Sotto la neve di Istanbul è svanito il sogno Champions della Juve
Beffarda legge del contrappasso. Dopo aver ignobilmente snobbato per anni l'Europa League, considerata solo un fastidioso ostacolo alle imprescindibili sfide della Serie A, nel 2014 il calcio italiano dovrà riversare anima e corpo sulla "parente povera" della Champions League. In soldoni, Napoli, Juventus, Fiorentina e Lazio dovranno fare più strada possibile, e almeno una di esse arrivare fino in fondo e vincere la finale di Torino. E' un obbligo morale e tecnico, per tenere a galla la pericolante zattera del pallone tricolore, quasi totalmente cancellato dall'Europa dei grandi in una serata che resterà nella storia come una delle più nere di sempre per il nostro football.
JUVENTUS GAMBERO - Siamo di fronte, a questo punto lo si può dire, a qualcosa di assai peggiore di una prolungata congiuntura sfavorevole. Il rischio di un ridimensionamento epocale è dietro l'angolo. La distanza fra le grandi potenze continentali e il nostro scalcinato movimento sta diventando una voragine. La cartina di tornasole non può che essere il comportamento della nostra più prestigiosa rappresentante nel consesso internazionale, la Juve biscudettata e avviata a conquistare un tris che però, visto quanto successo a Istanbul, avrebbe uno sgradevole retrogusto agrodolce. Svaniti nel nulla i progressi fatti balenare nella stagione passata, quando i bianconeri ottennero vittorie di peso (un roboante 3 a 0 al Chelsea, dopo aver pareggiato a Londra, un successo in casa dello Shakhtar, doppia affermazione sul Celitc negli ottavi), e si arresero solo, nei quarti, al devastante Bayern Monaco della primavera scorsa, quello che mise a ferro e fuoco il Camp Nou per poi aggiudicarsi il trofeo. Sembrava un buon trampolino di lancio per una ulteriore risalita nei valori continentali, che doveva esser favorita dall'arrivo di un top player come Tevez, invece c'è stato un regresso netto, imbarazzante e, per certi versi, incomprensibile.
LA STRANA TIMIDEZZA DEI CALIFFI AZZURRI - Le polemiche sulle condizioni atmosferiche e ambientali trovate in Turchia sono talmente gratuite da risultare fastidiose: è stato tutto il girone della Juve a essere scandaloso. Una squadra che vuole ben figurare in Champions deve battere il Copenaghen a domicilio, concretizzando almeno una delle innumerevoli palle gol costruite, e deve ottenere almeno quattro punti su sei contro un Galatasaray che, sul piano della classe complessiva, non vale i torinesi, pur potendo contare su alcuni elementi di valore e di esperienza come Sneijder e Drogba.
L'eliminazione è ineccepibile, e rappresenta una bocciatura inattesa anche per il nucleo azzurro della Juve: inattesa perché i vari Buffon, Barzagli, Bonucci, Chiellini, Marchisio e Pirlo in Nazionale non solo fanno sempre decorosamente la loro parte, ma risultano sovente trascinatori e sono stati spesso decisivi nei traguardi conquistati in questi tre anni dal team di Prandelli. Quando tornano in bianconero e vengono chiamati a far la voce grossa fuori dai patrii confini, diventano degli agnellini (sic!): la stessa cosa accadeva spesso a loro illustri predecessori, penso al gruppo bianconero dell'Italia di Bearzot, ai vari Zoff, Gentile, Cabrini, Scirea e Tardelli che in Europa non brillarono affatto, prima di diventar campioni del mondo in Spagna e di poter accogliere fra le loro file fuoriclasse esteri come Platini e Boniek, coi quali fecero incetta di allori. Questo per dire che si tratta di una strana tara storica per la Vecchia Signora, senonché molti esponenti del citato blocco italiano, dopo il Mondiale dell'anno prossimo, cominceranno la loro parabola discendente, e dunque questa Champions League rappresentava forse la loro ultima occasione ad altissimi livelli.
L'eliminazione è ineccepibile, e rappresenta una bocciatura inattesa anche per il nucleo azzurro della Juve: inattesa perché i vari Buffon, Barzagli, Bonucci, Chiellini, Marchisio e Pirlo in Nazionale non solo fanno sempre decorosamente la loro parte, ma risultano sovente trascinatori e sono stati spesso decisivi nei traguardi conquistati in questi tre anni dal team di Prandelli. Quando tornano in bianconero e vengono chiamati a far la voce grossa fuori dai patrii confini, diventano degli agnellini (sic!): la stessa cosa accadeva spesso a loro illustri predecessori, penso al gruppo bianconero dell'Italia di Bearzot, ai vari Zoff, Gentile, Cabrini, Scirea e Tardelli che in Europa non brillarono affatto, prima di diventar campioni del mondo in Spagna e di poter accogliere fra le loro file fuoriclasse esteri come Platini e Boniek, coi quali fecero incetta di allori. Questo per dire che si tratta di una strana tara storica per la Vecchia Signora, senonché molti esponenti del citato blocco italiano, dopo il Mondiale dell'anno prossimo, cominceranno la loro parabola discendente, e dunque questa Champions League rappresentava forse la loro ultima occasione ad altissimi livelli.
