Gasperini: rabbia per l'ingiusto ko di Cagliari
Fra i problemi che minano alle fondamenta il buon funzionamento del sistema calcio Italia non ci sono solo il teppismo dilagante (con annesso strapotere degli ultras negli stadi), l'inadeguatezza degli impianti e delle modalità di accesso agli stessi per i tifosi "normali", la discutibile gestione finanziaria di molte società, le scommesse e le partite truccate, l'esterofilia dilagante e il conseguente semiabbandono dei vivai. Su "Note d'azzurro" lo scrivo da sempre: anche la sconfortante modestia complessiva della nostra classe arbitrale rappresenta un pericolo per il football, per una ragione molto semplice: un fischietto che, con le sue decisioni sbagliate, indirizza e condiziona lo svolgimento di un match, incrina pesantemente la credibilità di tutto il baraccone. Lo ribadisco oggi, all'indomani dell'amena direzione di gara del signor Giacomelli in Cagliari - Genoa, ma non è solo questione di tifo: avrei potuto scriverlo tranquillamente dopo l'ultimo Sampdoria - Torino, con l'incredibile 2 a 0 negato a Pozzi perché Gervasoni aveva deciso di chiudere il primo tempo dopo la respinta del portiere su punizione di Palombo; l'ho scritto dopo l'assurdo Genoa - Milan della stagione scorsa, con rigori in serie negati ai rossoblù, e dopo la Supercoppa italiana 2012 fra Juventus e Napoli.
Non è una posizione critica comoda, me ne rendo conto, nel Paese dell'ipocrisia e dei luoghi comuni applicati al pallone, di frasi fatte del genere "gli arbitri italiani sono l'unica parte sana di questo ambiente", "gli arbitri italiani sono i migliori al mondo", "a fine stagione torti e favori arbitrali si compensano per tutte le società". Una marea di belinate, diremmo a Genova. La verità è drammaticamente diversa: a parte poche eccezioni, i fischietti italici navigano nella più desolante mediocrità, in un livello medio - basso: mancanza di uniformità, buon senso ed elasticità nell'applicazione del regolamento, scarsa personalità e conseguente sudditanza psicologica (al cospetto delle big soprattutto, ma a volte anche di fronte a "fattori campo" particolarmente infuocati e pressanti), deprecabili manie di protagonismo. Gli arbitri che salgono in cattedra, gli arbitri che indirizzano l'esito di un incontro sono la negazione stessa dello spirito, del senso della loro professione. Un arbitro è come un giudice in un tribunale, il suo errore non è paragonabile a quello di un calciatore, ossia di una delle due parti in causa: è il giudice supremo del gioco, deve rasentare l'infallibilità, e per farlo deve essere preparato in maniera maniacale.
Il Giacomelli di ieri non lo era: l'espulsione del genoano Manfredini, strattonato a lungo in area da Daniele Conti, è roba da radiazione dall'albo. A corredo, altre decisioni penalizzanti nei confronti del Grifone (la mancata sanzione ad Avramov per la trattenuta a Biondini). Altri ne hanno parlato in lungo e largo, persino il Corriere della Sera: inutile dunque infierire, se non per rilevare come certe persone dovrebbero essere accuratamente tenute lontane dai campi di calcio, e non solo da quelli professionistici. Arbitrare non fa per loro, se ne facciano una ragione. Così come non faceva per certe vecchie giacchette nere che, dopo essersi coperte di ben poca gloria in carriera, continuano a pontificare dagli schermi della tv di Stato, cianciando a vanvera di "espulsione giusta per Manfredini".
Rimane la sensazione, per il Genoa, di un possibile decollo verso un campionato più tranquillo frenato né dalle proprie debolezze né dalla superiorità avversaria. A parità numerica, il team ligure aveva trovato il vantaggio e lo aveva gestito con sufficiente disinvoltura, rischiando il giusto (cioè pochissimo). Rimasto in dieci, si è difeso ma non in modo del tutto passivo, cercando lo spiraglio per il contrattacco e andando persino a sfiorare il raddoppio con una splendida conclusione di Antonelli, sventata dal citato Avramov. Poi, chiaro, i sardi hanno assediato, ma Perin aveva sfoderato la consueta sicurezza degli ultimi tempi (al momento attuale, il giovanotto rossoblù dà più garanzie di almeno uno dei tre portieri azzurri designati per il viaggio in Brasile, a voi indovinare quale... Ma per la Nazionale se ne parlerà da luglio in poi).
Rimane la sensazione, per il Genoa, di un possibile decollo verso un campionato più tranquillo frenato né dalle proprie debolezze né dalla superiorità avversaria. A parità numerica, il team ligure aveva trovato il vantaggio e lo aveva gestito con sufficiente disinvoltura, rischiando il giusto (cioè pochissimo). Rimasto in dieci, si è difeso ma non in modo del tutto passivo, cercando lo spiraglio per il contrattacco e andando persino a sfiorare il raddoppio con una splendida conclusione di Antonelli, sventata dal citato Avramov. Poi, chiaro, i sardi hanno assediato, ma Perin aveva sfoderato la consueta sicurezza degli ultimi tempi (al momento attuale, il giovanotto rossoblù dà più garanzie di almeno uno dei tre portieri azzurri designati per il viaggio in Brasile, a voi indovinare quale... Ma per la Nazionale se ne parlerà da luglio in poi).
Insomma, una vergogna. La gara di Cagliari era una di quelle che possono dar la svolta a una stagione, ed è stata fallita senza colpe, dopo averla condotta per larghi tratti. A chi dice che nel calcio italiano troppo spesso si dà agli arbitri la colpa delle proprie défaillances, rispondo che può essere vero anche il contrario, ossia che spesso basta un uomo vestito di giallo, o di fucsia, o di quel che è, per mandare a monte il lavoro di una settimana di allenamento. Nel Genoa attuale si vede pesantemente la mano di Gasperini, è un complesso compatto, agonisticamente sempre sul pezzo, con lo spirito giusto e con un canovaccio tattico plausibile. C'è coraggio, c'è un'idea di gioco, ci sono giocatori chiave in stato di grande ispirazione (il citato Perin, Antonini, Matuzalem, Kucka e un Gilardino sempre più inebriato dal profumo del Mundial). E' una squadra che non fa più tremare il tifoso, un undici che quando scende in campo dà la sensazione di poter vincere, o quantomeno di potersela giocare, con chiunque, laddove fino a un paio di mesi fa trasmetteva solo insicurezza e paura. Ma se non vieni messo nelle condizioni di giocarti le tue chances ad armi pari, tutto ciò conta poco.
da sottoscrivere in pieno
RispondiEliminaOvviamente, spero si sia capito, il riferimento a Perin e ai tre portieri azzurri era per il viaggio in Brasile, non in Sudafrica... Ho corretto l'articolo.
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