Bugo e Morgan hanno messo il pepe (e il veleno) nella coda della quarta serata - nottata del Festivalone. Quando ormai i galli si apprestavano a cantare, e già si sentiva il cinguettio degli uccellini sotto le grondaie, il fantasmagorico duo ci ha regalato un momento epocale, di quelli che resteranno per sempre nella storia della kermesse ligure. Breve riassunto per chi, comprensibilmente, era già nel mondo dei sogni: il leader dei Bluvertigo è entrato in scena con un pacco di fogli sotto braccio, evidentemente un nuovo testo per la canzone "Sincero", testo che ha iniziato a cantare senza remore. Frasi tutt'altro che carine, così è parso, nei confronti del collega, che ha preso cappello ed ha abbandonato il palco pochi istanti dopo l'inizio del brano. Dopo aver tentato inutilmente di mettere una pezza alla surreale situazione, un accigliato Amadeus ha fatto presente che i due incorrevano in squalifica automatica per abbandono, fatto mai avvenuto prima.
Probabilissimo, ma non certo, che l'esclusione potesse scattare in ogni caso, alla luce della radicale modifica delle liriche dell'opera: il regolamento, a una rapida lettura, non affronta infatti direttamente tale casistica, forse a dare per scontato, per mere ragioni di buon senso, che il brano presentato in concorso tale debba rimanere, in ogni sua caratteristica, fino alla fine dell'evento. In una sola parte delle "tavole della legge" si fa riferimento a una situazione analoga, laddove si dice che "durante la preparazione delle esibizioni, potranno effettuarsi adattamenti marginali alle canzoni in gara che, in ogni caso, non ne dovranno alterare il senso complessivo".
CHE PIAZZATA! - Dubbi spazzati via, ad ogni modo, dal provvedimento pressoché istantaneo adottato dal direttore artistico, che giustamente non poteva accettare di vedersi rovinare un Festival fin qui impeccabile da una simile, incommentabile piazzata. Intendiamoci, di quanto avvenuto la Rai e Amadeus non hanno colpa alcuna, se non quella di aver concesso ulteriore fiducia a un personaggio come Morgan, notoriamente imprevedibile e fin troppo sopra le righe. Chiaro che l'intesa fra i due cantanti fosse compromessa già ben prima dell'abortita performance di questa notte, visto che Bugo ha esitato prima di seguire l'ex compagno sul palco. Interrompere un'esibizione e andarsene è qualcosa che fa accapponare la pelle, ma tenere i nervi saldi non era facile, di fronte alla trovata di un collega che dal canto suo deve aver passato un pomeriggio assurdo, impiegato a concepire nuovi e provocatori versi da sbattere poi in faccia al suo (ex?) amico.
MARATONA CON OSPITATE INCOMPRENSIBILI - "Bene o male, purché se ne parli", recita un vecchio adagio dello star system. Sarà, e in parte è vero, perché questa scenata ha guadagnato ai due una visibilità che non avrebbero avuto, in una gara che li vedeva assoluti comprimari. Ma il rispetto per il lavoro proprio e degli altri, e quello per il pubblico, dove lo mettiamo? E quale futuro patron del Festival avrà il fegato di ridare una chance, l'ennesima, a Morgan? Bah! Fatto sta che da stasera si gareggia in 23: amen, anche se ovviamente non basterà a rendere più snella la maratona che ci attende. Per la quarta serata si sono sfiorate le sei ore di diretta, roba da Palarock anni Ottanta, per chi si ricorda quelle interminabili nottate. E anche ieri si è consolidata la struttura dello show qui già denunciata nei giorni scorsi. E' stata anzi esasperata, perché lo squilibrio fra le due parti della trasmissione è parso netto, lampante: la stragrande maggioranza dei concorrenti "buttata" in scena fra l'una e le due, a ritmo forsennato, mentre il "primo tempo" è stato costruito con poca gara e tanti intermezzi, da un Fiorello comunque brillante (e in pace "diplomatica" con Tiziano Ferro) a ospitate del tutto incomprensibili: sia Ghali, sia Gianna Nannini con Coez hanno fatto bieca promozione (la Gianna si è poi degnata di regalarci il solito pout pourri dei soliti grandi successi, niente di nuovo sotto il sole), mentre il loro posto sarebbe stato in competizione. La toscanaccia dovrà decidersi, prima o poi, come ha fatto il corregionale Pelù (e secondo me non manca molto, presto la vedremo nel cast dei Campioni, la butto lì), mentre il senso di un Ghali fuori concorso non c'è, non esiste, è una scelta i cui criteri restano inaccessibili per qualsiasi mente umana, e la speranza è che la sala stampa ne chieda conto all'organizzazione, di qui a domenica. Tutto questo mentre l'unica vedette internazionale della serata, Dua Lipa, è stata liquidata con poche battute.
