Il Festivalone "formato Baglioni" ha emesso ieri sera i primi vagiti in assenza del suo deus ex machina. Il direttore artistico è stato infatti il convitato di pietra dell'interminabile "Sarà Sanremo", tenendosi lontano dai riflettori della diretta tv e affidando ad anonime buste sigillate l'annuncio del cast dei Campioni, in pieno stile premi Oscar. Un cast spiazzante ma non troppo, diciamolo subito. Qualcosa del genere, senza grancasse e con un numero inferiore di posti a disposizione (quattordici contro i venti attuali), erano riusciti a fare Fabio Fazio e Mauro Pagani nel biennio 2013 - 2014, inserendo nella categoria regina artisti di nicchia, con scarsa esposizione mediatica e lontani dall'heavy rotation radiofonica, da Marta sui Tubi a Riccardo Sinigallia, dai Perturbazione a Simona Molinari e a Giuliano Palma. A febbraio troveremo la coppia formata da Enzo Avitabile e Peppe Servillo, ossia la Napoli della ricerca musicale più elaborata, fra tradizione e contemporaneità, e Lo Stato Sociale, band "indie", scelta del tutto distante dai canoni festivalieri ma assolutamente al passo coi tempi.
ECUMENISMO IN STILE BAUDO - Nessuna rivoluzione, dunque; casomai un'attenzione maggiore, rispetto al recente passato, a certi generi musicali non propriamente commerciali e storicamente poco considerati dalle parti della Riviera ligure. Si ravvisa persino, nel listone dei Big, un certo "ecumenismo baudiano", perché nei suoi Sanremo il grande Pippo cercava di inserire personaggi per tutti i gusti, di accontentare la più ampia fascia di pubblico possibile, pur privilegiando la tradizione melodica all'italiana, ed è in fondo ciò che sembra aver fatto il cantautore romano. Certo, guardando al triennio targato Carlo Conti, soprattutto all'ultima edizione, la cesura è netta: il gruppo dei Campioni 2017 strizzava apertamente l'occhio al mercato, era pop che più pop non si poteva, si indirizzava senza mezze misure al pubblico più giovane, e va detto che la scelta era stata premiata, in quanto molti dischi usciti dall'Ariston avevano poi percorso una fruttuosa strada, a livello di vendite e di consensi sul web. Sanremo 2018 sarà invece trasversale, uno sguardo a largo raggio sul panorama canoro nostrano.
NIENTE TALENT, NIENTE RAP - L'atto di coraggio del buon Claudio e dei suoi esperti sta tutto in una mossa: aver rinunciato a puntare su quei cantanti magari privi di un curriculum "pesante", ma che avrebbero garantito "a scatola chiusa" una massiccia attenzione da parte delle nuove generazioni. Non ci sono i più freschi prodotti dei talent; laddove l'anno scorso erano stati convocati Elodie e Sergio Sylvestre, quest'anno mancano i Riki e i Thomas; all'Ariston vedremo Annalisa, Noemi e i The Kolors, che da "Amici" e "X Factor" sono passati diverso tempo fa ma ormai si sono affrancati da quell'universo, costruendosi una carriera ricca di esperienze, pur fra alti e bassi. E manca totalmente il mondo dei rappers, i cui esponenti, sia volti di grido sia nomi meno noti, sono stati fra i dominatori delle chart italiane 2017. Vedremo se tale azzardo pagherà in termini di Auditel.
VETERANI NON PRESENZIALISTI - Tornano i veterani, ma perlomeno, a parte Ron (che non mi aspettavo di ritrovare a soli dodici mesi di distanza), si tratta di veterani non logorati da continue presenze al Festival; si tratta, soprattutto, di pezzi di storia della nostra musica leggera che hanno ancora qualcosa da dare, nonché un notevole stuolo di fans e intatta credibilità: l'accoppiata Roby Facchinetti - Riccardo Fogli e Red Canzian da solista sono due colpi da maestro, e daranno vita a un derby che promette scintille; Fogli, oltretutto, mancava dalla rassegna da ben ventidue anni! Allo stesso modo, molto c'è da attendersi dai ricostituiti Decibel di Enrico Ruggeri, paracadutati nel ventunesimo secolo direttamente da Sanremo '80, quando si rivelarono con "Contessa" ma poi non poterono sfruttare l'onda lunga di quel successo (si sciolsero poco dopo). E dopo quasi vent'anni ritorna Ornella Vanoni, che credo sia la concorrente più "anziana" di sempre (senza offesa) a partecipare alla kermesse, e che con Bungaro e Pacifico, due cantautori raffinati e fuori dai circuiti consumistici, dovrebbe dar vita a un impasto vocale e sonoro di gran classe. Luca Barbarossa completa il drappello dei big di lungo corso, ma questa volta pare intenzionato a dire qualcosa di diverso rispetto alla linea dei suoi precedenti Festival: il titolo del pezzo, "Passame er sale", promette bene in tal senso.
