Chiara Galiazzo: un pezzo di facile presa
La montagna di Sanremo 2013, così tanto osannato dai critici e così fragorosamente premiato dagli indici di ascolto, potrebbe aver partorito, sul piano del livello della proposta musicale, il più classico dei topolini. E' stata illuminante, in questo senso, la serata di ieri. Il ritorno a una formula più tradizionale, con tutti i Big in pista per presentare una sola canzone, ha consentito una migliore valutazione dei pezzi, e la sensazione è che non ci si trovi di fronte a un'edizione memorabile. Non insufficiente, sia chiaro, ma nemmeno tale da far gridare al miracolo, come facevano intendere le recensioni entusiaste dei giornalisti che avevano avuto il privilegio di ascoltare i brani in anteprima.
Ecco, il punto è questo: c'è il sospetto che si sia allestito un Festival che strizzasse l'occhio soprattutto agli esperti, a certa stampa con la puzza sotto il naso. Ma il concetto di qualità musicale è diverso e ben più complesso, soprattutto in relazione a ciò che è lecito attendersi da quella che resta, in fondo, una rassegna di musica leggera. Qualità delle proposte significa, per conto mio, sintesi ideale fra spessore e originalità compositiva da una parte, e orecchiabilità dall'altra. Perché, parliamoci chiaro, il Festival di Sanremo, per considerarsi riuscito al cento per cento, deve lasciare ai posteri opere che ti si ficcano nel cuore e nella testa, facili dai ricordare anche ad anni di distanza. Ebbene, ho qualche dubbio che ciò possa accadere per buona parte dei brani messi in pista in questo 2013.
RICERCATEZZA MUSICALE - L'easy listening, già altre volte citato nei miei interventi "sanremesi" di questi giorni, non è un peccato mortale, tantomeno in riferimento alla kermesse rivierasca: e invece pare che, per quest'anno, lo si sia lasciato da parte (in questo senso, il contrasto rispetto alle ultime quattro edizioni è evidente e stridente), puntando su una ricercatezza musicale che però, spesso, sconfina nell'esercizio di stile fine a se stesso, roba buona per mandare in brodo di giuggiole gli addetti ai lavori ma destinata a suscitare solo freddezza fra i veri consumatori di musica. Poi, certo, non mancano alcune proposte di più facile presa, ma questo è un altro punto dolente: nel senso che i brani maggiormente "commerciali" spesso non attingono vette elevate, sembrano esser stati scritti col freno a mano tirato, con la volontà di non rischiare puntando su soluzioni già sperimentate ma senza riuscire a riprodurne la freschezza. E' il caso, ad esempio, dei Modà, ma ci ritorneremo.
SFIDA MENGONI - MODA'? - La prima classifica provvisoria, resa nota a tarda notte, è quanto di più prevedibile potesse esserci. Col solo televoto in campo, ovvio che i primi quattro posti venissero monopolizzati dai personaggi più popolari fra i giovani o da quelli usciti dai talent. Probabile che sabato, con l'entrata in scena della giuria di qualità, perlomeno Chiara e Annalisa siano destinate a lasciar spazio alla rimonta di Malika Ayane e di Elio e le Storie Tese: mi sorprenderei molto di non trovare sul podio "La canzone mononota". La prima graduatoria è invece da tenere in assoluta considerazione per quanto riguarda i due battistrada: è tutt'altro che impossibile che siano proprio Marco Mengoni e i Modà a giocarsi la vittoria finale. Proprio perché i loro pezzi sono quelli più immediati e quindi destinati a rimanere nel tempo e a farsi "canticchiare": fra i due, mi sembra superiore "L'essenziale" di Mengoni, mentre Silvestre e i suoi compagni hanno portato una proposta più che mai fedele ai canoni della tradizione sanremese, un "Se si potesse non morire" valorizzato dalla voce di Kekko ma che non brilla per originalità, al punto che in alcuni passaggi sembra ricordare un po' troppo da vicino "Non è l'inferno", la canzone vincitrice di Sanremo 2012 che fra gli autori aveva proprio Silvestre.
Chiara Galiazzo, bistrattata dalla critica, in realtà ha un pezzo ben costruito nella parte musicale e con un refrain che lascia il segno: non sarà un capolavoro, ma scommettiamo che nelle radio si sentirà parecchio? Annalisa Scarrone ha rischiato con una canzone dal sapore "vagamente retrò", come cantavano i Matia bazar in "Souvenir" nel 1985: una marcetta swing la cui impronta stilistica rischia però di confondersi, a un ascolto superficiale, con quella di "La felicità" di Simona Molinari, proposta più matura ed elaborata, resa efficacemente dal suggestivo duetto con Peter Cincotti.
