolineatura della lunga attesa per un premio che, senza falsa modestia, riteneva giustamente di meritare da tempo. Peppino è un grandissimo della canzone italiana, un totem: se ne avesse avute le possibilità vocali, avrebbe meritato uno spazio ben più ampio, per un minishow come quello riservato ai veterani che l'hanno preceduto su quel palco in settimana. Chiara Francini ha vinto la sfida a distanza con le altre co-presentatrici: sinuosa erede delle italiche maggiorate anni Cinquanta, ha sfoderato le sue armi migliori, quelle della professionalità, dell'ironia e del piglio attoriale, ma anche della capacità di cambiare registro, con quel superbo monologo sulla maternità mancata e/o dilazionata. Da prendere seriamente in considerazione per conduzioni future del festivalone anche da principale padrona di casa, lei come altre autorevoli candidate donne, in primis Serena Rossi, ma anche Andrea Delogu.
Ora non resta che attendere la chiusura della gara: non credo ci saranno enormi sconvolgimenti, Madame forse guadagnerà qualche posizione, Lazza si consoliderà perché è la realtà nuova di maggior spessore uscita da questo Sanremo 73 (del resto le classifiche di vendita non mentono, quando la messe di successi e allori è così imponente come quella raccolta dal ragazzo nei mesi scorsi), ma saranno dettagli. Si gioca tutto fra Mengoni e un Ultimo poderosamente sospinto dal voto popolare ma la cui canzone, a mio parere, non ha il piglio immediato e le stimmate di gioiello contemporaneo di quella del fiero rivale, in assoluto stato di grazia. Ecco, la mia preferenza l'ho espressa e ribadita, ma tutto può accadere.
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