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martedì 5 febbraio 2013

SANREMO 2013, MENO SETTE AL VIA: SARA' UN FESTIVAL SPIAZZANTE

                             Fabio Fazio e Luciana Littizzetto, padroni di casa a Sanremo

Sarà uno strano Sanremo, quello che prenderà il via fra una settimana esatta. Strano e insolito perché, come mai in passato, sarà contraddistinto da una linea artistica "alta". Sì, proprio il regno dei divi pop, della canzone leggera e commerciale, del glamour, dei lustrini; la manifestazione in cui, anche nelle edizioni più "sofisticate", non sono mai mancate abbondanti dosi di rassicurante "nazionalpopolarità", nel 2013 ha fatto una scelta di campo diversa, coraggiosa e forte. Quello emerso dalla rituale conferenza stampa di presentazione, andata in scena ieri, è un Festival non convenzionale, che cerca di guardare oltre il ristretto ambito della musica di facile presa. 
SCELTE "ALTE" - Il primo segnale era arrivato con la scelta dei quattordici Big in concorso: nessun habituè di Sanremo, nessun "prezzemolino" rivierasco, nessun cantante "stagionato", ma tanti giovani e artisti non banali, fuori dai classici circuiti discografici e mediatici. Per non parlare della novità clamorosa dei due brani in gara per ciascun partecipante, sconvolgimento assoluto di uno dei punti cardine della liturgia festivaliera. Ma gli organizzatori non si sono fermati lì, e nell'allestimento complessivo dello spettacolo hanno allargato il solco: il palco su cui un tempo si esibivano i Duran Duran e gli Spandau Ballet, i Take That e gli One Direction, Jennifer Lopez e Shakira, quest'anno accoglierà Asaf Avidan, Anthony Hegarty degli Anthony and the Johnsons, Caetano Veloso. E là dove Pippo Franco presentò i suoi simpatici e gettonatissimi tormentoni fanciulleschi anni Ottanta, da "La puntura" a "Chichichì cococò", compariranno i maestri Daniel Barenboim e Daniel Harding, nonché il ballerino Lutz Forster: nomi da teatro lirico più che da festival della canzone italiana. Se poi aggiungiamo che il vernissage della kermesse vivrà anche nel segno della celebrazione del bicentenario della nascita di Giuseppe Verdi, il quadro risulta completo. Ed è un quadro spiazzante, non vi sono dubbi. 
SI VOLTA PAGINA - Veniamo da un quadriennio festivaliero in cui Gianmarco Mazzi e i suoi collaboratori hanno puntato decisamente sull'easy listening (con qualche concezione al cantautorato nobile, vedi Vecchioni), sui brani ad impatto immediato, sui nomi "sbanca Auditel" (Celentano, Benigni) chiamati ad arricchire lo show. Lo hanno fatto con acume, con scelte rivelatesi vincenti sia sul piano del gradimento televisivo sia su quello discografico. Ma ora è stata voltata pagina, anzi, si è proprio cambiato libro. Si dirà che prima o poi qualcuno avrebbe comunque dovuto farlo, che non ci si può appiattire in eterno su un modo di fare tv oltremodo popolaresco, che bisogna cominciare, gradualmente, ad "educare" il pubblico catodico ad apprezzare e gustare qualcosa di più consistente. Tutto giusto, ma c'è da chiedersi se il luogo e, soprattutto, le modalità siano quelle giuste. Perché si passa dalla notte al giorno, c'è un capovolgimento completo dei criteri artistici, e il rischio che i telespettatori rimangano straniti davanti a tale "rivoluzione copernicana" è più che concreto. 