REGGE IL VIVAIO DELLA RASSEGNA - E' tutto sommato ben rappresentato il vivaio sanremese, nonostante il "vuoto" del 2017, col vincitore delle Nuove Proposte Lele che non ha lasciato il segno e coi vari Maldestro e Marianne Mirage che stazionano ancora nel limbo degli emergenti. C'è però la "strana coppia" Ermal Meta - Fabrizio Moro, che mi sentirei di inserire fin da ora nel ristretto novero dei favoriti, c'è Nina Zilli, il cui bel singolo estivo "Mi hai fatto fare tardi" ha avuto un'accoglienza piuttosto tiepidina, c'è Giovanni Caccamo che dopo l'affermazione del 2015 non ha sbancato il mercato e si è messo alla prova in esperienze di altro tipo (presentatore televisivo), mentre il terzo posto del 2016 con Deborah Iurato non ha ricevuto sonante conferma al di fuori delle mura dell'Ariston; ci sono, infine, due scoperte di Fazio - Pagani, l'originale Renzo Rubino e quel Diodato che avevo citato fra i papabili sul blog pochi giorni fa, e che si accompagnerà a Roy Paci in un duetto tutto da scoprire.
QUANTE REUNION! - Sarà anche il Festival delle reunion, in qualche modo: abbiamo parlato dei Decibel, del duo Facchinetti - Fogli, e ricompaiono pure Le Vibrazioni, protagoniste assolute all'inizio del secolo ("Dedicato a te", "Raggio di sole", "Ovunque andrò" sono pietre miliari del pop melodico contemporaneo) ma poi spentesi alla distanza, con Francesco Sarcina lanciatosi nella carriera solista. Nella quota degli artisti "fuori dagli schemi" trovano posto a buon diritto il mai banale Max Gazzè (anche in questo caso il titolo del brano è tutto un programma: "La leggenda di Cristalda e Pizzomunno") e soprattutto Elio e le Storie Tese, che da musicisti ribelli e dissacranti sono diventati col tempo dei prezzemolini della manifestazione (siamo alla terza presenza nelle ultime sei edizioni!) ma la cui partecipazione è perlomeno giustificata dall'annunciato addio alle scene (ma sarà poi vero?).
NESSUN NOME "CHE SPACCA" - Manca il nome boom, quello in grado di catalizzare i pronostici: quello che, diciamocelo chiaramente, ci si attendeva da un direttore artistico del calibro di Baglioni. Si era parlato di Elisa ed Emma, mentre le varie Giorgia e Carmen Consoli, per non parlare dei cantautori storici, si sono tenuti ancora una volta alla larga dalla gara rivierasca, per quanto sia quest'anno una gara annacquata, senza eliminazioni, con tutti i concorrenti in lizza fino all'ultimo. C'è un debutto di peso, questo sì, quel Mario Biondi che era da tempo la costante chimera del Festival, e che ha finalmente sciolto le riserve. A lui, alle coppie Meta - Moro e Facchinetti - Fogli, a Canzian, agli Elii assegniamo di primo acchito la prima fila nella corsa alla vittoria, coi Kolors possibili sorprese e auspicando un inserimento in gruppo di Annalisa, un'Annalisa sperabilmente di nuovo alle prese con quello stile brillante, leggero e sbarazzino che ne aveva fatto le iniziali fortune e che ha ritrovato l'estate scorsa con la collaborazione di Benji & Fede, dopo averlo abbandonato per la classicissima melodia di "Diluvio universale" (Sanremo 2016). E le Nuove proposte? La serata televisiva di "Sarà Sanremo" ha promosso Mudimbi, Eva, Mirkoeilcane, Lorenzo Baglioni, Giulia Casieri, Ultimo, ai quali si sono aggiunti i due vincitori di Area Sanremo, Leonardo Monteiro e Alice Caioli. Ma di loro mi riprometto di parlare più ampiamente nei prossimi giorni, dopo un più approfondito ascolto delle canzoni.
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