DOV'E' FINITO IL SANREMO INTERNAZIONALE? - Il mio Sanremo ideale, lo ribadisco, prevede cantanti italiani solo ed esclusivamente in gara, casomai con due - tre eccezioni per certi mostri sacri carichi di partecipazioni alla kermesse e di allori, che vengano all'Ariston ad essere celebrati e a ricevere giusti riconoscimenti, come i Ricchi e Poveri di mercoledì o come, anche, il Tony Renis appena visto; dopodiché, ospiti solo stranieri. Ce ne sarebbero voluti altri dieci come Dua Lipa, altroché: tanta nostalgia nel ricordare la galleria extralusso di star messa in piedi da Pippo Baudo nel 2002, con Alanis Morissette e Britney Spears, Anastacia e Shakira, Kylie Minogue e le Destiny's Child, solo per citarne alcune. A proposito: si dice sia questione di budget, di risorse economiche insufficienti a scritturare grandi nomi, però, da profano, mi chiedo ad esempio come mai, spesso, si vedano grandi popstar estere in una trasmissione come "Che tempo che fa": possibile che per il contenitore di Fazio e Lucianina ci siano maggiori mezzi di investimento?
GIOVANI: GASSMAN, IL MIGLIORE FRA CHI ERA RIMASTO - Il caso Bugo - Morgan ha fatto ulteriormente passare in secondo piano, in sede di commento, la sfida canora. Meglio così, se ne parlerà più diffusamente domani, ma qualche annotazione va comunque... messa a verbale. Il girone dei giovani, il cui livello complessivo quest'anno non mi è sembrato particolarmente entusiasmante, è stato "azzoppato" fin dall'inizio dall'esclusione delle due proposte più interessanti, la vivace e colorata "Tsunami" degli Eugenio in via di Gioia e la possente "Il gigante d'acciaio" della coppia Gabriella Martinelli - Lula. Una volta messi alla porta questi ragazzi, il favorito non poteva che diventare Leo Gassman con un pezzo gradevole e intenso, moderno il giusto ma anche abbastanza sanremese, con un discreto tocco cantautoriale. Non è solo questione di cognomi famosi: l'Ariston ha visto sfilare altri figli d'arte di scarso talento, in passato, e li ha giustamente rimandati a casa senza rimpianti. Fasma ha portato quella radiofonicità commerciale che può piacere al pubblico giovane, mentre fra i due "impegnati" Marco Sentieri e Tecla ho preferito il primo, che ha affrontato un tema delicato con un taglio perlomeno insolito per certe ribalte, al contrario della ragazzina di Sanremo Young, il cui brano è parso terribilmente antico e demodé nella costruzione melodica.
SPLENDIDA ELODIE - Capitolo Big: la giuria giornalistica non ha regalato particolari guizzi ed ha anzi confermato un forma mentis ormai nota, relegando in fondo alla propria classifica quasi tutti gli interpreti in quota talent. Fermo restando che col sistema di votazione multiplo previsto per la finalissima qualche sconvolgimento è ancora possibile, risulta difficile che il vincitore assoluto di Sanremo 2020 non esca dal gruppetto Gabbani - Vibrazioni - Diodato - Pelù - Pinguini - Tosca. Personalmente spero in una risalita di Elodie, la figura più fresca di questa edizione, sia musicalmente sia per presenza scenica: erano anni, forse dai tempi in cui esplose Irene Grandi, che il panorama canzonettistico nostrano non ci regalava un'artista così sensuale e glamour, capace di sprigionare fascino e femminilità da ogni lembo di pelle. Il che non oscura l'opera presentata, tutt'altro: "Andromeda" è stupendamente contemporanea, trascinante, abbina sonorità à la page e reminiscenze della dance primi anni Novanta, un mix esplosivo che, se non le regalerà il podio festivaliero, la proietterà senz'altro in alto in hit parade. E' cresciuta moltissimo Levante, con una prova vocale più convincente rispetto al debutto, mettendo in risalto la piacevole complessità compositiva della sua "Tikibombom", mentre il "Gigante" di Pelù, un rock trascinante con ritornello di grande impatto, può senz'altro ambire al bersaglio grosso.
GABBANI GIGIONEGGIA, MA IL PEZZO C'E' - Legittime ambizioni anche per il bravissimo Diodato, per quanto "Fai rumore" non sia un esempio di originalità, ma è ben costruita e ottimamente interpretata. Mi hanno maggiormente convinto le Vibrazioni, con un pop genuino ed immediato nonché impreziosito, nella versione live, dall'accompagnamento dell'interprete della lingua dei segni. Ottime chance per il già plurivincitore Gabbani, la cui composizione è una delle più strutturate e coraggiose dell'intera proposta festivaliera, un testo al solito ricco di sfumature su un arrangiamento classicheggiante: ieri sera il toscano ha un po' gigioneggiato, evidentemente "gasato" dai consensi ottenuti nelle prime serate, ma può permetterselo. Infinite la classe e l'eleganza di Tosca, a valorizzare un brano che è esempio positivo di tradizione melodica tricolore ad altissimo livello, in vertiginosa ascesa i Pinguini Tattici Nucleari, degni eredi dello Stato Sociale, furbetto e martellante il rap di Junior Cally, mentre difficilmente si piazzeranno Rita Pavone e Alberto Urso, le cui prove sono state però da dieci e lode: impressionante, in particolare, la sicurezza esecutiva del giovane tenore, che "tiene" la voce anche scendendo in platea a cantare in mezzo al pubblico. Assai piacevole,sul fronte conduzione, la presenza di Antonellona Clerici, con la divertente trovata dell'Amadeus - segnalibro gigante. Nulla di che, ma una cosetta carina.
Nessun commento:
Posta un commento