Fred segna di potenza il terzo gol brasiliano
Il secondo tempo di Brasile - Italia ha confermato un dato che dovrebbe essere lapalissiano per chi mastica calcio da anni, e che però molti addetti ai lavori, anche referenziati, tendono a dimenticare quando sono chiamati ad analizzare prestazioni di squadre e singoli, lasciandosi travolgere dall'impressione dell'ultimo momento: la condizione fisica è talmente vitale, nel football d'oggidì, da poter letteralmente trasfigurare il volto di un team, a seconda che essa manchi o meno. Quella di Prandelli non è (ancora) una grande Nazionale; è però una buonissima Nazionale, eppure in almeno tre delle sue più recenti uscite (Repubblica Ceca, Haiti, Giappone) è parsa un'accozzaglia di elementi men che mediocri, una rappresentativa di seconda fascia europea o forse peggio: palleggio approssimativo, errori elementari di tocco, passaggi sbagliati, idee di gioco latitanti, mobilità nulla e smagliature tattiche in ogni zona del campo. Ma si vedeva lontano un miglio che era una squadra sulle gambe, in riserva di energie; nella mezz'ora finale del match di ieri a Salvador de Bahia, recuperata come d'incanto un minimo di brillantezza atletica, ecco i nostri prodi riavvicinarsi al livello cui ci avevano abituati negli ultimi tre anni, ecco di nuovo quella voglia di fare gioco, di spingere, di prendere l'iniziativa, di cercare il gol (trovandolo anche, e non è cosa da poco).
BRASILE PIU' FORTE, MA NON DI MOLTO... - Così, per un terzo di partita e contro l'avversario più difficile fra quelli fin qui incontrati, si è vista la migliore Italia di questa sua Confederations Cup ad handicap. Non è stata sufficiente, per tutta una serie di motivi, che vedremo di analizzare brevemente. Innanzitutto, il Brasile attuale è più forte dei nostri: non di molto, attenzione, ma lo stretto necessario per prevalere in un confronto giocato, oltretutto, sul terreno amico. La Seleçao in versione 2013 è una compagine collaudata, con un progetto tecnico già sufficientemente delineato pur se, diciamola tutta, non trascendentale. Come scritto nel mio precedente post, è una formazione "europea" ma nel senso deteriore del termine, perché ha una manovra fin troppo scarna, fondata su una difesa solida ma capace anche di far ripartire l'azione (soprattutto in David Luiz), su un centrocampo a corto di inventiva autenticamente brasiliana e su una trequarti - prima linea in cui ci si affida in gran parte alle luminarie di un Neymar che, peraltro, mostra ancora una certa fragilità caratteriale (leggasi falli in serie) quando, come ieri, si trova a doversi confrontare con difensori un po' più ruvidi di quelli con cui, evidentemente, ha avuto a che fare fino ad oggi nel campionato locale.
CANTIERE AZZURRO - E' però bastato questo Brasile, buono ma non eccelso, per avere la meglio sull'Italia. Italia che, a differenza del gruppo di Scolari, in questo 2013 si trova ad essere un cantiere aperto. La squadra che ci ha condotti quasi sul tetto d'Europa è ben lungi dall'aver esaurito il suo ciclo, ma, lo ribadiamo, ha bisogno di alcuni innesti rivitalizzanti, di forze fresche; e ha sopratutto necessità di sposare un'idea tattica chiara e definitiva, a cui ancorarsi e sulla quale fare eventualmente variazioni sul tema a seconda delle situazioni e degli avversari. Per questa avventura in Sudamerica, Prandelli ha deciso di sperimentare la formula a un'unica punta che continua a lasciarmi perplesso, e i motivi li ho ampiamente illustrati nei miei precedenti interventi. Avere il solo Balotelli davanti, per quanto in efficienza sia il buon Mario, mortifica e limita la vocazione offensiva di una Nazionale nata, lo si è detto, per praticare gioco d'iniziativa e non per speculare.
GIACCHERINI NON BASTA - Tale modulo, per rendere al massimo, necessiterebbe di una batteria di incursori fra le linee brillanti, continui, dall'altissimo rendimento, ciò che in questa Confederations non si è visto, con la sola, sorprendente e luminosa eccezione di un indiavolato Giaccherini, verso il quale non ho mai nascosto le mie perplessità e sul quale ora non ho alcun problema a ricredermi: se si dovesse giudicare solo sulla base di questo torneo, lo juventino avrebbe un posto assicurato per Brasile 2014, in realtà sarà decisiva la prossima stagione di club; l'impressione è, tuttavia, che si tratti di uno di quegli elementi mai troppo tollerati da critica e tifosi e però ritenuti fondamentali dal cittì di turno, penso al Giampiero Marini di Bearzot, come esempio fra i più eclatanti. Tornando al modulo, si è visto ieri sera che, se la squadra non è mentalmente, fisicamente e tatticamente pronta a sostenerlo in pieno, rischia di crearsi l'effetto "coperta corta", anche nei momenti in cui il complesso riesce a esprimersi su buoni livelli dalla trequarti in su: con buona parte degli azzurri furiosamente protesi alla ricerca del pareggio, infatti, il Brasile è potuto andare a nozze negli spazi larghi, come la più banale delle squadre contropiediste, e chiudere il match con uno scarto di gol che, francamente, non meritava.