E DALLE RETROVIE... - Dicevamo delle probabili rimonte: Elio e Malika sono destinati a guadagnare diverse posizioni. Sulla genialità della "Canzone mononota" già mi son pronunciato, mentre "E se poi" è una malinconica e delicata ballata in punta di piedi, interpretata con piglio da veterana, una delle proposte migliori di questo Sanremo, anche se rimane la sensazione che in passato la Ayane abbia fatto di meglio, anche sul palco dell'Ariston ("Niente", bocciata la prima sera, era quantomeno sullo stesso livello, e forse anche su un piano superiore). Fra il "buono" di questo Festival anche l'incalzante "Sai (ci basta un sogno)" di Gualazzi: il buon Raphael a tratti gigioneggia tentando arditamente di ripercorrere le orme di Ray Charles, ma tutto sommato l'opera ha spessore compositivo non indifferente, atmosfera e feeling per palati fini.
Dalle retrovie potrebbe riemergere anche Max Gazzé con una "Sotto casa" che ha persino le stimmate del tormentone e si avvale di un impianto ritmico con echi balcanici, quasi alla Bregovic. Tutto il resto, compreso il minimalismo di Cristicchi, che ha azzardato una tematica forte (la morte) sviluppata danzando in equilibrio precario sul sottile filo che separa crudo realismo ed ironia, è destinato a non coltivare troppe speranze rispetto alla classifica finale (e il buon Simone è un altro che in passato ha scritto cose più corpose e di maggiore impatto), discorso che vale a maggior ragione per la burrosa Maria Nazionale: che ha voce e presenza scenica, ma canta un brano irrimediabilmente datato: davvero deludente lo sforzo autoriale degli Avion Travel, nella circostanza. Sensazioni personali: durante la strofa, sembra a tratti di risentire l'Angela Luce di "Ipocrisia", pezzo che si classificò secondo allo sfortunato Sanremo del 1975.
I GIOVANI - Seconda semifinale per quelle che un tempo venivano chiamate "Nuove proposte", e seconda "testa illustre" fatta rotolare senza pietà: dopo Il Cile, è toccato ad Andrea Nardinocchi salutare la compagnia. Presentatosi con una consolle stile Cecchetto 1980, il ragazzo ha lanciato uno dei pezzi più contemporanei di questo Festival, per struttura, sonorità e testo, anche se la resa sonora sul palco non è stata eccelsa. E' passata invece Ilaria Porceddu, con una canzone fin troppo sanremese, il che non sarebbe un male, ma penalizzata da un'impostazione eccessivamente convenzionale, senza slanci, e non basta di certo ad accrescerne il valore l'inserimento di versi in lingua sarda. Il pezzo di Paolo Simoni scorre via senza lasciare traccia, mentre è sacrosanta la promozione di Antonio Maggio: "Mi servirebbe sapere" ha brio, è ben scritta ed elaborata senza tuttavia risultare pesante, e si avvale dell'originale controcanto del direttore d'orchestra Massimo Morini, leader del complesso genovese "Buio pesto". Sarà Maggio, credo, a giocarsi la vittoria di categoria con Renzo Rubino. Tuttavia, anche per i Giovani vale la considerazione fatta inizialmente a proposito dell'allestimento del cast dei Big: si è puntato troppo su stilemi cantautoriali, su composizioni complesse e poco digeribili, mentre si sta perdendo di vista l'orecchiabilità. C'è bisogno di più semplicità, che può anche fare rima con qualità, non mi stancherò mai di ripeterlo.
LO SHOW - Poco da dire sullo show nel suo complesso: la serata del giovedì ha vissuto sulla discesa in campo dei Big al gran completo, il resto è passato in secondo piano. Quasi sottovoce la presenza di Roberto Baggio, in linea col carattere schivo dell'indimenticabile fuoriclasse azzurro, e un messaggio ai giovani forse un po' retorico, ma qualche buon consiglio ai ragazzi di oggi è sempre bene dispensarlo, visti anche gli esempi deteriori che queste nuove generazioni si vedono quotidianamente offrire da personaggi che invece, per ruolo pubblico e popolarità, dovrebbero essere d'esempio. E, a proposito di messaggi positivi, eccellente l'idea del flash mob contro la violenza sulle donne, introdotto da un sentito monologo di Luciana Littizzetto. E' però un peccato che queste iniziative vedano scendere in campo solo "l'altra metà del cielo": che impatto positivamente devastante avrebbe la partecipazione attiva di uomini a queste manifestazioni pubbliche?