ADDIO "MESSA CANTATA" - Fabio Fazio ha voluto portare nel suo terzo Festival la sua impronta stilistica, ed è giusto così. Il dubbio è che lo abbia fatto in maniera troppo immediata e massiccia. E' forse la scommessa più perigliosa e affascinante azzardata dalla tv di Stato in questi ultimi anni. Perché finché porti la Divina Commedia o la Costituzione italiana su Rai Uno, sai comunque di avere le spalle coperte se ti affidi a un mostro sacro come Roberto Benigni. Ma Sanremo 2013 andrà oltre: musica classica e danza, e artisti italiani più che mai contemporanei e poco reclamizzati. Difficile da digerire per i fruitori della rete ammiraglia, ma anche per tutti quegli appassionati del Festival cresciuti secondo una concezione sanremese tipicamente baudiana, quella della messa cantata animata da cantanti stranoti e popolarissimi, ancorché in buona parte ormai avulsi dal mercato discografico e lontani dai gusti dei giovanissimi, e arricchita da vedettes internazionali della musica, autentici campioni di incassi. 
Ecco, visto che forse portare all'Ariston i grandi nomi del pop e del rock straniero sarebbe stato comunque impossibile, in tempi di grave crisi economica, Fazio e il suo entourage hanno scelto di non adottare vie di mezzo, ibridi che avrebbero forse dato la sensazione di una mancanza di coraggio e di idee chiare. E' quanto emerge anche nella scelta degli ospiti un po' più "convenzionali". Neri Marcoré e Claudio Bisio non sono comici di grana grossa o di cassetta (soprattutto il primo), ma attori a tutto tondo in grado di esplorare diversi territori recitativi. Se pensiamo che l'anno scorso c'erano sì i bravissimi Alessandro Siani e Geppi Cucciari, ma anche i Soliti Idioti, anche in questo caso il salto di qualità risulterà evidente. E il nome di punta del cast, quello destinato a fare impennare gli ascolti, sarà Andrea Bocelli, certo non collocabile fra le star del pop tout court, ma fuoriclasse trasversale e in grado di intercettare diverse fasce di gradimento. 
Criterio identico per la classica ospitata del campione calcistico di turno: dove tre anni fa fu presente Antonio Cassano (una delle pagine più tristi dell'intera storia della kermesse), la settimana prossima troveremo Roberto Baggio. Fuori dagli schemi e particolarmente significativa anche la presenza di Marco Alemanno, compagno di vita e d'arte degli ultimi anni di Lucio Dalla: una scelta eticamente forte, controcorrente, che solo il carisma di Fazio, probabilmente, poteva imporre sulla prima rete Rai... 