CENTROCAMPO A CORTO DI ALTERNATIVE - Fragilità, ecco: è la sensazione che ha fornito la nostra rappresentativa, e le motivazioni sono tutte racchiuse nei ragionamenti sopra esposti. Identità tattica non ancora definita, forma fisica tutt'altro che eccezionale pur se in leggera crescita, e soprattutto necessità di nomi nuovi: se si concedono così tante chances agli avversari, e una così alta percentuale di realizzazione, non è solo colpa della difesa (che, comunque, non può assolutamente prescindere dal miglior Barzagli): il centrocampo senza De Rossi e Pirlo scade enormemente di tono, sia in fase di filtro che di impostazione, nella capacità di rallentare il gioco come in quella di renderlo più rapido e di verticalizzare; e, accertato che soprattutto il bianconero non è eterno, mai come ieri si è avvertita la mancanza di alternative valide per la nostra cerniera centrale, alcune delle quali sono peraltro state dirottate in Israele per un torneo che non ha aggiunto nulla alla loro caratura internazionale, ma è un discorso già fatto...
DE SCIGLIO SUPER, BUFFON... MENO - Scendendo nel dettaglio delle prestazioni dei singoli, si è rivisto il De Sciglio a tratti debordante della gara d'esordio, che mi aveva indotto al paragone col Cabrini debuttante ad Argentina '78, di cui non mi pento: un De Sciglio sempre disponibile alla discesa e alla percussione, ma stavolta enormemente attento in fase difensiva, quasi senza sbavature. Buone cose, sul piano del coraggio e dell'intraprendenza, ha mostrato Candreva, e si è mosso bene El Shaarawy nello scarso minutaggio avuto a disposizione. Fra i bocciati, piazzerei l'inconsistente Aquilani, al di là di una dignitosa opera di contenimento, un Diamanti dal quale ci si aspetterebbero ben altre iniziative per vivacizzare la prima linea, e, ebbene sì, un Buffon tutt'altro che esente da colpe sul secondo e sul quarto gol brasiliani. Anche in questo caso, come per la défaillance... messicana di Barzagli, tenderei a non drammatizzare e a non urlare al declino incipiente del portierone, che ha disputato una stagione azzurra pressoché perfetta, togliendoci in più di un'occasione (a Malta, a Praga e mercoledì scorso col Giappone, per fare tre esempi) le castagne dal fuoco. Una serata storta può capitare a tutti.
Un dubbio: ma Prandelli ha un minimo di fiducia nelle proprie idee?
RispondiEliminaè vero che l'Italia sembra un cantiere aperto, ma come può esserlo se gli individui sono quasi tutti reduci dall'Europeo 2013? Ovvio c'è stato un cambio tattico perché il 3-5-2 non soddisfaceva. E adesso siamo punto e a capo. Non penso che a del Bosque sia mai passato per la testa di mettere la difesa a 3 o a 5. Non penso che Loew abbia mai provato a cambiare il suo 4-2-3-1.
Sul capitolo centrocampo credo d'aver intuito una nota di insoddisfazione, e sono d'accordo.
Mi limiterò a dire che senza Pirlo e De Rossi nessun italiano, escluso Verratti, è a proprio agio nel ruolo di mediano centrale. Un centrocampo a due diventa l'unica soluzione.
Nemmeno io capisco fino in fondo questa vaghezza tattica: voglio dire, giusto provare soluzioni alternative, ma la base dovrebbe restare il modulo che ha consentito a questa squadra di uscir fuori dalle secche sudafricane e di tornare competitiva. Le varianti finora sperimentate non hanno mai convinto del tutto. Rispetto a Euro 2012, è vero, il gruppo è in larga parte lo stesso, ma ci son state piccole eppur significative variazioni, soprattutto in prima linea, e a centrocampo è obbligatorio trovare uomini nuovi e subito pronti, perché il Pirlo 35enne di Brasile 2014 mi spaventa un po', dovrà gestirsi alla perfezione nella stagione juventina che viene.
Eliminaottima analisi che mi sento di condividere. Il mio pessimismo era dettato dalle precarie condizioni fisiche, ma anche mentali, continuo a buttarla pure quel piano, ormai non si può prescindere dall'atletismo. Poi la tecnica e l'organizzazione fanno sempre e sempre lo faranno la differenza, specie nei tornei importanti e allora l'Italia può guardare avanti, avendo probabilmente intrapreso la strada giusta.. ma i casi di DE SCIGLIO E DI EL SHAARAWY, a corto di ossigeno, sono illuminanti e quindi l'auspicio è quello di non disperdere il fresco patrimonio della recente under 21. Prandelli ha confidato che almeno 7/8 elementi di MANGIA sono già nel suo taccuino. nota per Giaccherini, migliore dei nostri. Umile, disponibile, prezioso ma non solo... alla fine,ma si sapeva, possiede anche colpi niente male, la maglia da titolare nella Juve pare larga, ma dubito che Conte se ne voglia disfare... in fondo, magari scomoderò paragoni ingombranti in casa Juve, ma non mi pare che nemmeno Di Livio, Pessotto o altri di quel ciclo possedessero doti da top player, eppure fecero la loro parte egregiamente
RispondiEliminaGianni
E' un paragone che ci sta, sono quei giocatori che tecnici e tifosi difficilmente mettono nelle formazioni tipo alla vigilia di un torneo, ma che poi un ruolo più o meno importante riescono sempre a ritagliarselo. Gli Under dovranno essere giocoforza tenuti in considerazione, perché sono più validi, non solo in prospettiva ma anche nel presente, di molte alternative ai titolari che Prandelli ha portato in Brasile.
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