Al Bano strabordante come sempre: della sua presenza invasiva sulle reti Rai ho più volte scritto, perlomeno questa volta la sua ospitata era giustificata dalla consegna di un premio alla carriera comunque meritato. Pare però che nel 2014 voglia tornare in gara: ma anche basta, no? Infine, una curiosità: è ricomparso sul palco di Sanremo, per accompagnare Paolo Simoni, Marco Sabiu, direttore d'orchestra protagonista degli ultimi Festival targati Gianmarco Mazzi e accolto da un'ovazione del pubblico dell'Ariston: Fabio Fazio ha però glissato non troppo elegantemente, mentre sarebbe stato carino da parte sua fare anche un solo cenno al ruolo fondamentale del maestro nella buona riuscita delle passate edizioni. Serata di citazioni storiche: Sabiu ha gettato al vento il suo spartito, come l'orchestra da lui diretta a Sanremo 2010, ed Elio ha sfoggiato una giacca con due braccia finte, come nel 1996 (anche se all'epoca il braccio posticcio era uno soltanto...).
ciao Carlo... mannaggia, avevo scritto un commento elaborato, lunghissimo ma mi si è cancellato!!! va beh, riassumo!!! A mio avviso era innegabile che col solo televoto (in attesa della giuria di qualità) a prevalere fossero provvisoriamente Mengoni, Modà, Annalisa e Chiara. Nulla di cui stupirsi, sono loro che stanno dominando le classifiche, gli artisti del nostro tempo, che piaccia o no. Poi, non mi sorprendono nemmeno le posizioni di Malika e Elio (mi sono espresso ampiamente nel mio blog) ma credo come dici tu che abbiano le carte in regola per risalire. Io ascolto in particolare certa musica, come hai avuto modo di constatare ascoltandomi talvolta in radio, quindi mi fa piacere che ci sia spazio quest'anno per artisti poco convenzionali ma resta il fatto che io ascolti anche molta musica "commerciale", più immediata e quella è stata molto penalizzata in quest'edizione, ciò è innegabile. Penso anche tuttavia che si tratti di una edizione unica nel suo genere, Fazio nemmeno nelle precedenti occasioni aveva osato così tanto. Insomma, si rientrerà nei ranghi ne sono sicuro. Ma a questo punto la mia riflessione è un'altra.. cosa rappresenta ormai Sanremo? E' cambiato tutto in un decennio: la discografia, la logica del "successo", i dischi, il mondo musicale e il Festival, concepito com'era fino agli anni 80/90 non tornerà più, non potrà più fungere da cassa di risonanza per l'effetto di un mercato, o di carriere che spesso si giocavano la loro esistenza su quel prestigioso palco. Anch'io vorrei una gara con Pausini, Antonacci, Zucchero, Liga, Pino Daniele, Giorgia, Tiziano Ferro o Lorenzo ma sappiamo che non accadrà mai.. non siamo più negli anni 60 quando nei big gareggiavano davvero i BIG, i migliori! Sanremo è lo specchio dei tempi, tempi che stanno inesorabilmente cambiando... così come la percezione, l'importanza che si dà alla musica nella vita di tutti i giorni. Per me è di un'importanza quasi vitale, ma per la maggior parte delle persone si tratta solo di un sottofondo, magari piacevole, ma non tale da cambiare un'esistenza.. scusa l'eccessiva enfasi ma io la penso così :-)
RispondiEliminaMetti in pista riflessioni interessantissime, per rispondere alle quali dovrei scrivere un post intero (e non è escluso che lo faccia, prossimamente). Sicuramente nell'ultimo decennio il panorama musicale è cambiato enormemente, eppure io sono convinto che Sanremo, in questa nuova situazione, possa avere ancora la sua funzione. Anzi, forse ancor più che in passato, visto che gli spazi mediatici dedicati alla musica sono da tempo ridotti ai minimi termini.
EliminaSolo negli anni Sessanta Sanremo è stato l'autentica passerella dei migliori Big nostrani, dici bene: successivamente è cambiato, ma la mission di oggi credo sia la stessa che aveva negli Ottanta e nei Novanta: scoprire o consacrare qualche giovane, lanciare qualche brano destinato a farsi ricordare, fare il pieno di audience con spettacoli originali che, nel contempo, garantiscano ai cantanti un'adeguata vetrina promozionale. Sulla percezione generale della musica, non saprei dirti, forse è cambiato semplicemente il modo di fruirla: anche in passato, nei tempi d'oro, ho conosciuto persone che non nutrivano alcun interesse nei confronti di Sanremo e della musica leggera in generale.
Carlo sai cosa mi piacerebbe sapere???!!! le tue canzoni preferite!!! quali sono??? ce lo puoi confessare??!!! un abbraccio, ti seguo sempre! Chiara
RispondiEliminaCiao carissima, come stai? Le mie preferite? Dai primi ascolti direi Mengoni, Gualazzi, Elio, Molinari, riferendomi alle finaliste. Quelle escluse le dovrei riascoltare qualche altra volta, ma non mi erano dispiaciute le canzoni di Malika e Gazzè. Le tue, invece? :)
EliminaUn grandissimo abbraccio a te!!
Gualazzi e l'altra canzone di Malika!!!!!
EliminaMengoni mi piace tantissimo, non questa canzone però...!