                                     I Ricchi e Poveri: finalmente di nuovo all'Ariston

I VETERANI - Il "contentino" al grande pubblico sarà dato dalla convocazione di tre "fuoriquota": ma la presenza di Al Bano, Toto Cutugno e i Ricchi e Poveri è, in fondo, niente più che uno stringato omaggio a  una componente significativa del DNA del Festival, quasi la voglia di chiudere con un festoso happening un capitolo importante e indimenticabile di Sanremo e della musica italiana, per iniziarne subito un altro, più ricco di fermenti, più al passo con la contemporaneità, più presente nella realtà canora nostrana. Mettiamola così: fino a ieri, fino a troppo poco tempo fa, questi simpatici veterani continuavano a frequentare la gara, pur avendo un appeal discografico ormai ridotto ai minimi termini e pur non aggiungendo nulla (anzi, spesso togliendo) alle loro carriere onuste di gloria; a Sanremo 2013 li troveremo fuori concorso: un modo delicato, e con tutti gli onori, di far capire loro che c'è un tempo per tutto, e arriva presto anche il momento di rendersi conto che il palcoscenico più importante e prestigioso bisogna lasciarlo ad altri, più giovani, ugualmente bravi, con qualcosa di originale da dire e meritevoli di spazio. Interpretazione mia, ovviamente. 
AL BANO E OXA - Contentissimo comunque per i Ricchi e Poveri, da oltre vent'anni fuori dal circuito sanremese, laddove invece altri loro coetanei hanno avuto ripetute occasioni di mettersi in mostra e di prolungare il loro mito ormai avvizzito: proprio come Al Bano, la cui presenza sulle reti Rai ha ormai raggiunto livelli quasi ossessivi, e per il quale non si sentiva proprio la necessità di una ulteriore comparsata all'Ariston, palco ripetutamente negato a tanti altri decani della nostra canzone, meritevoli quanto e più di lui: penso a gente come Don Backy o Riccardo Fogli, tanto per fare due nomi. 
A proposito delle difficoltà ad accettare il declino da parte di tanti personaggi dello star system: Anna Oxa si è scagliata contro la direzione artistica per la sua estromissione dalla gara, ha parlato di esclusione politica, di Sanremo 2013 come sottoprodotto del Concertone del Primo maggio, ha addirittura invitato gli italiani a non andare a votare (?). La Oxa è un'artista che, molto più di altri, ha beneficiato della ribalta rivierasca in trent'anni e oltre: la sua carriera cominciò in pratica lì, nel '78, e in seguito ha collezionato altre 13 (!) partecipazioni in gara  (con due vittorie), di cui le ultime due - tre ben poco memorabili, e una da co - conduttrice. Per una volta che è rimasta fuori dai giochi, non ha trovato di meglio che gridare al complotto. Un nastro rotto, ascoltato negli anni passati da parte di tanti altri cantanti, tutti esclusi, ovviamente, a causa di loschi giochi di potere nonostante la presentazione di canzoni bellissime, capolavori assoluti. Nulla di nuovo sotto il sole, ma che tristezza, ragazzi. 
RISCHIO AUDITEL - Tornando a bomba e concludendo, Sanremo 2013 si avvia ai nastri di partenza gravato dal peso di un colossale rischio Auditel: Barenboim va bene per "Che tempo che fa" e per Rai Tre, ma per la manifestazione - trasmissione più nazionalpopolare che vi sia può funzionare? E, fra i concorrenti, Almamegretta, Simona Molinari e Marta sui Tubi convinceranno gli orfani inconsolabili delle Oxa e degli Al Bano a restare inchiodati davanti allo schermo? Personalmente ho i miei dubbi e li ha anche il dirigente Rai Giancarlo Leone, se è vero che ha detto che si accontenterebbe di un risultato di audience a metà strada fra il flop dell'ultimo Baudo (2008) e il boom dell'anno passato. A meno che il peso del marchio Fazio (uno dei colossi della tv italiana) e il fascino eterno del festivalone non garantiscano l'ennesimo pienone catodico. 

2 commenti:

  1. Hai scritto un sunto veramente esaustivo. Io sono fiducioso sull'esito generale del Festival, in primis per l'oggettivo valore degli artisti, quasi tutti di indubbia qualità musicale. Forse verrà a mancare la componente della "leggerezza" che in un Festival che si protrarrà per una settimana è sempre utile. A meno che non ci calchi la mano la Littizzetto. In ogni caso, io sono per una soluzione ancora più classica: artisti in gara con un pezzo e classifica dal primo all'ultimo posto. Oppure eliminazioni vere, non ripescaggi a ogni puntata. Non so, sembra quasi di fare un torto ai cantanti nel dire la classifica ma in realtà le edizioni che ho preferito sono quelle che mi hanno fatto stare con il fiato sospeso attendendo i risultati. Quella di portare due brani in gara, di cui poi uno solo andrà in finale mi sembra un escamotage inutile, una cosa che potrebbe creare ulteriore confusione nello spettatore. Poi, da fruitore della musica sono contento di sentire diversi brani ma ai fini del programma, il doppio brano non lo reputo un'innovazione fodnamentale

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    1. Fiducia piena anche da parte mia, che per certi versi sono un tradizionalista ma prontissimo ad aprirmi a nuove idee e nuove tendenze musicali. Ho però cercato di mettermi nei panni dell'ascoltatore medio di Rai Uno che, a quanto dicono, ha un'età media non bassissima ed è magari più restìo a metabolizzare certe novità.
      Sulla gara, anch'io sono affezionato alla formula classica nel segno di "un brano per ciascuno", però magari questa cosa del doppio pezzo potrebbe essere la novità epocale di Sanremo, talmente forte da segnarne gli anni a venire. Non ne sono convintissimo, però mai dire mai. D'accordo sulle classifiche complete: i cantanti in genere non le gradiscono, ma basterebbe ricordare loro la sorte di tanti ultimi e penultimi, da Vasco Rossi a Zucchero...

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