NAPOLI, CHE INGIUSTIZIA; MILAN IN TRINCEA - Certo, poi c'è il caso del Napoli: eliminazione che non fa un piega a termini di regolamento, ma moralmente inaccettabile: la squadra di Benitez ha tenuto alto il nome del nostro declinante football sia sul piano del gioco sia su quello dei risultati: quattro vittorie e due sconfitte, battuti in casa l'Arsenal e i vicecampioni d'Europa del Borussia, l'unica gara veramente sbagliata è stata quella di Londra ma, insomma, non si vede cosa dovessero fare di più i partenopei per passare: loro fuori con dodici punti, mentre la Juve, tanto per dire, ha rischiato di passare con sette, prima della rasoiata finale di Sneijder. Ha rischiato grosso anche il Milan, se quella rovesciata di Klassen all'ultimo secondo fosse stata più precisa di un paio di centimetri: i rossoneri si sono qualificati senza gloria, costretti a una battaglia in trincea contro un Ajax giovane e senza stelle, un atteggiamento solo in parte giustificato dall'inferiorità numerica causata dalla grave scorrettezza di Montolivo (il cui momento difficile, anche in azzurro, si sta prolungando pericolosamente): lo scintillante Milan europeo costretto a far mucchio dietro per salvare lo zero a zero, come le squadre italiane facevano fino ai primi anni Ottanta: tristezza assoluta, e consapevolezza che al momento un quarto di finale rappresenterebbe, per gli uomini di Allegri, un traguardo eccezionale.
DIVARIO - Torniamo al punto di partenza: il divario con i club delle tre nazioni più potenti è sempre più ampio, al momento direi incolmabile. I motivi di questo crollo di competitività sono stati elencati più volte su questo blog, non voglio risultare stucchevolmente ripetitivo. Il problema contingente è che anche al cospetto di paesi nostri "pari" o inferiori, calcisticamente parlando, le squadre italiane faticano: per fare un esempio, la superiorità di Juventus e Milan nei confronti di Galatasaray e Ajax è evidente, ma non tanto schiacciante da consentire loro di giocare con autorità e onorare il pronostico favorevole.
Non ci sono più certezze, insomma: siamo arrivati a un punto in cui i club nostrani possono perdere con chiunque e vincere solo con qualcuno: l'emblema della decadenza. E allora, ripetiamo, non rimane che l'Europa League: il contingente azzurro, almeno in questo ambito, è di primo piano, e il messaggio è di quelli da non sottovalutare: per lavare i propri peccati, per ripartire da zero e ricominciare la scalata, l'Italia del calcio deve tornare ad apprezzare le piccole cose, nella fattispecie a dare il giusto rilievo all'odiata "coppa minore", come all'estero fanno da anni e con ottimi risultati in tema di ranking Uefa: riusciranno, i nostri scalcinati eroi, a immergersi in questa nuova e più spartana dimensione europea mettendo, una volta ogni due settimane, l'adorata e svalutata Serie A in secondo piano? Stai a vedere che adesso si scoprirà che all'handicap della partita al giovedì si potrà ovviare con adeguati posticipi ad hoc...
Non ci sono più certezze, insomma: siamo arrivati a un punto in cui i club nostrani possono perdere con chiunque e vincere solo con qualcuno: l'emblema della decadenza. E allora, ripetiamo, non rimane che l'Europa League: il contingente azzurro, almeno in questo ambito, è di primo piano, e il messaggio è di quelli da non sottovalutare: per lavare i propri peccati, per ripartire da zero e ricominciare la scalata, l'Italia del calcio deve tornare ad apprezzare le piccole cose, nella fattispecie a dare il giusto rilievo all'odiata "coppa minore", come all'estero fanno da anni e con ottimi risultati in tema di ranking Uefa: riusciranno, i nostri scalcinati eroi, a immergersi in questa nuova e più spartana dimensione europea mettendo, una volta ogni due settimane, l'adorata e svalutata Serie A in secondo piano? Stai a vedere che adesso si scoprirà che all'handicap della partita al giovedì si potrà ovviare con adeguati posticipi ad hoc...
un articolo impeccabile, e totalmente condivisibile pur nell'amarezza e constatazione di ciò che scrivi. Da anni il regresso è inesorabile, e nemmeno troppo lento a mio avviso. Il fatto è che credo nemmeno questa umiliazione - anche se onestamente bisogna salvare il Napoli, davvero sfortunato sia per il girone capitato in sorte che per il beffardo esito - fungerà da svolta, da spinta per ciò che tu auspichi alla fine del pezzo, cioè una "ripartenza" dal basso, a cominciare dalla rivalutazione della tanto vituperata (ma solo dai nostri astuti club!) Europa League. Si gioca pure allo Stadium.. vedremo, ma non sono molto fiducioso
RispondiEliminaSarà certamente difficile, perché le nostre balde (?) rappresentanti dovranno cambiare mentalità e approccio all'EL in pochi mesi: in pratica, da qui a febbraio dovranno fare ciò che non sono state capaci di fare in anni e anni, ossia entrare nell'ordine di idee che anche l'odiata "coppetta" conta parecchio per stabilire il peso internazionale del nostro calcio. Davvero, non ci sono più alternative: con il Milan non accreditabile di un lungo cammino in Champions, continuare a snobbare la seconda coppa vorrebbe dire compromettere per lungo tempo le nostre possibilità di risalita nel ranking. A quel punto, vorrò proprio vedere a cosa servirà concentrarsi solo sulla Serie A: a conquistare uno scudetto sempre più svalutato a livello internazionale, e a lottare per accaparrarsi sempre meno posti europei per andare a giocare competizioni da cui si uscirà quasi subito?
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